giovedì 25 dicembre 2008

Nicaragua: gli Stati Uniti con le "armi" in pugno



L’ambasciatore nordamericano prevede la sospensione totale degli aiuti e gli europei dicono "Obbedisco!"
Gli Stati Uniti con le "armi" in pugno. L’ambasciatore nordamericano prevede la sospensione totale degli aiuti e gli europei dicono "Obbedisco!"
L’ambasciatore degli Stati Uniti in Nicaragua, Robert Callahan, ha convocato i mezzi d’informazione nazionali ed internazionali per informare che il congelamento per 90 giorni dei fondi della Cuenta Reto del Millennio (Crm) potrebbe essere l’inizio di una vera e propria "crociata", che porterebbe alla sospensione totale ed indefinita di qualunque tipo di aiuto da parte di questo paese.
Questa decisione da parte del governo nordamericano uscente sembra godere dell’approvazione dell’Unione Europea e secondo la denuncia formulata del presidente Daniel Ortega durante il vertice dei Paese Latinoamericani e dei Caraibi in Brasile, i parlamentari europei starebbero preparando una risoluzione in cui chiedono addirittura la sospensione delle negoziazioni di un Accordo di Associazione, AdA, con la regione centroamericana, "se non si normalizza la situazione nicaraguense".
Il punto focale di questa nuova scalata del conflitto tra gli Stati Uniti, l’Unione Europea ed il Nicaragua ha a che vedere con i risultati elettorali dello scorso 9 novembre ed i supposti brogli ripetutamente denunciati dai partiti dell’opposizione, usciti pesantemente sconfitti. Secondo l’ambasciatore Callahan, sicuramente a suo agio nel rivivere una situazione molto simile a quella degli anni 80, quando faceva parte dell’entourage del tristemente famoso John Negroponte in Honduras, ci sono "criteri credibili circa i seri problemi avuti durante le recenti elezioni municipali in Nicaragua e profondi dubbi sulla trasparenza del conteggio dei voti. Questa non è solamente l’opinione della nostra ambasciata, ma anche quella di molti nicaraguensi, dei partiti politici dell’opposizione, della chiesa cattolica, dei mezzi di comunicazione sociale, dell’impresa privata, intellettuali, Ong, e di molti altri. A livello internazionale - ha continuato Callahan - esiste la stessa percezione nell’Unione Europea, tra i canadesi, i giornali, i centri di ricerca ed i congressisti del nostro paese".
L’ambasciatore statunitense ha anche raggiunto considerevoli livelli di cinismo quando ha detto che "benché il Nicaragua goda del totale diritto di svolgere le sue elezioni senza interferenze esterne, bisogna considerare che ha anche firmato la Carta Democratica Interamericana, la quale obbliga i paesi firmatari a svolgere elezioni libere, giuste e trasparenti", per poi presentare il conto al paese centroamericano, guardandosi bene dal riferirsi al debito di quasi 20 mila milioni di dollari che gli Stati Uniti hanno ancora con il Nicaragua, a causa della sentenza della Corte Internazionale della Aja, che li ha condannati per le atrocità commesse durante la guerra di aggressione negli anni 80. "Il mio paese ha dato molti aiuti al Nicaragua negli ultimi anni per sviluppare la sua economia e la democrazia. Dal 1990, la Usaid ha investito circa 1,4 mila milioni di dollari in vari programmi ed a questi dobbiamo sommare 500 milioni di condono del debito e 175 milioni dei programmi alimentari. Aggiungiamo anche i 175 milioni di dollari della Cuenta Reto del Millennio, Crm, ed altri milioni per i programmi delle nostre forze armate ed i benefici originati dal Cafta", ha aggiunto Callahan.
Rispetto alla Crm ed agli altri programmi, l’ambasciatore ha chiarito che gli Stati Uniti non possono continuare gli esborsi fino a che il problema delle elezioni non sia risolto. Questo vuol dire "che sono i nicaraguensi che devono trovare una soluzione a questo problema e che, una volta risolto, il congelamento dei fondi della Crm sparirà, così come i problemi con gli altri paesi cooperanti".
In un clima molto simile a quello degli anni 80, anni di aggressioni e blocco economico, Callahan ha avvisato in tono minaccioso il presidente Ortega che ha tre mesi di tempo per giungere ad un accordo soddisfacente con tutti i nicaraguensi, "altrimenti temo che la Cuenta Reto del Milenio venga cancellata e questo potrebbe portare a conseguenze molto serie per il Nicaragua e soprattutto per le persone più povere".
Gettando ancora più sale nella ferita, Callahan ha ricordato che la cancellazione della Crm, programma che paradossalmente ha deciso di escludere la Bolivia e dichiarare eleggibili la Colombia e l’Indonesia "per il loro impegno a favore della governabilità e della promozione della libertà economica e l’investimento, collocandoli in un gruppo di paesi che lavorano diligentemente per ridurre la povertà globale mediante soluzioni economiche sostenibili" (John Danilovich - direttore esecutivo della Crm), vuole dire "la sospensione di 175 milioni di dollari che avrebbero beneficiato circa 15 mila persone in vari settori, la riabilitazione di tre strade principali (un milione di persone beneficiate), un’altra strada che avrebbe beneficiato 500 mila persone per anno, titoli di proprietà a favore di 150 mila persone ed un fondo di contropartita del BCIE di 130 milioni di dollari".
Rispondendo alle domande dei giornalisti presenti, Callahan è poi caduto in evidenti contraddizioni quando ha detto che "noi non imponiamo, né suggeriamo una soluzione al Nicaragua, perché sappiamo che i nicaraguensi sono intelligenti e capaci di trovarla. Nonostante ciò - si è contraddetto l’ambasciatore - la direzione della Crm ha detto che sarebbe opportuno che il governo del Nicaragua adotti misure per assicurare di non ricadere negli stessi problemi durante le prossime elezioni, come ad esempio una riforma elettorale. Tuttavia ripeto, non esigiamo soluzioni specifiche. Dobbiamo però essere molto chiari - ha continuato. Come paese sovrano e come paese che è molto interessato allo sviluppo della democrazia nel mondo, gli Stati Uniti possono riconsiderare tutti i programmi che si stanno sviluppando attualmente col Nicaragua, con conseguenze molto serie per l’economia del paese. E la stessa cosa la potrebbero fare gli altri paesi donanti".
La Lista Informativa "Nicaragua y más" ha chiesto all’ambasciatore perché quando gli Stati Uniti, in base a loro criteri, considerano che esistono problemi di governabilità in un paese, sono abituati a premere sui governi attraverso la sospensione di programmi che beneficiano la gente, invece di cercare altre misure che non siano lesive per i settori più poveri. La risposta, molto diplomatica, non ha soddisfatto i presenti, evidenziando l’ambiguità di queste misure repressive ed una chiara politica del "bastone e la carota". "È sempre una decisione molto difficile, ma anche la mancanza di democrazia colpisce il paese ed i poveri. La soluzione alla sospensione degli aiuti è nelle mani dei nicaraguensi, i quali devono raggiungere un accordo di nazione. Crediamo comunque che a lungo termine questa decisione farà bene alla popolazione più povera", ha concluso.
Le reazioni
La situazione di forte instabilità che vive il Nicaragua e le dichiarazioni dell’ambasciatore nordamericano hanno portato il presidente nicaraguense, Daniel Ortega, a lanciare un forte contrattacco durante il vertice dei Paesi Latinoamericani e dei Caraibi che si è svolto a Costa do Sauípe in Brasile. "Quello che sta succedendo in Nicaragua - ha detto il mandatario - è grave, perché è un’aggressione ad un paese latinoamericano e caraibico impoverito come Haiti, per il solo fatto di rifiutarsi di continuare le politiche neoliberiste che negli anni passati hanno impoverito il paese. Quando siamo arrivati al governo nel 2007, è iniziato lo scontro perché abbiamo messo in discussione i loro programmi, che servono solamente a promuovere opzioni politiche contrarie al modello alternativo di orientazione socialista, solidale, complementare che promuove il governo rivoluzionario nel nostro paese. Programmi - ha continuato Ortega - nei quali si assegna il 60-70 per cento delle risorse al pagamento della burocrazia e si lascia solo il 30 per cento ai settori popolari, che dovrebbero essere gli unici beneficiari di questi progetti che, in ogni caso, non vengono finanziati dai capitalisti nordamericani, né da quelli europei, ma dallo sfruttamento a cui sono sottoposte le popolazioni europee e nordamericane, quelle latinoamericane, africane e dei paesi in via di sviluppo. È lì che è iniziata la polemica e la fantasia che in Nicaragua esiste una dittatura", ha segnalato il presidente nicaraguense.
Ortega ha inoltre letto un documento che si starebbe approvando nei prossimi giorni nel Parlamento Europeo. Secondo il testo, l’UE starebbe chiedendo al governo del Nicaragua ed alle sue autorità la sospensione immediata della violenza e l’adozione di misure urgenti per ritrovare la pace, basandosi sui principi dei diritti umani che vincolano il Nicaragua; chiedere al governo del Nicaragua il riconoscimento pubblico delle organizzazioni di difesa dei diritti umani e dei loro membri; chiedere alle autorità del Nicaragua di agire affinché cessino immediatamente gli attacchi contro i membri e le organizzazioni di difesa dei diritti umani e che i responsabili siano giudicati e sanzionati da un tribunale in modo imparziale ed indipendente; sollecitare al governo nicaraguense e le varie istanze dello Stato di vegliare affinché siano garantite la libertà di espressione e l’indipendenza della giustizia, garantendo così la preservazione dei fondamenti democratici del paese e che il Nicaragua ratifichi lo Statuto di Roma che crea la Corte Penale Internazionale. Infine si chiede che le negoziazioni di un Accordo di Associazione tra l’Unione Europea ed i paesi dell’America Centrale vengano sospese fino a che in Nicaragua si rispetti nuovamente lo Stato di Diritto, la democrazia ed i diritti umani, difesi e promossi dall’Unione Europea.
Le oscure manovre internazionali sono state analizzate anche da William Grigsby, direttore di Radio La Primerísima di Managua. (Ascolta in http://www.radiolaprimerisima.com/noticias/general/43719 ). Secondo il giornalista, "tra i nicaraguensi non esiste una chiara percezione del problema che stiamo affrontando. Qui non si tratta di chi ha vinto o perso le elezioni. Non è vero e non è questo il problema di fondo. Non lo è mai stato! Né agli Stati Uniti, né ad alcune delle potenze europee interessa chi ha vinto le elezioni municipali in Nicaragua. Ciò che veramente gli importa è il controllo egemonico sul Nicaragua e sul Centroamerica. È questo il tema centrale e non possiamo non prenderlo in considerazione".
Per Grigsby esistono prove sufficienti per dimostrare questa tesi, come ad esempio i brogli elettorali avvenuti in Messico nel 2006, negli Stati Uniti nel 2000 ed in Salvador nel 2004. "Perché non c’è stata una sola dichiarazione di condanna contro questi brogli?" - si è domandato il giornalista. "Perché si trattava degli Stati Uniti, «problemi interni degli Stati Uniti», dicevano. Dicevano anche che «l’autorità elettorale l’ha dichiarato vincitore». In Messico è stato lo stesso: «l’autorità elettorale ha dichiarato vincitore Felipe Calderón e bisogna accettare la sentenza dell’arbitro». Questo è quello che dicevano gli europei ed i nordamericani. E perché? Perché chi ha perso è stata la sinistra e chi ha vinto è stata la destra. O meglio, chi ha rubato le elezioni è stata la destra ed a chi sono state rubate è stata la sinistra. Stiamo parlando del Messico solo due anni fa. E chi è stato il primo a congratularsi con il vincitore? José Luis Rodríguez Zapatero. Non c’erano ancora i risultati definitivi delle elezioni messicane e già si stava congratulando perché Calderón si era impegnato a difendere gli interessi delle multinazionali spagnole nello Stato messicano".
"Allora - ha concluso Grigsby - qui non si tratta di vedere se hanno vinto o no i sandinisti. Non è questo il problema. Agli yankee ed agli europei non sono mai interessate le elezioni municipali. MAI. Questa è la scusa per cercare di asfissiare un progetto di chiaro taglio popolare. Non inganniamoci, non c’è in gioco la democrazia come vogliono farci credere, ma gli interessi economici nordamericani ed europei e gli interessi militari degli Stati Uniti. Questo è quello che c’è in gioco".
© (Testo e Foto Giorgio Trucchi - Lista Informativa "Nicaragua y más" di Associazione Italia-Nicaragua www.itanica.org )

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Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

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