mercoledì 22 febbraio 2012

Europa - Francia e nucleare un lavoro a rischio

22mila interinali dei quali 4000 sono 'nomadi' del servizio di manutenzione nucleare.

di Marina Nebbiolo


Sono operai che lavorano nelle imprese prestatarie per EDF (società erogatrice dell'elettricità in Francia) e vivono nelle aree di campeggio in prossimità delle centrali  nucleari. Il loro lavoro consiste nella revisione regolare dei reattori. All'inizio degli anni 90, EDF ha scelto di esternalizzare l'80% delle operazioni di manutenzione delle installazioni nucleari. Gli operai 'nomadi' si spostano in giro per la Francia e anche all'estero seguendo i periodi di ricarica del combustibile atomico nei reattori. Elettricisti, idraulici, saldatori, meccanici, gli interinali sono i più esposti alla contaminazione radioattiva, assorbono l'80% della 'dose' di radiazioni (dal 2006, 20millisievert all'anno) ricevuta dall'insieme dei lavoratori del nucleare. Questa forte esposizione si spiega con l'invecchiamento progressivo delle centrali e lo smantellamento delle installazioni in fin di vita, i lavori di decontaminazione sono quelli a più alto rischio. Le condizioni di  lavoro degli operai del nucleare si sono ulteriormente degradate a causa dell'aumento della soglia di produttività: le centrali si fermavano per la manutenzione dalle otto alle dieci settimane fino agli anni 90, oggi tre-cinque settimane al massimo, la metà. Un delegato sindacale della CGT della centrale EPR di Flamanville dice che "da quando EDF è entrata in Borsa, la priorità la decidono gli azionisti. La logica è qualla di abbassare i costi, a far lavorare meno persone di più e più in fretta, e a mettere le imprese del servizio di manutenzione in concorrenza fra loro (...) il personale è quindi pagato meno in una corsa contro il tempo, non sa dove sarà la settimana successiva e neanche se ci sarà del lavoro.". Precarietà, concorrenza, riduzione dei tempi di intervento regolano i meccanismi di sicurezza delle centrali. A ciò si aggiunge una supervisione del controlli EDF che risulta approssimativa, i gesti tecnici dovuti sono effettuati  da un personale sempre meno competente: possono essere messi in campo contemporaneamente 8 livelli di subappalto dei servizi, alla fine non si sa bene chi  interviene e per quale impresa. Il primo e più urgente degli interventi per la sicurezza è senz'altro quello di eliminare le prestazioni di servizio in appalto.
EDF, uno stato nello Stato


Tra il sindacato CGT, EDF e lo Stato c'è una vecchia storia che inizia al tempo della Liberazione quando il ministro comunista dell'industria del governo provvisorio di De Gaulle nazionalizza l'elettricità e il gas. Lo stato doveva poter contare sulla produzione industriale per ricostruire l'economia, vengono votate le leggi che nazionalizzano centinaia di imprese (1500 piccole e grandi) che producevano e distribuivano l'elettrciità già prima della guerra. Nello stesso momento il ministro, ex-operaio elettrcista, dota i lavoratori di uno statuto particolarmente avanzato in quegli anni: 200 premi diversi, 8 settimane di vacanza, la bolletta della luce e del gas a prezzo di fabbrica e regimi pensionistici speciali. Fino alla fine degli anni 80 EDF resta l'"imprese più bella del mondo" per chi la dirige e per chi ci lavora.
Nel corso del tempo i suoi dirigenti, aziendali e sidacali, costruiscono un fortino, una specie di superministero. Tra il 1950 e il 1960, ingegneri EDF costruiscono un migliaio di dighe, poi con il presidente Pompidou, seguono le prime 17 centrali nucleari. L'argomento è l'incremento futuro del consumo di elettrcità e la sfida dell'approvigionamento energetico che la prima crisi petrolifera preannuncia in quegli anni. Ma negli anni 90 le cose cambiano, i "grandi programmi" vengono abbandonati perché la casse dello stato si stanno svuotando, il principale rubinetto finanziario si chiude con Mitterand.
Nel 1998, sarà un super-prefetto, ex addetto al ministero della Difesa, a gestire la fine del monopolio che permetteva all'azienda pubblica di vivere al riparo della concorrenza.
Per l'insieme dei sindacato non c'è stato un prima e un dopo Fukushima, come del resto è avvenuto con Cernobyl nel 1986. Oltre al comunicato a sotegno dei lavoratori dell'arcipelago giapponese, non si è visto alcun esame critico sul peso dell'energia di origine atomica in Francia. Non se ne parla. Stessa reazione la CGT, fedele alla sua reputazione pronucleare. Nelle sedi locali delle città in cui ci sono le centrali, i (pochi) iscritti che hanno tentato di abbordare le ragioni dell'uscita dal nucleare hanno dovuto ritirare velocemente le loro mozioni all'ordine del giorno. Bisogna constatare che se è vero che il sindacato CGT persiste nella linea tradizionale della produzione di stato è anche vero che l'attitudine pronucleare convive con una certa dose di opportunismo. Infatti, la CGT, forte della sua supremazia sindacale (56% voti), controlla il comitato d'impresa EDF e questo comporta non pochi vantaggi. Difficile, infatti, immaginare di vederla segare il  ramo su cui è posata per rimettere in causa la fonte che fornisce il 75% delll'elettricità francese, si esprime così: "Il nucleare fornisce alla popolazione la migliore energia alla tariffa minore e la maggioranza dei francesi non è disposta ad accettare un aumento delle tariffe per incoraggiare una riduzione della parte di fornitura elettrica di origine nucleare."
La confederazione intersindacale, CGT-CFDT-FO vede infatti come fumo negli occhi SUD-Energie (4% dei voti), sindacato più giovane e più critico che non esita ad esprimere una diversa concezione del servizio pubblico perché "parlare dei pericoli del nucleare è compatibile con la difesa del lavoro", dice Yann Cochin, uno dei fondatori. Il tempo gioca a favore delle nuove generazioni di lavoratori che non amano la militarizzazione del loro mestiere e che stanno prendendo le distanze dai loro predecessori: 40% degli occupati nel settore nucleare andranno in pensione entro il 2015. Questo cambiamento riguarda sia i lavoratori permanenti che quelli intermittenti, i 22 mila prestatari con contratto a termine.

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