di Giorgia Grifoni
Nuovo, duro colpo di Damasco alla libertà d’espressione in Siria. Ieri pomeriggio, a poche ore dal voto dell’ennesima risoluzione Onu di condanna al regime di Bashar al-Assad, le forze di intelligence siriane hanno fatto irruzione negli uffici del ‘Centro Siriano per i Media e per la Libertà d’espressione’ arrestando il suo direttore, l’attivista Mazen Darwish, assieme ad altri 13 dipendenti, tra cui la blogger Razan Ghazzawi.  L’attivista , con doppia nazionalità siriana e americana, era stata fermata circa due mesi fa al confine con la Giordania e incarcerata per due settimane.
Secondo i Comitati di coordinazione locale dell’opposizione, gli uomini dell’intelligence, coperti da forze armate operative, avrebbero assaltato gli uffici in abiti civili mentre l’esercito transennava l’area intorno all’edificio. Non ci sono ancora notizie sul luogo della loro detenzione, ma potrebbe trattarsi dei tristemente famosi centri dei servizi d’intelligence di Kafr Souseh o di Mezzeh, entrambi alla periferia di Damasco. Assieme a Darwish e alla Ghazzawi, sono stati arrestati anche i loro colleghi Rita Dayyoub, Hussein Ghazir, Hani Zeitani, Jwan Faraso, Mayana Khalil, Maha al-Sablati, Hanadi Zahlout, Sanaa Zeitani e Yara Badr, moglie di Darwish.
Razan, nota nella rete dei blogger mondiali per la sua militanza contro il regime siriano e a favore delle minoranze senza diritti del paese – siano esse curde, palestinesi o omosessuali – era stata una degli ultimi attivisti a essere presi di mira dal Governo. Nonostante fosse una delle poche a firmare i post con il suo vero nome, era stata arrestata solo lo scorso dicembre, mentre si stava recando a una conferenza sulla libertà d’espressione nel mondo arabo ad Amman. Rilasciata dopo 15 giorni, rischia dai tre ai quindici anni di carcere per aver “indebolito il sentimento nazionale”, “creato un’organizzazione che mira a cambiare lo stato sociale ed economico del Paese” e “ravvivato le dissensioni confessionali”. Prima di lei, decine di blogger erano stati arrestati dal regime: anche Darwish era stato incarcerato numerose volte, l’ultima delle quali nel marzo scorso per aver fatto un discorso pubblico contro la repressione di Assad nella città meridionale di Deraa.
Il Centro siriano per gli Studi legali, per voce di uno dei suoi avvocati Anwar Bunni, ha condannato la retata compiuta ieri nei confronti dei quattordici attivisti e ha chiesto alle autorità siriane il loro rilascio immediato. Secondo la Fondazione ‘Electronic Frontiers’, che promuove e difende la libertà di espressione sul web, gli arresti di ieri potrebbero essere  il segno dei rinnovati sforzi del governo siriano di schiacciare la dissidenza politica all’interno del Paese in un momento di forte pressione internazionale. Ma potrebbe anche trattarsi di un modo per entrare nel network degli attivisti siriani e scovarne altri, assieme al nuovo metodo di controllo degli sms tramite un software che filtra alcune parole-chiave dei dissidenti e ne blocca l’invio. In tempo di pace come in guerra, la censura siriana non dorme mai.

tratto da Nena News