di Riccado Bottazzo, giornalista di Carta
Sensuntepeque, dipartimento di Cabaña. El Salvador. Domenica 15 marzo ore 22,40
Tutte. Bisogna dargli atto che le hanno provate tutte pur di non far vincere Mauricio Funes, il candidato dell’Fmln, il Frente Farabundo Martin di Liberazione Nazionale, il primo partito di ex guerriglieri che si propone come forza di governo. Questo paese che ha fatto del neoliberalismo più feroce la sua religione, dove la terra, le ricchezze e il governo, sin dai tempi della conquista spagnola, sono nelle mani di 14 famiglie e dove i pueblos indigeni sono stati praticamente estinti, è stato governato negli ultimi vent’anni da un partito che rappresenta la destra più reazionaria di tutto il centroamerica: l’Arena, l’Alleanza Repubblicana Nazionalista. Gli anni che hanno seguito il trattato di pace tra la guerriglia dell’Fmln e il governo, nel ’92, sono stati anni di desaparecidos e omicidi politici, di svendita di tutte le ricchezze minerarie alle corporation Stelleestriscie che in cambio hanno inquinato e avvelenato intere regioni. Anni in cui il narcotraffico è entrato con i suoi capitali nelle aule di governo e con la violenza nelle strade delle città (si marcia su una media di un migliaio di morti all’anno). Anni di povertà, di violazioni quotidiane dei diritti umani, di privatizzazioni delle terre dove oramai si coltiva solo per le esportazioni e non per la sussitenza, di avvelenamento delle acque rese imbevibili in tutto il territorio, di espulsione di contadini e di rappresaglie feroci per chi resisteva. Eppure, quest’oggi, domenica 15 marzo del 2009, il Salvador è riuscito a voltare pagina. Ho visto, qui a Sensuntepeque, donne uscire dalle case e piangere per la gioia, gente che ballava per le strade e caroselli di auto con giovani che sventolavano le bandiere rosse del Frente. Ho visto un ex guerrigliero cui le squadre della morte hanno tagliato entrambe le due mani, reggere la sua bandiera tra i denti e non ho avuto il coraggio di fotografarlo. Oggi la storia la scrivono loro. Con i seggi scrutinati per il 95%, Mauricio Funes ha battuto il rivale “arenero”, Rodrigo Avila, ottenendo una percentuale del 51,3%. Oramai non ci sono più dubbi: lo stesso tribunale elettorale – in teoria indipendente ma nei fatti saldamente in mano all’Arena – lo ha appena proclamato presidente del Salvador. Ma è stata dura, dura sino alla fine. L’Arena le ha provate tutte pur di non consegnare il Paese a Funes e recuperare quei sei o sette punti percentuali di svantaggio che i sondaggi le assegnavano.Telegiornali a senso unico, pressioni dalla stampa che qui come in tutta l’America centrale è il passa veline della destra, che accusava in ogni pagina Funes di essere un amico di terroristi come le Farc o, addirittura Al Quaida, sino ad insinuare che, in caso di sua vittoria, gli Usa chiuderebbero il rubinetto dei fondi che gli immigrati spediscono a casa. Un quarto delle famiglie, qui in Salvador, riesce a sopravvivere solo grazie al denaro che dei figli o dei genitori che lavorano negli Stati Uniti. Ma un partito come l’Arena non si limita alle calunnie politiche. Sono passati anche ai fatti: 5 morti e 2 desaparecidos, (e parliamo solo di fatti accertati) sono costate all’Fmln la vittoria di Funes. Vittime che si aggiungono al centinaio di omicidi politici perpetuati dalla polizia o dalle squadre della morte negli anni in cui Avila, il candidato presidente arenero, era il capo della polizia. Nel dipartimento di Cabaña, dove ho seguito le elezioni al seguito di una delegazione di osservatori internazionali, l’Arena ha messo in scena una vera e propria commedia teatrale dal titolo “Come ti tarocco l’elezione”. Il sipario si apre con le pressioni e le intimidazioni agli osservatori. “Purtroppo in questo paese gli animi sono molto accesi. La polizia è poca e i comunisti senzadio tanti. Non possiamo garantire la vostra sicurezza. Vi consigliamo di andarvene e comunque state molto, ma molto attenti a quello che fate”. Parole e musica del responsabile di Sensuntepeque del Tribunale Elettorale Nazionale. Che ha subito aggiunto che, per fortuna e come ultima istanza, c’è sempre la Humo pronta. La Humo è uno speciale distaccamento composto da poliziotti e volontari addestrati del dipartimento. Senza tante perifrasi: una squadra della morte. L’ultimo atto il giorno delle elezioni con gli areneri che girano per le strade vicine ai seggi con rotoli di dollari (il colon è fallito negli anni ’90. Ora vale solo il dollaro Usa) in mano. Un voto a Sensuntepeque costa 20 dollari. A San Salvador, dove evidentemente sono più ricchi, 50. L’Arena, lo avrete capito, problemi di denaro, così come di coscienza, non ne ha. E poi c’erano i carri bestiame provenienti dalla vicina frontiera con l’Honduras. Camion stracarichi di contadini honduregni ammassati come neanche gli animali, che i loro padroni portavano in “regalo” agli amici dell’Arena. La forza lavoro sfruttata diventa forza elettorale sfruttabile. “Sono dei veri e propri schiavi della terra che i fazenderos pagano soprattutto con alcol. Poveri disgraziati cui hanno tolto anche il coraggio e la dignità di scrivere ‘mierda’ nella scheda elettorale” mi ha spiegato schifato un giornalista honduregno che li ha riconosciuti. Ho contato perlomeno una ventina di camion nei dintorni del “parque”, la piazza centrale di Sensuntepeque dove si sono svolte le elezioni. E questo è probabilmente il motivo per cui l’Fmln, che ha vinto il tutto il resto del Paese, ha perso qui, nel dipartimento di Cabaña, in zona “frontieriza”. “Ma chissenefrega – mi ha commentato alle 11 di notte un ragazzo con un enorme tamburo sottobraccio che ho trovato per le strade di una Sensuntepeque ancora in festa-. Oggi ha vinto il Frente. Oggi ha vinto il Salvador anche contro tutti i loro brogli. Oggi ha vinto el pueblo”. Con un nutrito gruppo di amici musicisti, va a piazzare il suo tamburo sotto le finestre della camera da letto del suo sindaco arenero. E cominciano a suonare quella vecchia canzone degli Inti Illimani che tutti noi ci ricordiamo.
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Viva EZLN
Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.
La lucha sigue!