Il Sudafrica è scosso dallo sciopero dei dipendenti pubblici. Una situazione che è destinata ad allargarsi anche ad altri settori sociali.
Riportiamo tre articoli tratti da Democracy Now - Il Manifesto - Peace Reporter
da Democracy Now
Il principale sindacato sudafricano sta minacciando di espandere lo sciopero nazionale dei lavoratori statali all'interno della campagna per aumenti salariali. Più di un milione di lavoratori statali non sono andati al lavoro questo mese. Il direttore del Congresso del Sindacato Sudafricano, Zwelinzima Vavi, ha detto che i loro aderenti, che sono circa due milioni, potrebbero partecipare tra poco tempo allo sciopero.
Zwelinzima Vavi ha detto: “In sette giorni tutta l'economia resterà paralizzata. Le strade che fanno sì che dall'industria mineraria esca l'oro, i diamanti, il carbone si fermerà. Tutto resterà paralizzato".
da Il Manifesto
Dopo i mondiali, la resa dei conti tra i sindacati e il presidente Zuma
Dopo l'euforia dei mondiali di calcio, il Sudafrica torna alla normalità: una normalità di incertezze sul futuro politico del paese, diseguaglianze economiche crescenti e sempre più conflitti sociali.
Da parecchi giorni il paese è fermo a causa di uno sciopero dei dipendenti del settore pubblico. Tre anni dopo lo sciopero generale del 2007, che bloccò il Sudafrica per un mese, il nuovo conflitto minaccia di trasformarsi in una vera e propria resa di conti tra Cosatu, la principale federazione sindacale del paese, e il governo guidato dal presidente Jacob Zuma. In un comunicato diffuso ieri la federazione sindacale ipotizza in modo esplicito la possibile rottura dello storico rapporto tra Cosatu e l'African National Congress, che risale agli anni dell'apartheid.
Rispetto al 2007 però molte cose sono cambiate. Tanto per cominciare, l'ex presidente Thabo Mbeki, acerrimo nemico dei sindacati, è stato costretto a dimettersi e Cosatu, insieme al partito comunista, ha favorito l'ascesa di Zuma al potere nonostante i suoi processi per corruzione. Zuma aveva promesso un'inversione di rotta rispetto alle politiche liberiste del suo predecessore, ma in realtà poco o nulla è cambiato. Privatizzazioni di servizi, tagli alla spesa pubblica e politiche di favore nei confronti del grande capitale sono continuate nonostante l'ascesa al potere di personalità della sinistra radicale. Zuma aveva promesso di voler governare per un solo mandato, ma ora ha cambiato idea e sembra voglia cercare una conferma nel 2012. Analisti politici e attivisti della societá civile temono un inasprimento del conflitto politico, con il rischio di una svolta autoritaria non dissimile a quella di altri paesi della regione.
La questione salariale, che si aggiunge a quella della ridistribuzione delle terre e quella sociale, riempie le cronache di questi giorni. Il governo ripete che non ci sono soldi per rinnovare il contratto degli statali con gli aumenti richiesti, ma i mondiali di calcio sono lì a dimostrare che le risorse si trovano quando c'è la volontà politica. I cittadini lo sanno e lo ripetono: i soldi ci sono, ma il governo ha altre prioritá.
All'ombra degli stadi faraonici ormai condannati all'abbandono, fiumi di lavoratori protestano da giorni svuotando uffici pubblici, scuole e ospedali. I sindacati hanno fissato un ultimatum al 2 settembre: se il governo non risponde con gli aumenti richiesti altri settori produttivi scenderanno in sciopero, trasformando il fermo temporaneo in sciopero nazionale. Il segretario generale della Cosatu ha minacciato di «bloccare l'economia del paese» finché le richieste dei lavoratori non saranno accolte.
Lo sciopero del pubblico impiego s'inserisce in un contesto drammatico caratterizzato dall'incapacità della macchina statale di fornire servizi adeguati alla cittadinanza. Milioni di sudafricani non hanno accesso all'acqua potabile o alla rete elettrica. Le scuole pubbliche cadono a pezzi e le amministrazioni locali sono soffocate da incompetenza, corruzione e clientelismo. Dal 2008 a oggi si sono susseguite migliaia di proteste di cittadini contro le inefficienze della pubblica amministrazione, facendo del Sudafrica il paese con il più alto tasso di sommosse al mondo, soprattutto nelle aree rurali e nelle cosiddette townships.
Ma il braccio di ferro tra Cosatu e il governo va visto nell'ottica più ampia di una crisi profonda interna al potere, l'African National Congress (Anc). La dirigenza Zuma ha deluso sia la societá civile sia i lavoratori, e sono in molti a parlare di un possibile tentativo di defenestrare il presidente alla prossima assemblea nazionale da parte di fazioni interne. È improbabile che accada (un tentativo concreto, se ci sarà, sarà nel 2012 allo scadere del mandato), ma intanto la lega giovanile del partito, che in Sudafrica ha un enorme potere enorme, ha chiesto ufficialmente un rimpasto di governo, sfiduciando i candidati vicino al partito comunista. Il partito é spaccato: da un lato la sinistra radicale (composta dal partito comunista e dagli affiliati alla federazione sindacale), chiedono politiche sociali piú coraggiose. Dall'altro la lega giovanile vuole piú potere per le nuove leve, cercando di indebolire i vecchi leader della sinistra.
È forse a causa di queste divisioni interne e dell'evidente indebolimento del presidente che, nell'ultima settimana, il governo é tornato all'attacco proponendo una serie di misure legislative profondamente lesive dei diritti civili. Dopo aver favorito una campagna di demonizzazione degli scioperanti, etichettati come «criminali» innescando una serie di scontri con la polizia, il governo ha anche proposto una «legge bavaglio» contro i principali media, che permetterebbe allo stato di imporre il segreto di stato e la censura su qualunque indagine e processo riguardante personalità politiche. I principali giornali e molti intellettuali hanno firmato appelli pubblici per chiedere al presidente di ritirare il progetto di legge, ma i dirigenti dell'Anc sostengono che nel paese «c'è ampio consenso» sulla necessità di una stretta nei confronti del mondo dell'informazione. Difficile da credere, viste le emergenze sociali in cui versa la maggioranza dei sudafricani.
Il Sudafrica così è di nuovo in ginocchio, incapace di risolvere le contraddizioni che hanno segnato gli anni del post-apartheid. Da oltre dieci anni si attendono misure significative per rispondere alle diseguaglianze e ingiustizie che soffocano il paese. Ma con questa classe politica, c'è poco da aspettarsi.
da Peace Reporter
Si fa sempre più rovente il clima in Sudafrica dove da giorni è in corso uno sciopero dei dipendenti pubblici, che chiedono al governo un aumento dello stipendio e un bonus casa. Sanità e istruzione sono i settori in cui il Paese è stato maggiormente colpito.
Negli ospedali hanno incrociato le braccia medici e infermieri, tanto da costringere il governo centrale ad inviare l'esercito: 2800 soldati sono stati schierati in 47 ospedali, 1800 dei quali delle unità mediche di soccorso. Sono loro che hanno impedito che il sistema sanitario collassasse, anche se si teme per la salute dei malati di Aids - malattia che in Sudafrica è una piaga - i quali necessitano di un'assistenza specifica.
Il South African Democratic Teachers' Union, il sindacato di riferimento del corpo docente, forte dei suoi 240 mila aderenti, ha portato 26 mila scuole alla chiusura che tradotto vuol dire oltre due milioni di studenti a casa.
Ma la paralisi di questi giorni non è ancora nulla. Due sono gli incubi del governo: che entri in sciopero la polizia (guardie carcerarie e vigili del traffico inclusi) e che poi si estenda ad altri settori, arrivando a colpire la produttività e quindi l'economia del Paese. Due scenari assolutamente probabili, Se per adesso la polizia non ha ancora aderito, infatti, è solo perché un tribunale glielo ha vietato ma il malumore che serpeggia tra gli agenti ha da tempo superato il livello di guardia. Quanto all'allargamento della protesta, pesa il pronunciamento del Cosatu, l'organo che coordina tutti i sindacati commerciali sudafricani, i cui esponenti hanno minacciato esplicitamente di scatenare "la totale anarchia".
Riportiamo tre articoli tratti da Democracy Now - Il Manifesto - Peace Reporter
da Democracy Now
Il principale sindacato sudafricano sta minacciando di espandere lo sciopero nazionale dei lavoratori statali all'interno della campagna per aumenti salariali. Più di un milione di lavoratori statali non sono andati al lavoro questo mese. Il direttore del Congresso del Sindacato Sudafricano, Zwelinzima Vavi, ha detto che i loro aderenti, che sono circa due milioni, potrebbero partecipare tra poco tempo allo sciopero.
Zwelinzima Vavi ha detto: “In sette giorni tutta l'economia resterà paralizzata. Le strade che fanno sì che dall'industria mineraria esca l'oro, i diamanti, il carbone si fermerà. Tutto resterà paralizzato".
da Il Manifesto
Dopo i mondiali, la resa dei conti tra i sindacati e il presidente Zuma
Dopo l'euforia dei mondiali di calcio, il Sudafrica torna alla normalità: una normalità di incertezze sul futuro politico del paese, diseguaglianze economiche crescenti e sempre più conflitti sociali.
Da parecchi giorni il paese è fermo a causa di uno sciopero dei dipendenti del settore pubblico. Tre anni dopo lo sciopero generale del 2007, che bloccò il Sudafrica per un mese, il nuovo conflitto minaccia di trasformarsi in una vera e propria resa di conti tra Cosatu, la principale federazione sindacale del paese, e il governo guidato dal presidente Jacob Zuma. In un comunicato diffuso ieri la federazione sindacale ipotizza in modo esplicito la possibile rottura dello storico rapporto tra Cosatu e l'African National Congress, che risale agli anni dell'apartheid.
Rispetto al 2007 però molte cose sono cambiate. Tanto per cominciare, l'ex presidente Thabo Mbeki, acerrimo nemico dei sindacati, è stato costretto a dimettersi e Cosatu, insieme al partito comunista, ha favorito l'ascesa di Zuma al potere nonostante i suoi processi per corruzione. Zuma aveva promesso un'inversione di rotta rispetto alle politiche liberiste del suo predecessore, ma in realtà poco o nulla è cambiato. Privatizzazioni di servizi, tagli alla spesa pubblica e politiche di favore nei confronti del grande capitale sono continuate nonostante l'ascesa al potere di personalità della sinistra radicale. Zuma aveva promesso di voler governare per un solo mandato, ma ora ha cambiato idea e sembra voglia cercare una conferma nel 2012. Analisti politici e attivisti della societá civile temono un inasprimento del conflitto politico, con il rischio di una svolta autoritaria non dissimile a quella di altri paesi della regione.
La questione salariale, che si aggiunge a quella della ridistribuzione delle terre e quella sociale, riempie le cronache di questi giorni. Il governo ripete che non ci sono soldi per rinnovare il contratto degli statali con gli aumenti richiesti, ma i mondiali di calcio sono lì a dimostrare che le risorse si trovano quando c'è la volontà politica. I cittadini lo sanno e lo ripetono: i soldi ci sono, ma il governo ha altre prioritá.
All'ombra degli stadi faraonici ormai condannati all'abbandono, fiumi di lavoratori protestano da giorni svuotando uffici pubblici, scuole e ospedali. I sindacati hanno fissato un ultimatum al 2 settembre: se il governo non risponde con gli aumenti richiesti altri settori produttivi scenderanno in sciopero, trasformando il fermo temporaneo in sciopero nazionale. Il segretario generale della Cosatu ha minacciato di «bloccare l'economia del paese» finché le richieste dei lavoratori non saranno accolte.
Lo sciopero del pubblico impiego s'inserisce in un contesto drammatico caratterizzato dall'incapacità della macchina statale di fornire servizi adeguati alla cittadinanza. Milioni di sudafricani non hanno accesso all'acqua potabile o alla rete elettrica. Le scuole pubbliche cadono a pezzi e le amministrazioni locali sono soffocate da incompetenza, corruzione e clientelismo. Dal 2008 a oggi si sono susseguite migliaia di proteste di cittadini contro le inefficienze della pubblica amministrazione, facendo del Sudafrica il paese con il più alto tasso di sommosse al mondo, soprattutto nelle aree rurali e nelle cosiddette townships.
Ma il braccio di ferro tra Cosatu e il governo va visto nell'ottica più ampia di una crisi profonda interna al potere, l'African National Congress (Anc). La dirigenza Zuma ha deluso sia la societá civile sia i lavoratori, e sono in molti a parlare di un possibile tentativo di defenestrare il presidente alla prossima assemblea nazionale da parte di fazioni interne. È improbabile che accada (un tentativo concreto, se ci sarà, sarà nel 2012 allo scadere del mandato), ma intanto la lega giovanile del partito, che in Sudafrica ha un enorme potere enorme, ha chiesto ufficialmente un rimpasto di governo, sfiduciando i candidati vicino al partito comunista. Il partito é spaccato: da un lato la sinistra radicale (composta dal partito comunista e dagli affiliati alla federazione sindacale), chiedono politiche sociali piú coraggiose. Dall'altro la lega giovanile vuole piú potere per le nuove leve, cercando di indebolire i vecchi leader della sinistra.
È forse a causa di queste divisioni interne e dell'evidente indebolimento del presidente che, nell'ultima settimana, il governo é tornato all'attacco proponendo una serie di misure legislative profondamente lesive dei diritti civili. Dopo aver favorito una campagna di demonizzazione degli scioperanti, etichettati come «criminali» innescando una serie di scontri con la polizia, il governo ha anche proposto una «legge bavaglio» contro i principali media, che permetterebbe allo stato di imporre il segreto di stato e la censura su qualunque indagine e processo riguardante personalità politiche. I principali giornali e molti intellettuali hanno firmato appelli pubblici per chiedere al presidente di ritirare il progetto di legge, ma i dirigenti dell'Anc sostengono che nel paese «c'è ampio consenso» sulla necessità di una stretta nei confronti del mondo dell'informazione. Difficile da credere, viste le emergenze sociali in cui versa la maggioranza dei sudafricani.
Il Sudafrica così è di nuovo in ginocchio, incapace di risolvere le contraddizioni che hanno segnato gli anni del post-apartheid. Da oltre dieci anni si attendono misure significative per rispondere alle diseguaglianze e ingiustizie che soffocano il paese. Ma con questa classe politica, c'è poco da aspettarsi.
da Peace Reporter
Si fa sempre più rovente il clima in Sudafrica dove da giorni è in corso uno sciopero dei dipendenti pubblici, che chiedono al governo un aumento dello stipendio e un bonus casa. Sanità e istruzione sono i settori in cui il Paese è stato maggiormente colpito.
Negli ospedali hanno incrociato le braccia medici e infermieri, tanto da costringere il governo centrale ad inviare l'esercito: 2800 soldati sono stati schierati in 47 ospedali, 1800 dei quali delle unità mediche di soccorso. Sono loro che hanno impedito che il sistema sanitario collassasse, anche se si teme per la salute dei malati di Aids - malattia che in Sudafrica è una piaga - i quali necessitano di un'assistenza specifica.
Il South African Democratic Teachers' Union, il sindacato di riferimento del corpo docente, forte dei suoi 240 mila aderenti, ha portato 26 mila scuole alla chiusura che tradotto vuol dire oltre due milioni di studenti a casa.
Ma la paralisi di questi giorni non è ancora nulla. Due sono gli incubi del governo: che entri in sciopero la polizia (guardie carcerarie e vigili del traffico inclusi) e che poi si estenda ad altri settori, arrivando a colpire la produttività e quindi l'economia del Paese. Due scenari assolutamente probabili, Se per adesso la polizia non ha ancora aderito, infatti, è solo perché un tribunale glielo ha vietato ma il malumore che serpeggia tra gli agenti ha da tempo superato il livello di guardia. Quanto all'allargamento della protesta, pesa il pronunciamento del Cosatu, l'organo che coordina tutti i sindacati commerciali sudafricani, i cui esponenti hanno minacciato esplicitamente di scatenare "la totale anarchia".