Il deposito delle sentenze della Corte Costituzionale relative ai referendum sull'acqua non può che essere accolto con soddisfazione perché fa chiarezza su diversi punti. In effetti la bontà dell'impianto abrogativo che avevamo immaginato risulta confermata in termini non equivoci sia per quanto riguarda i referendum ammessi che quelli non ammessi. Dal primo punto di vista, particolarmente importante risulta la motivazione con cui la Corte ci consente di perseguire l'abrogazione dell'intero impianto del Decreto Ronchi. Se vincerà il «sì» non soltanto il servizio idrico integrato ma anche i trasporti pubblici locali, i servizi di raccolta e disposizione dei rifiuti e diversi altri servizi locali potranno essere organizzati con un'ampia varietà di strumenti pubblicistici o a vocazione pubblicistica. L'odioso obbligo di vendita a società per azioni motivate dal profitto potrà essere sconfitto; si apriranno spazi nuovi per una gestione finalmente democratica e partecipata di quanto appartiene a tutti. Tutto ciò in pienissima armonia con il diritto europeo.
domenica 30 gennaio 2011
Egitto in rivolta: il risveglio del gigante
di Marco Hamam
“Heyya fawda!, E’ caos!”. Questo il titolo dell’ultimo lungometraggio del regista egiziano Youssef Chahine che descriveva, nel 2007, lo stato caotico e ingovernabile al quale è giunto l’Egitto la cui vita civile è da decenni ostaggio degli umori degli ufficiali e dei commissariati di polizia.
Una “mafia” dentro il regime, che nessuno è mai riuscito a governare. Il protagonista del film, Hatem, un ufficiale di polizia, appunto, impone le sue voglie a tutti con la minaccia continua della galera e della tortura. Persino l’amore Hatem vorrebbe imporre alla bella Nur, la sola a non aver paura del boss della polizia. Ma Hatem non sa cosa vuol dire essere rifiutato e pensa che violentandola otterrà quell’amore che nessuno gli aveva mai dato e che lui aveva sempre intimamente desiderato… Profetico il titolo, profetica la trama del film di Chahine, malgrado non creda che il regista scomparso si sarebbe mai immaginato che in Egitto esplodesse un caos di tutt’altro tipo.
Un solo slogan, scandito in tre tempi: “Il popolo / vuole / il rovesciamento del regime”. Sono queste le parole che per il terzo giorno consecutivo risuonano, più di ogni altra, in ogni angolo del più importante Paese mediorientale, ago della bilancia degli equilibri nella regione. Forse pizzicati nel loro orgoglio dalle rivolte di questo “piccolo”, relativamente periferico, paese nordafricano, che è la Tunisia - a cui non si può negare il merito di aver aperto una nuova pagina nella storia di questa regione - gli egiziani hanno deciso di sfogare la rabbia repressa e di rompere un silenzio che è durato perlomeno 30 anni, tanti quanti sono gli anni di governo che il presidente Mubarak avrebbe compiuto il 14 ottobre di quest’anno.
Una “mafia” dentro il regime, che nessuno è mai riuscito a governare. Il protagonista del film, Hatem, un ufficiale di polizia, appunto, impone le sue voglie a tutti con la minaccia continua della galera e della tortura. Persino l’amore Hatem vorrebbe imporre alla bella Nur, la sola a non aver paura del boss della polizia. Ma Hatem non sa cosa vuol dire essere rifiutato e pensa che violentandola otterrà quell’amore che nessuno gli aveva mai dato e che lui aveva sempre intimamente desiderato… Profetico il titolo, profetica la trama del film di Chahine, malgrado non creda che il regista scomparso si sarebbe mai immaginato che in Egitto esplodesse un caos di tutt’altro tipo.
Un solo slogan, scandito in tre tempi: “Il popolo / vuole / il rovesciamento del regime”. Sono queste le parole che per il terzo giorno consecutivo risuonano, più di ogni altra, in ogni angolo del più importante Paese mediorientale, ago della bilancia degli equilibri nella regione. Forse pizzicati nel loro orgoglio dalle rivolte di questo “piccolo”, relativamente periferico, paese nordafricano, che è la Tunisia - a cui non si può negare il merito di aver aperto una nuova pagina nella storia di questa regione - gli egiziani hanno deciso di sfogare la rabbia repressa e di rompere un silenzio che è durato perlomeno 30 anni, tanti quanti sono gli anni di governo che il presidente Mubarak avrebbe compiuto il 14 ottobre di quest’anno.
venerdì 28 gennaio 2011
Egitto - Gli ultimi faraoni
Meglio un dittatore amico che il caos. O peggio un democratico nemico. Questa premessa non scritta ma inossidabile orienta da sempre le politiche occidentali verso i regimi postcoloniali in Africa e in Medio Oriente.
Che siano capi di governo o di grandi aziende spesso più influenti dei governi, i leader americani ed europei accuratamente distinguono tra princìpi e prassi. Pur proclamando ideali eterni e universali, li ignorano, qui e ora, in nome della sicurezza nazionale.
Contro il terrorismo e la proliferazione delle armi di distruzione di massa, per la garanzia degli approvvigionamenti energetici, l'importante non è la qualità del regime cui ci si appoggia ma il risultato immediato.
Non pare che i nostri leader abbiano cambiato idea, ma almeno cominciano a dubitare delle verità ricevute. Perché sono i fatti che stanno cambiando. In modo tale, e tanto rapido, da mettere in discussione decenni di doppiezza.
È davvero utile aggrapparsi a regimi che rischiano di essere spazzati via dalla protesta? Abbiamo ancora la possibilità di influenzare gli eventi, o la lunga stasi intellettuale e strategica ci condanna all'impotenza?
Che siano capi di governo o di grandi aziende spesso più influenti dei governi, i leader americani ed europei accuratamente distinguono tra princìpi e prassi. Pur proclamando ideali eterni e universali, li ignorano, qui e ora, in nome della sicurezza nazionale.
Contro il terrorismo e la proliferazione delle armi di distruzione di massa, per la garanzia degli approvvigionamenti energetici, l'importante non è la qualità del regime cui ci si appoggia ma il risultato immediato.
Non pare che i nostri leader abbiano cambiato idea, ma almeno cominciano a dubitare delle verità ricevute. Perché sono i fatti che stanno cambiando. In modo tale, e tanto rapido, da mettere in discussione decenni di doppiezza.
È davvero utile aggrapparsi a regimi che rischiano di essere spazzati via dalla protesta? Abbiamo ancora la possibilità di influenzare gli eventi, o la lunga stasi intellettuale e strategica ci condanna all'impotenza?
giovedì 27 gennaio 2011
Messico - COMUNICATO DEL CCRI-CG DEL EZLN sulla morte del vescovo don Samuel Ruiz.
Il Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno-Comando Generale dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale esprime il suo cordoglio per la morte del Vescovo Emerito Don Samuel Ruiz García.
Nell’EZLN militano persone di diversi credi religiosi e non credenti, ma la statura umana di questo uomo (e di chi, come lui, cammina dalla parte degli oppressi, degli sfruttati, dei disprezzati) ci induce ad esprimere la nostra parola.
Anche se non sono state poche né superficiali le differenze, i disaccordi e le distanze, oggi vogliamo rimarcare l’impegno ed il percorso che non sono solo di un individuo, bensì di tutta una corrente all’interno della Chiesa Cattolica.
Don Samuel Ruiz García non si è distinto solo per un cattolicesimo praticato tra e con i diseredati, con la sua squadra ha formato anche una generazione di cristiani impegnati in questa pratica della religione cattolica. Non solo si è preoccupato per la grave situazione di miseria ed emarginazione dei popoli originari del Chiapas, ma ha anche lavorato, insieme all’eroica squadra pastorale, per migliorare quelle condizioni di vita e morte.
mercoledì 26 gennaio 2011
Messico - Addio degli indios a don Samuel.
di Hermann Bellinghausen
Don Samuel Ruiz riceve l’omaggio più gradito: quello degli indios
È interminabile il fiume di persone che sfilano davanti al feretro del Tatic Samuel Ruiz García. In migliaia, di ogni età e condizione sociale, vogliono vederlo per l’ultima volta. È molto probabile che tutti l’abbiano conosciuto, o almeno visto di persona, e forse toccato.Dall’alba, quando sono arrivati suoi resti nella cattedrale, buona parte della popolazione di questa città è venuta a vederlo. Si sono visti ex funzionari di diversi governi. Gente arrivata di altri stati. E molti indigeni. Prima dai municipi vicini come Zinacantán e San Juan Chamula. Poi San Andrés, Huixtán, Altamirano, Amatenango del Valle, Comitán. E poi Salto de Agua, Sabanilla, Palenque. Un fiume di gente scossa. Alcuni accarezzano il vetro che copre la bara, lo baciano o dicono qualcosa a voce bassa, nient’altro per il Tatic.
Hanno officiato le celebrazioni religiose i parroci chiave nella costruzione della chiesa indigena, che è il lascito sociale, e non solo religioso, di Ruiz García. Si sono convertiti vivendo nelle parrocchie di Simojovel (Joel Padrón), Tila (Heriberto Cruz Vera), Miguel Chanteau (Chenalhó), Gonzalo Ituarte (Ocosingo). Una generazione di preti politici: chi non incarcerato, espulso dalla Migrazione, minacciato dagli allevatori o calunniato sui media locali.
Dopo il Seminario/Meeting Uniti contro la crisi - L'ambizione dell'alternativa
Dopo la straordinaria due giorni di Marghera, potremmo lasciarci cullare dalla soddisfazione collettiva che ha invaso i luoghi del meeting, e che ha accompagnato ognuno nel viaggio di ritorno verso casa. Non è mica una cosa da niente, di questi tempi, poter essere soddisfatti di una scommessa politica e culturale che per noi si chiama “uniticontrolacrisi”.
Ma indugiare troppo su “quanto è stato bello” non ci è concesso: sarebbe come premere il tasto della pausa e trasformare un film appena iniziato in una fotografia: bellissima, ma ferma. Sia chiaro, non foss’altro per tutti quelli che si sono dannati per far riuscire tutto al meglio, la prima cosa è essere contenti, felici, di come è andata. Il numero delle persone che sono state “attratte”, e non cooptate o obbligate, a partecipare, è un fatto importante. La qualità di questa presenza, espressa non solo attraverso quasi duecento interventi, ma anche e soprattutto in un modo di stare insieme fondato più sulla pazienza che sulle pretese, animato dalla disponibilità e non sul pregiudizio, ha creato il “clima”. E’ opera di tutti quello che è potuto succedere: di un modo di pensarla, prima, questa occasione di incontro, e di come di essa ci si è collettivamente appropriati poi. Se la “pratica del comune” è innanzitutto “esemplarità” e non linea o modello, va da sé che Marghera segna una tappa di riferimento fondamentale.
Tunisia, una primavera in inverno
di Marina Nebbiolo
Scolari e studenti medi avrebbero dovuto rientrare in classe lunedi 24 gennaio ma i loro insegnanti sono in "sciopero generale illimitato" per esigere che il nuovo governo si liberi definitivamente di chi ha condiviso responsabilità politiche con l'ex-presidente Ben Ali.
Gli insegnanti sono accompagnati da sindacalisti, aderenti all'opposizione di matrice comunista, cittadini con famiglia, donne e bambini. Da venerdi, la "Carovana della Liberazione" assedia la Kashbah, il palazzo del primo ministro Mohammed Ghannouchi, sfidando il copri-fuoco notturno. Questa manifestazione, a cui hanno aderito sindacalisti e militanti, è stata organizzata dai giovani della regione di Menzel Boudiane a 280 km da Tunisi. Sono partiti la scorsa settimana in centinaia dalle zone rurali e povere della Tunisia dove sono morti i primi manifestanti delle rivolte che hanno provocato la caduta del regime di Ben Ali. Spontaneamente, a piedi, in moto, in macchina, in camion o camper, hanno fatto tappa in ogni città o villaggio facendosi ospitare dalla popolazione e sono arrivati in migliaia all'alba a Tunisi ricongiungendosi con i manifestanti della capitale per fare cadere il governo. Non vogliono "farsi rubare anche la rivoluzione" oltre agli averi del paese che "Ali e i suoi 40 ladroni" hanno portato via dal paese.
Egitto - Attacco al Faraone
Per capire cosa accade in Egitto esiste una cartina di tornasole credibile: se davvero domani i beduini scenderanno in piazza qualcosa si sta muovendo nel , come viene chiamato il presidente Hosni Mubarak.
Le tribù nomadi che abitano il deserto del Sinai sono abili nel capire l'aria che tira. Una vita senza certezze li ha portati a sviluppare un atavico sesto senso per il pericolo, il quale nella loro storia si è quasi sempre presentato con la divisa di un poliziotto o di un soldato. La strategia è sempre stata quella di fare affari e di avere la minima visibilità possibile, per godere di una zona d'ombra che permettesse loro di agire indisturbati. Il Governatorato del Sinai del Nord ha fatto sapere oggi di aver ricevuto una richiesta per una manifestazione di alcune tribù di beduini, che dovrebbero scendere in strada nei pressi dell'aeroporto di al-Gorah, dove si trovano - fin dalla guerra del 1973 con Israele - forze di pace internazionali. Alcuni membri di una tribù del villaggio di al-Mahdiya, a sud del valico di Rafah tra Egitto e Striscia di Gaza, hanno dato la loro adesione alle proteste annunciando una marcia per le strade di Rafah e di Sheikh Zowayyed. La sicurezza è stata rafforzata in tutti i luoghi sensibili, in particolare di fronte alla facoltà di Scienze dell'educazione ad Arish e al quartier generale del governatorato a Rafah.
Le tribù nomadi che abitano il deserto del Sinai sono abili nel capire l'aria che tira. Una vita senza certezze li ha portati a sviluppare un atavico sesto senso per il pericolo, il quale nella loro storia si è quasi sempre presentato con la divisa di un poliziotto o di un soldato. La strategia è sempre stata quella di fare affari e di avere la minima visibilità possibile, per godere di una zona d'ombra che permettesse loro di agire indisturbati. Il Governatorato del Sinai del Nord ha fatto sapere oggi di aver ricevuto una richiesta per una manifestazione di alcune tribù di beduini, che dovrebbero scendere in strada nei pressi dell'aeroporto di al-Gorah, dove si trovano - fin dalla guerra del 1973 con Israele - forze di pace internazionali. Alcuni membri di una tribù del villaggio di al-Mahdiya, a sud del valico di Rafah tra Egitto e Striscia di Gaza, hanno dato la loro adesione alle proteste annunciando una marcia per le strade di Rafah e di Sheikh Zowayyed. La sicurezza è stata rafforzata in tutti i luoghi sensibili, in particolare di fronte alla facoltà di Scienze dell'educazione ad Arish e al quartier generale del governatorato a Rafah.
E ora brucia anche l'Egitto
Dopo la rivolta tunisina, s'infiamma l'Egitto. Al grido di «Via Mubarak», «Pane, lavoro e salario minimo» in migliaia scendono in piazza in tutto il paese. Almeno tre le vittime. Un movimento ampio, oltre ogni previsione, pieno di donne. Il regime trema. In fuga il figlio del presidente, destinato alla successione.
Brucia anche l'Egitto, sull'onda della rivolta tunisina, come non accadeva dal 1967, quando l'inattesa e umiliante sconfitta del Paese nella «Guerra dei Sei Giorni» fece scendere in strada milioni di cittadini. Al grido di «Via Mubarak», «Pane, lavoro e salario minimo», «Libertà e fine delle leggi d'emergenza», ieri centinaia di migliaia di egiziani - un milione secondo fonti non ufficiali - hanno invaso le strade del Cairo e di Alessandria, della città operaia di Mahalla, Assiut, Port Said, e anche di el Arish e Mahdia nel «prospero» Sinai e di città di solito «tranquille», come Tanta. E hanno scelto di farlo proprio nel «Giorno della Polizia», una delle ricorrenze più amate dal regime.
Brucia anche l'Egitto, sull'onda della rivolta tunisina, come non accadeva dal 1967, quando l'inattesa e umiliante sconfitta del Paese nella «Guerra dei Sei Giorni» fece scendere in strada milioni di cittadini. Al grido di «Via Mubarak», «Pane, lavoro e salario minimo», «Libertà e fine delle leggi d'emergenza», ieri centinaia di migliaia di egiziani - un milione secondo fonti non ufficiali - hanno invaso le strade del Cairo e di Alessandria, della città operaia di Mahalla, Assiut, Port Said, e anche di el Arish e Mahdia nel «prospero» Sinai e di città di solito «tranquille», come Tanta. E hanno scelto di farlo proprio nel «Giorno della Polizia», una delle ricorrenze più amate dal regime.
martedì 25 gennaio 2011
Messico - Morto Samuel Ruiz, Tatic, il vescovo dalla parte degli indigeni
E' morto il 24 gennaio a 86 anni Samuel Ruiz, Vescovo emerito del Chiapas.
Samuel Ruiz: un nome che tutto il mondo ha imparato a conoscere per l'impegno a fianco delle lotte dei popoli indigeni contro la discriminazione e il razzismo.
Impegnato nel lavoro di mediazione della CONAI tra gli zapatisti ed il Governo messicano, ha sempre mantenuto fede all'impegno di schierasi per i diritti e la dignità, anche quando, non a caso, era stato allontanato dal Chiapas.
Con la morte del vescovo Samuel Ruiz, la Chiesa perde un punto di riferimento, ha detto il vescovo di Saltillo, Raúl Vera. "Certo ci mancherà la sua parola profetica nella Chiesa e nel mondo", ha detto in un'intervista mentre lasciava l'ospedale in cui Ruiz è morto per complicazioni da diabete, che soffriva da anni.
Ci macherà ancora di più in questo momento in cui "c'è povertà etica anche in chi ha la responsabilità nella costruzione della società". Un commento che fa riferimento alla criminalità organizzata "il più spaventoso paradigma" che rispecchia il degrado sociale e che è reso possibile dalla "corruzione" nelle istituzioni di enti pubblici e privati.
Raúl Vera ha osservato che il vescovo di San Cristobal de las Casas, Chiapas, era una "figura di responsabilità morale ed etica nel ruolo di vescovo inteso come rappresentante di una Chiesa che dovrebbe servire il mondo, non se stessa."
Articoli da La Jornada
El caminar de un teólogo hacia la liberación de los más los necesitados
Samuel marcó la conciencia nacional en el reclamo de los marginados: ONGs
Palestina - Al Jazeera svela la sua WikiLeaks "Dai palestinesi concessioni enormi"
L'Autorità nazionale palestinese ha offerto segretamente a Israele "enormi concessioni" su Gerusalemme nel 2008 e nel 2009, che lo Stato ebraico ha poi rifiutato. Lo scrive Al Jazeera pubblicando alcuni dei 1.600 file segreti chiamati "Palestinian Papers" che la tv sostiene di avere ottenuto e che pubblica con il britannico Guardian.In un incontro trilaterale del 15 giugno 2008, scrive Al Jazeera, l'ex premier dell'Anp Ahmed Qurei propose - alla presenza di Condoleezza Rice, l'allora segretario di Stato Usa, e Tzipi Livni, ministro degli Esteri israeliano dell'epoca - l'annessione da parte di Israele di "tutti gli insediamenti in Gerusalemme tranne Jabal Abu Ghneim (Har Homa)". L'emittente panaraba sottolinea come fosse la prima volta nella storia che l'Anp arrivava a tanto.Il negoziatore palestinese Saeb Erekat, prosegue Al Jazeera, presente all'incontro, elencava gli insediamenti che sarebbero stati concessi, con una popolazione di 120.000 israeliani.
lunedì 24 gennaio 2011
Guatemala - Goldcorp: gli abusi di una multinazionale
Indios malati e sfrattati dalle loro terre chiedono giustizia
Nel 2005 la multinazionale Canadese Goldcorp inizia la sua attività mineraria in Guatemala aprendo una miniera d’oro, la Marline Mine nel municipio di San Miguel Ixtahuacan, abitato per lo più da popolazione indigena. I loro abusi cominciano però nel 1998 quando, per iniziare la loro attività, si sono accattivati la simpatia degli indigeni con dei pranzi, al termine dei quali veniva chiesto loro di apporre una firma per certificare la loro presenza. Queste firme in realtà sono servite come autorizzazione per l’esproprio dei loro terreni. Altre terre sono state ottenute mediante compravendite con sollecitazioni al limite della legalità.
La Rivoluzione ancora da fare
di Leonardo Boff
Qualsiasi cambiamento del paradigma civilizzatore é preceduto da una rivoluzione nella cosmologia (visione del mondo e della vita).
Il mondo attuale è nato con la straordinaria rivoluzione di Copernico e Galileo Galilei, quando dimostrarono che la Terra non era un centro stabile, ma che girava intorno al sole. Questo generò una enorme crisi nelle menti e nella Chiesa, dopo di che pareva che tutto avesse perso centralità e valore. Ma lentamente si impose la nuova cosmologia che fondamentalmente dura fino ad oggi nelle scuole, negli affari e nella lettura del corso generale delle cose.
E' rimasto però l'antropocentrismo, l'idea che l'essere umano continua a essere il centro di tutto e le cose sono destinate al suo bel piacere.
Se la Terra non stabile -si pensava – l'universo perlomeno é stabile. E' come una incommensurabile bolla dentro la quale si muovono gli astri celesti e tutto il resto.
giovedì 20 gennaio 2011
Stati Uniti - Hu negli Usa: le sfide e le contraddizioni
In attesa dell'inizio formale della visita del presidente Hu Jintao a Washington, una riflessione sulle spinose relazioni fra Cina e Stati Uniti. Dai rapporti economici, alla sfida del G2. Dai discorsi sui diritti umani, alle tensioni militari.
La visita di Stato di Hu Jintao a Barack Obama cade dopo un biennio di relazioni non entusiasmanti tra Cina e Stati Uniti.
I rapporti tra i due paesi. C’è una sola certezza: il paragone con la guerra fredda è sopravvalutato. Il mondo odierno non è quello della seconda metà del Novecento, e le reti globali attuali, già in termini di relazioni tecnologiche e di scambi di capitale umano, rispondono solo in parte a vecchi schemi. Le lezioni e i paragoni della storia si scontrano con l’unicità del “miracolo cinese” e con il contesto generale dello spostamento di potere e influenza da Occidente a Oriente. Ma due anni sono un periodo in cui, nonostante il detto di Zhou Enlai, è necessario giudicare. Cina e Stati Uniti non sanno esattamente cosa fare perché non sanno esattamente chi sono. Non sanno “pesarsi” nel mondo con precisione. Consideriamo il caso cinese.
La visita di Stato di Hu Jintao a Barack Obama cade dopo un biennio di relazioni non entusiasmanti tra Cina e Stati Uniti.
I rapporti tra i due paesi. C’è una sola certezza: il paragone con la guerra fredda è sopravvalutato. Il mondo odierno non è quello della seconda metà del Novecento, e le reti globali attuali, già in termini di relazioni tecnologiche e di scambi di capitale umano, rispondono solo in parte a vecchi schemi. Le lezioni e i paragoni della storia si scontrano con l’unicità del “miracolo cinese” e con il contesto generale dello spostamento di potere e influenza da Occidente a Oriente. Ma due anni sono un periodo in cui, nonostante il detto di Zhou Enlai, è necessario giudicare. Cina e Stati Uniti non sanno esattamente cosa fare perché non sanno esattamente chi sono. Non sanno “pesarsi” nel mondo con precisione. Consideriamo il caso cinese.
martedì 18 gennaio 2011
Honduras - Il reality show e la dittatura
Appello a Rai2 e Magnolia in vista della nuova edizione dell'"Isola dei famosi"
Honduras, il reality show e la dittatura Altreconomia lancia un appello all'Isola dei famosi, che tra un mese torna ai Cayos Cochinos. Verrà inviato alla dirigenza della Rai ed alle più alte cariche dello StatoL'Isola dei famosi torna in Honduras a venti mesi dal Colpo di Stato, mentre il Paese centroamericano soffre la repressione di un governo non democratico. La rivista Altreconomia promuove un appello in vista dell'inizio della trasmissione, con l'obiettivo di portare in prima serata su Rai2 la realtà che vive la popolazione honduregna, una realtà che rischia di venir distorta dalle immagini di cartolina che entreranno nelle nostre casa dai teleschermi. “Da lunedì 14 febbraio le isole dei Cayos Cochinos, al largo della costa del Paese centroamericano, tornano ad ospitare 'l'Isola dei famosi'. Lo scorso anno il circo del reality show, prodotto da Magnolia e trasmesso da Rai2, si era dovuto sposta re in Nicaragua per cause di forza maggiore: il colpo di Stato che il 28 giugno 2009 aveva deposto ed espulso il presidente costituzionalmente eletto Manuel Zelaya -si legge nell'appello, che potete leggere integralmente sul sito di Altreconomia-. Tornare in Honduras, oggi, significa riconoscere che nel Paese c'è democrazia, e tranquillizzare al contempo i cittadini italiani, che potranno considerare nuovamente le spiagge e le isole di Honduras tra i 'paradisi tropicali' da raggiungere per godersi le meritate vacanze”.
Usa e Cina - La sfida dei giganti per rilanciare l'economia del pianeta
Si apre oggi a Washington la visita del presidente cinese. Quaranta anni dopo la diplomazia del ping pong, Hu Jintao porta nella Casa Bianca di Obama miracoli e ombre
Il 47% degli americani è convinto che il sorpasso del Pil tra Cina e Stati Uniti sia già avvenuto. Il risultato dell'autorevole sondaggio annuo Pew Research è rivelatore. In realtà nelle proiezioni più ottimiste l'economia cinese non raggiungerà le dimensioni americane prima del 2018 (altri rinviano lo storico aggancio verso il 2030). Ma le percezioni contano, e di percezioni è fatto questo G2, il vertice sino-americano che si apre domani sera a Washington con una cena privata. I due padroni del mondo: che piaccia o no a Barack Obama e Hu Jintao, così li considerano le loro opinioni pubbliche, e le altre nazioni. Quella visione dei due padroni, per quanto controversa, rende perfettamente il percorso storico che ha cambiato i connotati del mondo. Questa visita coincide con il quarantesimo anniversario della "diplomazia del ping pong", quando le due nazionali di tennis da tavolo furono usate nel 1971 come apri-pista per il primo incontro diretto tra Richard Nixon e Mao Zedong nell'anno seguente: la Cina di allora era un gigante povero, sempre minacciato dalle carestie, utile all'America solo come contrappeso politico-diplomatico all'Unione sovietica.lunedì 17 gennaio 2011
Messico - Il deserto delle morti silenziose
di Annamaria Beninati
Susana Chavez. E’ questo il nome dell’ultima donna trovata uccisa barbaramente a Ciudad Juarez. Susana era un’attivista per i diritti umani e si era spesa tantissimo per trovare giustizia ai numerosi femminicidi che si susseguono nella città da oltre dieci anni. Non più di un mese fa fu ritrovato il corpo di Marisela Escobado Ruiz, la quale chiedeva giustizia per la figlia sedicenne anch’essa violentata, torturata, uccisa e poi gettata in una discarica. Marisela aveva osato ritrovare l’aguzzino di sua figlia, il compagno, prima dichiarato colpevole e poi scarcerato per insufficienza di prove.
E’ ormai dal lontano 1993 che a Ciudad Juarez, città di frontiera nel nord del Messico, vengono ritrovati cadaveri di donne e bambine mutilate, violentate, sfigurate. Veri è propri femminicidi che non trovano risposta, colpevoli, sospettati. A Juarez si vive il mondo al contrario, un mondo in cui le autorità chiudono gli occhi, i criminali sono liberi e le donne continuano ad essere bersaglio delle più perverse azioni per mano maschile.
Susana Chavez. E’ questo il nome dell’ultima donna trovata uccisa barbaramente a Ciudad Juarez. Susana era un’attivista per i diritti umani e si era spesa tantissimo per trovare giustizia ai numerosi femminicidi che si susseguono nella città da oltre dieci anni. Non più di un mese fa fu ritrovato il corpo di Marisela Escobado Ruiz, la quale chiedeva giustizia per la figlia sedicenne anch’essa violentata, torturata, uccisa e poi gettata in una discarica. Marisela aveva osato ritrovare l’aguzzino di sua figlia, il compagno, prima dichiarato colpevole e poi scarcerato per insufficienza di prove.
E’ ormai dal lontano 1993 che a Ciudad Juarez, città di frontiera nel nord del Messico, vengono ritrovati cadaveri di donne e bambine mutilate, violentate, sfigurate. Veri è propri femminicidi che non trovano risposta, colpevoli, sospettati. A Juarez si vive il mondo al contrario, un mondo in cui le autorità chiudono gli occhi, i criminali sono liberi e le donne continuano ad essere bersaglio delle più perverse azioni per mano maschile.
Italia - Due SI contro la mercificazione e privatizzazione dell’acqua, per difendere il ciclo integrale delle risorse idriche.
Un commento di Stefano Rodotà all'indomani dell'ammissione dei due referendum promossi dal Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua
domenica 16 gennaio 2011
Sud Sudan - Si chiudono le urne
di Irene Panozzo
Il terreno scende verso la sponda del grande Nilo, accanto a un boschetto di splendidi manghi carichi di frutti arancioni. Sotto le loro fronde, uomini donne e molti bambini bivaccano da giorni, buttati su stuoie e reti di letti a guardia dei loro pochi beni, in attesa di riprendere il viaggio. La luce intensa del tramonto accarezza le famiglie impegnate a caricare fino all’inverosimile i camion che domani li riporteranno alle loro zone di origine, dopo dieci, quindici o vent’anni passati al Nord, perlopiù nelle vaste periferie della capitale Khartoum. Il porto di Juba non ha molto da offrire all’ennesimo gruppo di returnees, i sudsudanesi che ritornano al Sud dopo un’intera vita da sfollati nella parte settentrionale del paese. Nella maggioranza dei casi se n’erano andati per sfuggire al conflitto e a Khartoum hanno trovato lavoro e delle scuole per i figli, pur continuando a vivere in situazioni di povertà e precarietà estrema, con il costante rischio di veder arrivare le ruspe a distruggere gli insediamenti abusivi dove a migliaia avevano costruito le loro baracche e capanne.
Il terreno scende verso la sponda del grande Nilo, accanto a un boschetto di splendidi manghi carichi di frutti arancioni. Sotto le loro fronde, uomini donne e molti bambini bivaccano da giorni, buttati su stuoie e reti di letti a guardia dei loro pochi beni, in attesa di riprendere il viaggio. La luce intensa del tramonto accarezza le famiglie impegnate a caricare fino all’inverosimile i camion che domani li riporteranno alle loro zone di origine, dopo dieci, quindici o vent’anni passati al Nord, perlopiù nelle vaste periferie della capitale Khartoum. Il porto di Juba non ha molto da offrire all’ennesimo gruppo di returnees, i sudsudanesi che ritornano al Sud dopo un’intera vita da sfollati nella parte settentrionale del paese. Nella maggioranza dei casi se n’erano andati per sfuggire al conflitto e a Khartoum hanno trovato lavoro e delle scuole per i figli, pur continuando a vivere in situazioni di povertà e precarietà estrema, con il costante rischio di veder arrivare le ruspe a distruggere gli insediamenti abusivi dove a migliaia avevano costruito le loro baracche e capanne.
Tunisia - Ben Ali non abita più qui
di Giuliana Sgrena
La Tunisia ieri si è risvegliata, lentamente, con un'unica certezza: Ben Ali se n'è andato e non tornerà più. Le sue innumerevoli gigantografie sono state spazzate via (opera dell'esercito) dalla capitale, quasi tutte. Sul resto, tutte le incognite sono aperte. Nel centro di Tunisi le strade sono blindate e lo saranno sempre più con il passare delle ore: carri armati e blindati, soldati e poliziotti, soprattutto in borghese, ai quali si aggiungono quelli con i manganelli. La maggiore concentrazione è intorno al ministero dell'interno, il simbolo della repressione del regime, dove sono stati detenuti molti oppositori e alcuni lo sarebbero ancora. Le strade adiacenti sono chiuse, ma superando i cordoni di poliziotti poco tranquillizzanti, ci si ritrova tra i resti delle battaglie del giorno prima, insieme ai rifiuti abbandonati e puzzolenti.
venerdì 14 gennaio 2011
Italia - Si parte con la campagna referendaria sull'acqua - Intervista a Marco Bersani
Con Marco Bersani Attac - forum Italiano dei Movimenti per l'acqua per un commento sulla decisione della Corte Costituzionale che ha dato il via libera a due referendum sulla gestione del servizio idrico.
Ascolta l'audio
Intanto un risultato molto grosso che dimostra anche l'autorevolezza di tutto il discorso che è stato fatto sulla lotta alla privatizzazione dell'acqua.
R: Beh, io credo che abbiano sicuramente pesato il milione e quattrocentomila firme raccolte perché dall'altra parte si sono schierati tutti i poteri forti da “Federutility” ad “Anfila” che è la Confindustria dei gestori privati dei servizi idrici nonché una sorta di lobby parlamentare trasversale che da subito ha chiesto l'incostutizionalità del referendum.
Questo è un primo segnale della mobilitazione sociale che si è costruita intorno alla battaglia dell'acqua ce ha avuto il suo primo importante risultato.
E' un risultato che noi guardiamo con grossa soddisfazione anche per altri motivi.
Il primo è che noi abbiamo sempre detto “si scrive acqua si legge democrazia”.
Tunisia - Si combatte per la dignità
Ultima ora: Ben Ali ha parlato in televisione dando ordine di non sparare sulla folla, afferma di non volersi ricandidare e ha promesso la riduzione dei prezzi di pane, zucchero e latte. Da giorni la Tunisia è attraversata da proteste di piazza che hanno provocato decine di morti. Nella nottata il blocco ai siti internet viene disattivato. Oggi, nel giorno della preghiera, si capirà se questo basta per far tornare la calma nel paese.
Oggi (ieri per chi legge) la polizia ha sparato anche nel centro di Tunisi la polizia, come raccontano vari testimoni ed anche la Tv araba 'al-Arabiya'.
Gli scontri incentro sarebbero scoppiati quando i manifesanti hanno cercato di andare verso la Medina. Sarebbero intervenute le forze speciali, mentre agenti in assetto antisommosa hanno circondato alcun quartieri e bloccao intere zone.
Si parla anche di scontri con morti e feriti nel resto del paese.
Si attende per oggi il discorso di Ben Ali che dovrebbe confermare l'ordine di abbassare i prezzi.
Ma la richiesta della protesta è molto più ampia della sola riduzione dei prezzi, si chiede infatti un cambiamento della politica economica e l'allargamento degli spazi di democrazia.
Le agenzie internazionali parlano anche di una cittadina svizzera ed un cittadino francese tra le vittime.
Di fronte a queste notizie da Parigi il governo francese ha dichiarato, per bocca del Primo Ministro Francois Fillon di essere "estremamente preoccupato" ed ha "sollecitato con urgenza tutte le parti in causa a dare prova di moderazione" e "a scegliere la via del dialogo". Fillon ha quindi sottolineato che "non si può proseguire con questo uso sproporzionato della violenza", riprendendo la condanna espressa ieri dall'Unione Europea.
La protesta in corso affonda le sue radici nella richiesta di un cambiamento profondo nella società tunisina.
APPROFONDIMENTI
Segnaliamo due contributi per capire quello che sta succedendo: un documentario, "Le Le combat pour la dignité" proposto sal sito Fortress Europe e l'intervento di Sihem Benzedrine a PeaceReporter.
giovedì 13 gennaio 2011
Italia - Approvati i referendum sull'acqua
Comunicato stampa
Sì della Consulta, adesso la parola ai cittadini
La Corte Costituzionale ha ammesso due quesiti referendari proposti dai movimenti per l'acqua. A primavera gli uomini e le donne di questo paese decideranno su un bene essenziale. La vittoria dei “sì” porterà ad invertire la rotta sulla gestione dei servizi idrici e più in generale su tutti i beni comuni.
Attendiamo le motivazione della Consulta sulla mancata ammissione del terzo quesito, ma è già chiaro che questa decisione nulla toglie alla battaglia per la ripubblicizzazione dell'acqua e che rimane intatta la forte valenza politica dei referendum.
Il Comitato Promotore oggi più che mai esige un immediato provvedimento di moratoria sulle scadenze del Decreto Ronchi e sull'abrogazione degli AATO, un necessario atto di democrazia perché a decidere sull'acqua siano davvero gli italiani.
Il Comitato Promotore attiverà tutti i contatti istituzionali necessari per chiedere che la data del voto referendario coincida con quella delle elezioni amministrative della prossima primavera.
Da oggi inizia l'ultima tappa, siamo sicuri che le migliori energie di questo paese non si tireranno indietro.
Roma, 12 gennaio 2011
Haiti - Un anno dopo
Il 2010 è un anno che per Haiti sembra non voler finire, un anno che si trascina anche in queste prime settimane del 2011. Un anno che ha visto morire migliaia di persone, schiacciate da blocchi di cemento, o sterminate dal colera. Che ha visto intere coltivazioni distrutte dall’uragano Tomas. Un anno che si chiude in un crescendo di instabilità politica.
12 gennaio 2010
Il dolore insostenibile, la disperazione del 12 gennaio, sono ancora presenti nelle strade di Port au Prince e delle altre zone colpite dal terremoto. Con oltre 300 mila morti accertati, e un milione e mezzo di feriti, la gravità della situazione non pare attenuarsi ad un anno dal sisma, con solo il 5 per cento delle macerie rimosse, il 20 per cento degli aiuti promessi dagli Stati arrivati solo a settembre, e il 58 per cento mai arrivati. E la debolezza dello stato haitiano, che salta agli occhi fin dalle prime ore dopo il terremoto, e che si amplifica con il trascorrere dei mesi.
Nonostante l’ampiezza della catastrofe, il timore della comparsa di epidemie, prevedibile in tali circostanze, non si è manifestato nei mesi successivi al terremoto. La gestione della crisi si è pertanto concentrata sulla distribuzione di cibo, acqua, ed alcuni altri servizi.
USA - Violenti per tradizione
Quel 20% del paese pronto a far politica con una pistola
di Marco D'eramo
Fa sempre impressione quando sparano a una persona che hai visto pochi mesi fa. Quando in ottobre sono stato per qualche giorno a Tucson (si pronuncia Tussòn, con l'accento sulla o), Gabrielle Giffords stava conducendo una campagna senza quartiere contro il suo avversario Jesse Kelly, sostenuto dal Tea Party, un 29-enne drop out dal liceo, per quattro anni marine in Iraq e figlio di un impresario che vive di commesse pubbliche, mentre faceva campagna per tagliare drasticamente le spese statali (eccetto quelle destinate a papà, si suppone).
Paesi Baschi - Eta e il nuovo indipendentismo.
Le ragioni di una tregua senza precedenti.
La nuova generazione indipendentista e lo spazio di movimento.
di Luca Blasi
Una nuova pagina si sta scrivendo nella storia lunga e tormentata dell´indipendenza basca, ma altrettanto per la storia politica spagnola.
La dichiarazione di tregua permanente e verificabile dalla comunità internazionale, lanciata ieri da Eta attraverso il quotidiano basco Gara (in italiano "Siamo") , è senza dubbio un fatto senza precedenti.
Non soltanto perché di fatto annuncia la fine di un conflitto armato, ma soprattutto rappresenta lo specchio esatto di un dibattito profondo interno al popolo basco e alle sue organizzazioni indipendentiste.
La dichiarazione di tregua permanente e verificabile dalla comunità internazionale, lanciata ieri da Eta attraverso il quotidiano basco Gara (in italiano "Siamo") , è senza dubbio un fatto senza precedenti.
Non soltanto perché di fatto annuncia la fine di un conflitto armato, ma soprattutto rappresenta lo specchio esatto di un dibattito profondo interno al popolo basco e alle sue organizzazioni indipendentiste.
lunedì 10 gennaio 2011
Tunisia: dittatore Ben Ali non ferma la strage.
Radio Kalima parla di 50 uccisi dalla polizia, le autorità ammettono «solo» 14 morti. Quello che è certo che il leader tunisino amico dell’Italia e dell’Occidente vuole spegnere ad ogni costo la rivolta del pane e lavoro
E’ un bagno di sangue in Tunisia. Le notizie drammatiche giunte ieri di decine di morti nelle regioni centrali del Paese trovano oggi altre conferme. Durante gli scontri nelle strade avvenuti tra sabato e domenica sarebbero morti 50 manifestanti, stando al sito online della radio tunisina “Kalima”. Il regime ne ammette solo 14 mentre il giornalista d’opposizione e blogger, Zied el-Heni, scrive che solo nelle ultime 24 ore i morti sono stati almeno 28: 17 a Kasserine, 3 a Rgeb e 8 a Thala, due dei quali domenica mentre partecipavano ai funerali di alcune vittime. Fra i morti di Rgeb, aggiunge, anche una bambina. Un dato è certo al cento per cento. Il presidente-dittatore amico dell’Italia e dell’Occidente, Zine Abidine Ben Ali, responsabile di violazioni dei diritti umani e di torture a danno degli oppositori politici, ha deciso di spegnere ad ogni costo, nel sangue, la rivolta del pane e del lavoro che decine di migliaia di tunisini poveri e disoccupati stanno attuando contro il regime.
domenica 9 gennaio 2011
Sudan - L’ultimatum di Turabi
A poche ore dal referendum che potrebbe sancire la scissione del meridione del Sudan, il maggiore partito di opposizione, il Popular Congress Party di Hassan al Turabi, lancia un ultimatum al presidente sudanese Omar al Bashir: se non si avvieranno le riforme e non si proporrà un esecutivo di transizione che rappresenti la maggioranza vera del Paese, il Pcp farà di tutto per rovesciare il governo. L’annuncio delle intenzioni del fronte politico di minoranza è stato affidato proprio all’islamista fondatore del Popular Congress Party, da molti indicato quale ispiratore del Justice equaliment movement, il più importante gruppo ribelle che si contrappone con le armi a Khartoum.
Messico - False notizie e nuove provocazioni contro gli zapatisti
Il primo gennaio è cominciata la diffusione, su alcuni giornali nazionali ed internazionali, partendo dall'Agenzia di Stampa EFE, di una nota nella quale si dice che "un integrante delle forze insorgenti dell'EZLN" attribuiva, mediante un comunicato, il sequestro di Diego Fernández de Cevallos (NdT - influente uomo politico messicano è stato rapito nell'estate 2010 e rilasciato il 20 dicembre dopo un pagamento di un riscattio di cui non si conosce l'entità) all'EZLN.
Nella nota confusa diffusa dall'agenzia spagnola si accusava anche diversi collettivi dell'Otra Campaña di essere compartecipi di questo sequestro riferendosi a varie pagine elettroniche e comunicati vecchi, di libera circolazione, a disposizione di tutti in rete, come siti dove trovare prove per questa accusa contro gli zapatisti.
Alla posta della nostra pagina web è arrivato questo "comunicato" completo, così come è arrivato agli altri mezzi di comunicazione che lo hanno pubblicato e hanno scritto le loro note. Sarebbe bastata anche una lettura superficiale per capire che è impossibile che il comunicato sia in relazione con l'EZLN.
Palestina - Manifesto dei giovani di Gaza
Una firma collettiva, un'identità comune e soffocata, lancia un grido di dolore nello spazio libero del web
sabato 1 gennaio 2011
Uniti contro la crisi - Seminario Meeting
Verso lo sciopero del 28 gennaio
L’arroganza con cui i poteri forti del sistema della crisi attaccano diritti, democrazia e qualità della vita, pongono con urgenza la questione dell’elaborazione collettiva di un programma sociale condiviso attorno al quale disegnare un’alternativa possibile a ciò che ci è imposto dall’alto con violenza e ricatto. All’individualismo proprietario su cui si basa la società dell’esclusione e della diseguaglianza sostenuta da dispositivi autoritari e ingiusti, si contrappone la pratica del comune. E’ con questo spirito che uniticontrolacrisi invita tutti e tutte all’appuntamento di Marghera, per dare nuova forza alle lotte che ci aspettano e che hanno bisogno di una nuova elaborazione politica, per una nuova idea di società per cui battersi tutti insieme.
Sabato 22 gennaio – ore 10.00 Sala Hanger
Assemblea Plenaria
Apertura dei lavori, relazioni introduttive ai workshop
Ore 14.00 Break
Ore15.00 – Inizio dei workshop
Sala hangar - Workshop 1: "Democrazia e saperi come bene comune: verso gli Stati Generali della conoscenza"
Le mobilitazioni studentesche anti-Gelmini, le lotte dei precari della scuola e dell'università, le iniziative di lavoratrici e lavoratori della cultura e dello spettacolo hanno progressivamente allargato i confini di una rivolta dell’intelligenza sociale nel suo complesso contro una gestione padronale e governativa della crisi che, nel nostro Paese, ha scelto la linea del disinvestimento nel campo della formazione, della ricerca, della produzione culturale. In positivo, i conflitti degli ultimi mesi indicano come proprio questi soggetti sociali – in stretta connessione con tutti i soggetti del lavoro vivo – siano diventati protagonisti di una battaglia che pone la condivisione del sapere, la sua socializzazione, la cooperazione costruita intorno ad esso, al cuore dei processi di liberazione di tutti e di ciascuno.
Sala open space - workshop 2: "Democrazia e beni comuni: tra crisi ecologica e riconversione produttiva per un nuovo modello di sviluppo"
Anche di fronte all’esito del vertice di Cancun, le molteplici e spesso drammatiche forme, in cui si manifesta la crisi delle condizioni ambientali che hanno fin qui assicurato la sopravvivenza dei viventi sulla terra, non possono essere considerate un tema collaterale o addirittura marginale nella lettura dell’attacco capitalistico e della risposta sociale ad esso. La questione di una radicale conversione ecologica della produzione e dell’economia stessa è inscindibile da quelle della difesa dei diritti fondamentali e da quella della conquista di salari e redditi dignitosi per tutte e tutti. La pratica di una gestione democratica e partecipata dei beni comuni, naturali e artificiali che siano, non può che essere al centro di ogni valida proposta di alternativa sociale all’esistente e dell'apertura di vertenze territoriali per la riconversione.
Sala night park - workshop 3: "Democrazia e Welfare: salario, reddito, redistribuzione della ricchezza"
E’ alle nostre spalle il tempo in cui i più furbi tra i maitre à penser padronali potevano permettersi di contrapporre strumentalmente l’allargamento degli “ammortizzatori sociali” alla crescente platea del lavoro “atipico”, ai “privilegi dei garantiti” delle tradizionali forme del lavoro fordista. Il gioco oggi è scoperto e la crisi ne riduce ulteriormente i margini di manovra. Nessuno è più garantito, ammesso che mai lo sia stato, di fronte alla portata dell’attacco ai diritti. I confini tra condizione di lavoro e di non lavoro sono assottigliati, fin quasi a sparire. La posta in gioco dello scontro è la disponibilità totale e assoluta, nel tempo e nello spazio, della forza lavoro, e in questo il lavoro migrante e la sua condizione di privazione di diritti è paradigmatico. Salario diretto e salario indiretto, continuità e indipendenza del reddito, cornice formale e strumenti di implementazione sostanziale dei diritti sociali, nuovi diritti di cittadinanza, sono i termini di questo stesso decisivo conflitto, tutti da ricomprendere e rideterminare da parte dei molteplici soggetti del lavoro vivo, dominato e sfruttato.
Ore 20.00 cena
Ore 21.00 Sala hangar - Forum: "Strumenti della comunicazione per affrontare la crisi: le sinergie per una comunicazione “comune”
Partecipano: Loop , Il Manifesto, Global, Alternative per il socialismo, Carta, Dynamo, Liberazione, Alfabeta, MicroMega, Radio popolare Roma,
Ore 21.00 sala Open Live
Video contributi su crisi globale, finanziarizzazione, nuova composizione sociale, Cina, Stati Uniti, Europa
Domenica 23 gennaio ore 10.00 SALA HANGAR
Assemblea Plenaria: "Democrazie e diritti: le prospettive di una lotta comune"
Relazioni sui workshop, interventi finali, comunicazioni sulla giornata di sciopero del 28 gennaio e appuntamenti futuri.
I lavori saranno trasmessi in diretta video sul sito: www.globalproject.info
Per info ed accoglienza: meeting2011@globalproject.info
Sabato 22 gennaio – ore 10.00 Sala Hanger
Assemblea Plenaria
Apertura dei lavori, relazioni introduttive ai workshop
Ore 14.00 Break
Ore15.00 – Inizio dei workshop
Sala hangar - Workshop 1: "Democrazia e saperi come bene comune: verso gli Stati Generali della conoscenza"
Le mobilitazioni studentesche anti-Gelmini, le lotte dei precari della scuola e dell'università, le iniziative di lavoratrici e lavoratori della cultura e dello spettacolo hanno progressivamente allargato i confini di una rivolta dell’intelligenza sociale nel suo complesso contro una gestione padronale e governativa della crisi che, nel nostro Paese, ha scelto la linea del disinvestimento nel campo della formazione, della ricerca, della produzione culturale. In positivo, i conflitti degli ultimi mesi indicano come proprio questi soggetti sociali – in stretta connessione con tutti i soggetti del lavoro vivo – siano diventati protagonisti di una battaglia che pone la condivisione del sapere, la sua socializzazione, la cooperazione costruita intorno ad esso, al cuore dei processi di liberazione di tutti e di ciascuno.
Sala open space - workshop 2: "Democrazia e beni comuni: tra crisi ecologica e riconversione produttiva per un nuovo modello di sviluppo"
Anche di fronte all’esito del vertice di Cancun, le molteplici e spesso drammatiche forme, in cui si manifesta la crisi delle condizioni ambientali che hanno fin qui assicurato la sopravvivenza dei viventi sulla terra, non possono essere considerate un tema collaterale o addirittura marginale nella lettura dell’attacco capitalistico e della risposta sociale ad esso. La questione di una radicale conversione ecologica della produzione e dell’economia stessa è inscindibile da quelle della difesa dei diritti fondamentali e da quella della conquista di salari e redditi dignitosi per tutte e tutti. La pratica di una gestione democratica e partecipata dei beni comuni, naturali e artificiali che siano, non può che essere al centro di ogni valida proposta di alternativa sociale all’esistente e dell'apertura di vertenze territoriali per la riconversione.
Sala night park - workshop 3: "Democrazia e Welfare: salario, reddito, redistribuzione della ricchezza"
E’ alle nostre spalle il tempo in cui i più furbi tra i maitre à penser padronali potevano permettersi di contrapporre strumentalmente l’allargamento degli “ammortizzatori sociali” alla crescente platea del lavoro “atipico”, ai “privilegi dei garantiti” delle tradizionali forme del lavoro fordista. Il gioco oggi è scoperto e la crisi ne riduce ulteriormente i margini di manovra. Nessuno è più garantito, ammesso che mai lo sia stato, di fronte alla portata dell’attacco ai diritti. I confini tra condizione di lavoro e di non lavoro sono assottigliati, fin quasi a sparire. La posta in gioco dello scontro è la disponibilità totale e assoluta, nel tempo e nello spazio, della forza lavoro, e in questo il lavoro migrante e la sua condizione di privazione di diritti è paradigmatico. Salario diretto e salario indiretto, continuità e indipendenza del reddito, cornice formale e strumenti di implementazione sostanziale dei diritti sociali, nuovi diritti di cittadinanza, sono i termini di questo stesso decisivo conflitto, tutti da ricomprendere e rideterminare da parte dei molteplici soggetti del lavoro vivo, dominato e sfruttato.
Ore 20.00 cena
Ore 21.00 Sala hangar - Forum: "Strumenti della comunicazione per affrontare la crisi: le sinergie per una comunicazione “comune”
Partecipano: Loop , Il Manifesto, Global, Alternative per il socialismo, Carta, Dynamo, Liberazione, Alfabeta, MicroMega, Radio popolare Roma,
Ore 21.00 sala Open Live
Video contributi su crisi globale, finanziarizzazione, nuova composizione sociale, Cina, Stati Uniti, Europa
Domenica 23 gennaio ore 10.00 SALA HANGAR
Assemblea Plenaria: "Democrazie e diritti: le prospettive di una lotta comune"
Relazioni sui workshop, interventi finali, comunicazioni sulla giornata di sciopero del 28 gennaio e appuntamenti futuri.
I lavori saranno trasmessi in diretta video sul sito: www.globalproject.info
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ALLERTA ROSSA E CHIUSURA CARACOLES
BOICOTTA TURCHIA
Viva EZLN
Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.
La lucha sigue!