Prima Parte: parole del SupGaleano
Buongiorno Gotham City… Mentre finite di fare le
vostre foto lì nel padiglione, qui iniziamo la conferenza stampa.
Prendete posto per favore, in modo che iniziamo a breve e
poi ve ne potete andare. Per favore, accomodatevi, compagni, compagne. Seduti.
Buongiorno Gotham City (questo è un saluto a un compagno che
twitta così).
Quello che avete appena visto, in termini militari si chiama
manovra diversiva, in termini comuni è magia. E ciò che ha richiesto pochi
minuti, a qualcun altro è toccato farlo per vent'anni, perché riuscisse così.
Vorremmo iniziare, approfittando della presenza dei media
liberi, autonomi, alternativi o come si chiamino, e di compagni della Sexta
nazionale e internazionale, rendendovi grazie. E per rendervi grazie vi
racconterò la storia di una morte.
Questo 25 agosto si compiranno 10 anni dalla morte del
Tenente Insurgente Eleazar. Nel 2004, ma fin dal 2003, iniziò ad avere una
malattia di quelle che compaiono solo nel Dr. House o cose così, che
si chiama Guillain-Barré, che consiste nel deterioramento progressivo di tutto
il sistema vitale fino alla morte. Non ha cura, bisogna tenere in vita il
malato artificialmente, collegato.
Iniziò ad ammalarsi e lo portarono a Tuxtla Gutiérrez in un
ospedale. Lì gli diagnosticarono questa malattia e iniziarono a dirgli che
sarebbe stato meglio che se ne andasse, che non era grave; sebbene quando mi
dissero che malattia era sapessi di che si trattava; ma i medici, vedendolo
indigeno, sapevano che non avrebbe potuto pagare il trattamento. In realtà è un
trattamento di sopravvivenza, non c’è cura possibile.
Mh… vediamo se si riesce a intrufolare i miliziani all'ombra, se no lì cuoceranno vivi, diamine…
La benda è perché pensiate che ho un occhio di vetro, ma no.
Io e le mie maledette trovate, ora me la devo tenere addosso.
Ebbene, quella malattia… in Chiapas, e mi immagino anche nel
resto del paese, la posizione rispetto al paziente è che il medico calcoli se
possa pagare o no il trattamento. Se non lo può pagare, sempre secondo i suoi
calcoli, allora gli si dice che non ha nulla o gli si danno dei placebo perché
pensi che si curerà, e lo si manda a morire a casa sua.
Noi dicemmo di no. Iniziammo a spendere il fondo di guerra o
fondo di resistenza, finché non fu più sufficiente. Allora facemmo appello, sto
parlando del 2003 quando ancora ci amava un certo settore dell’intellettualità
artistica, per chiedere un sostegno per poter continuare a mantenere in vita
questo compagno. Risero di noi, ovvero: gli indigeni si possono ammalare di
vaiolo, morbillo, di tifoidea, di tutte queste cose, ma non di un’infermità
tanto aristocratica, diciamo, giacché colpisce sono uno su un milione, come la
malattia di Guillain-Barré.
Quando non potemmo più mantenerlo, portammo il Tenente
Eleazar a Oventic e lì, con le strumentazioni che riuscimmo a trovare, lo
mantenemmo in vita, finché un 25 agosto di 10 anni fa morì.
Dieci anni dopo, con la disgrazia dell’omicidio del compagno
Galeano, per mano dei paramilitari della CIOAC-Histórica sono state distrutte
la scuola e la clinica che erano autonome, ossia erano degli zapatisti di qui
de La Realidad.
E per la ricostruzione non siamo andati a cercare l’appoggio
di quella gente, ma siamo ricorsi alla gente di sotto, ai nostri compagni,
compagne e compagnei della Sexta nazionale e internazionale.
Il compagno Subcomandante Insurgente Moisés, qui presente,
con il Comandante Tacho, insieme alle autorità zapatiste di La Realidad, ha
fatto un calcolo del materiale necessario, insieme ai compagni che sanno di
costruzioni, e ha calcolato 209 mila pesos e rotti. Il calcolo che noi facevamo
è: bene, dunque siamo alla frutta, raschiando il fondo del barile forse si
arriverà alla metà e un’altra metà la possiamo tirare fuori dal fondo di
resistenza o chiediamo supporto agli altri Caracoles.
La storia di quel che poi successe la conoscete perché voi
siete i protagonisti. E con “voi” mi riferisco non solo a quelli che sono qui,
ma anche a coloro che attraverso di voi vengono a sapere quel che sta
succedendo qui, ossia i nostri compagni, compagne e compagnei della Sexta in
tutto il mondo.
Avete quintuplicato in eccesso, ormai l’ultimo conto dà il
quintuplo rispetto a quella richiesta di appoggio. Noi vorremmo rendervi grazie
per questo, perché mai prima d’ora l’EZLN aveva ricevuto tanto sostegno e
questo sostegno è stato superiore a quel che avete. Perché noi sappiamo che i
compagni della Sexta non ci hanno dato quel che gli avanzava, ma ciò che gli
mancava. Abbiamo letto nei vostri media liberi, nei vostri tuitter e i vostri
feisbuc, storie che ci riempiono di orgoglio.
Sappiamo che in molti avete dovuto battagliare perfino per
mettere insieme i soldi per venire fino a qua, avete perfino raschiato il fondo
per mettervi qualcosa sotto i denti, o per cambiarvi –stavo per dire calzoni-
quello che usate, ma comunque sia avete fatto lo sforzo per ottenere questo e
mostrare cos'è l’appoggio tra compagni e non l’elemosina che viene da sopra.
Quindi la prima cosa che voglio che diciate ai compagni e
alle compagne di tutto il mondo, nelle vostre lingue, idiomi, modi, tempi e
geografie, è grazie, davvero. Avete dato una bella lezione, non solo a quella
gente che là sopra ripartisce elemosine, ai governi che abdicano ai loro doveri
e per di più promuovono la distruzione, ma avete anche dato a noi, gli
zapatisti, una bella lezione, la più bella che abbiamo ricevuto negli ultimi
anni da quando è uscita la Sesta Dichiarazione.
Il senso di questa conferenza stampa era assolvere a un
dovere. Originariamente questa conferenza stampa avrebbe dovuto tenersi a
Oventic, quando ci sarebbe stata la condivisione con i popoli indigeni, e poi
avrebbe dovuto essere al momento del funerale del compagno Galeano, ovverosia
l’omaggio. E si trattava essenzialmente delle ultime parole o del congedo del
Subcomandante Marcos e delle prime parole del Subcomandante Insurgente, ora
Galeano, ma che allora si sarebbe dovuto chiamare in altro modo.
Ed è importante quello che vi sto dicendo, quello che
avrebbe dovuto essere, ossia come era stato pensato, per proporvi un’altra
possibile lettura di quel che è stato l’omaggio a Galeano e questo transito tra
la morte e la vita che è stata la scomparsa della buonanima del Subcomandante
Insurgente Marcos, che ora il diavolo gli sta torcendo le narici, proprio così,
bel tomo, a ciascuno il suo. Questo era sarcasmo, non so se si è…riesco ancora
a distinguere queste cose.
Guardate, compagni, per capire ciò che è accaduto all'alba del 25 maggio bisogna capire quel che era successo prima, quel che sarebbe
stato. Ho letto e ascoltato interpretazioni più o meno documentate, la maggior
parte delle quali completamente strampalate, su ciò che ha significato quell'alba del 25 maggio. Altre più ingegnose, come per esempio che tutto era
un trucco per eludere la pensione familiare (pensione ottenibile sommando i
contributi dei coniugi, N.d.T.) o la paternità.
Ma la maggior parte prescindeva da tutto ciò che era
successo; per esempio, la si mise che gli zapatisti dicevano che i media
prezzolati non esistono, che ora erano il nemico, che era un’azione contro i
media prezzolati, etc. Ma se avete un po’ di memoria, nell'invito originario l’evento
era aperto a tutti, quando era a Oventic. Vuol dire che sarebbero entrati anche
i media prezzolati.
Quello che sarebbe successo allora è che Marcos sarebbe
morto e si sarebbe congedato dai media prezzolati, per spiegare come li
vedevamo allora, a ringraziarli di tutto. E si sarebbe diretto e presentato ai
media liberi, alternativi, autonomi o come si chiamino. Voglio dire con questo
che una possibile lettura, magari non la più documentata, dell’alba del 25
maggio 2014, è che l’EZLN sta cambiando interlocutore, ed è per questo che vi
ho raccontato la storia del defunto Tenente Insurgente di Fanteria Eleazar,
veterano di guerra, che combatté, nel 1994.
Sì, noi zapatisti non solo non abbiamo detto che i media
prezzolati non esistono, scemenza che qualcuno ha detto; ma aggiungiamo che ciò
che sta succedendo con i media prezzolati è un’altra cosa, che non ha a che
vedere con noi e ha a che vedere con l’avanzata del capitalismo a livello
mondiale.
I media prezzolati hanno presentato qualcosa che è
meraviglioso all'interno del capitalismo, perché è una delle poche volte in cui
vediamo che il capitalismo converte in merce la non produzione. Si presume che
il lavoro dei media di comunicazione sia produrre informazione, farla circolare
in modo che sia consumata dai suoi diversi pubblici o ricettori, mentre il
capitalismo ha ottenuto che i media guadagnino per non produrre, ovvero per non
informare.
Quel che è successo negli ultimi anni è che, con l’avanzare
dei mezzi di comunicazione di massa non in possesso privato, ossia che sono
contesi o in lite, o che sono quasi terreno di lotta come internet, la stampa
tradizionale è andata via via perdendo potere, potere di diffusione e
ovviamente capacità di comunicazione.
Ho qui con me alcuni dati e citerò l’autore perché chiede
che ogni volta che si usano i suoi dati lo si citi, autore che è Francisco
Vidal Bonifaz, il quale fa un‘analisi della tiratura dei principali giornali in
Messico (nota: probabilmente chi parla si riferisce al libro “I padroni del
quarto potere“, Editorial Planeta, nel quale l’autore Francisco Vidal Bonifaz
fa un’analisi esaustiva della stampa in Messico. In questo libro e nel blog “la
ruota della fortuna“ – ruedadelafortuna.wordpress.com -, si possono trovare
questi dati così come le tirature di ogni pubblicazione, lo status economico e
il livello d’istruzione dei suoi lettori, etc. Il libro e il blog sono
raccomandabili a chiunque volesse conoscere più a fondo quanto si riferisce
alla stampa messicana. Nota cortesia de “Los Tercios Compas”). I principali
giornali in Messico, secondo questa specie di provincialismo inverso tipico
dei chilangos (abitanti di Città del Messico, N.d.T.), considerano
giornali nazionali quelli che si producono nel DF, sebbene la tiratura di
quelli di provincia sia maggiore.
Nel 1994 si tiravano, a volte in senso più che figurato, più
di un milione di esemplari tra i principali giornali. Nel 2007 la produzione
era caduta a 800.000 e anche il numero di lettori era diminuito
scandalosamente. In un modo o nell'altro il giornalismo d’inchiesta e quello di
analisi, che è il terreno che avrebbe permesso ai media prezzolati di competere
con l’informazione istantanea che è possibile attraverso internet, furono
abbandonati e lasciati ai margini.
Sui media prezzolati – in realtà non è un insulto, è una
realtà, è un mezzo che vive a pagamento, no? – qualcuno dice: “no, è che quello
che passa dai mezzi prezzolati si sente molto forte, di brutto, meglio che
usiate i mezzi commerciali“. Si sente peggio un media commerciale che un media
a pagamento.
I giornali non vivono della circolazione, ossia della
vendita del loro materiale, vivono della pubblicità. Quindi per vendere la
pubblicità hanno bisogno di dimostrare, a chi comprerà pubblicità, a chi si
stanno indirizzando e quali sono i loro lettori. Per esempio, si dice
– questi sono i dati fino al 2008 perché poi tutti i giornali hanno chiuso
l’accesso alle informazioni su loro stessi-, El Universal e Reforma arrivavano
quasi al 70% di tutta la pubblicità che si paga a Città del Messico, e il restante
30% se lo contendevano gli altri giornali.
Pertanto ogni giornale ha un profilo, diciamo, del proprio
lettore, una classe alla quale si dirige, il suo livello di istruzione, e così
via, e così si presenta a chi compra la propaganda. Vale a dire, se io sono El
Despertator Mexicano e il mio principale consumatore sono indigeni, ebbene
allora vendo a El Huarache Veloz (catena di ristorazione, N.d.T.) uno spazio
pubblicitario perchè venda huaraches o pozol (antipasto e bevanda tipici
messicani, N.d.T.), o quel che sia.
Nientemeno, tutti i giornali stampati, compresi quelli che
si dicono di sinistra, presentano nella loro analisi il profilo del loro
lettore, e tutti, assolutamente tutti, hanno tra il 60% e il 70% dei loro
lettori nelle classi con alto potere di acquisto. Gli unici che riconoscono che
i propri lettori sono di basso potere di acquisto e di basso livello
d’istruzione sono Esto, Ovaciones e La Prensa.
Tutti gli altri giornali si
rivolgono alla classe alta, diciamo, o a quelli di sopra. E‘ evidente che
questa classe con maggior potere di acquisto può accedere all'informazione in
forma più istantanea. Perché aspettare per vedere cosa succederà, o cosa sta
succedono in un’altra parte del mondo; cosa esce a fare il giornale, se in
questo istante posso sapere cosa sta succedendo a Gaza, per esempio? Perché
aspetterò il notiziario o di leggere se posso vederlo comunque?
Non c’è partita perché la super velocità di quei mezzi di
comunicazione fa che le esclusive o le primizie di una notizia sfumino dinanzi
alla competizione di questa velocità. Pertanto tutti questi media, inclusi i
progressisti, stanno combattendo per il rating, ossia per quel pubblico di
classe medio-alta e alta, e poi c’è un’altra classe che è ricchissima, che è
più in là di tutto, e io credo che siano coloro che producono l’informazione.
I media a pagamento hanno solo due opzioni per sopravvivere,
perché sono a pagamento.
Uno: contrattano la propria sopravvivenza con chi
ancora può pagare, ossia la classe politica, che fa i propri affari e la
propria propaganda ma in un altro senso; se vedete le tariffe che applica ogni
giornale per inserzioni a tutta pagina, mezza pagina, tre quarti, fino ad
arrivare al modulo, come lo chiamano, che è il più piccolo, c’è una tariffa
speciale per pubblicazioni non commerciali, che sono le governative, e un’altra
tariffa per le notizie in breve, che sono per esempio le interviste, che
nessuno capisce che ci facciano in un giornale, perché a nessuno interessa cosa
dica certa gente, però paga. Le tariffe più alte sono le non commerciali, ossia
quelle che paga il governo, e le notizie in breve, le inserzioni pagate
mascherate da informazione.
L’altra opzione che avevano era sviluppare il giornalismo di
inchiesta e di analisi che internet non offriva. Non lo offriva fino a che non
sono apparsi spazi come quelli ai quali oggi ci riferiamo come media liberi,
autonomi, alternativi (a questo punto dirò eccetera, altrimenti ci passo la
vita intera).
Quel che si sarebbe potuto fare è che, di ciò che sta
accadendo con l’informazione che fluisce così tumultuosamente, si facesse
un’analisi, una dissezione, si tirassero le somme e si indagasse cosa c’è
dietro, ad esempio, alla politica del governo israeliano a Gaza o alla politica
di Manuel Velazco in Chiapas, o lo stesso in qualsiasi altra parte.
Nessuno con un minimo di criterio informa attraverso i
giornali su ciò che sta accadendo. Voi siete un cattivo esempio perché voi non
siete la classe media-alta né la classe alta, se lo foste non sareste qui.
Ossia la ciurma, la banda dice: “no, cioè, voglio sapere cosa sta succedendo in
Chiapas, leggerò la profonda analisi giornalistica di inchiesta di Elio
Enriquez“… nessuno lo fa.
Nessuno dice: “cosa sta succedendo a Gaza? Leggerò Laura
Bozzo perché mi dica come stanno le cose“. No, questo terreno è stato
completamente abbandonato, ma in cambio è attraverso le pagine e i blog che si
sta recuperando terreno.
Questo languido scomparire o retrocedere dei media
prezzolati non è responsabilità dell’EZLN, e ovviamente nemmeno della buonanima
del SubMarcos. E‘ responsabilità dello sviluppo del capitalismo e di questa
difficoltà ad adattarsi. I media a pagamento dovranno evolversi e convertirsi
in media di intrattenimento, ovvero: se non ti posso informare quantomeno
divertiti con me.
Per quanto riguarda il giornalismo di analisi e inchiesta,
qualsiasi reporter che sia onesto, di un media prezzolato, ti può dire: “no, il
fatto è che questo non me lo pubblicano“; e il giornale guadagna di più a non
pubblicare questo tipo di articoli che a pubblicarli.
Questo è quel che vi dicevo del fatto che la non produzione
si converte in una merce, in questo caso il silenzio. Se un giornalista
mediamente decente e con un minimo di etica facesse un’inchiesta sull'implicazione dei governi statali di Salazar Mendiguchía, Juan Sabines
Guerrero e Manuel Velazco con la CIOAC-Histórica, verrebbe fuori che c’è molto
denaro che si sta muovendo da quelle parti, compreso quello che ripartisce la
signora Robles della campagna nazionale contro la fame.
Però si vende meglio il non pubblicare il tale articolo che
il pubblicarlo, perché chi lo leggerà, lo leggeranno i nemici di questi
notabili della patria? Al contrario, tacendo, o meglio ancora parlando di
quanto sta venendo bene la capitale Tuxla Gutiérrez con le opere urbanistiche
che stanno facendo Toledo, che è il presidente municipale, e Manuel Velazco, sì
che si vende, anche se è pura menzogna. Noi controlliamo i twitter dei
giornalisti, sono giornalisti a pagamento, lavorano, cioè, per media
prezzolati, ma stanno informando di tutto questo, dell’immagine di guerra che
presenta la capitale del Chiapas a causa di queste opere completamente
anacronistiche e assurde che si stanno facendo.
Ma per esempio, venisse gente da Veracruz, io credo che
direbbe: “Ebbene, il fatto è che noi per sapere quel che sta accadendo a
Veracruz leggiamo l’Heraldo de Xalapa – sempre che esista”. Direbbe: “Non
rompere Sub, perché continui se questi non c’entrano niente”.
Pertanto il problema che abbiamo tutti nel mondo è: se nei
mezzi di comunicazione non ci sono più, se mai ci sono state, né
l’informazione, né l’analisi, né l’inchiesta, allora dove le troveremo? C’è
quindi un vuoto nello spazio mediatico che viene conteso.
Ciò che si trattava parimenti di segnalare in quel congedo è
che i mezzi che tanto si vantavano di creare personaggi, si vantavano ad
esempio di aver creato loro Marcos, sebbene fin da allora si siano sforzati di
creare personaggi, non solo non riescono a costruire un personaggio
internazionale, ma nemmeno uno nazionale come Lòpez Obrador, sebbene li si
paghi.
Non si può. Ora i personaggi che sono sorti, che hanno
commosso o mosso in qualche misura l’informazione a livello nazionale, non
provengono dai media, ma piuttosto sono nonostante questi.
Non so se lo dirò bene, ma Giulian Assange, che con la
rivelazione di tutti i documenti dimostrò ai mezzi di comunicazione a livello
mondiale che non stavano informando su ciò che stava accadendo, si converte in
un referente. Sebbene sia parte di un collettivo, i media lavorano su di lui.
C’è persino un film su di lui come personaggio, anche se tutti sappiamo che è
un collettivo.
La signora Chelsea Manning, che si è fatta un’operazione per
essere ora Chelsea Manning, e Snowden, non hanno fatto che rivelare quel che è
occulto e quel che avrebbe dovuto essere lavoro dei mezzi di comunicazione
rivelare. Ma quelli che realmente hanno messo scompiglio nel mondo
dell’informazione sono collettivi nei quali l’individuo è completamente
diluito, come Anonymous, di cui ora si dice: “E‘ che di Anonymous non
si sa nulla, non si mostrano”.
La qual cosa è assurda poiché se sono anonimi
perché mai gli dovremmo chiedere che si mostrino.
Insomma, quel che noi abbiamo visto è che l’anonimato del
collettivo è ciò che sta venendo a supplire e a mettere in crisi questo affanno
mediatico di quelli di sopra di incontrare individualità e personalità.
Noi pensiamo che ha molto a che vedere con la formazione dei
media. Se nei media prezzolati c’è una struttura che invidierebbe qualsiasi
esercito quanto a verticalità, autoritarismo e arbitrarietà, per quanto
riguarda un media collettivo, media alternativo, libero, autonomo, eccetera,
vige un’altra forma di lavoro e un altro modo di fare.
Diciamo che nei media prezzolati importa di più chi ha
prodotto l’informazione. Se voi riguardate le notizie uscite sui media
prezzolati al compimento dei 20 anni della sollevazione, nel gennaio di
quest’anno, la maggior parte delle notizie sono di ciò che i giornalisti fecero
20 anni prima e non di quel che è accaduto: “io ho intervistato Marcos“, “io ho
fatto la tale intervista“, “io sono stato il primo a entrare“, “io ho scritto
il primo libro“. Che pena che in vent'anni non abbiamo fatto altro che
ricordarsi. Però su di loro pesa questo criterio: l’esclusiva. Non sapete
quanto importi a un giornalista e cosa lo porti a fare, e faccia, ottenere
un’esclusiva. Il fatto di poter avere l’esclusiva dell’ultima intervista di
Marcos o la prima di Galeano vale, costa, anche se non si pubblica, perché,
come vi sto spiegando, anche tacere è una merce e si può vendere. Al contrario
mi piace pensare che nei collettivi dei quali fate parte voi e altri che non
sono potuti venire, la maniera di lavorare fa in modo che pesi più l’informazione
che chi la produce. Certo, ci sono alcuni che devono ancora imparare a
redigere, ma la grande maggioranza rivaleggia in ingegno, in analisi, in
profondità e in indagine su quel che sta accadendo.
Quello che noi vediamo, in questo casino che è il modo
capitalista, è dove troviamo l’informazione. Se ce ne andiamo in Internet e googleiamo,
come si dice ora, Gaza, possiamo trovare che i palestinesi sono degli assassini
che si stanno immolando solo per distruggere moralmente l’esercito israeliano,
o il contrario. Si può trovare qualsiasi cosa. Dove troverai l’informazione di
ciò che sta realmente accadendo? L’ideale sarebbe che i palestinesi ci
dicessero quello che sta accadendo, non attraverso di altri.
In questo caso, per esempio, noi diciamo: non sarebbe meglio
sapere cosa stanno dicendo gli zapatisti? Meglio rispetto a che qualcuno ci
dica quel che lui crede che avrebbero dovuto dire, che non è nemmeno quel che
credono che abbiamo detto, è quel che dobbiamo aver detto.
Come dire che nel testo della luce e dell’ombra, Marcos dice
che non scriverà più e quindi Galeano non potrà scrivere, anche se non si sono
accorti che quando tutti si sono congedati il gatto-cane resta. Ci sono molte
cose che si possono capire da lì, ma ora non importa.
Quel che noi vogliamo segnalare è che la miglior
informazione è quella che viene dall'attore e non da chi sta coprendo la
notizia. Chi può fare questo sono i media liberi, autonomi e alternativi.
Quello che vi sto dicendo compagni, compagne e compagnei è una tendenza, non è
qualcosa che succederà ora, ovvero non pavoneggiatevi come a dire:“ora sì che
siamo la créme e il mondo dipende da noi”.
E‘ una tendenza che noi vediamo con questa maledizione che
abbiamo di vedere le cose prima che accadano. Vediamo che i media prezzolati,
come mezzi di informazioni, sono in franca decadenza, non per loro colpa, ma
per aver abbracciato una classe politica che anch'essa va in decadenza per
sopravvivere, e questo si capisce.
Noi non questioniamo che qualcuno lavori per un media e di
questo viva. Pensiamo piuttosto che la dignità e la decenza abbia un limite e
che ci sono limiti che si stanno ormai sorpassando, ma questo è un problema di
ciascuno. Noi non lo giudicheremo. Quello che vediamo è che il problema in un
media prezzolato è la sopravvivenza, quindi la loro sopravvivenza sta su una
strada che non stanno seguendo, perché stanno inseguendo di più l’immediatezza.
A lungo termine il media prezzolato, come qualsiasi cosa che
compri e consumi, scomparirà.
Perché compri il giornale se puoi consultare la
rete? Allo stesso modo non vai a cercare lì l’informazione, non vai a cercare
l’analisi di quello che sta accadendo.
Quindi noi diciamo che, se volessimo sapere cosa sta
accadendo in Michoacán, l’ideale sarebbe che quelli di Michoacán ci dicessero
quello che sta accadendo. Noi pensiamo che se la gente dalle altre parti del
mondo e del paese vuole sapere cosa sta accadendo con gli zapatisti, ci sia
quanto meno uno spazio dal quale possano saperlo.
Voglio dire con questo che noi non vogliamo militanti a tal
fine, militanti della comunicazione zapatista, per quello c’è la maledetta idea
dei terzi media. Noi vogliamo orecchie, ossia che la gente che vuole sapere
venga a conoscenza di qualcosa di verace, o di un’analisi profonda o di una
inchiesta reale, prendendo in considerazione quanto è importante una notizia o
un’informazione, e non chi la produce.
Noi vediamo che a lungo termine i media liberi, autonomi,
alternativi, riempiranno o possono riempire – non sappiamo se lo faranno –
possono riempire quel vuoto che si sta producendo ora nello scambio di
informazioni a livello globale. Internet non lo riempie, sebbene lo crediate,
su internet puoi trovare quello che vuoi, se sei a favore di qualcosa trovi
argomenti a favore, se sei contro qualcosa trovi gli argomenti contrari.
C’è bisogno quindi che questa informazione abbia uno spazio
dove si sistemi, che sia leggibile. Ed è, noi diciamo a grandi linee e
tendenzialmente, lo spazio che copriranno i media di comunicazione alternativi,
autonomi, liberi, o come si chiamano.
E questo è ciò che vi avremmo voluto dire a Oventic: che non
avete una fottuta idea dell’impegno che vi ricade addosso. Non è che noi vi
ammorbiamo sul fatto che ora veniate a La Realidad, che ora andiate al tal
posto e lì vanno i media terzi, o i quinti, che sia, i quinti no, ho pensato,
ma è un gioco di parole, quindi meglio che gli abbiamo messo il nome di terzi
media (nota: è evidente che chi parla è colpito dall'essere guercio, perché in
realtà avrebbe dovuto dire “i terzi compagni” e non “i terzi media“, e gli
mandiamo subito un’energica protesta affinché la pubblichi nello stesso spazio
e con la stessa importanza del suo strafalcione. Nota cortesia di “Los Tercios
Compas”).
No, quel che ve ne viene è la speranza di molta gente. Noi
non nutriamo speranza nei vostri confronti, abbiamo fiducia in voi, non
soltanto voi che siete qui, ma anche per ciò che siete, la tendenza che
possiate coprire questo spazio.
Il problema che noi vediamo è quello dei soldi, ora sì.
I media autonomi, liberi, tutto questo, si sostengono…la maggior parte delle
volte succede che quelli che ne entrano a far parte cooperano ma hanno altri
impegni, quindi il media autonomo, libero, alternativo, è come i terzi media (nota:
strafalcione e proteste reiterate. Cordialmente “Los Tercios Compas”), ossia
funziona in base alle possibilità perché bisogna sbattersi, bisogna stare al
passo per poter ottenere i soldi. Oppure durano finché dura il grano, e quando
finisce il grano il media scompare. E può anche essere che duri, magari non
succede così, quando il calendario impone la sua logica ai componenti, cioè,
quando crescono e maturano, come dicono là sopra, e la smettono con le pazzie e
le ribellioni.
Pensiamo quindi che avete questo problema e lo dovete
risolvere in qualche modo, non so come. Io vedo che su alcune pagine già
compaiono cose come consigli per scendere di peso, su come non invecchiare, sul
ferro per stirare la pelle, non so come lo dite, lifting, quelle robe che si
mettono, cose così ed esoterismo e vaffanculo. Si, magari chi vede questo media
alternativo non fa caso a queste cose e vi entrano due soldi. Alcuni fanno
così, ma pure perché vi diano questo voi dovete dimostrare che qualcuno entra
nella vostra pagina, qualcuno oltre a voi.
Noi scherzavamo molti anni fa con quelli che si incaricavano
della pagina prima di tutto questo, che dicevano: “no, è che il tale comunicato
ha avuto tante visite“. Gli dicevo: “bugia, siamo noi che siamo lì a fare clic,
clic, clic, clic, invece no“.
Non so, è la stessa cosa che vi ha portato a lavorare in
collettivo, a parte che che molti fanno artigianato urbano, o non so come si
chiami, che producono e così via; forse allo stesso modo,
collettivamente, potete trovare la maniera affinché il media non decada, si
mantenga e cresca. Non vi resta altra possibilità, compagni, mi spiace di darvi
questa informazione, però o crescete o scomparirete. Compresi quelli che
sporadicamente tirano fuori informazioni; vi rimane solo questa possibilità
perché anche tra di voi inizia a esserci questo sviluppo. Magari questa
disparità di sviluppo si deve alla profondità dell’analisi, alla capacità
dell’inchiesta, o quel che sia, e non perché alcuni abbiano risolto il problema
dei soldi e altri no. Fateci caso, perché c’è molta gente che sta aspettando da
voi più di quanto voi vi immaginiate.
Riassumendo. I media prezzolati esistono, sono reali, hanno
la loro importanza, questa importanza sta diminuendo tendenzialmente e quel che
ha fatto l’EZLN è cambiare radicalmente la sua politica sui media. Non vogliamo
parlare con quelli di sopra, a proposito di questo vi spiegherà di più il
Subcomandante Moisés nella sessione di domande e risposte, che consiste nel
fatto che i media zapatisti fanno le domande e voi date le risposte e non il
contrario.
Quindi quello che ha fatto l’EZLN è dire: non ci interessano
più coloro a cui era necessario rivolgersi attraverso Durito, il Vecchio
Antonio, ovvero della stampa prezzolata, bensì ora ci interessa la gente che
capisce il fatto stesso di un gatto-cane; questo riconoscimento della
differenza e il riconoscere che ci sono cose che non capiamo, ma non perché non
le capiamo le giudicheremo o le condanneremo – come un gatto-cane che esiste,
non lo crederete ma esiste, è reale.
Quello che ci interessa è parlare con voi, è ascoltarvi, e
con questo voglio dire anche la gente che attraverso di voi ci ascolta e che
attraverso di voi parla con noi. Se noi volessimo sapere che cosa sta
succedendo nel tal luogo, noi prima cercheremmo sui media liberi alternativi,
nei quali l’informazione è poca ma anche se poca è molto meglio di quella di
qualsiasi media prezzolato, nei quali oltretutto bisogna iscriversi con carta
di credito per poter leggere i Laura Bozzo che ci sono da tutte le parti.
Cos'è accaduto allora che ha alterato questo piano di
congedo, ossia di dire ai media prezzolati “grazie per ciò che…”, sebbene la
maggior parte di loro siano stati, loro malgrado, complici involontari di ciò
che è stato, di ciò che avete visto poco fa: una manovra diversiva o un atto di
magia, e avvertirvi del fatto che ora sì che la maledizione vi arriva addosso.
La maggior parte di voi è giovane. Noi pensiamo che la
ribellione non abbia e non dovrebbe avere a che vedere con il calendario,
perché noi vediamo gente che ora che ha l’età non ha comunque giudizio
perché…(incomprensibile), ma continuano a essere ribelli. E noi abbiamo la
speranza che voi continuate, anche se non sarete proprio voi, forse alcuni si
dividono il lavoro, “allora voi a cercare i soldi e noi a questo, facciamo a
turno o qualcosa del genere“, ma non abbandonatelo quell'impegno, è davvero
importante.
Cos'è accaduto? Perché se voi prendete in considerazione
questo piano originario rispetto al quale sarebbero entrati tutti i media
prezzolati, pensate che si manteneva ancora due settimane prima, quindici
giorni prima che si dicesse no, non entreranno all'omaggio a Galeano.
Quel che è accaduto è stata una morte. Su questo fatto ho
letto solo, non dico che non esista, un articolo di John Gibler, che risulta
andare in questo senso. Lui raccontava di aver detto a qualcuno come era stato
l’omaggio a Galeano e questa persona con cui parlava gli diceva: “ma tutto
questo solo per un morto?“, e lui cercava di dire che un morto, insomma cercò
di spiegare meglio che poteva. E noi vogliamo dirvi quanto è importante per noi
un morto.
Se noi lasciamo passare una morte ne lasciamo passare due,
se ne lasciamo passare due saranno dieci, poi cento, poi mille, poi decine di
migliaia come nella guerra che fece Calderón contro il presunto narcotraffico:
si lasciò passare una morte e poi se ne lasciarono passare decine di migliaia.
Noi no. Moriremo sì di morti naturali o di morti giuste, cioè lottando, ma non
permetteremo che nessuno dei nostri compagni e compagne e compagnei sia assassinato
impunemente, non lo permetteremo e metteremo in moto tutte le forze anche se si
trattasse di uno solo, o il più ignorato, o il più disprezzato, il più
sconosciuto.
E la rabbia che sentivamo rispetto a Galeano è dovuta al
fatto che questo questo compagno Galeano era colui che si incaricava di
ricevere questi della stampa prezzolata, caricava i loro zaini, li portava con
i suoi cavalli fino a dove facevano le interviste o i loro reportage, li
riceveva nella sua casa e dava loro da mangiare. A questi che hanno ignorato e
disprezzato la sua morte, e hanno innalzato i paramilitari come fossero eroi,
vittime di un’arbitrarietà, suvvia, e quando arrivavano nemmeno si prendevano
il disturbo di chiedergli alcunché, anche se per vent'anni lui si incaricò di riceverli,
e con alcuni di loro fece persino scommesse di calcio quando c’erano i
mondiali.
Noi ci aspettavamo una reazione, da qualcuno con cui hai una
relazione così, ma non sapevano nemmeno chi fosse. Loro venivano a intervistare
Marcos, loro venivano a vedere Marcos, loro vedevano che il cavallo, che
l’arma, che quello che ha letto, sebbene la buonanima di Marcos sapeva che
libri aveva letto. Vedevano tutte queste cose e non importava chi fosse colui
che li stava ricevendo.
Magari comprendiamo che non gli importasse perché era un
indigeno, che per giunta non aveva nemmeno volto, tuttavia gli dava da
mangiare, gli caricava le cose, li aiutava con il cavallo, li accompagnava, gli
diceva da dove passare, da cosa bisognava guardarsi e così via.
Comprendiamo che
non gli importasse ma a noi sì che importa, Galeano e tutti e ciascuno degli
zapatisti. Abbiamo fatto questo casino e continueremo ogni volta a fare casino,
perché non permetteremo nessuna morte, non ne accadrà una sola che resti
impunita, perciò abbiamo cambiato tutto, e nella rabbia che sentivamo accadde
che il Subcomandante Moisés, che è chi comanda ora su questo, ha detto non
entra nessuno della stampa, e non entrò nessuno della stampa prezzolata sebbene
originariamente sarebbero dovuto entrare tutti.
Lì in quella stanza c’è stato il cadavere del compagno
Galeano; c’è un video dove c’è il cadavere, sono circondati e ci sono i
compagni che recriminano con quelli della CIOAC per la morte di Galeano. Non li
hanno toccati, compagni; io, che si suppone sia un essere controllato eccetera,
quantomeno gli avrei dato uno spintone: niente, gli gridano contro ma non li
toccano.
Da qualsiasi altra parte li avrebbero linciati sul posto perché erano
corresponsabili di quella morte e lì stava il cadavere. Lì arrivammo noi. Noi
eravamo ad Oventic a preparare, io stavo saggiando una sedia a rotelle; qui
quel giorno entrai a cavallo, lì sarei entrato su una sedia a rotelle per
alimentare la diceria che fossi molto malato, molto fottuto, e alla fine mi
sarei alzato perché mi dolevano le ginocchia dall'esercitazione.
Quando lo abbiamo saputo siamo venuti qua e abbiamo visto, e
guardate quel che non uscì sulla stampa e ne uscirà: uno di qui, uscendo di
qui, l’altro di lì, l’altro di lì, l’altro di lì, l’altro di lì, sono quelli
che erano nella zuffa e venivano qui alla porta del Caracol a burlarsi dei
compagni che stavano qui rinchiusi perché non li aggredissero, lì come siete
ora voi, stavano loro.
E si facevano beffe di come ballava, dicevano del defunto,
con le mazzate che gli stavano dando; si facevano beffe di come gli hanno
sparato, di come lo hanno preso a colpi di machete, e tutte quelle cose che
abbiamo pubblicato nell'inchiesta perché sono dolori nostri.
Il Subcomandante
Insurgente Moisés ha ormai terminato l’inchiesta, ma non verrà resa pubblica
per evitare la vendetta. La si consegnerà al Frayba con i nomi eccetera, perché
ormai sappiamo chi è stato. Eravamo in questa situazione, compagni, e non
potevamo rispondervi nemmeno minimamente perché era una prateria secca, e con
niente, una scintillina, si sarebbe incendiato tutto, e qui sarebbe stato un
pandemonio di sangue. Abbiamo sopportato e sopportato ma questa rabbia non
l’abbiamo slegata. Non l’abbiamo slegata ancora.
Allora la risposta, John Gibler, è: per gli zapatisti una
morte ingiusta è troppo e per questo siamo disposti a tutto.
Questa conduzione dei media impone una logica inumana,
assurda, fuori luogo in tutto il mondo. Guardate, per esempio i bambini e le
bambine in Palestina: hanno dimostrato una grande pazienza nel morire, perché
muore uno e non gli fanno caso, e continuano a sommare cadaveri finché prima i
grandi mezzi comunicazione si voltino a vedere, e continuano a morire perché
esca l’immagine. E continuano a morire perché l’immagine sia vista e devono morire
in una forma scandalosa, indignante, perché la gente di sopra inizi a dire:“
sentite, no, cosa stiamo facendo lì?”, ossia per fare qualcosa. A noi zapatisti
sorprende ogni volta di più quanto poco di umano ci sia nell'umanità di
sopra. Perché è necessario tanto sangue affinché dicano qualcosa? E poi
viene fuori che sfumano la loro posizione: “sì, ammazzateli, ma non mostratelo
perché ci mette in evidenza”.
Robert Fisk, che scrive su The Independent, della Gran
Bretagna, diceva in altro modo quello che stiamo dicendo adesso: il fatto è che
i grandi mezzi di comunicazione sono in crisi perché la gente che li legge –
che è la classe alta, con alto poter di acquisto e ben informata, dicono –, è
indignata perché i mezzi di comunicazione la trattano da idiota, cercando di
presentare il massacro che avviene a Gaza come fosse uno scontro o come se la
colpa fosse di Hamas. La gente si sente insultata, non è perché hanno i soldi
che siano stupidi, alcuni sì che lo sono, ma in genere sono intelligenti e si
sentono insultati, e lo riconosceva in un articolo, diceva: “è che siamo in
crisi, la gente non ci crede più, non ci prende sul serio, e per di più
reclama”. Da altre parti questo succede da anni, come qui in Messico. Tutto ciò
che sta succedendo in Palestina, di cui nessuno parla, di questa pazienza
mortale dell’infanzia palestinese, noi diciamo che è responsabilità del governo
di Israele. Noi differenziamo sempre i governi dai popoli, sappiamo che c’è una
tendenza naturale, anche se in altre occasioni abbiamo detto che il problema
non è sionismo o antisemitismo, come continuano a dire le grandi teste
pronunciando stupidaggini in grande stile.
Noi non possiamo dire che, poiché il governo di Israele è
assassino, che il popolo di Israele sia assassino, perché allora direbbero che
il popolo messicano è idiota perché il governo messicano è idiota, e noi,
quanto meno, non siamo idioti. C’è gente in Israele, non sappiamo quanta,
nobile, cosciente, onesta, e non ha bisogno di essere di sinistra, perché la
condanna per ciò che sta accadendo in Palestina non ha a che vedere con la
posizione politica, ha a che vedere con la decenza umana: nessuno può vedere
quel massacro e dire che non sta accadendo nulla o che è colpa di un altro.
Quel che vi sto spiegando sulla crisi dei media prezzolati e
l’emergere dei media liberi, alternativi o autonomi è una tendenza nella quale,
nel lungo cammino dei media liberi o autonomi, vi accadranno cose: io non
vorrei dirvelo, ma bisogna dirvelo.
C’è gente che si demoralizzerà, dicono i compagni, che è
quando si arrende qualcuno, quando lascia il suo lavoro, la lotta, dicono che
si è demoralizzato, che ha lasciato la lotta.
Gente a cui i media prezzolati diranno così: vieni dalla
nostra parte – a mangiare merda, disse un subdirettore di un giornale, ma ti
pagheranno per mangiare merda -, sia perché scrive bene, perché fa buone
analisi o perché inquadra bene la foto, il video o quel che sia.
E alcuni se ne andranno, altri vi tradiranno, diranno: “no,
non ce n’è, quel testo non è veritiero, lo hai inventato”, e così via. E altri
che zoppicheranno. La claudicazione è una parola che i compagni capiscono bene,
che vuol dire che sei lungo una strada e dici: ”ah no, sempre no, di qui no,
meglio che vada altrove”. Quasi sempre in questo caso la questione ha a che
fare non con il lasciare un impegno poiché a volte uno deve lavorare per
vivere, ma con il lasciare una posizione rispetto all'utilizzo dell’informazione,
in questo caso dei media liberi, autonomi, alternativi.
Uno dei problemi che avrete è quello dei soldi, ossia
dovrete sopravvivere. Sopravvivenza.
Questo è il vostro problema, non solo come
media ma anche come essere umani: non dovete ancora mangiare? Anche se alcuni
ormai stanno superando il problema, tuttavia…
Ciò che inoltre vogliamo sappiate, e attraverso di voi altri
media liberi, è che noi vi riconosciamo questo sforzo e sacrificio. Sappiamo
che è una cazzata venire fin qua per chi ha i soldi, ma per chi non ce li ha è
qualcosa di eroico. Noi ve lo riconosciamo, vi conosciamo, lo sappiamo e vi
salutiamo. Tenete per certo che se c’è qualcuno che prende in considerazione
quel che fate, siamo noi. Dove cercheremo l’informazione? Sui media prezzolati?
No. Nelle reti sociali? Nemmeno. Nell'instabile e increspato mare della rete?
Ti dico che nemmeno lì puoi trovare quel che cerchi.
Dunque c’è un vuoto su dove stia l’informazione. Il mezzo
che usate ora è anche il vostro limite, arrivate a più gente ma è anche un
limite perché la gente che non ha internet a media velocità, io li sfido a
scaricare ora una vostra pagina, diamine, va a finire che succede un’altra
guerra, un’altra sollevazione e arriviamo a vincere la guerra e non ha ancora
finito di scaricare. Ci dovrebbe essere una versione più leggera o qualcosa del
genere, da smartfon o roba simile.
Ma la maggior parte dei vostri
interlocutori o di quelli che dovrebbero essere i vostri interlocutori non lo
sa usare, ma questo può cambiare. Noi diciamo che in questi tempi il mezzo
principale di comunicazione è l’ascolto, per questo noi ci riferiamo a voi come
gli ‘ascolta’. C’è gente, lo dicevo a Moi, che ha bisogno di parlare, non gli
importa che non lo stiano ad ascoltare, deve parlare di qualsiasi cosa. Ma c’è
gente che si preoccupa che l’ascoltiate, e affinché la ascoltiate sta
scommettendo perché questo messaggio e questa parola arrivino più lontano.
La preoccupazione dei compagni e compagne del CNI che avete
visto, è che portavano l’incarico che li ascoltaste. A differenza dell’Altra
Campagna. Io mi ricordo di quegli incubi multipli, del divano collettivo del
“flagellatevi, noi andiamo”, che è stato l’Altra Campagna, dove chiunque diceva
quello che gli veniva in mente, non gli importava se lo stavano ascoltando
oppure no, se lo stavano capendo oppure no, il gusto stava nel cavarsi, come si
dice, la voglia.
Per di più era gratis, immaginati quanto spenderesti dallo
psicanalista o dallo psichiatra o come si dice ora.
Quindi non si tratta di altro che di avvisarvi che il mezzo
è anche il limite e che bisogna ricercare. La fonte diretta appare ora come la
principale, e noi diciamo: i popoli originari sono gli specialisti
dell’ascolto. In verità vi sto avvertendo di ciò che verrà con il festival
mondiale della ribellione e della resistenza, ossia è un’esortazione che non
diventi il cartellone delle riunioni de La Otra, le assemblee preparatorie
eccetera, perché questi compagni e compagne dei popoli originari sono
specialisti nell'arte dell’ascolto, nella comunicazione per eccellenza.
Il fatto che chi in questo momento è l’attore, o sta
soffrendo, o sta esercitando un’azione, ti dica come la vede, non impedisce che
ci sia un’analisi. E’ quel che tu mi dici, ma io vedo questo e quest’altro. E’
cioè il lavoro dell’informatore.
E noi vediamo anche in questo utilizzo dei media, a partire
dalla disgrazia della morte di Galeano, che anche nei media c’è questa
differenza tra elemosina e il sostegno. Se i mezzi di comunicazioni prezzolati
ti danno attenzione devi ringraziare, e qualcosa che non perdonano agli
zapatisti, “non solo vi porgiamo la mano”, direbbero, “ma ci mordete la mano
che vi aiuta”.
Noi non vogliamo fare indigestione, sputiamo sulla mano, perché
anche l’attenzione dei media è un’elemosina. Al contrario, per i media liberi,
alternativi, autonomi, eccetera, non è una elemosina. E’ un dovere a cui stanno
assolvendo, e lo fanno nonostante tutte le difficoltà che hanno, ed è il caso
in cui diciamo “un media compagno”. So già che Tacho vi ha fatto a pezzi, e per
questo che abbiamo tirato fuori il fatto dei ‘terzi compagni’ (nota: ora sì che
chi parla ha detto giusto. Cordialmente “Los Tercios Compas”).
Ma questa è la differenza tra un media prezzolato e un media
compagno. Non è che uno abbia i soldi, o guadagni, o no. La differenza sta nel
fatto che per alcuni siamo una merce, sia che parlino di noi sia che non
parlino; e per altri, come i vostri e come ce ne sono migliaia in tutto il
mondo, siamo uno spazio di lotta.
Nell'evento di ieri che era aperto alla stampa, sono venuti
solo tre giornalisti, anzi quattro: uno era dei tre visconti che hanno
calunniato la morte di Galeano, e non è entrato. Gli altri tre erano uno di
Proceso, uno che lavora nella stampa alla frontiera sud e un’altra che lavora
con Aristegui. Fino ad ora avevo citato solo quello di Proceso, ma non è venuto
nessun altro media, non so se è una cosa tipo “Paquita la del barrio” (nome
d’arte di Francisca Viveros Barradas, cantante messicana, N.d.T.), per
dispetto, ma sia come sia.
Oh quanti morti, poiché non era un evento dell’EZLN, era del
CNI, oh quanti morti deve avere il CNI perché si voltino a guardare. “Molti”,
diranno i media, “perché diventi una merce, e poi per vedere se vendiamo
menzionandoti o vendiamo non menzionandoti”. La differenza per noi è che
l’appoggio che si dà al compagno non pone condizioni perché sa che è davvero
parte della stessa lotta.
Quindi, quello che noi vediamo in questo panorama caotico
che vi sto presentando è che con l’ultra velocità e l’indigestione, l’eterogeneità
delle informazioni, è paradossale che il miglior livello o il livello supremo
di comunicazione sia la condivisione, questo livello diretto.
I compagni hanno scoperto qualcosa che voi avete scoperto
nel vostro lavoro, che è il potere dell’ascolto. Se non è possibile che tutti
stiamo ascoltando, allora serve qualcuno che afferri questa parola e la scagli
indietro, come diciamo noi, ossia ai popoli, che è ciò che fanno gli “ascolta”.
E in una maniera o nell'altra è quel che fate voi.
Ma siccome (secondo noi, già lo sapete, noi che non sappiamo
nulla di mezzi di comunicazione) il livello supremo ora è la condivisione,
coloro che lo usano meglio sono proprio coloro che bisogna ascoltare. Mi
risulta che i popoli originari sono tosti in questo, quanto a pazienza, ma ve
ne parlerà di più il Subcomandante Moisés.
Questo è quanto volevo dirvi. Compagni e compagne, non ci
saranno domande perché mi risulta che in 20 anni mi avete ormai domandato tutto
quello che mi dovevate domandare e credo di aver ricevuto un certificato di
impunità per non rispondere nulla; ma questa ve la dovevamo.
Lo avremmo fatto comunque in quell'alba, ma siccome ora mi
avete come terzo media (nota: mh… quello che parla non impara. Los Tercios
Compas!) e stavo controllando che vi stavano piratando tutto, abbiamo
detto no, meglio che vi lanciate perché non è giusto quello che stanno facendo
i media prezzolati, perché non è stato soltanto un furto ma una sottrazione per
disprezzo. O sia, me lo piglio e non dico di chi è perché a chi importa quel
fottuto tuit o quella fottuta pagina che nessuno vede.
Era il reclamo, secondo quanto ci raccontano, che facevano i
grandi mezzi di comunicazione che arrivarono a San Cristóbal: “quel Marcos è
pazzo, come fa a scegliere gente che non ha nemmeno dieci visite nella sua
pagina – quindi cliccate di più (incomprensibile), arrivate a 100 -, e non noi
che abbiamo milioni di lettori”.
Quindi ve la dovevamo, compagni, ecco. Galeano non resterà
in silenzio; a volte parlerà Tacho, a volte Moisés, a volte Galeano, a volte
qualcun altro, il gatto-cane, o chissà.
L’importante qui è che: uno, è cambiato
l’interlocutore. Due, l’importante è la tendenza che noi vediamo nella vostra
comparsa come media liberi, autonomi, alternativi, eccetera.
Il fatto è che abbiamo creato i terzi media (nota: argh!
L-o-s T-e-r-c-i-o-s C-o-m-p-a-s!) perché non dobbiate farvi questo
sbattimento di venire fin qua per mandarvi i materiali.
Non solo riconosciamo e diamo valore al vostro lavoro,
soprattutto riconosciamo e diamo valore al sacrificio e allo sforzo che fate
per voltarvi a vedere da questa parte.
Perciò, specialmente a voi, e in generale a tutti i compagni
della Sesta, grazie.
E’ tutto Gotham City. (nota: chi parla ha voluto imitare la
voce del supervillano, Mr Bane, però non gli è riuscito).
Fine dell’intervento del SupGaleano.
(Trascrizione dell’audio originale a carico de “Los Tercios
Compas”. Sì, protestando e un po’ incazzati per gli strafalcioni, ma non
importa, così è la storia, bisogna sopportare).
Copyleft: “los tercios compas” 12 agosto 2014. E’ consentita
la riproduzione senza ricorrere all’autoerotismo, la circolazione underground e
il consumo in modalità “impantanatevi che c’è fango”.
“Traduzione a cura dell’Associazione Ya Basta! Milano”