E’ la comunità di San Francisco Xochicuatla nello Stato de Mexico ad ospitare l’inaugurazione del Festival delle ribellioni e resistenze contro il capitalismo promosso dall’EZLN e dal Congresso Nazionale Indigeno.
L’evento voluto per condividere lotte ed esperienze a livello non solo messicano ma anche internazionale, promosso alcuni mesi fa a La Realidad durante le iniziative contro l’aggressione armata alla comunità, costata la vita al compagno zapatista Galeano, si inserisce oggi in un momento molto intenso della vita politico sociale messicana.
L’uccisione degli studenti ad Iguala e la sparizione di 43 "normalistas" ad opera del narco-stato, la forma del potere legale/illegale contemporanea in Messico, ha scatenato nel paese forti proteste capaci di rompere il silenzio e la paura.
Di fronte a quel che sta succedendo gli zapatisti hanno voluto mettere al centro del Festival la mobilitazione partita dai familiari e dagli studenti di Ayotzinapa, lasciando alla delegazione proveniente dal Guerrero il massimo di visibilità.
Oggi sul palco ad inaugurare il festival c’erano infatti oltre alla Comunità di San Francisco, ai rappresentanti del Congresso Nazionale Indigeno, familiari e studenti di Ayotzinapa.
Davanti al palco 43 sedie vuote. Un atto di denuncia di quel che sta succedendo e delle responsabilità dello Stato messicano in questa sparizione così come nei tanti episodi di violenza e repressione contro chi lotta.
Ad aprire i lavori la rappresentante della Comunita’ Otomi e del Consejo Supremo Indigeno di San Francisco Xochicuautla , in lotta da anni contro la costruzione di una nuova autostrada da Città del Messico a Toluca. Una grande opera che, come in tutto il mondo, porta con se’ distruzione non solo ambientale ma anche sociale.
Chiare le parole dette a nome delle tante comunità indigene che resistono: "non siamo stupidi, ignoranti contro il progresso, ma difendiamo l’ambiente e le relazioni sociali da un futuro di sfruttamento e di saccheggio".
La forza delle tante resistenze che punteggiano il Messico da Cheran al Chiapas, dal Guerrero a Morelia, da nord a sud è’ proprio questo sguardo sul futuro.
La possibilità’ che difendere oggi i beni comuni e l’ambiente, così come i legami sociali, non sia un ritorno al passato, impossibile da praticare peraltro nel mondo globalizzato del presente, ma invece un’affermazione della necessità ora, adesso, in maniera improcrastinabile di scegliere quale "sviluppo", quale società creare.
"Diciamo no alle grandi opere, alle miniere, al fracking, alle dighe, allo sfruttamento del territorio" per dire sì ad un’idea di relazioni sociali ed ambientali che si oppongono al saccheggio, al "despojo".
A fianco dell’enunciazione della necessità’ di confrontare le lotte e condividerle, la denuncia di come tra le violente nebbie artificiali create dalla "guerra al narcos" si siano intensificati gli episodi di repressione ed aggressione a chi lotta. Non c’è’ comunità, popolo indigeno, realtà urbana che non abbia subito aggressioni da forze in divisa ufficiale e/o gruppi formalmente illegali, che non abbia compagni e compagne in carcere.
L’agguato agli studenti ad Iguala e la scomparsa dei 43 studenti di Ayotzinapa è per tutti un simbolo di qualcosa che riguarda l’intero paese, che riguarda tutti.
La necessità e forse la possibilità di dire basta ad una cappa di violazioni, aggressioni, sparizioni e detenzioni che vorrebbe fare tabula rasa di chi, tra mille difficoltà, cerca di resistere. E lo fa continuando caparbiamente ad affermare i propri diritti come ha voluto dire il rappresentante di San Sebastian Bachajon annunciando che proprio oggi la comunità ha recuperato, rioccupandoli, i terreni che le sono stati tolti con la violenza in Chiapas.
Gli applausi e gli slogans che accompagnano l’intervento della delegazione di Ayotzinapa dicono questo: possiamo provarci, a trovare strade comuni perchè, come dovunque, da soli si resiste ma insieme, forse, si può cercare di costruire un’alternativa.
Domani si aprirà la discussione vera e propria, la comparticion, che si svolgerà non solo in questa comunità, stretta dai piani di speculazione dell’urbanizzazione selvaggia della megalopoli di Città del Messico ma anche in un altro luogo simbolo di resistenze: Amalcingo in Morelos.
Lì si combatte contro un mega gasdotto che tra l’altro vede tra le ditte impegnate nei lavori anche una impresa italiana ..
La giornata come sempre in queste occasioni si chiude per intanto con balli e danze, che accompagnano l’ospitalità come sempre generosa delle comunità indigene.