Lo hanno soprannominato il “Lucarelli dell’Amedspor”. Si chiama Deniz Naki, di origine curda, nato in una famiglia operaia immigrata in Germania da Dersim. Nella sua carriera di calciatore ha indossato le casacche del Bayer Leverkusen, del Rot Weiss Ahlen, del St.Pauli e del Gençlerbirliği, squadra di Ankara, prima di approdare nella serie B turca, nell’Amedspor per l’appunto.
Il nome di Che Guevara tatuato sulla mano destra e le scritta “Dersim 62” e “Azadi”, che in curdo significa “Libertà”, sugli avambracci. A gennaio si è beccato una squalifica di ben dodici giornate a causa di un post su facebook pubblicato a seguito della vittoria della sua squadra, ottenuta anche grazie ad una rete dello stesso Deniz Naki, contro il Bursaspor per 2 a 1. Unitamente a questa squalifica, gli è stata anche inflitta una multa di 19.500 lire turche, che equivalgono a circa 6000 euro, con l’accusa di “discriminazione e propaganda ideologica”. Il post incriminato recitava testualmente: “Oggi abbiamo ottenuto una vittoria davvero importante. Siamo usciti a testa alta dal gioco violento dei nostri avversari. Siamo felici e orgogliosi di essere un piccolo spiraglio di luce per il nostro popolo, in un periodo così difficile. Come Amedspor non abbiamo abbassato la testa né l’abbasseremo. Siamo entrati in campo con la fiducia nella libertà, e abbiamo vinto. Perché noi abbiamo seminato i nostri germogli nella libertà e nella speranza. Riteniamo doveroso ringraziare tutti i nostri politici, artisti, intellettuali e la nostra gente che ci ha sostenuti, e dedichiamo la vittoria a coloro che hanno perso la vita o sono stati feriti durante la persecuzione che continua da più di cinquanta giorni nelle nostre terre. Viva la libertà“.
L’Amedspor, la squadra dove Deniz Naki milita attualmente, è un piccolo club di Diyarbakir, capitale del Kurdistan che tra l’altro, il mese successivo alla squalifica del proprio attaccante, è stato anche punito dalla Federazione calcistica turca con una salatissima sanzione, dopo che i giocatori della squadra erano scesi in campo con uno striscione sul quale era riportata la seguente scritta: “Che i bambini non muoiano, che i bambini vengano allo stadio“. Tale gesto era stato compiuto per condannare, di fatto, gli spari contro i bambini e i civili durante i combattimenti in corso da mesi nella stessa città di Diyarbakır. E inoltre, prima ancora che Deniz Naki venisse squalificato, l’unità anti-terrorismo della polizia turca aveva effettuato una vera e propria irruzione nella sede dell’Amedspor, motivando il tutto con un presunto tweet inneggiante al terrorismo, che secondo la difesa del club non era stato postato, però, dall’account ufficiale.
Nato nel 1989, Deniz Naki, ha sicuramente legato maggiormente il suo nome alle stagioni trascorse nel St.Pauli. Le note dolenti, invece, solo senza dubbio legate alla sua prima esperienza in Turchia, nelle file del Gençlerbirliği, dove, nel novembre del 2014, decide di rescindere il contratto che lo lega alla squadra e di lasciare il paese a seguito di un attacco razzista causato dalle sue origini curde. Mentre ritorna in Germania Deniz Naki ha però inteso precisare pubblicamente che “anche se sto andando via, e lo faccio per la sicurezza della mia famiglia, voglio che sappiate che la paura non mi fermerà dal portare avanti i valori in cui credo”. Ed in effetti, dopo pochi mesi, eccolo di ritorno in Turchia, dopo essersi accordato, per l’appunto, con l’Amedspor.
Ora però il calciatore curdo è tornato nuovamente alla ribalta: secondo quanto riportato dall’agenzia Dogan, infatti, Deniz Naki sarebbe stato accusato di propaganda terroristica tramite il suo account Facebook a seguito di alcuni post che farebbero riferimento, di fatto, alle milizie curde del PKK. Secondo l’agenzia di stampa turca, l’attaccante curdo avrebbe dedicato una vittoria calcistica ai caduti e ai feriti nell’assedio di Sur, avrebbe criticato il coprifuoco nella città di Cizre e avrebbe condiviso una foto che lo immortalava con abiti tradizionali curdi. E questi post, secondo il tribunale di riferimento, “potrebbero creare inimicizia e odio tra due diversi settori della società, glorificherebbero i terroristi e il terrorismo e presenterebbero forze di sicurezza come responsabili di massacri contro suoi corregionali”.
Accuse gravissime, per le quali Deniz Naki rischierebbe fino a cinque anni di reclusione. Il calciatore si è, per altro, subito difeso, asserendo che i suoi messaggi vogliono essere “portatori di pace“.
A seguito di questa notizia, comunque, tra i primi ad esprimere solidarietà al calciatore curdo c’è proprio il club del St.Pauli che ha voluto organizzare una sorta di mobilitazione per sensibilizzare l’opinione pubblica mondiale nei confronti del loro ex attaccante. Infatti, in occasione della partita amichevole contro il Werder Brema, di giovedì 6 ottobre, la distinta della squadra, fotografata e rilanciata immediatamente sui socialnetwork, è stata compilata con tutti i cognomi uguali, Naki per l’appunto, ad eccezione dei due calciatori turchi della rosa, e con il numero di maglia, il 23, del giocatore curdo. Inoltre i calciatori sono tutti scesi in campo indossando una maglia con stampato dietro il cognome del loro ex compagno di squadra.
Deniz Naki, ovviamente, in attesa della data ufficiale del processo nei suoi confronti, ha immediatamente voluto ringraziare la sua ex squadra e tutte quelle persone che fin da subito gli hanno dimostrato affetto e vicinanza per quanto accaduto, postando un nuovo messaggio su facebook: “In questo momento difficile che sto vivendo, voglio ancora una volta ringraziare il St. Pauli e i suoi tifosi e tutte le persone che mi hanno scritto messaggi”.