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venerdì 21 maggio 2010

Apocalypse Live!

Da ieri è online “Spill Cam” il feed in diretta da 1500 metri sotto il mare del disastro BP. Uno streaming con cui visionare in diretta il peggior cataclisma ambientale della storia provocato dall’uomo. Le immagini che giungono in diretta dal fondo del Golfo del Messico sono state diffuse in seguito alla richiesta di Edward Markey, presidente della commissione del congresso sul cambiamento del clima che ha intimato alla BP di renderle pubbliche. Come è stato chiaro sin dall’inizio la società (con la collusione di agenzie governative come la guardia costiera e la MMS – Minerals Managemet Service) ha gestito il disastro come un  operazione di pubbliche relazioni, approffittando del fatto che la quasi totalità del petrolio versato si trovi nascosto dai flutti oleosi come un mastodontico e viscido iceberg.

domenica 16 maggio 2010

Stati Uniti:Los Angeles boicotta lo stato dell'Arizona per la legge sugli immigrati

 
La municipalita' della citta' californiana ha deciso di sospendere contratti e forniture come protesta contro il provvedimento razzista
di Luca Galassi

Il consiglio comunale di Los Angeles ha deciso ieri quasi all'unanimita' (tredici voti favorevoli, uno contrario) di boicottare la legge sull'immigrazione varata in Arizona dalla governatrice Jan Brewer.
La città di Los Angeles ha votato una misura per cui sarà vietato fare affari con piccole imprese dell'Arizona fino a quando resterà in vigore questa legge, che consente alle forze di polizia di fermare immigrati anche solo sulla base di un semplice sospetto di clandestinità. Per avere effetto di legge, la risoluzione della municipalita' californiana dovra' essere firmata dal sindaco Antonio Villaraigosa.

venerdì 14 maggio 2010

Bp, petrolio in fuga

di Guglielmo Ragozzino

Scaricabarile tra colossi sul disastro ambientale nel Golfo del Messico. Sfilano davanti al senato Usa i responsabili della multinazionale del petrolio e del costruttore delle piattaforme. Intanto il greggio continua a uscire, e Obama pensa a una tassa da un centesimo
Una fuga di petrolio è in corso nel Golfo del Messico, al largo delle coste della Louisiana, e non se ne vede la soluzione. In effetti si tratta del maggiore disastro di origine umana che si conosca nel nuovo millennio.

lunedì 3 maggio 2010

Los Angeles - Martin Sheen in piazza con gli immigrati

A Los Angeles 50000 latinos hanno celebrato il primo maggio protestando la legge anti calndestini passata dal governo dell’Arizona. Non numeri da “gran Marcha” i cortei da un milione di persone che 4 anni fa protestarono un analogo disegno di legge federale, ma un indicazione di come la legge abbia ridato vita ad un movimento che si era sopito. Dopo il corteo ci siamo imbattuti  in Martin Sheen – al secolo Ramon Estevez, figlio di uno spagnolo immigrato via Cuba e di madre irlandese, legata all’IRA. L’attore di Apoclypse Now, di Dead Zone e di West Wing è da sempre uno dei più politicamente militanti di Hollywood. Ci ha dato la sua opinione sul nuovo movimento degli immigrati in America e di come la mobilitazione dia un mandato ad Obama per attuare una riforma dell’immigrazione.
Tratto da LosAngelista

venerdì 30 aprile 2010

Un mare di petrolio

Intervista a Alessandro Giannì di GreenPeace Italia

Non si avvia a soluzione il dramma ecologico provocato dall'esplosione del 20 aprile della piattaforma della BP nel Golfo del Messico.
Continua la fuoriuscita del petrolio e ancora una volta i rischi della scelta delle politiche estrattive e delle esplorazioni petrolifere richiamano la necessità di una riflessione sul cambio di paradigma energetico.

giovedì 25 marzo 2010

Riforma sanitaria Usa: momento storico o la solita fregatura?

 Come mai oggi i più delusi erano i Progressisti mentre dalle assicurazioni, che pure si erano battute ferocemente contro l'opzione pubblica, non si è sentita alcuna voce?

Dicono che oggi, 22 marzo 2010, sia una data storica per gli Stati Uniti: è passata alla Camera la riforma del sistema sanitario. Questa é la seconda data storica a cui ho la fortuna di assistere in prima persona da quando vivo qui in U.S., la prima era stata il 4 Novembre 2008: elezioni del 44esimo presidente degli Stati Uniti, Barack Obama. E se la prima volta ero un po' in ansia, ma tutto sommato contenta e piena di speranze, questa seconda volta sono profondamente delusa e amareggiata.

martedì 23 marzo 2010

Usa - Ecco la riforma sanitaria

Con 219 voti favorevoli conto 212 la Camera dei Rappresentanti approva la storica riforma che offrirà copertura sanitaria ad altri 32 milioni di cittadini. Ora si aspetta l'ok dei Senatori.


di Antonio Marafioti

Nonostante la defezione di 34 membri del suo partito, che hanno votato in forza con l'opposizione repubblicana, Barack Obama è riuscito a vincere la partita più importante del suo programma politico: quella sulla riforma sanitaria nazionale. Un passo storico, sostiene la stampa statunitense, che da Truman a Clinton ha visto fallire tutti i presidenti democratici. Nella notte fra domenica e lunedì sono stati due i fattori vincenti che hanno premiato gli sforzi dell'ex senatore dell'Illinois. Da una parte c'è stato il lavoro di Nancy Pelosi, speaker della Camera e fedelissima del presidente, che è riuscita a gestire con polso di ferro le correnti indipendentiste fra i democratici. Dall'altra c'è proprio il cambio di rotta, dell'ultimo minuto, di una di queste correnti.

venerdì 4 dicembre 2009

Obama in war



La decisione di Obama di aumentare i militari presenti in Afghanistan di altre 30.000 unità e la richiesta agli alleati tra cui l'Italia di aumentare gli effettivi, accompagnata dalla "promessa" di andarsene entro il 2011 rappresenta l'immagine della debolezza del Presidente Usa.

Da quando Obama è Presidente le truppe americane sono triplicate in Afghanistan e l'affermazione che questa volta l'aumento sarà il "colpo definitivo" appare un escamotage con cui prendere tempo per cercare di dipanare una situazione che assomiglia sempre più ad un pantano, peraltro collegato alla complessa geopolitica asiatica e non solo.

Per approfondire cosa sta succedendo attorno alla "guerra di Obama" come titolava The Guardian vi proponiamo alcuni articoli.

- Da The Guardian: Commento di Malalai Joya attivista afghana

- Da Znet: Commento di Tom Hayden

- Da PeaceReporter: Ignobel per la pace articolo di Enrico Piovesana

lunedì 23 novembre 2009

No capital projects but the end of capital

Dall'Universita' di Berkley

Traduzione a cura di Tiziana Terranova

L’Università della California è occupata. E’ occupata come l’Accademia Belle Arti di Vienna, e l’Istituto Tecnico di Graz; come lo sono state la New School, della Facoltà di Sciente Umane di Zagrabia e il Politecnico di Atene. Queste non sono le prime e non saranno le ultime occupazioni. E neppure si tratta di un movimento di studenti: echeggia loccupazione delle fabbriche dell’Argetina o di Chicago, lavoratori immigrati che occupano quaranta edifici a Parigi, incluso il Centro Pompidou. C’è ancora vita nel museo del capitale.

Mandiamo i nostri primi saluti a ognuno di questi gruppi, in solidarietà. Siamo con tutti quelli che si trovano in un edificio oggi perché hanno scelto di starci, perché lo hanno liberato dai loro cosiddetti proprietari – sia per la suggestione del vero sapore della libertà, o per disperata necessità sociale o politica.

Questa dichiarazione e questa azione inizia con il disprezzo per che quelli che vorrebbero usare il loro potere per recintare la formazione, recintare il nostro mondo condiviso, per quelli che vorrebbere costruire ‘opportunità’ sulle spalle di quelli che devono necessariamente essere sfruttati Ecco perché inizia qui in questo ufficio con i suoi Capital Projects[1], i suoi Servizi Immobiliari, il suo oscenamente chiamato Ufficio della Sostenibilità – inizia nei corridoi dell’accumulazione, nel cuore della logica che mette i palazzi davanti alle persone. Ma inizia anche con l’amore per quelli che rifiutano queste recensioni, che sono impegnati nell’azione piuttosto che nella petizione, che sono impegnati alla deprivatizzazione in quanto atto. Questo antagonismo non può essere negoziato nel nulla. Non facciamo altre richieste ma la più basilare: che la nostra vita collettiva non ammette proprietari.

Chiunque ha visto la malattia della privatizzazione, precarizzazione, e finanzializzazione diffondersi attraverso l’Università della California non mancherà di riconoscervi la peste del neoliberalismo che si insinua in ogni angolo del globo, in ogni minuto delle nostre vite. Nella rivelazione più recente, abbiamo scoperto che gli osceni aumenti delle tasse universitarie sono usati non per la formazione, ma come collaterali per operazioni di credito e progetti edilizi. Questa è la volontà del Rettore. Se i bonds non sono ripagati, le tasse – cioè i nostri giorni e anni di lavoro, che si estendono in un futuro assente – devono essere usati per ripagarli.

C’è un’ironia grottesca in tutto ciò. Le tasse universitarie sono usate come garanzie e impacchettate esattamente come le azioni tossiche che hanno innescato quest’ultimo collasso finanziario. Quattro anni fa c’erano i ‘mutui subprime’, or c’è la ‘formazione sub-prime’, come dice Ananaya Roy. Le stesse strategie e schemi che hanno fatto fallire milioni di vite, e che hanno mostrato il fallimento della sfera economica – sono queste a cui l’università si è rivolta per la sua salvezza, anche se queste strategie hanno spettacolarmente fallito. I Rettori si rivelano non semplicemente disonesti, venali e indifferenti; sono troppo stupidi per imparare anche le lezioni più basilari della storia recente. O forse questa è la loro idea della solidarietà: che tutti i membri della comunità universitaria (a parte loro naturalmente) devono unirsi alla nazione e al mondo nel suo immiserimento, devono essere tutti malmenati allo stesso modo da un’economia incubo costruita su vere vite umane. Noi gli diciamo: se voi invocate tale solidarietà, non vi meravigliate se il suo potere vi sfugge.

La matricola quando arriva è trattata come un mutuo, e le tasse stanno crescendo. Ella è un futuro flusso di reddito, e i conti da pagare stanno aumentando. Lei è una garanzia per un debito che non ha mai scelto, e il costo è impressionante. Il suo lavoro e i suoi giorni sono stati già promessi per innalzare palazzi che potrebbero contribuire nulla alla sua formazione, e che potrebbe anche non esserle permesso di usare – palazzi in cui altri lavoreranno per meno di un salario vivibile, a rischio di non avere proprio nessun salario. Questa è la veritò della vita degli studenti, della vita dei lavoratori (spesso la stessa cosa). Questa è la verità della relazione tra loro e i palazzi dell’università agli occhi dei Rettori e dell’Ufficio del Presidente.

Fino a quando le cose staranno così, nessun palazzo sarà al sicuro dall’occupazione. Nessun progetto del capitale ma il progetto di finire il capitale. Ci appelliamo a altre occupazioni, per strappare i nostri edifici e le nostre vite dalla sua stretta.. Ci appelliamo a una università diversa a una società diversa in cui questa università è inserita. Ci appelliamo a una relazione diversa fra vite e edifici. Lo facciamo liberamente. Siamo il potere.

http://anticapitalprojects.wordpress.com

anticapitalprojects@gmail.com






[1] Il ‘capital project’ì è un investimento a lungo termine che richiede grandi somme per acquistare, sviluppare o mantenere un bene capitalizzabile (come un terreno, degli edifici, dighe, strafe etc)

Links Utili:

California, rivolta degli studenti. La polizia sgombera Berkeley

Tasse alle stelle, i giovani protestano e occupano l'ateneo più celebre Il problema delle imposte alte accomuna tutte le università americane




New York - Dicono che non è finita qui, che questo è soltanto l'inizio, che il movimento si è appena svegliato. Ma come? L'aumento delle tasse resta, il 32 per cento in più. E l'università è già stata liberata... "Non tutte le conquiste sono materiali", dice Ianna Owen, 23 anni, "questa volta crediamo davvero di avere smosso la gente".

Questa volta? Dici Berkeley e pensi subito alle rivolte anti-Vietnam che hanno fatto la storia. Da qui partì la protesta studentesca che infiammò il mondo negli anni Sessanta. Da qui partì la rivoluzione di Mario Savio e Art Goldberg. Esattamente 45 anni fa. Un 20 novembre. Si mosse perfino Joan Baez: concerto gratuito e poi in marcia con gli studenti. Migliaia di studenti.

Questo 20 novembre è andata diversamente. I ragazzi giovedì scorso si erano preparati per bene. "Staremo dentro il più a lungo possibile", aveva promesso Andi Walden, 21 anni. Cibi e sacchi a pelo. La polizia è arrivata alle 7 di venerdì mattina. Gli occupanti erano una quarantina. Sono rimasti fino alle 5 del pomeriggio: la polizia ha fatto irruzione, gli studenti sono usciti tra gli applausi della folla. Tre arresti.

No, non è finita. L'aumento delle tasse sta infiammando tutte le università d'America. Il caso californiano è il più eclatante e non solo per quel nome: Berkeley. La California da febbraio a luglio ha tagliato 30 miliardi tra sanità e salute. Il Golden State è condannato a farlo: per far passare nuove tasse ci vuole una maggioranza super dei due terzi. E nel budget delle dieci università statali manca un miliardo di dollari.

"Le nostre mani sono state forzate a farlo", ha detto Mark Yudof, il presidente dell'università della California. "Quando non hai un dollaro, non hai un dollaro". Intanto agli studenti si chiede di scucirne 2.500 in più. Un aumento che porta a 10mila dollari la retta annuale: il triplo di dieci anni fa. Escluso ovviamente vitto e alloggio: che fanno la bellezza di altri 16mila dollari. Ayanna Moody, che frequenta il secondo anno, teme di non farcela: "Ho lavorato così sodo per arrivare in una delle università più prestigiose. E ora che faccio? Tornare indietro sarebbe deprimente: piuttosto perché non tagliano i loro stipendi?".

Neppure il governatore Schwarzenegger sa come uscirne. "È tempo di rivedere tutto il nostro sistema di spesa e di raccolta delle tasse". E intanto? "Intanto gli studenti devono soffrire per un po'". Ma l'invito non è stato accettato. La rivolta ha creato un vero e proprio assedio per tutta la settimana. I ragazzi sono partiti allargando subito la lotta e chiedendo il reintegro di 38 dipendenti sacrificati sull'altare dei tagli. "Fee hike! We strike": tasse alle stelle, e noi scioperiamo. Ma non è un problema solo locale. Almeno 35 sono gli Stati con problemi di budget scolastico. Dalla Florida a New York le tasse sono aumentate del 15 per cento. Michigan e New Mexico tagliano corsi e alzano i contributi. Forse ha ragione Ianna: la protesta è appena cominciata.

Fonte: repubblica.it 22.11.09


venerdì 6 novembre 2009

La follia della guerra

Texas, doveva partire per l'Iraq, spara nella loro base di addestramento: strage tra i soldati: 12 morti e 30 feriti
guerra

Questa volta la tragedia non ha colpito una scuola o un centro commerciale come accade di solito nel paese con più armi in circolazione del mondo, ma una delle più importanti basi militari Usa quella di Fort Hood, in Texas. In questa base vengono addestrati i militari in partenza per le guerre afgana e irachena. Secondo le prime ricostruzioni, uno dei 65 mila militari di stanza alla base non ha retto alla tensione, ha imbracciato le loro armi, e ha cominciato a sparare prima di arrivare a destinazione nei Paesi a cui era destinato e nei quali sparare per uccidere sarebbestato normale.

18822.jpgL'autore della strage, che era stato dato per morto in un primo momento, è il maggiore dell'esercito Malik Nidal Hasan, medico specializzato in psichiatria di origine palestinese.
Un suo parente ha raccontato che il medico aveva lavorato per sei anni all'ospedale militare Walter Reed di Washington, centro specializzato nella riabilitazione dei soldati feriti e colpiti da ''stress post-traumatico'' e solo recentemente era stato destinato all'Iraq. Ma Malik, dice il cugino Nader Hasan, ''Era contrario alla idea di finire in guerra, era il suo incubo, stava facendo tutto il possibile per evitare questa svolta della sua vita, proprio perché aveva ascoltato ogni giorno al Walter Reed i racconti dei soldati rientrati dal fronte e rimasti traumatizzati da ciò che avevano visto''.
Malik, racconta chi lo conosce, aveva orgogliosamente indossato la divisa per quasi venti anni e si considerava ''un patriota'' americano. Aveva studiato con il sostegno finanziario delle forze armate, impegnandosi in cambio a restare per un certo numero di anni in divisa. Ma dall'11 settembre il suo nome arabo e la sua fede islamica gli avevano causato non pochi problemi con i commiiltoni, tanto che recentemente si era rivolto ad un avvocato per capire se avrebbe potuto dismettere la divisa e dare l'addio alle armi.

Maso Notarianni

Tratto da:

giovedì 1 ottobre 2009

We are the Crisis: Occupy California!


Usa: durante il G20 esplode la "bolla" dell'educazione

di Paolo Do

Non è altro che l`inizio! È da Venerdì scorso che decine di studenti e lavoratori della UC di Santa Cruz stanno occupando alcuni locali del proprio campus per protestare contro i tagli ai finanziamenti pubblici e salari, insieme ai vertiginosi aumenti delle tasse universitarie. ‘Non abbiamo altra scelta che occupare, perché la situazione è diventata insostenibile’. Queste sono le prime parole con cui studenti e ricercatori annunciano l`occupazione dell’università di Santa Cruz in California (http://occupyca.wordpress.com/).

Qualche mese fa, parlando del sistema universitario americano, un giornalista del famoso Chronical HE si chiedeva quando la bolla della educazione sarebbe scoppiata. Una domanda retorica se si pensa che nella sola California i pesanti tagli hanno ridotto di quasi 40.000 studenti il numero degli iscritti per l`anno accademico 2010/2011 con un aumento delle tasse fino a 10.300 dollari in più, vale a dire un aumento annuo del 32% (sic!). A questo dobbiamo aggiungere che il debito studentesco è aumentato dell`800% dal 1977 al 2003 solo negli Stati Uniti e quasi i due terzi degli studenti sono di fatto lavoratori a tempo pieno.

Alle cinque del pomeriggio di giovedì scorso, decine di studenti e lavoratori dell`università si sono incontrati al secondo piano della UC Santa Cruz. Bloccate le porte con banchi e mobili vari, la scritta ‘Occupiamo tutto!’ è comparsa sulle pareti del campus.

La solidarietà a questa occupazione e alle loro rivendicazioni è arrivata in un solo giorno fin dalle università di Washington e dagli studenti della NYU, ovvero dall`altra parte degli States.

Gli occupanti domandano al rettore ed ai suoi organi accademici di bloccare i tagli al personale e ai salari, così come l`aumento delle tasse studentesche per coprire un buco di bilancio di 813 milioni di dollari dovuto alla mancanza di fondi pubblici.

Un aumento delle tasse e allo stesso tempo un drastico taglio alle risorse condanna inevitabilmente gli studenti a pagare sempre di più per un servizio sempre più dequalificato. Ricetta, questa, in via di sperimentazione anche negli atenei europei ed italiani in particolare.

Docenti costretti a prendersi un anno di aspettativa, interi dipartimenti dimezzati, aumenti delle tasse universitarie: non è soltanto la crisi del pubblico quella che abbiamo di fronte con la quasi bancarotta della UC, ma di un particolare modello di università, ovvero di quel virtuoso legame che ha reso possibile, per intenderci, esperienze produttive come la Silicon Valley, altrimenti impensabili senza la spina dorsale delle università californiane.

Richiamandosi direttamente alle occupazioni di fabbrica della Chicago Republic Windows and Doors da parte degli operai, dopo che la Bank of America aveva cancellato il finanziamento alla compagnia nel 2008, questa nuova occupazione ad oltranza ci insegna di come sempre più anche lo stesso mondo dei servizi sia legato a doppio filo alla stessa speculazione finanziaria.

Tutt’altro che passata, la crisi sta facendo sentire fino in fondo la sua morsa: dopo aver messo in ginocchio uno stato come la California e la città di Chicago, sta pesantemente investendo le stesse istituzioni universitarie statunitensi sia pubbliche che private.

Dopo le note rassicuranti dei governi seduti al G20 di Pittsburgh e della banca centrale (Fed in testa) che candidamente hanno affermato come il peggio sia ormai passato, gli fa eco oggi il rumoroso slogan degli occupanti della baia di S. Francisco: ‘We are the crisis!’. Noi siamo la crisi!

Tratto da:
UniRiot.org

Links Utili:
http://occupyca.wordpress.com/
http://socialismandorbarbarism.blogspot.com/
http://wewanteverything.wordpress.com/
http://www.edu-factory.org

venerdì 25 settembre 2009

No G20 Pittsburgh

Primi video dalla rete sugli arresti preventivi e le cariche da parte dei reparti speciali (S.W.A.T.) statunitensi.
Arresti e cariche anche all'università di Pittsburgh




venerdì 20 febbraio 2009

Affrontare gli sfratti? Non abbandoni ma occupazioni



Un articolo di Amy Goodman sull’escalation degli sfratti negli USA e su come le famiglie americane di working class cominciano a difendere la casa pubblicato sul San Francisco Chronicle il 4 febbraio ’09.

Marcy Kaptur, dell’Ohio, è la donna con la carriera più longeva nel Congresso degli Stati Uniti. Il distretto a cui appartiene, esteso lungo la costa del lago Eire tra la parte ovest di Cleveland e Toledo, sta affrontando un’epidemia di sfratti e una disoccupazione all’11,5 %. Questa regione del profondo entroterra, la Rust Belt, è stata sconvolta nel profondo dall’Accordo per il Libero Mercato del Nord America (NAFTA), che ha comportato la chiusura delle fabbriche e le lotte delle fattorie a conduzione familiare. La Kaptur ha condotto la battaglia al Congresso contro il NAFTA. Ora, sta caldeggiando una soluzione radicale agli sfratti dall’interno dello stesso Congresso degli Stati Uniti: "Questo dico al popolo americano: siate gli occupanti delle vostre stesse case. Non abbandonatele".
La sua critica è indirizzata al fallimento del piano anti-crisi per salvaguardare dagli sfratti i proprietari delle abitazioni. Il suo consiglio di "occupare" sfrutta in maniera intelligente un tecnicismo legale all’interno del quadro della crisi dei mutui subprime e delle conseguenti ipoteche. Queste ipoteche erano state attuate, poi raccolte in obbligazioni e vendute e rivendute ripetutamente, da quelle stesse banche di Wall Street che ora stanno beneficiando del TARP (il programma di riassestamento dei patrimoni finanziari). Le banche che ipotecano le case molto spesso non sono in grado di individuarne l’attuale contratto di locazione che lega i proprietari al mutuo. “Fatevi dare il contratto”, raccomanda la Kaptur a tutti coloro i quali stanno affrontando le domande di sfratto delle banche.
"Il possesso" afferma la Kaptur, "rappresenta i 9/10 della legge. Per cui, rimanete nelle vostre proprietà. Affidatevi ad un apposito rappresentante legale. Se Wall Street non può produrre gli atti o l’iter di verifica delle ipoteche… non lasciate la vostra casa. E’ il vostro castello. E’ molto più di un pezzo di proprietà… la maggior parte della gente non pensa nemmeno a farsi rappresentare legalmente, poiché riceve un pezzo di carta dalla banca, e dice ‘Oh, è la banca!’ e si impaurisce piuttosto di ragionare: ‘Questo è un contratto legale. L’ipoteca è un contratto. Io ne sono una parte. C’è un’altra parte. Quali sono i miei diritti in base alla legge come detentore di una proprietà?’. “Se osservate quel pezzo di carta, e controllate dove sta l’inghippo, scoprirete che il 95-98% dei contratti fa riferimento a cinque istituzioni: JP Morgan Chase, Bank of America, Wachovia, Citigroup e HSBC. Tengono il paese per il collo.”
La Kaptur raccomanda di contattare la Legal Aid Society del proprio territorio, la Bar Association o l’888-995-4673 per l’assistenza legale.
L’onere di cacciare fisicamente le persone dalle case e di sgomberarne il mobilio ricade solitamente sulle spalle dello Sceriffo locale. La Kaptur condiziona il proprio consiglio di occupare, affermando “Se siamo allo sgombero con la forza, se si è giunti a quel punto, occupare diviene quasi impossibile.” A meno che non sia lo sceriffo stesso a rifiutarsi di attuare lo sgombero, come decise di fare lo Sceriffo Warren C. Evans della contea di Wayne, nel Michigan, dove, insieme alla zona di Detroit, si sono verificati più di 46.000 sfratti negli ultimi due anni.
Dopo aver controllato il TARP, Evans ha stabilito che gli sfratti entravano in conflitto con gli stessi obbiettivi del TARP, tra cui la riduzione dell’esproprio delle case, e che egli stesso avrebbe violato la legge negando alle famiglie sfrattate la possibilità di essere assistiti legalmente a livello federale. Lo stesso Sceriffo ha affermato: “In tutta coscienza, non posso permettere che anche una sola famiglia in più venga cacciata di casa finché non ho appurato che è stata loro concessa ogni opzione legale di cui sono in diritto per evitare lo sfratto.”
Bruce Marks, della Neighborhood Assistance Corp. of America (NACA), la cui sede si trova a Boston, sta intraprendendo la lotta nelle case degli amministratori delegati delle banche. Lo scorso ottobre, quando il salvataggio TARP si stava rivelando un beneficio solo per Wall Street e non per Main Street, la NACA aveva bloccato l’entrata del gigante delle ipoteche Fannie Mae, fino ad ottenere un incontro con la dirigenza. Ora la NACA sta lavorando con la Fannie Mae per il recupero delle ipoteche. Marks sta organizzando un “Tour del predatore”, una tre giorni che si svolgerà nell’intero paese e che andrà letteralmente nelle case degli amministratori delegati delle banche, con l’obbiettivo di ottenere degli incontri con gli stessi amministratori. Mi ha detto: “Questo è ciò che faremo con migliaia di proprietari, andremo nelle case degli amministratori e diremo loro ‘Venite ad incontrare le nostre famiglie, venite a vedere chi state sfrattando’. Se vogliono portarci via la nostra casa, noi andremo a casa loro per dire BASTA.”
Prima dell’insediamento di Barack Obama, Larry Summers, ora a capo del Consiglio Economico Nazionale del presidente, aveva promesso ai capigruppo democratici al Congresso di “implementare politiche efficaci ed aggressive per ridurre il numero degli sfratti preventivi, attraverso la riduzione di pagamento delle ipoteche per quei proprietari di case che si dimostrassero responsabili ma in situazione di difficoltà economica, oltre a riformare le leggi sulla bancarotta e a rinforzare le politiche abitative esistenti.”
Stando ad un rapporto di RealityTrac, “le istanze di sfratto nel 2008 sono state registrate su 2,3 milioni di proprietà negli Stati Uniti, con un incremento dell’81% rispetto al 2007, e addirittura del 225% rispetto al 2006”.Con l’approfondirsi della crisi economica, le persone costrette ad affrontare gli sfratti dovrebbero seguire il consiglio di Marcy Kaptur e dire ai propri banchieri: “Fateci vedere i contratti”.

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!