Viene al ricordo quella scena d'apertura de Le promesse spese, dove un Governo Abbondio incrocia sulla strada dei referendum i bravi di Don Rodrigo Nucleare e dell'Innominata compagnia delle acque.
Cosa comanda? – chiede il governo, alzando gli occhi dai sondaggi – Lei ha intenzione – proseguono i bravi – di maritar a Giugno il referendum dell'acqua con quello del nucleare!
Cioè – risponde Don Abbondio – lor signori sono uomini di mondo, sanno benissimo come vanno queste faccende. Il povero curato non c'entra: voi fate i pasticciacci vostri, e poi.. poi venite da noi come si andrebbe da un banco a riscuotere.. noi, noi siamo i servitori. Si degnino di mettersi ne' i miei panni.. se la cosa dipendesse da me..
Or bene – gli disse il bravo, all'orecchio, ma in tono solenne di comando – questo matrimonio non s'ha da fare, né a Giugno, né mai.
Continua(1) poi il grande romanzo italiano, ricordando che la forza legale non proteggeva in alcun conto l'uomo tranquillo, inoffensivo, e che non avesse altri mezzi di far paura altrui. Non già che mancassero leggi [..] Con tutto ciò [..] L'impunità era organizzata, e aveva radici che le gride non toccavano, o non potevano smovere. Tali eran gli asili, tali i privilegi d'alcune classi, in parte riconosciuti dalla forza legale, in parte tollerati con astioso silenzio, o impugnati con vane proteste, ma sostenuti in fatto e difesi da quelle classi, con attività d'interesse, e con gelosia di puntiglio. Ora, quest'impunità [..] doveva naturalmente, a ogni minaccia, e a ogni insulto, adoperar nuovi sforzi e nuove invenzioni, per conservarsi.
Possiamo ben immaginare che i contorni di ciò che accade siano ancora, più o meno, ben descritti dagli stessi passaggi, addirittura quasi dalle stesse parole. Con la complicazione che alcuni dei personaggi vestono la tonaca ma più che curati sono curatori, sono dei bravi, degli uomini forti de “gli asili ”, de“i privilegi”.
Più o meno in questi contorni possiamo quindi immaginare che si venga ad inscrivere il coup de foudre del governo per garantire che quel matrimonio non si faccia né ora né mai.Cosa comanda? – chiede il governo, alzando gli occhi dai sondaggi – Lei ha intenzione – proseguono i bravi – di maritar a Giugno il referendum dell'acqua con quello del nucleare!
Cioè – risponde Don Abbondio – lor signori sono uomini di mondo, sanno benissimo come vanno queste faccende. Il povero curato non c'entra: voi fate i pasticciacci vostri, e poi.. poi venite da noi come si andrebbe da un banco a riscuotere.. noi, noi siamo i servitori. Si degnino di mettersi ne' i miei panni.. se la cosa dipendesse da me..
Or bene – gli disse il bravo, all'orecchio, ma in tono solenne di comando – questo matrimonio non s'ha da fare, né a Giugno, né mai.
Continua(1) poi il grande romanzo italiano, ricordando che la forza legale non proteggeva in alcun conto l'uomo tranquillo, inoffensivo, e che non avesse altri mezzi di far paura altrui. Non già che mancassero leggi [..] Con tutto ciò [..] L'impunità era organizzata, e aveva radici che le gride non toccavano, o non potevano smovere. Tali eran gli asili, tali i privilegi d'alcune classi, in parte riconosciuti dalla forza legale, in parte tollerati con astioso silenzio, o impugnati con vane proteste, ma sostenuti in fatto e difesi da quelle classi, con attività d'interesse, e con gelosia di puntiglio. Ora, quest'impunità [..] doveva naturalmente, a ogni minaccia, e a ogni insulto, adoperar nuovi sforzi e nuove invenzioni, per conservarsi.
Possiamo ben immaginare che i contorni di ciò che accade siano ancora, più o meno, ben descritti dagli stessi passaggi, addirittura quasi dalle stesse parole. Con la complicazione che alcuni dei personaggi vestono la tonaca ma più che curati sono curatori, sono dei bravi, degli uomini forti de “gli asili ”, de“i privilegi”.
Evidentemente, un referedum, un esercizio di democrazia diretta si configura alla stregua di "ogni minaccia", di "ogni insulto".
Inserendo nel decreto Omnibus una fotocopia dei quesiti referendari il referendum stesso andrebbe a decadere – una volta che la norma nel suo complesso sia approvata, pubblicata sulla Gazzetta, la Cassazione si pronunci in merito e non ci sia un ricorso alla Consulta – perché verrebbero abrogate le norme – e solo quelle – cui esso si riferisce.
A parte, come conferma la Prestigiacomo, Ministro dell'Ambiente, 39 milioni per la ricerca "sul nucleare" che rimangono stanziati per i prossimi 3 anni. Naturalemente fa piacere sapere che mentre le Università stanno chiudendo il Governo continua ad avere a cuore la ricerca, anche se la vede a macchia di leopardo. Infatti, i 39 milioni (13 all'anno, supponiamo) siano comparabili all'intero finanziamento del programma FIRB (Futuro in Ricerca di Base) 2010, che comprende però tutta la ricerca, dalla papirologia egizia alla ricerca sull'energia.
A parte ciò - che si configura verosimilmente come un éscamotage per mantenere vivo il filone della ricerca nucleare (di ENI, si suppone), che ci riesce impossibile non ricordare essere sempre connesso al suo oscuro lato militare - la interpretiamo come un'altra grande vittoria sul nucleare, ma anche come un cavallo di Troia: timeo Danaos, atque dona ferentes.
Infatti, mentre la vittoria del referendum – per la quale prendiamo la mossa del governo come un wikileak, una conferma di alta probabilità – avrebbe un significato politico schiacciante (almeno per altri 23 anni), con questa mossa il governo mantiene aperta ogni strada possibile di un futuro vicino che riconduca verso lo scenario nucleare.
Si abroga il matrimonio ora, ma non si rinnegano di fatto le promesse spese.
Sarebbe bello poter credere a ciò che dichiara Tremonti: “Al fine di acquisire ulteriori evidenze scientifiche [..] sui profili relativi alla sicurezza nucleare [..] non si procede alla definizione e attuazione del programma di localizzazione, realizzazione ed esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare”.
Sarebbe bello, cioè poter credere che si stia prendendo in seria considerazione, fra tanti, almeno lo studio “KiKK” del Governo tedesco (e analoghi indipendenti in Francia) che evidenzia con molta forza che i limiti di radioesposizione imposti per legge non impediscono affatto, ad esempio, che il rischio di leucemia nei bambini di età inferiore ai 5 anni cresca con la vicinanza alle centrali, fino ad essere più del doppio entro i 5km (studio effettuato su tutte le centrali, dal 1980 al 2003).
Del resto, nella dichiarazione programmatica della Icrp (International Commission for Radiological Protection) si legge candidamente:
"La radioprotezione si occupa della protezione degli individui, della loro progenie, e del genere umano nel suo insieme, sempre che ne restino permesse le necessarie attività dalle quali potrebbe risultare esposizione alle radiazioni".
Sarebbe bello poter credere che si stia prendendo in seria considerazione lo scoop con cui Sortir du Nucleair rivelava nel Marzo 2010 che EdF – che dovrebbe costruire almeno 4 degli impianti italiani – ha nascosto una potenziale e non remota possibilità di incidente gravissimo intrinseca del progetto dell'EPR, in alcune condizioni operative, legate alla necessità di aumentare l'efficienza economica del reattore, che introducono la possibilità di adattare dinamicamente la potenza del reattore alla domanda di rete.
Un vizio, quello di omettere, nascondere e depistare, che la accomuna alla TEPCO, che ha una lunga storia di omissioni e falsificazioni.
Un vizio che non è estraneo a nessuna company del nucleare, come è facile aspettarsi da chi deve perdere il minor numero possibile di kWh per garantire la remunerazione di molti miliardi di euro di investimenti.
Sarebbe bello poter credere che veramente si sta prendendo come esempio lo studio (www. kombikraftwerk.de) sulla base del quale il Governo Tedesco sta seriamente pianificando la totale transizione entro 40 anni della produzione di energia elettrica ad un paradigma interamente basato su energia rinnovabili e diffuse, connesse attraverso smartgrids.
Sarebbe bello, ma, poiché chi pensa male spesso ci coglie, ci sentiamo defraudati di tanta bellezza. Nulla è successo, né di antropologico, né di sociale né di politico, nel mezzo tra oggi e il furore nuclearistico appena trascorso secondo il quale a Fukushima c'era stata una fuga di zucchero a velo, che ci porti a prendere sul serio la retromarcia del Governo.
Solo il montare della campagna antinucleare e della conoscenza diffusa, fatta di centinaia di incontri sparsi sui territori, di circolazione di ragionamenti, di notizie, di saperi. Qualcosa che è difficile arrestare, anche investendo 6 milioni di euro per cominciare un sito e una campagna pubblicitaria vergognosamente mendace.
Da questo noi continuiamo, perché la campagna è davvero una campagna per il SI dalla quale discende il NO al nucleare quasi come un corollario inevitabile.
Una campagna per l'energia come bene comune e per il bene comune.
Una cosa, tra quelle che ha detto Tremonti, prendiamo seriamente: “..tenendo conto [..] delle decisioni che saranno assunte a livello di Unione Europea”.
Ed è questo il terreno che si sembra decisivo. Il terreno globale, per cominciare Europeo: per questo rilanciamo con forza l'appello per una mobilitazione a Krsko, il 29 Maggio.
Come né la guerra né il disastro ecologico hanno confini, così la costruzione di un nuovo paradigma dei beni comuni – a cominciare dall'energia che è ciò che è necessario ad ogni attività ed a ogni organizzazione sociale del comune – inizia assumendo come dato costituente e imprescindibile la garanzia di accesso per tutt@ e per le generazioni future, la riproduzione delle condizioni di vita per l'intero ecosistema, la non necessità della guerra e dell'appropiazione: perché volendo immaginare il mondo che desideriamo, vogliamo cominciare a farlo innanzitutto restando umani.
Questa è la nostra campagna, che nulla ha a che vedere con le strategie piccole del governo italiano.
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(1) interessante riportare il passo completo e sovrapporlo alla mappa del presente:
La forza legale non proteggeva in alcun conto l'uomo tranquillo, inoffensivo, e che non avesse altri mezzi di far paura altrui. Non già che mancassero leggi e pene contro le violenze private. Le leggi anzi diluviavano; i delitti erano enumerati, e particolareggiati, con minuta prolissità; le pene, pazzamente esorbitanti e, se non basta, aumentabili, quasi per ogni caso, ad arbitrio del legislatore stesso e di cento esecutori; le procedure, studiate soltanto a liberare il giudice da ogni cosa che potesse essergli d'impedimento a proferire una condanna: gli squarci che abbiam riportati delle gride contro i bravi, ne sono un piccolo, ma fedel saggio. Con tutto ciò, anzi in gran parte a cagion di ciò, quelle gride, ripubblicate e rinforzate di governo in governo, non servivano ad altro che ad attestare ampollosamente l'impotenza de' loro autori; o, se producevan qualche effetto immediato, era principalmente d'aggiunger molte vessazioni a quelle che i pacifici e i deboli già soffrivano da' perturbatori, e d'accrescer le violenze e l'astuzia di questi. L'impunità era organizzata, e aveva radici che le gride non toccavano, o non potevano smovere. Tali eran gli asili, tali i privilegi d'alcune classi, in parte riconosciuti dalla forza legale, in parte tollerati con astioso silenzio, o impugnati con vane proteste, ma sostenuti in fatto e difesi da quelle classi, con attività d'interesse, e con gelosia di puntiglio. Ora, quest'impunità minacciata e insultata, ma non distrutta dalle gride, doveva naturalmente, a ogni minaccia, e a ogni insulto, adoperar nuovi sforzi e nuove invenzioni, per conservarsi. (I promessi sposi, cap. 1)