A Città del Messico più di 60.000 persone alla marcia contro l’imposizione del neopresidente, spari e arresti a Oaxaca.
Per la terza domenica consecutiva dopo la giornata elettorale, i cittadini della capitale hanno fatto loro le strade per manifestare contro l’imposizione del priista Enrique Peña Nieto come presidente della Repubblica e per chiedere che il Tribunale Elettorale del potere Giuridico della Federazione (TEPJF) renda nulle le elezioni del 1° luglio.
Dopo l’appello di diverse organizzazioni che la scorsa settimana avevano partecipato all’Incontro Nazionale a San Salvador Atenco, tra cui #YoSoy132, migliaia di persone hanno preso parte alla marcia denunciando le irregolarità nell’elezione del candidato del PRI e del suo partito, frodi che devono essere tenute in conto nel momento in cui si deve determinare la reale regolarità elettorale.
A mezzogiorno i manifestanti si sono ritrovati con striscioni e cartelli nelle vicinanze della residenza presidenziale di Los Pinos, attraversando poi la città fino ad arrivare allo Zocalo, la piazza principale, al grido di “Peña, entiende, el pueblo no te quiere” (Peña Nieto, lo capisci, il popolo non ti vuole), e
Aquí se ve, aquí se ve que Peña Nieto presidente no va a ser(Ecco qui si vede che Peña Nieto non diventerà presidente): ad ogni tappa il corteo contava sempre più persone, studenti, famiglie con bambini, anziani, pensionati, lavoratori licenziati: tutti con la convinzione che il 1° di luglio Peña Nieto abbia giocato sporco e la sua elezione sia una negazione della democrazia. Tra i manifestanti figuravano anche lo scrittore Paco Ignacio Taibo II, che, preso il microfono, ha invitato il movimento a resistere e a continuare le mobilitazioni, e il capitano dei vigili del fuoco José Porfirio Cortés, che dopo essere stato elogiato per il suo coraggio nel salvataggio di molte persone durante un grave incendio, è stato licenziato insieme ad altri 8 colleghi per aver chiesto un equipaggiamento più adeguato per il loro lavoro.
Machete, paliacate e cappello di paglia: uno degli spezzoni più significativi della marcha è stato sicuramente quello degli appartenenti al Fronte Popolare in Difesa della Terra di Atenco, guidato da Trinidad Ramírez e suo marito Ignacio del Valle, che Peña Nieto avrebbe voluto lasciare in carcere per tutta la vita dopo le giornate di Atenco del 2006. Trinidad spiega: “Abbiamo argomenti più che sufficienti per opporci alla salita al potere di Peña, perché, nel nostro caso, aveva avuto la possibilità di rispondere alle nostre richieste, che erano molto semplici, ma ha optato per la repressione".
Marce contro la imposizione si sono svolte in altre 30 città del paese, come Guanajuato, Acapulco, Leon, Cuernavaca, San Cristobal e Morelia.
A Oaxaca la manifestazione si è conclusa con l’arresto di 25 giovani (studenti, giornalisti indipendenti e attivisti), tra cui il portavoce del collettivo VOCAL, David Venegas. Dopo un semplice volantinaggio all’interno del supermercato Soriana, la polizia ha reagito sparando alcuni colpi di arma da fuoco e gas lacrimogeni, picchiando e incarcerando i manifestanti e minacciando di violenza sessuale le donne arrestate. Durante l’interrogatorio alcuni hanno ricevuto scosse elettriche.
Grazie all’intervento di gruppi di supporto e avvocati, dopo diverse ore sono stati liberati i primi manifestanti, che all’uscita hanno denunciato le violenze subite.