Il primo dicembre,
giornata di insediamento come Presidente di Enrique Pena Nieto a Città
del Messico e in altre città del paese si è fatta sentire la protesta
contro un presidente che tanti ritengono illegittimo. A Città del
Messico le cariche sono state molto dure contro i manifestanti.
di Giovanna Gasaparello dal Messico.
Più di cento arresti e decine di feriti: con questo drammatico bilancio
inizia il governo di Enrique Peña Nieto e del Partido Revolucionario
Institucional. Le immagini degli scontri di piazza, dove all’ira
dei manifestanti l’enorme spiegamento di polizia in assetto
antisommossa ha risposto con una violenza estrema (lancio di
lacrimogeni al gas CS e pallottole di gomma, uso di idranti, etc),
rimanda alle manifestazioni nostrane di Genova 2001, o Roma 2011.
D’altro canto, ciò che è successo ieri per le strade del centro
di Città del Messico ma anche all’esterno della Fiera
Internazionale del Libro di Guadalajara (dove sono stati 20 i feriti
tra i manifestanti) era chiaramente prevedibile: da una settimana le
vicinanze del Parlamento, dove si è svolta la prima parte della
cerimonia ufficiale, erano state blindate e rese inaccessibili anche
agli abitanti: altissime transenne metalliche e uno spiegamento
permanente di polizia aveva trasformato l’intero quartiere in una
vera e propria zona
rossa.
Nonostante le reiterate proteste dei manifestanti e dei partiti di
opposizione, l’assedio è stato mantenuto per tutta la settimana
fino al giorno cruciale. La gestione sanguinaria dell’ordine
pubblico non rappresenta un cattivo inizio, ma piuttosto una pessima
continuazione nell’esercizio del governo da parte di Enrique Peña
Nieto: non dimentichiamo che era lui al governo dello Stato del
Messico, e dunque l’autorità direttamente responsabile, quando nel
2006 la manifestazione del Frente de Los Pueblos en Defensa de la
Tierra e degli abitanti di San Salvador Atenco fu duramente repressa,
causando due giorni di scontri nella cittadina, due giovani
manifestanti uccisi e decine di arrestati che passarono diversi anni
in carcere prima di venire liberati con un verdetto di Cassazione.
Dopo l’arresto, decine di donne arrestate furono violentate nei
furgoni cellulari e nelle caserme di polizia. Al rispetto, l’allora
governatore ed attuale presidente del Messico, non ha mai
riconosciuto le efferate violazioni ai diritti umani commesse dalla
polizia; e, a testa alta, inizia un nuovo governo che certo non
promette proprio niente di buono.
Ricordiamo
che le elezioni dello scorso luglio erano state macchiate da
evidentissimi brogli: corruzione, voti comperati, etc. Il nuovo
presidente ha dunque preso il potere con fortissime accuse di
illegittimità e tra lo scontento di grandi fasce della popolazione:
la sinistra parlamentare (in particolare quella riunita attorno
all’ex-candidato Andrès Manuel Lopez Obrador ed al suo Movimiento
de Regeneracion Nacional), i moltissimi sostenitori del Movimento Yo
Soy 132 (nato nelle università ma poi ampliatosi a molte altre
realtà, prima delle elezioni ha svolto un’importante funzione nel
denunciare il ruolo dei mass-media e nella manipolazione politica
dell’opinione pubblica e nel rimettere sul piano del dibattito la
questione della democrazia), ma anche i sindacati dei maestri, i
collettivi studenteschi, e molte altre diverse realtà organizzative
che erano per le strade di Città del Messico il 1 dicembre, giunti
da diverse parti del paese. Non solo nella capitale, ma in moltissime
città del Messico la gente ha risposto all’appello lanciato
principalmente da Yo Soy 132 e Morena, scendendo in piazza perlopiù
in modo pacifico.
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