martedì 3 febbraio 2009

Nicaragua - "Viviamo con decine di migliaia di prodotti chimici di cui non conosciamo gli effetti"


Salvador López Arnal intervista Vicent Boix Bornay, autore del "Parque de las hamacas"

Alcuni mesi fa è stato pubblicato un libro molto prezioso frutto di anni di lavoro non solo teorico. Si tratta del "Parco delle amache: il chimico che ha colpito i poveri". Il suo autore è l’attivista sociale Vicent Boix Bornay, il quale a partire dal suo primo viaggio in Nicaragua nel 2001 ha seguito molto da vicino gli effetti, molte volte negativi, dei prodotti chimici utilizzati nella produzione di frutta nella regione centroamericana. Per decadi, compagnie multinazionali dalle quali si riforniscono le attività commerciali che ci circondano, hanno sfruttato, schiavizzato ed avvelenato, in molte occasioni impunemente, i lavoratori e le lavoratrici dell’America Latina.


I temi denunciati nel "Parque de las hamacas" -http://www.elparquedelashamacas.org- ed altri attinenti ad essi sono stati gli argomenti centrali della nostra conversazione.


-Possiamo iniziare parlando di parole e libri. Da dove ha preso il titolo del suo più recente libro? Di che parco si tratta?

Il parco in questione è quello ubicato di fronte alla Asamblea Nacional del Nicaragua. Anni fa, le persone ammalate a causa dell’agrochimico Dbcp hanno fatto alcune marce di protesta partendo dalle loro case -situate nella maggior parte dei casi nel dipartimento di Chinandega- fino alla capitale Managua. Dopo aver percorso circa 150 km si sono sistemati in questo parco dove hanno costruito le loro tende ed hanno appeso le loro amache. Cercavano in questo modo di far pressione sulla classe politica locale, mettendosi davanti ai loro nasi, con l’obiettivo di ottenere risposte per ciò che chiedevano. La permanenza durava settimane e di fronte alla forza di volontà degli ammalati, le autorità dovevano reagire. In numerose occasioni, questo peculiare accampamento ha permesso sostanziali passi in avanti, riuscendo ad affrontare a viso aperto le multinazionali che hanno fabbricato ed usato questo prodotto. Per me, "Il parco delle amache", è l’icona internazionale della lotta dei lavoratori affetti dalle malattie causate dall’agrochimico Dbcp. Per questo il titolo è un omaggio a tutti loro e si riferisce ad un posto dove confluisce la tragedia del passato, la lotta del presente e la speranza del futuro.
-Il sottotitolo parla di un chimico che ha colpito i poveri. Di che prodotto chimico si tratta? Perché limita i suoi effetti solo alle persone povere? Lei dice che si tratta della cronaca di una tragedia annunciata. Annunciata da chi?

Il prodotto si chiama Dibromo Cloropropano (DBCP). Combatteva parassiti chiamati nematodi che colpivano molte coltivazioni. Dalle stesse prove di laboratorio sono stati scoperti i suoi effetti tossici, ma nonostante ciò è stato approvato negli Stati Uniti e le multinazionali l’hanno prodotto ed utilizzato. Per questo motivo parlo di una tragedia annunciata, benché taciuta. È stato usato in circa 15 paesi, principalmente del Sud, ma anche in nazioni del nord come gli Usa e la Spagna (Isole Canarie). Fondamentalmente è stato applicato nelle coltivazioni di banane e come regola generale, chi ci lavorava erano persone di scarse risorse economiche, sottomesse a condizioni lavorative penose.
-Nei ringraziamenti sorprende il fatto che da una parte esprime riconoscimento per quelle imprese implicate nel caso che gentilmente hanno dato la loro versione dei fatti, mentre dall’altra fa notare la mancanza di collaborazione di persone legate a questa lotta, includendo anche altrimondisti e politici imborghesiti nelle loro poltrone. A che cosa si riferisce concretamente? Sono stati davvero così gentili con lei? E quando parla degli altrimondisti, di che cosa si lamenta concretamente? Non ha ricevuto il loro sostegno, le hanno negato informazioni, non l’hanno presa in considerazione?

Alcune multinazionali, non tutte, mi hanno dato la loro versione dei fatti. Tuttavia, ho cercato di contattare persone collegate ai gruppi di ammalati, formazioni politiche di sinistra ed organizzazioni sociali di diversa indole, che avrebbero potuto arricchire l’indagine, ma non mi hanno nemmeno risposto o in alcuni casi il contatto è stato improduttivo. Non conviene comunque generalizzare, poiché questi casi sono stati pochi, mentre in generale le risposte avute sono state positive.
Parliamo un po’ del Dbcp. Quando si è saputo che il contatto con l’essere umano produceva gravi danni alla salute?

Già nel 1958 durante esami di laboratorio fatti dalle multinazionali si menzionavano effetti negativi sulle cavie. Nel 1961 si è pubblicato il primo studio in una rivista scientifica che venne firmato da alcuni autori che avevano realizzato le prove per conto delle imprese produttrici (Shell e Dow Chemical). Fu uno studio molto discusso in quanto le concentrazioni massime di esposizione raccomandate dagli scienziati, con gli anni, risultarono essere molto alte e pericolose per l’umano. Cioè, è esistita una certa arbitrarietà. Dopo una serie di discussioni tra le multinazionali e le autorità nordamericane, il Dbcp venne approvato nel 1964. Nonostante ciò, nel 1977 esplose lo scandalo e negli Stati Uniti si scoprì che decine di persone erano rimaste sterili dopo essere venute in contatto con l’agrotossico nelle fabbriche chimiche.
-E si smise di produrlo e di distribuirlo, come segnalano alcune delle imprese implicate, nel momento in cui si venne a conoscenza degli effetti?

Curiosamente, tra lo scandalo del 1977 e la proibizione totale passarono due anni. Il prodotto chimico si continuò ad utilizzare mentre si realizzavano ulteriori esami di laboratorio ed indagini. In quello periodo, fino al 1979, alcune imprese chimiche annunciarono la sospensione della produzione benché continuassero a vendere lo stock, ed altre, al contrario, decisero di continuare la fabbricazione del prodotto. Per quello che riguarda le multinazionali agroesportatrici, esistono prove documentate che dimostrano come almeno la Dole Food continuò ad essere molto interessata al Dbcp dopo lo scandalo del 1977, tanto che lo continuò a usare nei paesi del sud. E se facciamo riferimento ai documenti giornalistici che ho potuto trovare, il Dbcp venne applicato nel sud durante il 1980, 1983, 1986, 1991, fino al 1997.
-Quando si è proibito nei paesi centroamericani? Non è stato poco dopo aver saputo dei suoi effetti nocivi?

Dipende dagli Stati. Il Costa Rica scoprì il problema quasi in contemporanea con gli Usa e lo proibì nel 1979 dopo aver scoperto un alto grado di sterilità tra i lavoratori delle bananeras. Il Nicaragua lo fece ad esempio nel 1993 e Panama nel 1997. Purtroppo ancora oggi si applicano prodotti chimici in certi posti, mentre sono proibiti nei paesi dove vengono prodotti. Si vede che non interessa che certa informazione fluisca e quando si riesce a diffonderla esistono altri meccanismi per tollerare l’uso di certi prodotti. Gli interessi economici di alcuni vengono prima di tutto. Questo fatto si estende ad altri ambiti: per esempio in Spagna si tollera la coltivazione del mais transgenico MON-810, mentre in Francia è completamente proibita a causa dei rischi.
-Inoltre non sembra che qui vigesse il principio di precauzione. Come è possibile che nell’agroindustria si usi massicciamente un prodotto chimico senza conoscere bene gli effetti sui lavoratori?

C’è chiaramente collusione della classe politica che permette che le imprese presentino i loro studi. Come è logico, una compagnia non investe capitale in studi per progettare un prodotto che dopo può essere proibito. Questo è quello che è successo col Dbcp e disgraziatamente succede ancora oggi. In alcune interviste e presentazioni ho risaltato che in questo senso non abbiamo imparato nulla dalla storia del Dbcp. Non si applica il principio di precauzione. Anche oggi continuano ad essere le imprese che presentano le loro monografie sui rischi di un prodotto, sulla tecnologia, sull’industria, etc. Evidentemente sono favorevoli ai loro interessi, benché debbano nascondere prove e tergiversare la realtà, come qualche volta è stato denunciato. Chiaro, i politici sono consenzienti e per quanto protesti non si ottiene niente. Ci sono molti casi. Viviamo con decine di migliaia di prodotti chimici dei quali non si conoscono con certezza gli effetti. Tecnologie come la telefonia mobile o i transgenici sono ampiamente estese nonostante si ignorino i loro rischi a lungo termine. In Spagna ci sono molte infrastrutture o industrie inquinanti che vengono permesse in base ad uno Studio di Impatto Ambientale che è finanziato dalla stessa impresa. Io ho guardato alcuni di questi studi ed offrono tesi e dati surreali, vergognosi e manipolati. Tuttavia, per i politici questi studi sono sacri ed i meccanismi di partecipazione pubblica stipulati sono ossidati e sterili. A questo bisogna aggiungere il ruolo di alcuni scienziati e centri di investigazione che sono sovvenzionati dall’impresa privata. Che cosa ci possiamo aspettare? Nel caso Dbcp, lo studio del 1961 venne finanziato dall’impresa Shell. Non è strano che successivamente sono stati scoperti dati arbitrari?
-Per caso non conta la salute della gente nei conti che fanno le imprese? In quali paesi si sono diffuse le malattie? Ci sono cifre concrete? Può descriverci qualche caso concreto che conosce per sapere di che cosa stiamo parlando esattamente? Evidentemente per loro la salute delle persone è un tema secondario. Pensano solo al verde dei dollari. Il Dbcp è stato applicato in circa 15 paesi, soprattutto in America Centrale e nei Caraibi, benché si conoscono casi anche in Africa ed Asia. Se guardiamo i dati presentati di organizzazioni sociali e la stampa locale, la cifra di ammalati potrebbe essere di circa 60 mila in tutto il mondo. Negli Usa si utilizzò in più di 35 tipi diversi di coltivazioni, ma nel resto dei paesi venne applicato nelle bananeras. Esistono le prove che venne usato nelle Isole Canarie, ma non si trovano informazioni. Tenendo conto dei problemi causati in America Centrale, le autorità, i sindacati, i gruppi ecologista ed altri collettivi sociali delle Canarie dovrebbero intraprendere un’ampia investigazione per determinare se ci sono ammalati e se ci sono ancora tracce dei Dbcp. Come mi ha detto una volta un avvocato statunitense che segue il caso, se nelle Canarie si è fumigato il Dbcp a vasta scala, è molto probabile che esistano ammalati. Io ho conosciuto molti ammalati in Nicaragua. Per il momento, sugli umani, la scienza riconosce solo che il Dbcp causa la sterilità ed agisce sul DNA. Sugli animali la lista di malattie è interminabile; tra di esse, vari tipi di cancro. Come hanno affermato alcuni scienziati, è questione di tempo il poter vincolare il cancro nell’essere umano al Dbcp.
-Conosce qualche caso simile che riguarda altri prodotti chimici usati nell’agricoltura?

Ci sono molti agrochimici pericolosi che si usano in molti paesi. Come dicevo prima, in alcuni si proibisce, mentre in altri si usano. Poche volte gli ammalati si uniscono per intraprendere azioni di diversa indole. Tuttavia, in Nicaragua esiste un caso simile. Sono gli ammalati di Insufficienza Renale Cronaca, Irc, delle piantagioni di canna da zucchero della famiglia Pellas. In questo caso si registrano più di duemila morti e benché non si sappia con sicurezza, gli ammalati dicono che la Irc dipende dai prodotti chimici che utilizzano nelle piantagioni di canna. L’Argentina è il secondo paese al mondo per la coltivazione di transgenici. La metà della sua superficie coltivabile è seminata con soia transgenica RR, che richiede forti quantità di erbicida glifosato. Sono stati riscontrati casi di persone ammalate a causa di questo prodotto e recentemente un tribunale ha addirittura proibito la fumigazione nelle vicinanze di un quartiere della città di Cordoba, poiché c’era un’alta percentuale di persone ammalate.
-Augusta Zamora, l’ambasciatore, il colto ed ammirabile ambasciatore del Nicaragua in Spagna, afferma nel prologo del libro che le multinazionali svolgono sempre lo stesso ruolo e che per loro i lavoratori del cosiddetto Terzo Mondo sono poco più che carne da macello. Scimmie, dice, "addestrate per il lavoro che viene chiesto loro e senza nessun diritto". Non le sembra che esageri un po’ il signore ambasciatore? Creda anche lei che sia così?

Il Sig. Zamora ha ragione e non credo che esageri. Lo stesso caso del Dbcp mette a nudo la morale di queste imprese. Ce n’è stata una, la Occidental, che ha addirittura calcolato i possibili costi di una eventuale futura denuncia, per vedere se comunque sarebbe stata redditizia la vendita del Dbcp. Anche di questi tempi ci sono casi gravissimi. Senza uscire dal settore delle multinazionali agroesportatrici, alcuni mesi fa la Chiquita è stata condannata per la vendita di armi ai paramilitari di estrema destra colombiani Che cosa potranno mai pensare delle popolazioni questi dirigenti che prendono queste decisioni dai loro uffici?
-Parlando del Nicaragua, il paese sandinista è stato uno dei principali paesi colpiti dall’uso di questo prodotto. Qual è stato l’atteggiamento del primo governo sandinista? Qual è l’atteggiamento dell’attuale governo del Fsln? Hanno sostenuto le richieste dei lavoratori, li hanno aiutati nella loro lotta?

È un tema molto contraddittorio perché è stato politicizzato. In realtà, l’attualità politica in Nicaragua è molto tesa. Tutto sembra indicare che il Fsln sia vittima di un’operazione di destabilizzazione da parte degli Usa e dell’Ue che ha avuto il suo culmine durante le elezioni municipali di novembre. Dico questo perché purtroppo ci sono gruppi di ammalati sandinisti ed altri che non lo sono. Le notizie sul comportamento del governo del Fsln differiscono radicalmente secondo la tendenza politica della fonte. Il gruppo più forte degli ammalati, quello più numeroso, perspicace, rivendicativo e che è stato protagonista delle azioni più spettacolari in questa lotta; il gruppo che dà il nome al mio libro, si scontra da anni con il Fsln. Ora la sua forza si è sgonfiata e si sono perfino avvicinati sospettosamente ad una multinazionale. Tuttavia, negli anni di massima attività hanno accaparrato l’interesse della stampa ed hanno denunciato molte decisioni del Fsln. Per questo motivo il libro è critico col sandinismo ed effettivamente avrebbero potuto fare molte più cose, come ad esempio trasformare la questione del Dbcp in una causa nazionale e dare maggior sostegno agli ammalati. A suo favore posso dire che hanno contribuito a creare un clima di maggiore calma negli due ultimi anni e questo permette agli avvocati di lavorare con maggiore tranquillità. Con la destra al potere, l’ingerenza delle imprese è stata sfacciata e questo ha consumato energia e tempo alle associazioni degli ammalati ed ai loro avvocati.
-Lei attacca la rivoluzione verde, che sebbene afferma non sia il motivo principale della crisi mondiale dell’agricoltura tradizionale, contribuisce ad essa per aver "soggiogato ed ammanettato il contadino". Che tipo di agricoltura propugna? Che tipo di agricoltura tradizionale sarebbe per lei più ragionevole e desiderabile? Un’agricoltura che garantisca la sovranità e sicurezza alimentare. Che sia rispettosa dell’ambiente. Che dia vita alla campagna e che crei lavoro ed illusione. Che sia nelle mani dei contadini e che non sacrifichi la produzione di alimenti a favore degli agrocombustibili e delle altre coltivazioni per l’esportazione. Che non sia dominata, né maneggiata da speculatori, proprietari terrieri, supermercati, catene di distribuzione, aristocratici, monarchi, investitori, multinazionali, od altri approfittatori di questo genere.
-Sembra fidarsi poco dell’uso delle tecniche scientifiche nell’agricoltura. Pensa che la scienza, che a volte chiama "scienza privatizzata", sia un alleato del capitale e che si debba sperare poco in essa da parte dei contadini poveri e delle finalità ecologista?

La scienza ha ottenuto ed otterrà progressi vitali, di utilità pubblica e sostenibili. Sono a favore di questa scienza. Ma non di quella che lavora per il capitale, con l’obiettivo di ottenere grandi guadagni senza prendere in considerazione altri fattori. Dal punto di vista dei contadini, la scienza ha poco da offrire per superare l’attuale agonia in cui versano. C’è bisogno di altre misure (...).
-(...) Mi lasci fare un po’ l’avvocato dal diavolo. Lei segnala che "il mercato determina se un’applicazione tecnologica è o non è appropriata, indipendentemente dalla sua importanza e dalle sue conseguenze per la società e l’ambiente". Lei quindi parla contro il mercato, ma non contro la scienza, né il sapere scientifico-tecnologico.

È così. I progressi scientifici sono e sono stati molto importanti. Il problema è che la scienza, sempre di più, resta in mani private e molte tecnologie servono a perpetuare modelli che beneficiano solo poche persone. Dei transgenici, per esempio, anni fa si diceva che potevano essere la soluzione di fronte all’agonia economica del piccolo agricoltore. È una bugia enorme. Il problema dell’agricoltura deriva dall’applicazione dei postulati neoliberisti. Parliamo dunque di fattori economici, politici e commerciali. Pertanto, le soluzioni devono essere strutturali e la scienza in questo caso ha poco da dire.
-Per concludere, che lezioni dobbiamo trarre da questa storia che racconta?

Ogni lettore potrà trarre varie conclusioni in base ai suoi interessi e conoscenze. Il Dbcp è come un manuale, una specie di guida per altre lotte che sono sparse in tutto il mondo. Durante l’era del "repubblicanismo bananiero", le imprese agroesportatrici hanno configurato i paesi a loro piacimento. Ora, alcune decadi dopo, sei operai delle loro vecchie piantagioni hanno vinto un processo a casa loro. Qualcosa sta cambiando. Il libro vuole anche mostrare quali sono state e continuano ad essere le relazioni nord-sud. C’è chi crede che le multinazionali ed i loro investimenti creino lavoro e futuro. Molte volte è falso ed il caso del Dbcp è un esempio tra i molti che ci sono. Per esempio, attualmente imprese spagnole come Unión Fenosa, Repsol, Endesa, etc. sono state segnalate molte volte per i loro reati commessi in Stati dell’America Latina. "Il parco delle amache" è una critica all’attuale modello agroesportatore che si basa sul neoliberismo. Attraverso la truculenta storia del Dbcp, il lettore potrà apprezzare la mancanza di protezione nei confronti della cittadinanza. Mancanza che è esistita ed esiste tutt’ora quando ci sono prodotti e tecnologie pericolose in mano a grandi interessi economici.
-Le imprese hanno dimostrato l’intenzione di voler riparare il danno commesso? Le imprese non hanno mostrato nessun interesse per i lavoratori, né hanno dimostrato la volontà di porre rimedio al danno commesso. Al contrario, hanno prolungato i processi cercando di mantenere l’impunità. In numerose occasioni hanno dato dei bugiardi agli ammalati ed hanno addirittura negato i rischi che la scienza attribuisce al Dbcp. Credo che questo atteggiamento ostile dipenda dalla gran quantità di ammalati che esistono. Una risposta positiva delle compagnie spingerebbe altre migliaia di persone a chiedere giustizia. A livello di immagine, un accordo giusto ed amichevole coi lavoratori sarebbe come riconoscere la torbidezza dei loro affari e una cattiva gestione a livello sociale ed ambientale. Più in generale, una multinazionale di questo tipo non può dare segnali di resa o mostrare sentimenti nei confronti di un collettivo umano. Deve mantenere quell’immagine potente, distante, crudele, intoccabile ed invincibile, che faccia capire a tutti che una lotta contro di lei sarebbe lunga, dura e piena di ostacoli spiacevoli per l’audace o gli audaci che volessero iniziarla.
© (Traduzione Giorgio Trucchi - Lista Informativa "Nicaragua y más" di Associazione Italia-Nicaragua www.itanica.org )

lunedì 2 febbraio 2009

Nuovo video del FPDT sui prigionieri politici di Atenco


Blog del Frente de Pueblos en Defensa de la Tierra

Nonostante un accordo fra i venditori di fiori e il governo statale, il governo ha realizzato unintervento fra i più violenti della storia del Messico.
Questo video vi invita a sostenere la campagna per la libertà dei nostri compagni prigionieri politici arrestati per i fatti del 3 e 4 maggio 2006 nell’operativo poliziesco ordinato dai governi federale e statale del Messico, quando il Frente de Pueblos en Defensa de la Tierra - Atenco esprimeva solidarietà con i fioristi di Texoco per la difesa del loro diritto al lavoro.
La repressione è stata la più violenta del Messico, lasciando morti, incarcerati e perseguiti.
In ogni caso la coscienza e la dignità continuano decise a difendere quello che è nostro ... Tierra y Libertà, che quotidianamente sono minacciate dagli interessi economici come la ripresa del progetto dell’aeroporto a Texoco.
Guarda il video
Blog del Frente de Pueblos en Defensa de la Tierra
vedi anche:
Condannati a 67 anni i portavoce della protesta di Salvador Atenco
Alcune riflessioni a un anno dal dolore chiamato Atenco
Resoconto dell’operativo del 3 e 4 maggio 2006

domenica 1 febbraio 2009

4° dia - Conclusione del XIII Encontro Nacional do MST


Si é conclusa con una grande Assemblea Pubblica la festa per i 25 anni del MST, a cui hanno partecipato oltre ai dirigenti del movimento, militanti e invitati internazionali, anche molte personalitá pubbliche brasiliane: artisti, scrittori, giornalisti, governatori di Stato, politici locali, amici e collaboratori provenienti da tutto il paese.
Le quattro giornate di Incontro Nazionale sono state caratterizzate, oltre che da dibattiti e discussioni, anche da un clima di festa e di intenso lavoro da párte degli organizzatori.
Ci sono stati molti momenti estremamente emozionanti, tra i quali la serata in ricordo della Rivoluzione Cubana e Nicaraguense, e quella in cui sono stati consegnati 16 premi a compagni e compagne (avvocati, membri di altri movimenti, personalitá di spicco del panorama brasiliano,..) che con il loro esempio e il loro lavoro hanno contribuito e contribuiscono alla lotta per il cambiamento della societá brasiliana.
Anche gli ospiti internazionali, tra cui l’Associazione Ya Basta!, il Comitato MST/Italia e Mani Tese, hanno ricevuto un omaggio del Moivimento, per l’appoggio alla loro lotta quotidiana.
( fotogallery del XIII Encontro Nacional )

FSM deve passare dalle parole all’azione di fronte alla situazione dei popoli indigeni



Aldo Arnao Franco - CONACAMI / Minga Informativa
L’esperto di tematiche indigene, Rodrigo Montoya Rojas, ha fatto notare che il Social Forum Mondiale deve tradurre in azioni concrete l’ interesse di collocare il tema indigeno come uno dei temi centrali dell’incontro che si realizza a Belem do Parà, Brasile.
Rojas Montoya ha detto che sarebbe un modo per dare il credito e il posto che meritano gli indigeni, visto che adesso la classe politica dei paesi della nostra regione gli volta le spalle.
Ha aggiunto che una prova di questo si è potuta vivere durante il Vertice dei Popoli realizzato nel maggio del 2008 in Perù, e continuiamo a viverla nei processi elettorali dove le vecchie forze dello Stato-Nazione si riuniscono per decidere le candidature lasciando da parte le proposte degli indigeni.
Montoya ha detto che questa posizione dei partiti politici nell’America indigena si deve al fatto che nella loro maggioranza i partiti politici sono molto vecchi, hanno una struttura antica, e per questo gli costa fatica assimilare il nuovo.
Per questo ha aggiunto che l’impatto che cercano gli indigeni non deve essere rivolto ai partiti di sinistra, ma ai giovani che oggi cercano di trovare una spiegazione a quello che sta succedendo in paesi come Ecuador e Bolivia dove oggi possono contare su nuove Costituzioni Politiche.
"La presenza organizzata di questi popoli alimenterà questo nuovo canale e da questo canale si può sperare in una nuova leadership. Non mi aspetto dai vecchi leader politici una trasformazione abbastanza grande per cambiare l’orizzonte politico dei nostri paesi".
La sfida dei popoli indigeni
Per Rodrigo Montoya, la grande sfida dei popoli indigeni è l’accettazione della proposta di costruire Stati Plurinazionali, che deve essere intesa come un ideale politico. Anche se, ha detto che questa proposta degli Stati Plurinazionali crea enormi difficoltà nelle classi politiche presenti negli Stati Nazione, perché mette in discussione le basi stesse del sistema politico.
"Siamo di fronte a repubbliche che furono create come una Nazione, uno Stato, una società, una lingua, un Dio, una visione uni-culturale, uni-nazionale delle cose; per questo chi dal bordo della realtà politica propone uno stato plurinazionale ottiene una ripercussione molto grave e pericolosa dalla classe politica", ha osservato.
Ha poi ha aggiunto che, in Perù c’è un dibattito aperto, ma che non ci sono le condizioni minime per capire il concetto di autonomia, ragione per cui viene respinta, e ovviamente l’idea di uno Stato plurinazionale non viene presa in considerazione.
Ha spiegato che questo si deve alla resistenza a cambiare la concezione dell’idea di uno Stato uni-nazionale a uno plurinazionale, dove le voci, le culture e i popoli sono riconosciuti nelle loro realtà nelle loro differenze e allo stesso tempo nella loro corrispondenza con il resto del paese.
Tuttavia, ha assicurato che siamo ancora lontani da realizzare che nei paesi di tutta l’America si arrivi a questa importante conquista, tenendo presente che molti paesi si trovano in una tappa iniziale del processo. "L’idea sta iniziando a prendere forza e vedremo chi accetterà questa sfida e chi inizierà a rivedere i piani politici nelle proprie nazioni".
Dall’alto lato, specifica che ora i movimenti, i gruppi indigeni sembrano voci isolate e senza forza sufficiente per incidere nel dibattito, per questo sostiene che nell’immediato è necessario arrivare ai settori intellettuali e ai giovani politici, che possono prendere a fare proprie le proposte degli indigeni, che devono essere considerati come parte del futuro.
Traduzione di Elvira Corona

La metafora dell’Amazzonia. Dalla crisi globale alla crisi ambientale, alla crisi di civiltà.


di Luis Hernández Navarro - La Jornada (pubblicato su Carta)

Il dibattito sulla sorte della foresta evidenzia le differenze tra movimenti e governi in America latina. Questo articolo è stato pubblicato da La Jornada di Città del Messico giovedì 29 gennaio: Luis Hernandez Navarro è l’inviato al Fsm del quotidiano messicano.
Dalla crisi globale alla crisi ambientale, alla crisi di civiltà. L’Amazzonia come esempio vivo e scottante del livello raggiunto dalla distruzione dell’ambiente. E’ stata questa la questione centrale di oggi all’ottavo Forum sociale mondiale. In diversi tavoli di lavoro si è andati elaborando una diagnosi: l’Amazzonia è lo scenario di una doppia domanda. La prima coinvolge movimenti ambientalisti di tutto il mondo che lottano per la preservazione della foresta, con i governi della regione che rivendicano la loro sovranità. La seconda mette di fronte i popoli indigeni e i contadini che vivono nel territorio, e giganteschi progetti stradali e energetici promossi da quegli stessi governi. Dietro queste questioni si trovano sia le differenze e contraddizioni esistenti tra movimenti popolati e governi progressisti dell’America latina, sia la disputa per un altro modello di sviluppo o di civiltà.
L’Amazzonia è una metafora dei dilemma che attraversano la sinistra, dilemmi grandi quanto la stessa regione. L’America latina è cresciuta negli ultimi anni esportando materie prime. I governi progressisti hanno intercettato risorse straordinarie per i loro programmi favorendo lo sfruttamento petrolifero, minerario e forestale, dando anche facilitazioni alla produzione estensiva di soia, Ma l’espansione di queste attività ha provocato forti conflitti con comunità indigene e contadini.
Il Rio delle Amazzoni è il fiume più lungo e ricco del pianeta. Insieme con il Canada è la maggiore riserva di acqua dolce del pianeta. Nasce sulle Ande del sud del Perù e sbocca nell’oceano Atlantico. Ha più di mille fiumi tributari di una certa importanza. Attorno al fiume cresce la maggiore selva tropicale del pianeta, estesa su 5,5 milioni di chilometri quadrati in Brasile [60 per cento], Bolivia, Colombia, Ecuador, Guyana, Perù, Surinam, Venezuela e Guyana francese. La ricchezza della sua biodiversità è complessa ed esplosiva, ma il suo equilibrio è molto fragile: in parte della foresta lo strato di humus non oltrepassa i 30 o o40 centimetri.
La pressione privata su questa terra e queste risorse naturali è enorme. Si cerca di costruire grandi dighe idroelettriche, espandere l’estrazione mineraria e l’agro-business, seminare soia e ingrassare bovini. Secondo il Coordinamento delle organizzazioni indigene dell’Amazzonia brasiliana [Coiab], «l’Amazzonia ha perduto negli ultimi trent’anni 80 milioni di ettari di foresta a causa di attività di sviluppo non durevole». Il rischio che la foresta si trasformi in una savana, in modo irreversibile, è reale.
L’umanità intera deve essere preoccupata per l’Amazzonia, dice il teologo Leonardo Boff, secondo il quale «il Forum mondiale deve fare pressione sul governo brasiliano perché elabori una politica chiara, esplicita e oggettiva per conservarla. Non lo ha fatto. Ci sono politiche occasionali per risolvere conflitti sulla terra e impedire lo smantellamento di alcune zone, ma non molto di più». Secondo Boff, l‘Amazzonia è il banco di prova del nuovo paradigma di civiltà che occorre costruire, basato su una diminuzione dei livelli di consumo. Bisogna ridurre, riciclare e riutilizzare, dice.
Le voci che nel Forum mettono in guardia sul pericolo che incombe sull’Amazzonia sono molteplici e diverse. Tra molte altre, si trovano quelle dei contadini del Movimento Sem Terra del Brasile, di ambientalisti e di scienziati. Ci sono, anche, gli attivisti vegetariani, che insistono sul fatto che dietro ogni hamburger che mangiamo c’è un albero in meno. «Consumando carne, voi state finanziando la devastazione dell’Amazzonia. Non siate complici di questo crimine. Diventate vegetariani», dice la loro propaganda. Che offre come dimostrazione il fatto che, tra il 1990 e il 2006, la quantità di capi di bestiame allevati in questa regione sia aumentata del 180 per cento, da 26 milioni di animali a 73 milioni.
Lungo il Rio delle Amazzoni vivono 135 popoli originari, Rappresentanti di molti di essi si trovano al Forum, e hanno dedicato una parte molto grande dei loro sforzi a mettere in guardia circa i pericoli di pendono sui loro habitat. Vestiti con i loro tipici abbigliamenti e con il corpo dipinto di rosso e di nero hanno invocato lo spirito degli antenati per salvare la foresta. «Veniamo ad alzare la voce dei popoli indigeni che non vogliono che le loro terre e le loro acque siano trasformate in merci da vendere», ha detto la aymara Viviana Lima. Il fatto è che, come ha detto Jorge Nancucheo, rappresentante del Coordinamento andino delle organizzazioni indigene, «soffriamo dell’avanzata delle multinazionali che arrivano e calpestano i nostri territori, saccheggiando la nostra acqua, i nostri boschi, le nostre risorse naturali. Prima avevamo una economia in cui non esisteva la fame, nella quale i nostri bambini non morivano. Oggi noi indigeni siamo i più poveri dei poveri. Questo modello è in crisi, ma non è morto».
L’avanzata della modernità selvaggia sulla foresta minaccia anche le terre di indigeni, contadini, estrattori di caucciù e pescatori. La situazione è così grave che il governo di Lula ha dovuto ingoiare il boccone amaro delle dimissioni di Marina Silva, ministra dell’ambiente e riconosciuta ambientalista, stanca di dover affrontare praticamente da sola i voraci interessi delle grandi compagnie. «Il governo di Lula – dicono i Sem Terra – ha appoggiato l’avanzata di questo modello predatorio in Amazzonia». Come esempio di questo c’è la denuncia fatta da analisti sociali, rappresentanti dei popoli indigeni e attivisti rurali contro l’impresa multinazionale Vale do Rio Doce, colpevole della devastazione della foresta amazzonica. In origine era una compagnia statale, ma Henrique Cardoso [precedente presidente brasiliano, ndt.] la privatizzò nel 1997. E’ l’impresa mineraria più grande dell’America latina e la seconda nel mondo. Il cuore delle sue operazioni è un vasto territorio nell’Amazzonia centrale conosciuto come Carajàs.

L’esperienza della cooperativa COPAVI - MST/PR



PresenzAttiva in Brasile
La delegazione dell’Associazione Ya Basta! ha trascorso alcuni giorni nello Stato del paraná per conoscere una interessante esperienza di coopertiva agricola biologica del Movimento Sem Terra.
( fotogallery )
La COPAVI, Cooperativa de Produção Agropecuaria Vitoria Ltda, nasce dall’idea di alcuni membri del MST di sviluppare una forma diversa di lavoro o di cooperazione agricola.
Fino al 1992, le terre dove oggi è situata la COPAVI, 232 ettari, erano di proprietà di una impresa turca che aveva impiantato nell’area enormi monocoltivazioni di canna e una fabbrica per la sua lavorazione. Poichè l’impresa aveva contratto molti debiti e non utilizzava i terreni in modo adeguato, le terre vennero espropriate dall’INCRA e destinate a un gruppo di famiglie della città vicina, Parancity, le quali, viste le condizioni, continuarono a lasciare l’area improduttiva.
Il 19 Gennaio del 1993, l’MST occupò la zona, proponendo all’INCRA un progetto di agricoltura biologica basato sul lavoro collettivo di 16 famiglie, alle quali si aggiunsero poi altre 5 famiglie. Dopo un anno di occupazione, si cominciò a ripulire l’area e venne costituita formalmente la Cooperativa, basata sul principio della collettività delle terre e sul lavoro cooperativo.
Oltre alla COPAVI, venne fondata una Associazione di Piccoli Agricoltori, chiamata “Mão na Terra” (AMATERRA) e l’Associazione delle Donne dell’Insediamento Santa Maria (AMAR).
Oggi nell’Assentamento Santa Maria, abitano 21 famiglie, per un totale di circa 80 persone; ogni famiglia ha una propria casa, ma fanno colazione e mangiano insieme, nel refettorio comunitario. Le terre appartengono alla collettività e se una famiglia decide di lasciare la Cooperativa non ha nessun diritto di proprietà sulla terra; il lavoro viene differenziato in base alle esigenze e alle competenze, ed è stato suddiviso per settori, ognuno dei quali ha un coordinatore:
settore della canna, che produce zucchero, cachaça e miele di canna;
settore del latte, che produce latte, yogurt, panna e formaggio;
settore del sostenimento familiare, che comprende la produzione di frutta, verdura, legumi e un panificio;
settore del commercio e amministrazione, che si occupa di tutta la parte burocratica e della contabilità della cooperativa.
La produzione è volta al consumo interno della comunità, ma anche destinata al mercato cittadino e ad altri canali di vendita, principalmente nazionali.
I bambini studiano in città e al pomeriggio un pedagogista della cooperativa lavora con loro, insegnandogli il valore della solidarietà e del cooperativismo e sensibilizzandoli all’attenzione e cura della biodiversità.
L’esperienza della COPAVI è una delle più significative del Movimento Sem Terra e serve da esempio non solo ad altre esperienze di diversi movimenti campesinos, ma spesso tirocinanti delle Facoltà di Agricoltura passano alcuni mesi lì, imparando il valore del lavoro collettivo e un modo diverso di porsi nei confronti della natura e della biodiversità.

mercoledì 28 gennaio 2009

La Giunta del Buongoverno de La Garrucha denuncia l’invasione del governo nella zona zapatista di Tonala

Chiapas - Una storia di sfruttamento del sito archeologico
Riportiamo il comunicato della Giunta di Buon Governo de La Garrucha

CARACOL DE RESISTENCIA HACIA UN NUEVO AMANECER
JUNTA DE BUEN GOBIERNO EL CAMINO DEL FUTURO
CHIAPAS, MEXICO. 22 DE ENERO DE 2009
A los compañeros y compañeras de la sexta internacional. A los compañeros y compañeras de la otra campaña nacional e internacional. A los compañeros y compañeras de los medios alternativos. A los Hermanos y hermanas de México y el Mundo. A los organismos de derechos humanos no gubernamentales.
HECHOS:
La Junta de Buen Gobierno denuncia a la opinión pública los abusos de los tres niveles del mal gobierno, federal, estatal y municipal.
Sobre los hechos que vienen sucediendo en el predio San Antonio Toniná y el Carmen Toniná, propiedad del compañero Alfonso, Cruz Espinosa y Benjamín Martínez Ruíz miembros de la organización zapatista del Municipio Autónomo Francisco Gómez perteneciente del caracol III de La Garrucha.
Es un problema con la zona arqueológica que está dentro de la propiedad del compañero Alfonso.

INVESTIGACIONES DE LA JUNTA DE BUEN GOBIERNO DEL DIA 16 DE ENERO DE 2009.
1.- el día 16 de enero de 2009. La Junta de Buen Gobierno vio personalmente que el Personal de seguridad no da paso, para pasar a visitar al rancho toniná, siendo propietario nuestro compañero Alfonso.
2.- También la Junta de Buen Gobierno, observó que existe un campamento dentro de la propiedad del compañero Alfonso. Mientras el compañero Alfonso Cruz Espinosa, tiene pagado los impuestos prediales de su rancho, tiene el recibos de los pagos de la historia traslativa de la propiedad de 2008 a 2009.
3.-También el plano de la ruina que elaboró el arqueólogo Juan Yadeum, este compañero Alfonso está pagando el impuesto.
4.- Desde hace muchos años, el gobierno federal y estatal, municipal, están aprovechando los cobros del turista nacional e internacional, que visitan la ruina. Y el propietario pagando sus impuesto.
5.-Es un abuso muy claro, lo que hace estos tres niveles de mal gobierno CALDERON, SABINES Y LEONEL SOLORZANO ARSIA que hasta un ciego puede entender.
6.- Estos tres niveles de mal gobierno aprovechando durante muchos años el cobro de los impuestos prediales y el cobro de las visitas de las ruinas, dentro de una pequeña propiedad.
7.-La Junta de Buen Gobierno declara que estos tres niveles del mal gobierno, CALDERON, SABINES Y LEONEL SOLORZANO ARSIA, estan invadiendo la pequeña propiedad de nuestro compañero base de apoyo zapatista.
8.-La Junta de buen gobierno exige a estos tres niveles de mal gobierno que retire el campamento que esta dentro de la propiedad del compañero Alfonso Cruz.
9.-La junta de buen gobierno exige al mal gobierno que pague el terreno que ocupa el basamento de la zona arqueológica tal como el propietario lo decida vender con el precio convenido.
10.- Si estos tres niveles de mal gobierno no aceptan pagar el terreno que ocupa el basamento de la zona arqueológica. La Junta de buen gobierno tomará la responsabilidad y la administración de la ruina haciendo valer el derecho como señale la ley, no queremos invasores dentro de la propiedad de un base de apoyo zapatista.
11.- También denunciamos que Juan Yadeum y la directora del Museo Julisa Camacho que renuncien de su cargo de la ruina toniná que ellos no están cuidando sino que es todo lo contrario provocando problemas sin respetar el dueño de la propiedad.
12.-Esto tres niveles de mal gobierno están presionando a este compañero obligándole a firmar un oficio el dia 14 de enero que para darle cumplimiento el oficio No. 401-3-112 de fecha 9 de enero esto es una falsificación estos son siempre las mañas de los malos gobiernos, calderón, sabines y leonel.
Nuestro compañero Alfonso declara que no a firmado ningún oficio con el mal gobierno.
Y no se le mandara ningún documento hasta que firma una compra venta del terreno que ocupa el basamento de la ruina y se fije el precio convenido.
Estamos bien claros que tenemos los pagos prediales y los pagos de los historia traslativa de la propiedad, así que se le quede bien claro esto malos gobernantes pagan o lo retomamos.
Atentamente Las Autoridades de la Junta de Buen Gobierno.
SEFERINO GUZMAN SANCHEZ PEDRO GUTIERREZ GUZMAN FLORITA LOPEZ PEREZ

lunedì 26 gennaio 2009

“El pueblo ha refundado Bolivia”

da RadioMundoReal
La constitución boliviana, aprobada este domingo con mas de 60% de los votos, implicará el fin del colonialismo y el neoliberalismo en el país.

Luego de la aprobación de la nueva constitución Bolivia, el presidente Evo Morales afirmó que a partir de ahora "aquí se acabó el pasado colonial, aquí se acabó el neoliberalismo, aquí se acabó el latifundismo. Mandaremos y gobernaremos como nos pide el pueblo boliviano, y el pueblo ha refundado Bolivia".
Precedida de tres años de intenso trabajo de una Asamblea Constituyente y por un proceso que concentró la oposición al proceso constituyente y al actual gobierno en las provincias del suroeste del país, este domingo se inauguró una nueva era política, a partir de la aprobación de la nueva constitución con el 60% del total de votos emitidos (aproximadamente 3.800.000).
El ’No’ a la nueva constitución ganó en los departamentos de Santa Cruz, Tarija, Beni y Pando, departamentos que también concentran la mayor producción de riqueza del país.Esta es la segunda victoria electoral del proceso que conduce Evo Morales desde que es presiente, ya que en 2008 debió enfrentar un referendum revocatorio, en el cual recibió el apoyo de más del 67% de la ciudadanía.
La nueva constitución implica grandes transformación en el país: instala mecanismos para garantizar mayoría indígena en todas las instituciones y órganos de poder público del país, incluyendo el concepto de autonomía indígena o de los pueblos originarios, a los que se reconoce el derecho, y casi la obligación, de ocupar una parte sustancial del poder.
La nueva constitución también limita la propiedad de la tierra a cinco mil hectáreas, lo que implica una medida inicial para enfrentar la concentración de la tierra (la figura del latifundio) una de las consignas centrales del proceso electoral que llevó al MAS (Movimiento al Socialismo) y a Evo Morales al poder en 2005.
En otros aspectos, la nueva constitución crea una segunda vuelta electoral, habilita la relección presidencial inmediata por una sola vez, declara a los servicios básicos (agua, luz, teléfonos, etc.) como derechos humanos, mientras que los recursos naturales renovables y no renovables son declarados de carácter estratégico.La nueva carta magna también prohíbe la instalación de bases militares extranjeras en Bolivia.

Tortura e guerra contro i mapuche nel Cile di Michelle Bachelet


Ad un anno dalla morte di Matías Catrileo, ammazzato dai carabinieri cileni il 3 gennaio 2008 e a 9 mesi dalla morte sotto tortura di Johnny Cariqueo, e con 32 prigionieri politici mapuche ancora nelle carceri cilene e oltre 50 casi di tortura documentati solo sotto il governo di Michelle Bachelet, l’impunità per i corpi dello Stato continua ad essere assoluta.
Lo stato democratico continua a combattere contro gli indigeni del Sud una guerra al terrorismo fuori tempo e fuori luogo e continua a considerare la necessità vitale di recuperare le terre ancestrali come un crimine contro la sicurezza dello Stato.“Recupero di terre ancestrali” è il crimine di tutti i 32 prigionieri politici mapuche nelle carceri cileni, condannati a pene detentive in molti casi sotto il capestro della legge anti-terrorismo in piena continuità con i tempi oscuri della dittatura di Augusto Pinochet.
Questa settimana è stato condannato a 5 anni di carcere per furto aggravato il dirigente mapuche Roberto Manquepi Vita. La sua colpa è stata aver recuperato erba dai pascoli comuni da sempre destinati ad usi civici dal suo popolo ma oggi occupato illegalmente da coloni privati. Altri per lo stesso “crimine”, sono stati più fortunati ed hanno evitato il carcere, ma hanno dovuto chiedere asilo politico sia in Argentina che in Svizzera.
Il tutto continua ad avvenire in un contesto mediatico manipolato dove i militanti mapuche, che disarmati vanno a far fieno per il bestiame al quale altrimenti non saprebbero cosa dar da mangiare, vengono definiti “terroristi” dai media senza mai mettere in dubbio le accuse contro questi.
E quando riescono a bucare il cono d’ombra dei media che li criminalizzano, come è il caso di Patricia Troncoso, che condusse uno sciopero della fame di 112 giorni un anno fa, immediatamente la luce si richiude. Oggi Patricia e i suoi compagni, per fortuna sopravvissuti, sono ancora in carcere e hanno ottenuto solo benefici minori. Con lei altri 31 mapuche sono detenuti nelle prigioni cilene e, nonostante siano accusati di crimini altrove considerati lievi, occupazione di terre, in qualche caso furto o incendio, la sistematica applicazione della legge anti-terrorismo causa l’applicazione di condanne gravi, quasi sempre superiori ai dieci anni di carcere.
Nonostante la società civile cilena sia silente, negli ultimi anni i mapuche riescono a beneficiare di avvocati prestigiosi, tra i quali l’ex-giudice Juan Guzman in grado di meglio difenderli anche se non sempre con buoni risultati.
Lunga continua ad essere la lista delle violazioni di diritti umani contro i mapuche contro i quali 20 anni di democrazia sembrano passati invano. Si va dal tredicenne Patricio Queipul Millanao, sequestrato e torturato dai carabinieri, a molteplici altri casi di minori detenuti in carceri per adulti, picchiati con multiple fratture, all’uso sistematico della tortura, di vessazioni e di violenza fisica in un’ancestrale lotta per la terra dove lo Stato ha da tempo, dal tempo di Manuel Montt a metà ‘800, scelto di stare da una parte contro un’altra.

NEWROZ 2009

Riportiamo l'appello della Rete italiana di solidarietà con il popolo kurdo per il prossimo Newroz - il capodanno kurdo-.






Care tutte e tutti,
venite con noi in Turchia e nel Kurdistan turco il prossimo mese di marzo.
Anche per l'anno 2009 come Rete italiana di solidarietà con il popolo kurdo stiamo organizzando un viaggio di solidarietà, costituito da tre percorsi, il cui filo rosso è il riconoscimento dei diritti umani universali in Turchia.
La prima tappa ci vedrà ad Istanbul, per partecipare al Forum alternativo sull'acqua che si terrà in concomitanza con il World Water Forum. Tema cardine del Forum alternativo sarà l'acqua come bene comune, patrimonio inalienabile dell’umanità; l’acqua come fonte di pace e di democrazia partecipata.
Con la seconda tappa, invece, si arriva nel Kurdistan turco per partecipare alle celebrazioni del Capodanno kurdo, il Newroz, grande festa di libertà e di pace.
Dal 1997 ad oggi la presenza di osservatori italiani ed internazionali ha contribuito ad attenuare la repressione e soprattuto a diffondere fra l'opinione pubblica internazionale le informazioni su violazioni e repressioni nei confronti del popolo kurdo.
Tuttavia, ad oggi, nessun diritto è ancora assicurato nel Kurdistan turco prova ne è che nel marzo del 2008 la violenza militare ha macchiato di sangue il Newroz, con 5 morti, centinaia di feriti e di arresti.
La terza tappa è costituita, infine, dalle Elezioni amministrative, un momento cruciale per il popolo kurdo e per la democrazia e la pace in Turchia, il cui svolgimento risente sempre di violazioni della libertà e del diritto al voto per il popolo kurdo.
Le delegazioni si recheranno a Diyarbakir, Van, Nusaybin, Hasankeyf, luoghi antichi e di straordinaria bellezza ma pervasi dal dolore e dall'ingiustizia. Incontreremo però anche frammenti di speranza e di straordinaria umanità, trovandoci a stretto contatto con associazioni e singoli individui che ogni volta arricchiscono l'esperienza.
Vi proponiamo di partire con noi e insieme costituire una forte delegazione di osservatori italiani ed internazionali in grado di far sentire le voci e la presenza dell'altra Europa, quella solidale e multiculturale, in un paese che avviatosi verso l'UE continua a non voler fare concreti passi in avanti nel campo dei diritti e delle libertà.



Per informazioni:
http://www.newrozpirozbe.it/
http://newroz2009.blogspot.com/
http://www.uikionlus.com/
http://it.mc267.mail.yahoo.com/mc/compose?to=uiki.onlus@fastwebnet.it
UIKI Onlus Tel. 06 97845557 Fax. 0697845547

domenica 25 gennaio 2009

DOMENICA 1 FEBBRAIO 2009 dalle 10:00 al calar del sole

Ya Basta! Napoli partecipa a "RAGNATELA"
mercatino @ casacuma

autoproduzioni, artigiani, artisti, ciclofficina popolare, gas, piccoli movimenti contadini, , forno del pane, musica, teatro scambi&regali,incontri...festa

per istruzione su come arrivare ed altro http://www.pazzariello.splinder.com/

questo giro durante il mercatino ospiti Gabriel&Marga del TeatroDeLosSentidos di Vargas

fino ad ora hanno partecipato:
STATOBRADO
VILLA CONOLA b&b MASSA LUBRENSE
GAS FLEGREO "TERRA di FUOCO"
GAS AVERSA "TAVOLA ROTONDA"
GAS SOMMA VESUVIANA "TINTADIROSSO"
BIOENNIO
AZ.AGRICOLA ANARCHICA MONTELLA GiovanniDiGenua e famiglia
ELIO&TIZIANA PERMACULTORI di Mondragone
Azienda Agricola Monte S'Angelo
PASQUALE FARINA ortaggi bio
Az. RAMODORO Bacoli
SAPONI NATURALI
CICLOFFICINA POPOLARE MASSIMO TROISI NAPOLI
MASSERIA DEGLI SCHIAVI ROCCAMONFINA
MICHELE BAIADOMIZIA/GARIGLIANO
FABIO BARDAMU' ARTISTA>ESPOSIZIONE
VALERIA DE RIENZO ARTISTA/ARTIGIANA
ANDREA ARTISTA/ESPOSIZIONE
ROBERTA ARTIGIANATO/ARTISTICO
ANTONIO DE FALCO LiberaScuolaAgricolturaSinergica
GIULIANO autoproduzioni
LO SCIAMANO esperto erbe spontanee
NO TAV Val di Susa
STUDIO ANCH'IO ITALIA/MAROCCO
FONDI RUSTICI
CASA DEGLI ALLOCCHI PUGLIA
COMUNE ANARCHICA DI URUPIA
MONITOR PERIODICO D'INFORMAZIONE INDIPENDENTE

CI SONO INOLTRE STATI CONCERTI RISPETTIVAMENTE DI:
SINETERRA_GATTI DISTRATTI DALLA LUCE NEGLI OCCHI_SMOKEY ANGLES SHADES_TAMURRIATE INTORNO AL FUOCO CON ME,BANANA_MAURA&TIZIANA

SPETTACOLI DI STRADA PER BAMBINI E BAMBINI GRANDI DI:
EL_BECHIN TREVISO
OTTO_PANZER BARI
GLEN GRANT

3 INSTALLAZIONI :
ALTARE DEI MORTI condotto da VALERIA DE RIENZO
QUADRITOS di BRUNELLA TEGAS
RAGNATELA/ACCHIAPPASOGNI condotto da VALERIA DE RIENZO

4 FORNI DEL PANE

1 ORTO SINERGICO ADOTTATO

sabato 24 gennaio 2009

3° dia - Le sfide del MST nel 2009



La giornata di oggi è stata caratterizzata dal dibattito sui punti di criticità del Movimento e sulle prospettive future di lavoro. Durante la mattinata, diversi esponenti del MST si sono alternati nel proporre all’assemblea degli spunti di riflessione per mettere in discussione alcune caratteristiche del modello attuale di lavoro, soprattutto in relazione al particolare momento storico di crisi, non solo economica, ma anche dei movimenti, che stiamo attraversando. Nel pomeriggio il dibattito è continuato attraverso gruppi di lavoro, mentre la delegazione degli internazionali è stata accompagnata in visita della Fazenda Anoni e delle comunità del MST che vi risiedono.
In serata è stato consegnato il Premio Lotta della Terra. Tra i premiati, anche una compagna delle comunità di Alcantara (MA), conosciuta da Ya Basta! durante la Carovana estiva. Per l’occasione sono stati proiettati alcune immagini del video “Eu sou feliz” realizzato da Alice Vivona una delle partecipanti al viaggio. Anche Ya Basta! e le altre realtá internazionali presenti all’Encontro hanno ricevuto un omaggio dal MST.
Tra le varie sfide che si trova ad affrontare il Movimento Sem Terra, nei vari settori di attuazione (organizzazione interna, dibattito politico, formazione della militanza, capacità di analisi,..), queste quelle più imminenti:



  • cercare di ampliare la prospettiva del progetto politico della Riforma Agraria per i lavoratori, attraverso un Progetto Popolare di Agricoltura, che porti con sè una nuova forma di relazionarsi con la terra, l’acqua e la biodiversità, all’interno della realtà capitalista;

  • ripensare la strategia della Riforma Agraria, al come collocarla nell’agenda politica e come farla arrivare più vicina alla società civile, attraverso anche l’unione dei movimenti urbani e rurali;

  • di fronte alla crisi dell’organizzazione popolare, bisogna guardarsi dentro, ed elaborare una strategia che combatta la burocratizzione dei movimenti e dello stesso MST;

  • avanzare nella trasformazione della società, nonostante siano poche le realtà organizzate con cui unirsi; per questo l’MST deve aiutare le altre realtà a costruire una propria “organicidade”, attraverso il lavoro di base;

  • progettare una prospettiva politica per affrontare il capitalismo e realizzarlo nella pratica, non solo nella teoria, nelle proprie comunità e nuclei, costruendo un dibattito politico con la militanza; formare la propria base, attraverso una metodologia di azioni politiche che tenga conto delle nuove sfide e della congiuntura attuale nazionale e internazionale;

  • rafforzare l’organicidade do Movimento, lavorando sui nuclei di base e organizzando la militanza; rafforzare l’unità interna, tenendo come punto di partenza la diversità;

  • combattere la depoliticizzazione all’interno del movimento e nella società;

  • discutere e elaborare strategie contro la discriminazione e criminalizzazione del Movimento.

2°dia - Multinazionali e Agrobusiness: il progetto del capitalismo per le campagne



Questa mattina il dibattito è stato incentrato sull’attuale modello mondiale di produzione agricola e sulle conseguenze e contraddizioni di questo modello. Gli interventi di analisi sono stati di Ariovaldo Umbelino, Professore di Geografia da USP, e di Joao Pedro Stedile, dirigente storico del Movimento Sem Terra.
Umbelino ha delineato le caratteristiche di questo momento storico, in cui il capitalismo vive in una fase di monopolizzazione caratterizzata, in primo luogo dal fatto che tutta la produzione agricola e di allevamento, così come la produzione legata alle risorse delle foreste, è diventata una merce; quindi si produce per vendere a chi ha disponibilità di capitale e gli stati hanno perso la loro capacità di sovranità alimentare, perchè non investono più sulla produzione di alimenti per il proprio popolo. In secondo luogo, in questa fase, tutta la produzione agricola è direzionata e controllata dal mercato, attraverso le borse mondiali che funzionano praticamente 24 ore su 24. Le Borse controllano non solo l’attuale produzione mondiale, ma anche quello che viene chiamato Mercato Futuro: vengono comprati in anticipo beni che ancora devono essere prodotti per poter garantirsi in anticipo il guadagno. I grandi monopoli legati all’Agrobusiness, come la Cargil, Monsanto, Bunge,... stanno sorgendo proprio per garantire ai grandi capitalisti il controllo dei mercati e della produzione. Anche le grandi imprese brasiliane sono in forte espansione e si stanno associando alle grandi imprese internazionali, come la Coca Cola, per garantirsi fette sempre più ampie di mercato. In pratica ci troviamo di fronte a un processo di alleanza e fusione del capitale in scala mondiale. Inoltre la maggiorparte di queste imprese lavora con sementi transgeniche e pesticidi tossici. Con la parola Agrobusiness, si indica proprio questo tipo di agricoltura, capitalista, che pretende di controllare tutto il processo produttivo e tutti i produttori, grandi e piccoli, al fine di creare grandi monopoli di terra al servizio del mercato internazionale. Siamo perciò di fronte allo scontro tra l’agricoltura capitalista, e il modello di Agrobusiness che impone, e l’agricoltura familiare e contadina, che invece propone un modello di agricoltura biologica, rivolta al fabbisogno interno degli stati. Questo scontro è palesemente visibile all’interno del territorio brasiliano.
L’analisi di Stedile ha avuto invece come punto di partenza la lotta del MST e la necessità di essere ogni giorno più preparati e pronti per affrontare questa nuova diversa fase di contrapposizione al capitalismo e al neoliberismo, dove la lotta per la terra assume una dimensione più globale, includendo anche la lotta per la difesa dell’acqua, dell’aria e della produzione alimentare. Dopo aver analizzato le nuove strategie di controllo dei mercati e della produzione da parte delle multinazionali, delle banche e delle Borse mondiali e sottolineato come sia instabile questo controllo, che dipende fondamentalmente dalle dinamiche del credito economico, Stedile ha delineato le nuove aree di espansione del capitale nell’agricoltura.
1-controllo delle sementi transgeniche, per monopolizzare e controllare cosa e come produrre;



2-acqua, che in questo momento costa più del petrolio o del latte: le multinazionali stanno comprando fiumi, fonti e laghi, per controllare il consumo pubblico;



3-controllo dei laboratori di ricerca;



4-agrocombustibili, che utilizzano gli alimenti per produrre energia;



5-cellulosa, per la produzione della carta.
Le conseguenze e le contraddizioni di questo sistema che vengono messe in risalto nell’intervento del dirigente del MST, sono fondamentalmente 8:



1-l’agrobusiness ha bisogno ogni anno, solo in Brasile, di un investimento da parte dello Stato di 60 milioni di reais (circa 20 milioni di euro), e dipende fortemente dal petrolio: una agricoltura che utilizza risorse esauribili, non sarà in grado di aumentare, in futuro, la sua produzione;



2-le monoculture distruggono la biodiversità, attraverso l’impoverimento delle terre e l’uso di veleni e pesticidi tossici; i prodotti di questa agricoltura sono avvelenati e già stanno creando grandi problemi di salute a chi li produce e li consuma, in tutto il mondo;



3-il prezzo dei prodotti agricoli non è più basato sui costi di produzione, ma sui prezzi decisi dal mercato mondiale, che decide tutte le fasi d produzione: questo sta provocando un aumento dei costi dei beni di consumo quotidiano e un conseguente aumento della fame nel mondo;



4-perdita della sovranità alimentare;



5-espulsione dei lavoratori dalle zone rurali: le monocoltivazioni, che vengono presentate come una prospettiva di impiego, non hanno bisogno di mano d’opera. L’agricoltura industriale infatti non ha bisogno di agricoltori;



6-il modello industriale di agricoltura disequilibra l’ambiente, il clima e distrugge la biodiversità attraverso le monocoltivazioni e l’utilizzo di sementi transgeniche e pesticidi tossici;



7-le imprese multinazionali controllano le sementi transgeniche che stanno modificando anche alcune specie animali: diversi studi stanno mostrando che numerosi insetti riescono a resistere ai pesticidi tossidi;



8-le imprese stanno comprando enormi terreni per impiantare il modello di Agrobusiness: negli ultimi 5 anni in Brasile sono stati privatizzati dal capitale straniero oltre 20milioni di ettari.
Secondo l’MST l’attuale crisi del sistema neoliberista, in Brasile potrebbe tornare favorevole ai movimenti e alla Riforma Agraria e frenare l’espansione delle multinazionali nelle aree rurali. Una nuova fase di lotta potrebbe quindi aprirsi nei prossimi mesi; ma questa lotta sarà possibile solo se il Movimento riuscirà a massificare la sua resistenza e riunire in questa resistenza non solo tutta la sua militanza, ma anche la società civile brasiliana e gli altri movimenti campesinos dell’America Latina.

MST: 1°dia XIII Encontro Nacional


Corpi Speciali di polizia presidiano la festa dei 25 anni del movimento.
E’ ufficialmente cominciato, con la cerimonia di apertura di ieri sera, molto sentita e partecipata, il XIII Encontro Nacional do MST, che festeggia, in questa occasione, 25 anni. L’incontro è organizzato nell’Assentamento Sarandi, situato all’interno della Fazenda Anoni – Stato del Rio Grande do Sul - che comprende un’area complessiva di 9.000 ettari dove risiedono circa 300 famiglie suddivise in quattro differenti insediamenti.
La strada di accesso è presidiata permanentemente da alcuni uomini e mezzi di un reparto speciale della Polizia Militare, il BOE (Battaglione di Operazioni Speciali), che fermano e identificano chiunque si stia recando all’incontro. Almeno una volta al giorno elicotteri della polizia sovrastano la zona per controllare la situazione: il MST qui, nel sud del paese, sta attraversando un periodo di forte repressione e criminalizzazione, cominciato a giugno dell’anno passato. Proprio per questo clima di tensione e per la congiuntura politica attuale, l’MST ha deciso di non aprire le porte, fino a sabato alla stampa nazionale e internazionale. Sono presenti solo i giornalisti che pubblicano sulle testate del Movimento (Jornal Sem Terra, Brasil de Fato, Radioagencia), una Tv cubana e una venezulana.
Vedi: Scontri e repressione nel Rio Grande do Sul ( 23 giugno 2008 )
All’incontro sono presenti circa 1.100 delegati dei 24 stati brasiliani dove è presente il movimento, membri del MPA (Movimento Pequenos Agricultores), del MAB (Movimento dos Atingdos por Barragens) e di altri movimenti campesinos, e oltre 50 ospiti internazionali, di realtà e movimenti dell’America Latina e europei, tra cui la delegazione di Ya Basta!, ospitata presso l’Istituto Educar, un centro di Formazione Superiore presente all’interno della Fazenda.
La prima giornata è stata dedicata all’analisi delle congiuntura internazionale e della lotta di classe in Brasile. Diversi esponenti del Movimento si sono alternati nella discussione. Il programma della 4 Giornate sarà molto intenso. Oltre alle attività ufficiali, una al mattino e una al pomeriggio, sono previsti nelle pause incontri tra le delegazioni internazionali, riunioni statali e di settore del Movimento (salute, educazione, comunicazione e cultura). E’ stata allestita una enorme cucina nei magazzini della cooperativa dell’insediamento e un panficio, dove lavorano volontariamente anche i giovani dell’Instituto Educar e dove vengono cucinati i prodotti biologici provenienti dale cooperative e dalle aree di riforma agraria del MST, una ciranda (asilo) e una scuola itinerante per i bambini presenti all’incontro, mentre la segreteria sta funzionando come punto di appoggio per il settore di comunicazione e di relazioni internazionali. Tutto è perfettamente organizzato e la previsione è di arrivare a venerdì con oltre 1700 ospiti.

giovedì 22 gennaio 2009

Bad religion


di Luca Casarini
Come era facile prevedere il rombo dei carri armati israeliani e il fragore delle cannonate sulle povere case di Gaza non potevano sovrapporsi agli inni e alle canzoni per l’insediamento di Obama alla Casa Bianca. Non era nei piani. La tregua "unilaterale" annunciata dallo Stato ebraico in realtà è frutto di un preciso calcolo, fatto con largo anticipo e almeno "bi-laterale". Tutto quello che c’era da fare a Gaza, con il suo carico di violenze e morti, bisognava farlo prima che l’amministrazione americana figlia del moto di ribellione interna contro Bush, potesse muovere il primo passo. Da lì, dal cumulo di macerie ottenute e forti della contabilità terribile delle uccisioni di massa inflitte, ora Tel Aviv tratterà con questo nuovo (e strano) successore di Lincoln. Come dire: prima che nuove strategie diplomatiche vengano messe in campo, in discontinuità magari con quelle della coppia di inossidabili sostenitori dei governi di Israele rappresentata da Condoleeza Rice e dal Texano di ferro, meglio sbrigare il lavoro sporco. Un "lavoro" che aveva precise ragioni per Israele, ovviamente diverse da quelle annunciate.Le elezioni interne ad esempio, con un primo ministro, Olmert, totalmente screditato agli occhi dell’opinione pubblica, lo spauracchio della sparizione dell’identità ebraica a fronte di un incremento demografico degli arabi nati tra il Giordano e il Mediterraneo che nel 2010 costituiranno la maggioranza, mettendo in seria crisi i fondamenti stessi della nascita di Israele, la negoziazione, a tutto campo quindi economico-politica con Obama, l’Unione Europea, la Russia e i giganti asiatici. Tutto fuorché i razzi di Hamas. Anzi. Israele, con la sua economia drogata di guerra, non potrebbe esistere senza il perenne stato di emergenza da "assedio". Le sue formazioni politiche costruiscono su questo le loro strategie per catturare il consenso alle elezioni, e le sue lobbies mafioso - affaristiche misurano la possibilità di accumulare enormi profitti proprio sui flussi di denaro che giungono da oltreatlantico. Senza questo ruolo di "assediato" in nome della difesa dei “valori occidentali”, che tipo di peso potrebbe avere Israele nella nuova Yalta dell’era della crisi globale? Inserito perfettamente nelle orribili movenze della guerra globale permanente, lo stato ebraico non vuole rinunciare per nulla ad un ruolo che in questo contesto gli assegna la palma del “simbolo”. Il modo stesso di condurla, la guerra, è espressione di continua anticipazione delle tecniche, militari e politiche, di gestione della asimmetria bellica che caratterizza il permanente disequilibrio mondiale. Israele non ha nessun interesse a trovare una qualche pace. Deve riprodurre un nemico annientabile, sempre, governandolo per mezzo di guerra a differente intensità. Quindi i palestinesi per Israele non sono un problema da risolvere. Ma solo da mantenere, alimentare, sempre in maniera che non possano mai rappresentare una reale minaccia.Dall’altro lato vi sono proprio i palestinesi. Questo ennesimo massacro suggella nel sangue ciò che già dalla morte di Arafat, o forse dalla fine della seconda intifada, si era in grado di ipotizzare: la “causa palestinese”, come processo di liberazione nazionale, e come dinamica identitaria e di ideale assunta dalla formazione dell’OLP in poi, non esiste più. Hamas da una parte e Abu Mazen dall’altra sono il segno evidente che oggi ci troviamo in un’altra dimensione, frutto di una serie di traiettorie di degenerazione che si sono concluse. La corruzione del quadro dirigente palestinese con Al Fatah in testa, la mancanza di una leadership in grado di affermarsi al di là e contro gli interessi dei clan e dei servitori di altri stati, ha portato ad una situazione che per la popolazione civile è semplicemente terribile. Hamas, che dal ’67 ad almeno fino alla prima Intifada è stata "foraggiata" da Israele in chiave anti-OLP, pensa più a guadagnarsi un ruolo tra Teheran e Damasco che alla sorte dei quasi due milioni di "profughi incarcerati" che compongono gli abitanti di Gaza. Le loro sorti, il loro futuro, le loro sofferenze sono tutti regali ad Allah. E forse tributi necessari perché qualche religioso leader trovi la sua fortuna terrena. Anche Hamas, come Israele, non ha alcun interesse a fermare la spirale di guerra. I consensi avuti grazie alla corruzione di Fatah, si possono mantenere in virtù di costruzione di servizi, welfare, strutture. Presi nella morsa dell’embargo da oltre venti mesi, i dirigenti di Hamas possono proporre solo razzi, e non medicine. Quindi lo stato di devastazione e annientamento, il terrore quasi trascendentale che si respira in ogni angolo della striscia, è la condizione per mantenere il potere ben saldo, e attrarre i finanziamenti dell’Iran.Abu Mazen la sua strada sembra averla scelta da tempo. E’ quella tracciata da altri, dagli Stati Uniti in primis, e porta in un bantustan. E’ stata fino ad ora semplicemente un cerchio chiuso, una specie di rotaia dove un burattino, messo lì per rappresentare il compimento della strategia diplomatica di Washington, gira e ogni tanto appare. Se Annapolis viene definita una “carnevalata” da autorevoli commentatori, Abu Mazen è una delle maschere più ridicole. Cisgiordania e Gaza sono, dopo questo massacro, due cose non solo più lontane che mai, ma anche assolutamente diverse.Che cosa rimane? La guerra contro i civili, l’uso del massacro di donne, uomini e bimbi per la negoziazione politico economica, interna ed esterna. Rimangono il dolore, la disperazione, la rabbia, e noi qui, mentre assistiamo ad un processo di mutazione antropologica che trasforma lo spettatore da indignato ad assuefatto. Trasforma il crimine in spettacolo. "This is the world, Baby".C’è poco da dire: religione unita a nazionalismi significano fascismo. Portano al delirio e al fanatismo che combattiamo da sempre. Contribuiscono, da sempre, a mantenere lo stato di cose presenti e a riprodurlo in peggio se possibile. Da fenomeni e tradizioni diventano rapidamente tragedie. Se volessimo parafrasare un grande vecchio diremmo che da “oppio dei popoli” oggi la religione è divenuta già eroina, è stata raffinata, ha reso più potente il suo effetto, è disponibile su scala industriale. Ma essendo in polvere, appesta l’aria.E’ la guerra globale il nostro obiettivo. Dobbiamo distruggerla, smentirla, disvelarla in ogni forma che essa assume. Con “rabbia degna” cerchiamo di non cadere in assurde semplificazioni, cerchiamo di non giustificare tutto dicendo che si tratta di “diversità culturali”. Cerchiamo di vedere le cose per quelle che sono, per come sono oggi. Gli occhi dei bambini terrorizzati e massacrati a Gaza, quelli, ci dicono di più di mille discorsi di Imam e rabbini, di mille parole vuote pronunciate dagli esperti.Boicottare Disinvestire e Sanzionare la guerra globale permanente e i suoi attori principali, Israele nel caso del massacro criminale di Gaza, non è un dogma come dice su questo sito Naomi Klein: è una pratica giusta, una tattica da costruire ed espandere, una reale forma di azione molteplice ed articolata per fermare e attaccare la guerra stessa. Il BDS su Israele, come il boicottaggio del Sud Africa dell’apartheid ma anche quello relativo all’implicazione di aziende e banche italiane con la guerra globale, è possibile, giusto e può avere una certa efficacia. Sicuramente ci pone difronte ad una possibilità: quella di non giocare uno dei ruoli assegnatici dalle forme di potere: spettatori impotenti, tifosi dei morti altrui, alchimisti d’accatto di ideologie e religioni. Il BDS lo facciamo noi, in prima persona. Ha mille forme e si dirige direttamente contro chi fa le stragi di civili innocenti e alimenta questo modo terribile di governare il mondo. E’ direttamente legato alle pratiche, giuste anch’esse, di rottura delle frontiere e degli isolamenti militari che, come a Gaza, imprigionano i civili costringendoli a morire lentamente. Come quando a Ramallh assediata occupammo gli ospedali, oggi a Gaza bombardata se centinaia o migliaia di persone avessero aperto Rafah con una presenza internazionale, sarebbe stato giusto. E se i prodotti “made in Israel”, quelli che hanno il codice a barre che inizia con la cifra 729 sono boicottati, non acquistati, resi inservibili, è giusto, e possibile.Se le aziende che investono in Israele sono “convinte” a non farlo più, è giusto. (Naomi racconta di come questo accada facilmente, e non per motivi politici ma semplicemente commerciali).Questo dobbiamo fare. Per una società migliore per i bambini di Gaza, per tutti.

I morti e i vivi di Gaza

di Vittorio Arrigoni

A Gaza solo i morti hanno visto la fine della guerra. Per i vivi non c’è tregua che tenga alla battaglia quotidiana per la sopravvivenza. 

Senza più acqua, senza più gas, senza più corrente elettrica, senza più pane e latte per nutrire i propri figli.Migliaia di persone hanno perduto la casa. 

Dai valichi entrano aiuti umanitari col contagocce, e si ha come la sensazione che la benevolenza dei complici di chi ha ucciso sia solo momentanea. Domani il segretario generale dell’Onu Ban Ki-Moon verrà a visitare Gaza, siamo certi che John Ging, a capo dell’agenzia per i profughi palestinesi, ne avrà da raccontargliene; dopo che Israele ha bombardato due scuole delle Nazioni Unite, ha assassinato 4 suoi dipendenti, ha colpito e distrutto il centro dell’UNRWA di Gaza city, riducendo in cenere tonnellate di medicinali e beni alimentari destinati alla popolazione civile. 

Le macerie di Gaza continuano a vomitare morti in superficie. Ieri fra Jabalia, Tal el Hawa a Gaza City e Zaitun, paramedici della mezza luna rossa con l’aiuto di alcuni volontari dell’ISM hanno estratto dalla rovine 95 cadaveri, molti dei quali in avanzato stato di decomposizione. 

Camminando per le strade della città di Gaza senza più il costante terrore di un bombardamento chirurgicamente mirato alla mia decapitazione, tremo ancora alla vista di cani randagi raccolti in circolo, a ciò che mi si potrebbe parare dinnanzi agli occhi essere il loro pasto. 

Gli uomini tirano un sospiro di sollievo e tornano a frequentare moschee e cafè, facilmente smascherabile è il loro atteggiarsi alla normalità, per i molti che hanno perso un familiare e per i moltissimi che non hanno più dove abitare. 

Fingono un ritorno alla routine per incoraggiare le mogli e i figli: in qualche modo bisogna oltrepassare anche a questa catastrofe. 

Con alcune ambulanze questa mattina ci siamo recati nei quartieri più colpiti della città, Tal el Hawa e Zaitun, muniti di questionario porta a porta abbiamo stilato l’entità dei danni agli edifici, e le primissime urgenze per le famiglie: medicinali per gli anziani e i malati, e riso, olio e farina, il minimo per alimentarsi. Tutto quello che abbiamo potuto consegnare al momento sono metri e metri di nylon, da apporre alle finestre laddove prima c’erano i vetri a difendere dal freddo. 

Compagni dell’ISM a Rafah mi hanno informato che la municipilità ha distribuito alcune migliaia di dollari, poca cosa, a quelle famiglie che hanno visto la loro casa rasa al suolo da bombe che secondo Israele erano destinate alla distruzione dei tunnel. 

Al termine del conflitto in Libano, gli Hezbollah staccarono milioni di dollari in assegni per ripagare i civili libanesi rimasti senzatetto. 

In una Gaza sotto assedio ed embargo, ciò che Hamas potrà versare come risarcimento alla popolazione "basterà a mala pena a rimettere su un capanno per il bestiame", mi fa sapere Khaled, contandino di Rafah. 

La tregua è unilaterale, quindi Israele unilateralmente decide di non rispettarla. Ieri a Khan Yunis, un ragazzo palestinese ucciso e un altro ferito. 
A est di Gaza city elicotteri innaffiavano di bombe al fosforo bianco un quartiere residenziale. Stessa cosa si è verificata a Jabalia. 

Oggi, sempre a Khann Younis navi da guerra hanno cannoneggiato su uno spazio aperto, fortunatamente senza fare feriti e mentre scrivo, arriva la notizia di un incursione di carri armati. Non ci risultano lanci di razzi palestinesi nelle ultime 24 ore. 

Giornalisti internazionali sciamano affamati di notizie lungo tutta la Striscia, sono riusciti a raggiungerci solo oggi. Israele ha concesso loro il lasciapassare a mattanza finita. 

Quelli arrivati ancora a bombardamenti in corso, hanno seriamente rischiato di rimetterci la pelle, come mi ha raccontato Lorenzo Cremonesi, inviato del Corriere: soldati israeliani hanno bersagliato di proiettili l’automobile su cui viaggiava. 

Dinnanzi allo scheletro annerito di ciò che resta dell’ospedale Al Quds di Gaza city, un interdetto reporter della BBC mi ha chiesto come è stato possibile per l’esercito scambiare l’edificio per un covo di terroristi. "Per lo stesso motivo per cui dei bambini in fuga da un palazzo in fiamme, sono entrati nei mirini dei cecchini posti sui tetti dello stesso quartiere in cui siamo ora, cecchini che non hanno esitato a ucciderli spandendo la loro materia cerebrale sull'asfalto". Ho risposto al giornalista inglese, ancora più accigliato. 

E’ evidente l’abisso fra noi che siamo testimoni e vittime di questo massacro, e chi ne viene a conoscenza tramite i racconti dei sopravvissuti. 

Da Roma mi informano che l’Unione Europea avrebbe congelato i fondi per la riscostruzione fino a quando Gaza sarà governata da Hamas. Lo ha lasciato intendere il Commissario europeo per le Relazioni estere, Benita Ferrero-Waldner. "Gli aiuti per la ricostruzione della Striscia", ha detto la diplomatica europea, "potranno arrivare solo se il presidente palestinese Abu Mazen riuscirà ad imporre nuovamente la sua autorità sul territorio" . 

Per i palestinesi di Gaza questo è un chiaro invito dall'esterno alla guerra civile, ad un colpo di stato. Come un legittimare il massacro di 410 bambini che sono morti perchè i loro genitori hanno scelto la democrazia ed eletto liberamente Hamas. "L’unione Europea ricalca alla perfezione la criminale politica di punizione collettiva imposta da Israele. Perchè non affidano i fondi all’ONU? O a qualche organizzazione governativa?" ."Gli Stati Uniti sono liberi di eleggere un guerrafondaio come Bush, Israele di scegliere leaders con le mani sporche di sangue come Sharon e Nettanyau, e noi popolazione di Gaza non siamo liberi di scegliere Hamas...", mi suggerisce Mohamed, attivista per i diritti umani che non ha votato per il movimento islamico; non ho argomenti per contraddirlo. 

I palestinesi vivi imparano dai morti, imparano a vivere morendo, sin dalla più tenera età. Tregua dopo tregua, la percezione è quella di una macabra parentesi per contare i cadaveri fra una mattanza e l’altra, verso una pace che non è mai così stata distante. 

Perlustrando Gaza city a bordo di un ambulanza, per una volta con la sirena muta, la guerra resta presente impressa nelle rovine di una città saccheggiata di sorrisi e popolata da sguardi spauriti, occhi che insistono a scrutare il cielo verso aerei ancora incessantemente in volo. 

All'interno di una casa che coi paramedici abbiamo visitato, sul pavimento ho notato dei disegni in pastello, chiaramente una mano infantile li aveva abbandonati evacuando in fretta e furia. 

Ne ho raccolto uno, carrarmati, elicotteri e corpi ridotti in pezzi. In mezzo al foglio un bambino ritratto con una pietra riusciva a raggiungere l’altezza del sole e danneggiare una delle macchine della morte volanti. Si dice che il significato del sole in un disegno infantile è il desiderio di essere, di apparire. Quel sole che ho visto piangeva in pastello rosso, lacrime di sangue. Per lenire questi traumi, una tregua unilaterale basta? Restiamo umani.
ViK

Comunicato della Conaie di valutazione della mobilitazione nazionale




Il 20 gennaio è stata una grande giornata di mobilitazione in tutto il paese
Quito, 21 de Enero del 2009
Comunicado 4
Una giornata con grande esito per i Diritti Indigeni e di tutti gli Ecuadoriani.
Il Consiglio di Governo della CONAIE, valuta come positiva la Giornata di Mobilitazione nel paese.
Nonostante la repressione e il controllo poliziesco, migliaia di indigeni si sono mobilitati e hanno manifestato pacificamente nelle principali città del paese consegnando ai governatori locali le loro rivendicazioni. A Imbabura, Pichincha, Latacunga, Ambato, Guaranda, Pastaza e Macas, le mobilitazioni hanno avuto una grande partecpazione.
Constatiamo ancora una volta la grande offensiva dei mezzi di propaganda del governo. La propaganda in televisione a favore della Legge Mineraria e delle politiche neoliberali è stata molto ampia durante questi giorni per manipolare la cittadinanza e creare confusione. La mobilitazione è stata pacifica nella sua interezza. Abbiamo dimostrato la naturalezza democratica del nostro movimento e delle organizzazioni di base, gli scontri sono stati responsabilità della forza pubblica.
Le mobilitazioni della zona Sud del Paese della scorsa settimana e quelle di questi giorni dimostrano che c’è un opposizione nazionale ampia alle miniere a grande scala e alle politiche e decisioni di carattere neoliberale di questo governo. La "rivoluzione cittadina" deve decidere se è uno spazio di diritti per le transnazionali o per i popoli.
Abbiamo ricevuto innumerevoli espressioni di sostegno e adesione della comunità internazionale, delle organizzazioni dei diritti umani, sociali e abbiamo gestito le informazioni nel mondo in tre lingue.
Vogliamo preparaci a portare avanti una serie di iniziative nel quadro degli strumenti dei diritti umani e legali a livello nazionale e internazionale. Le renderemo pubbliche al momento opportuno. I Relatori dell’ONU e OEA sui Diritti Indigeni sono stati informati e riceveranno una nota integrale sul tema.
C’è una posizione razzista nei portavoce del Governo: i Ministri Larrea e Bustamante ne fanno apologia. Questo ci preoccupa e allertiamo gli ecuadoregni sulle persone che il partito al potere vuole inviare all’Assemblea Nazionale Legislativa.
Rifiutiamo le detenzioni arbitrarie e illegali realizzate dalla Polizia Nazionale per ordine esplicito del Ministro del Governo; esigiamo la libertà immediata dei fermati.

mercoledì 21 gennaio 2009

Un progetto online per non voltare lo sguardo


VISUAL INTIFADA

Durante l’Operazione Piombo fuso di Israele nella Striscia di Gaza è stato lanciato questo progetto on line. Pubblichiamo la presentazione di Visual Intifada e alcuni contributi.
Visual Intifada è un progetto che nasce in velocità a cavallo tra la rapida ennesima invasione di campo da parte di Israele e del suo esercito in territorio palestinese e il silenzio diffuso e devastante che ha imperato in queste ultime settimane. Nel frattempo, in Palestina, continuano a piovere bombe, in verticale, che uccidono vite umane e distruggono strutture e infrastrutture sociali spacciando, tra riflessi di distrazione di massa e arroganza sconfinante, le centinaia di morti come “legittima difesa”. La stessa “legittima difesa” che l’O.N.U., campione mondiale di “equidistantismo” e ipocrisia, impotente oggi in Palestina come ieri in Iraq, in più di una occasione ha bollato come stragista. Si chiamano azioni di guerra. Guerra.Sappiamo che una lettera apostrofata è differente di una lettera accentata: mettiamo i puntini dove necessario chiamando le cose con il loro nome.

Ricordiamo inoltre che i fondi raccolti dalla vendita dei materiali donati a Visual Intifada verranno interamente destinati ai The Union of Palestinian Medical Relief Committees, realtà di base operante in campo medico, fondata nel 1979 da un gruppo di medici e assistenti per sopperire alle inadeguate strutture mediche palestinese a causa della decennale occupazione militare israeliana. Si tratta di una delle più grandi ONG presenti in Palestina. Opera prettamente in campo medico e scolastico.

I 20 motivi che hanno permesso al FMLN di vincere l'elezioni amministrative


El Salvador - Il 18 gennaio e 19 marzo si è votato per le elezioni amministrative riportiamo un articolo tratto da ’Nicaragua y mas’ precedente all'esito elettorale.

Tra pochi giorni si voterà in Salvador per eleggere deputati e sindaci, mentre a metà marzo sarà il turno delle elezioni presidenziali. Mai come in questa occasione il Frente Farabundo Martí para la Liberación Nacional, Fmln, appare in netto vantaggio sul partito di estrema destra Alianza Republicana Nacionalista, Arena, che governa da oltre 14 anni.
Secondo gli ultimi sondaggi, il Fmln con il suo candidato alla Presidenza, il giornalista Mauricio Funes, manterrebbe un vantaggio di circa 17 punti percentuali sul suo avversario, Rodrigo Ávila, di Arena. La stessa Universidad Centroamericana (UCA), entità dei gesuiti non certo abituata a divulgare sondaggi senza averne prima confermata l’attendibilità, ha fatto sapere che il candidato della sinistra salvadoregna avrebbe un vantaggio non inferiore ai 16 punti. Una vittoria del Fmln sarebbe storica non solo per il paese, ma per l’intera regione centroamericana, dato che attualmente il Salvador è l’ultima roccaforte che rimane agli Stati Uniti nella regione. Se si prende inoltre in considerazione che questo paese potrebbe diventare ben presto il settimo ad entrare a far parte dell’ALBA, insieme a Venezuela, Cuba, Nicaragua, Bolivia, Honduras e Dominica, si capisce come queste elezioni stiano attirando l’attenzione dell’intero continente americano e creino una forte preoccupazione all’amministrazione Bush.Anche nelle elezioni municipali ed in quelle per deputati, il Fmln mantiene un vantaggio del 11,7 e del 14 per cento rispettivamente (ampia informazione su www.raices.com.sv ).
Su questi temi Paul Fortis ha "spiegato" perché si deve votare per il Fmln.
1. Per amore alla mia patria andrò a votare per la prima volta in vita mia. Le altre volte non l’ho fatto perché non serviva a niente o perché ero assente. Questa volta, però, voterò e lo farò per il FRENTE, perché il Frente è la mia Gente.
2. Per arrivare a tutto ciò ho dovuto lavorare con costanza ed applicazione; per arrivare a questa decisione ho dovuto contribuire a creare le possibilità obiettive del popolo e quindi, non servire solo come oggetto, ma come soggetto determinante.
3. Il futuro della nostra patria e della nostra cittadinanza e soprattutto, della nostra infanzia e dei giovani, è in gioco e quindi il mio voto conta.
4. Rimanere nell’opacità ostracista senza esercitare il mio diritto ed il mio obbligo di votare mi convertirebbe in un "lumpen" e so di non esserlo.
5. voterò per la candidata del Fmln (Violeta) nella capitale perché vuol dire trasparenza e futuro. Un anno di lavoro tra amministrazione comunale e nuovo governo vuol dire avere ciò che abbiamo sempre desiderato: una città pulita, ordinata e partecipativa.
6. Voterò per Violeta perché è la speranza di lottare per la salute, l’istruzione e l’ambiente della capitale.
7. Voterò per Violeta per la sua onestà e la sua capacità amministrativa.
8. Voterò per il Fmln perché quasi tutti i nostri candidati a deputato sono membri della Direzione del Fmln e che saggiamente hanno saputo guidare il partito del popolo verso i livelli in cui si trova oggi.
9. Voterò per il Fmln perché conosco da vicino i candidati e so che non tradiranno mai gli interessi del popolo e della società salvadoregna.
10. Voterò per il gruppo parlamentare del Fmln perché so che non verranno meno alla lotta che porto avanti contro lo sfruttamento delle miniere ed a favore dell’infanzia, della gioventù e della terza età.
11. Voterò per i candidati del Fmln perché so che con loro il nostro paese starà meglio grazie al programma di governo che è stato creato.
12. Voterò per i miei compagni e compagne perché rappresentano la nostra Chiesa storica ed hanno dimostrato rispetto.
13. Voterò per il Fmln perché rappresenta e difende gli interessi della maggioranza dei cittadini e perché stanno invitando la minoranza ad unirsi per lavorare insieme a favore degli interessi della popolazione.
14. Voterò per il Fmln perché è il partito che, ancor prima di arrivare al potere, per mezzo del suo candidato Mauricio Funes, ha stabilito relazioni con la maggior parte dei paesi del mondo.
15. Voterò per il Fmln perché è il partito che ha condotto una campagna elettorale pulita, senza offendere nessuno, dando un esempio di rispetto alla popolazione, di maturità ideologica e di capacità politica come dirigente.
16. Voterò per il Fmln perché è l’unico partito capace di portare la nostra società ad uno stato di diritto, in cui tutti possono far sentire la propria voce quando si prendono decisioni d’interesse nazionale.
17. Perché è l’unico partito capace di tirarci fuori dalla drammatica situazione in cui ci troviamo, riconoscendo il valore del lavoro dei contadini, dei piccoli e medi produttori e dei lavoratori e lavoratrici di tutti i settori.
18. Perché è l’unico partito capace di ristabilire la credibilità dell’esercito e dei corpi di sicurezza della nazione.
19. Perché è la forza politica più importante a livello internazionale e perché non ha nemmeno uno dei suoi militanti processati per crimini a livello nazionale od internazionale.
20. Perché è l’unico partito capace di condurre la nostra nazione verso la pace e la giustizia sociale, con un’economia di sviluppo sostenibile e una democrazia partecipativa.
Per questo voterò Fmln. Dimmi quali sono le tue ragioni? Alzati, vai a votare, esercita i tuoi diritti di cittadino. Nessuno è degno di avere una patria migliore se non lotta per essa.

MST 25 anni dopo

Editorial Jornal Sem Terra
Venticinque anni dopo la fondazione del nostro Movimento, abbiamo deciso di incontrarci per commemorare un quarto di secolo di lotte e conquiste. E abbiamo fissato questo incontro proprio nella Fazenda Anoni. Qui, due periodi storici di crescita della lotta di massa si incontrano. Qui convergono i simboli e la storia del movimento contadino in Brasile. Torniamo per bere dalla fonte, come dicono gli antichi. Abbiamo fissato questo incontro con l’ereditá del movimento contadino, ma anche con la nostra storia. Per celebrarlo, ma anche per ricordare i compagni e le compagne che non hanno potuto seguire questo cammino fin qui con noi. Roseli Nunes, simbolo della marcia degli accampati di Anoni; Teixerinha, Fusquinha e Doutor; i maritri di Eldorado dos Carajas e di Felisburgo; Antonio Tavares e centinaia di lavoratori Sem Terra, uccisi dalla violenza del latifondo. Se fossero con noi, sarebbero orgogliosi sapendo che il nostro Movimento non solo é sopravvissuto a questi 25 anni - un fatto inedito per un movimento contadino in Brasile - ma abbiamo diffuso una nuova concezione di Riforma Agraria. Molto piú ampia della sola democratizzazione dell’accesso alla terra e dell’estinzione del latifondo. La nostra lotta ha costruito nella pratica la democratizzazione dell’accesso all’educazione, alla salute, alla comunicazione e la vera e propria messa in pratica della democrazia. Il Movimento Sem Terra che abbiamo costruito, è responsabile dell’insediamento di 370mila famiglie in tutto il Paese. Ma è anche autore di molte realizzazioni, come 2mila scuole pubbliche nelle zone rurali - che garantiscono l’accesso all’educazione a oltre 160mila bambini e adolescenti Sem Terra, e che alfabetizzarono 50mila giovani e adulti negli ultimi anni - o come gli oltre 100 corsi di formazione superiore realizzati in tutto il Brasile in collaborazione con le Università. Ma probabilmente, il nostro principale contributo per la società brasiliana è stato quello di mantenere l’impegno preso di produrre alimenti per il popolo brasiliano. Questo è stato possibile grazie all’organizzazione di oltre 400 associazioni e cooperative che lavorano in modo collettivo per produrre alimenti non transgenici e senza l’uso di pesticidi tossici, e grazie alla creazione di 96 agroindustrie che migliorano il reddito e le condizioni di lavoro nelle aree rurali, e che offrono alimenti di qualità a basso prezzo nelle città. Così, abbiamo un incontro marcato con la Storia, ma non solo con ciò che già abbiamo realizzato. Che questo Incontro ci incentivi. E che possiamo, uniti ai lavoratori urbani, sfruttando le contraddizioni sociali dell’attuale crisi economica e intorno alle misure strutturali necessarie per il nostro Paese, iniziare un nuovo e vigoroso ciclo di lotte di massa.
Direzione Nazionale del MST

Palestinesi

Ricordiamo a tutt@ gli appuntamenti del 21 gennaio 2009 .
Alle 17 all'aula Matteo Ripa di Palazzo Giusso:
Palestinesi:l'occupazione nella vita quotidiana
Dalle 21 a Palazzo Corigliano cena di finanziamento.




martedì 20 gennaio 2009

Cronaca della Mobilitazione indigena in Ecuador

Una giornata di mobilitazione per le risorse e i beni comuni
20 gennaio 2009
Giornata di mobilitazione nazionale promossa dalla Conaie
La protesta di Imbabura con il racconto della repressione - Vai al comunicato
La Conaie denuncia la repressione della mobilitazione - Vai al comunicato
La mobilitazione indigena in Amazzonia - Vai all’articolo
La Conai decide di allargare la protesta dopo la notizia dei fermi - Vai all’articolo
Arriva la notizia dei primi arresti - Vai all’articolo
La Conai decide di allargare la protesta dopo la notizia dei fermi - Vai all’articolo
Arriva la notizia dei primi arresti - Vai all’articolo
Il presidente Correa parla da Guayaquil dove non ci saranno mobilitazioni contro la Legge Mineraria - Vai all’articolo
Blocchi stradale a Imbabura e Pichincha - Vai all’articolo
Indigeni bloccano la strada a Azuay e Cañar - Vai all’articolo
Crescono le mobilitazioni sociali nel centro del paese - Vai all’articolo
Il movimento indigeno avverte che la "destra" cerca di approfittare della mobilitazione - Vai all’articolo
La Conaie blocca la panamericana nord zona Cayambe - Vai all’articolo
Gli indigeni annunciano per oggi la chiusura delle strade a Azuay, Loja e Morona Santiago - Vai all’articolo
Gli indigeni bloccano le strade del Nord e Sud andino -Vai all’articolo

Palestinesi:l'occupazione nella vita quotidiana


Adnan Ateyah Salem Ramadan

sociologo ed esperto in risoluzione e trasformazione dei conflitti, è da tempo impegnato nella difesa dei diritti umani e della causa palestinese in diverse iniziative non violente. Attualmente direttore esecutivo di OPGAI (Occupied Palestinian and Golan Hights Advocacy Initiative), una coalizioni di 14 associazioni della società civile, e membro dell'AIC (Alternative Information Center)


BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!