di Astrit Dakli
La sede di “Baikal Wawe“, un gruppo ambientalista siberiano che sta battendosi contro la riapertura della cartiera sul lago Baikal decisa il 13 gennaio dal premier Vladimir Putin, è stata occupata e messa a sacco dalla polizia locale, che ieri ha portato via tutti i computer e molti documenti cartacei con la scusa di cercare del software senza licenza. I membri del gruppo che si trovavano nella sede sono stati portati in commissariato e identificati; il sito internet di Baikal Wawe è stato oscurato.
Secondo i portavoce del movimento ambientalista – forse quello operante da più tempo nella regione del celebre lago – l’irruzione della polizia è legata a doppio filo alle proteste che il gruppo stesso ha sollevato contro la riapertura della fabbrica, di proprietà del super-oligarca Oleg Deripaska; non a caso l’operazione è stata condotta proprio nel giorno in cui a Mosca si trovava una folta delegazione di amministratori della città di Baikalsk, dove si trova l’impianto contestato, e di dirigenti della fabbrica stessa, tutti corsi nella capitale per ringraziare il governo e Putin della scelta di riaprire.
La vicenda della cartiera BTsBK è lunga e complessa, e vede una contraddizione insanabile tra tutela ambientale e tutela delle condizioni di vita di un’intera città, Baikalsk, che con la chiusura degli impianti decisa l’anno scorso e ora revocata aveva visto davanti a sè il concreto spettro della totale rovina: la cartiera forniva infatti lavoro direttamente o indirettamente a metà della popolazione attiva, e provvedeva inoltre a fornire riscaldamento ed elettricità alla cittadinanza. D’altra parte, lo sversamento nel lago delle acque di lavaggio, contenenti forti quantità di cloro, rappresenta una minaccia gravissima a un ecosistema unico al mondo. Non a caso lo stesso Putin, nell’ordinare la riapertura, ha anche incaricato il ministero dell’ambiente di esercitare un monitoraggio speciale sulla situazione con facoltà di intervenire – non si sa ben come.
Quanto al gruppo ecologista messo sotto torchio, corre rischi seri: anche perché le sue origini sono legate (nei primi anni novanta) a un intervento straniero, in particolare di un’associazione ambientalista tedesca che pagò la sede e le prime attrezzature. Data l’estrema durezza delle leggi russe in materia di attività sul territorio federale di ong straniere, non è difficile ritenere che questo possa diventare un pretesto per bloccare una voce scomoda e molto seguita.
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Viva EZLN
Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.
La lucha sigue!