Ma c'è un agente più decisivo e meno neutro di Facebook, Twitter o Google, che ha contribuito a questa trasmissione. L'agente che più ha trasmesso il «contagio rivoluzionario» è stata la rete televisiva Al Jazeera. Lo dimostrano gli arresti di suoi sei giornalisti da parte della polizia egiziana, la confisca delle cineprese, lo spegnimento dei ripetitori. Al Jazeera è abituata all'ostilità dei governi: nel 1999 fu tagliata l'elettricità a più di metà dell'Algeria per impedire che gli algerini potessero vedere una trasmissione critica verso il regime.Ma come mai ha assunto la funzione di veicolo rivoluzionario una tv lanciata nel 1995 - appena un anno dopo aver deposto il proprio padre con un golpe - dall'emiro del Qatar, Hamad bin Khalifa Al Thani che proprio democratico non è? Più in generale, come mai l'unica sfida al monopolio mondiale delle notizie detenuto dai media anglosassoni (Bbc, Cnn, Fox, Sky) viene non dalla Cina, dal Giappone, dall'Europa continentale o dalla Russia, bensì da un emiro con tre mogli e 24 figli? È sorprendente come l'unica vera novità globale in campo mass-mediatico degli ultimi 15 anni, sia venuta da un piccolo stato islamico.
Non conosco l'arabo e non posso giudicare le trasmissioni in lingua araba. Seguo però assai spesso Al Jazeera English e posso paragonarla con la Bbc (l'americana Cnn è di qualità assai inferiore). Intanto gran parte dei giornalisti di Al Jazeera, soprattutto all'inizio, vennero dai servizi in arabo della Bbc, appena chiusi per la censura subita in Arabia saudita. E ancora oggi sono tanti i giornalisti transfughi dalla Bbc. La ricetta è stata perciò fin dall'inizio quella di fare una Bbc araba, con l'autorevolezza del canale di stato inglese. Porsi un tale obiettivo era letteralmente rivoluzionario nel panorama mediatico mediorientale, dove le tv di stato sono non solo succubi dell'autocensura e prone al potere, ma per di più di una noia mortale.
Per le masse di telespettatori arabi Al Jazeera è stata quindi una boccata di aria fresca, è stata l'irruzione dell'informazione moderna in regimi feudali e tirannici (naturalmente Al Jazeera parla pochissimo di quel che succede in Qatar). Da questo punto di vista Al Jazeera ha uno statuto per certi versi paradossale. È una tv mainstream, per il tono, per il format, per la scuola da cui provengono i suoi giornalisti; ma nello stesso tempo è una tv alternativa, nel senso che le notizie vi sono ordinate secondo una scala di priorità e da un punto di vista alternativi rispetto alle tv anglosassoni. Vedere Al Jazeera è come guardare il mondo dalle carte geografiche disegnate in India, in cui il subcontinente asiatico è al centro e invece l'Europa è in periferia, piccola, lì in fondo in alto a sinistra. Così è per la gerarchia delle notizie in Al Jazeera: quelle dal Sud del mondo hanno quasi sempre la priorità su quelle dal Nord.
Così se oggi la Siria annuncia di voler procedere a riforme, se cioè sente che il vento del sollevamento popolare sta per scuoterla, è in gran parte grazie ad Al Jazeera che ha portato nelle case di Damasco e di Aleppo le scene delle rivolte tunisine ed egiziane. E molti di quei due miliuoni di manifestanti che ieri hanno dimostrato al Cairo sono stati mossi dalle immagini della televisione del Qatar ad affluire nella capitale. Ora viene solo da sperare che, per la legge delle conseguenze non volute, anche l'emiro del Qatar debba dolersi di aver fondato questo strepitoso successo massmediatico e sia costretto a cedere una parte del suo potere assoluto.
PS. Già anni fa Tariq Ali, della New Left Review, aveve suggerito al presidente del Venezuela Hugo Chavez di smetterla di finanziarie la tv di stato venezuelana e di lanciare un canale «Al Gramscìa»
Tratto da: Il Manifesto