La prima giornata operativa del Forum ha dovuto faticare per partire. Ci sono stati grossi inghippi con l’Università Cheikh Anta Diop - il luogo di Dakar dove si svolge il Forum sociale mondiale - che hanno portato a dei ritardi sia nel programmare gli incontri, come nei dibattiti.
Solo verso mezzogiorno abbiamo avuto tra le mani il programma ufficiale della giornata, con elencati quasi 250 appuntamenti. Fisicamente impossibile poter partecipare a tutti. Ognuno del gruppo comboniano ha cercato di trovare l’incontro che lo stimolava di più.E, nonostante molti eventi programmati non siano stati fatti, quelli ai quali ho partecipato si sono rivelati di una passione straordinaria. Mi ha molto colpito il dibattito delle donne, provenienti da molti paesi africani, sul 50esimo anniversario delle indipendenze africane, lette al femminile. Difficile dire se siano stati più caldi i colori dei loro vestiti o le parole appassionate dei loro interventi.
La stessa passione che ho visto nella tenda strapiena che ha dibattuto il tema: “La rivoluzione tunisina, lezione e prospettive politica in Africa e in Medio Oriente”. Commovente ascoltare il calore con cui i tunisini raccontavano la loro esperienza. E altrettanto sorprendente la risposta degli africani subsahariani agli stimoli ricevuti dall’esperienza ascoltata. Soprattutto su quell’insistere, da parte dei tunisini, che la loro è una rivoluzione contro il neo-colonialismo, con il proposito di radicalizzarla fino a non pagare più il debito con i paesi e con i potentati economico-finanziari occidentali. Molti degli intervenuti si sono chiesti se non è giunta l’ora anche dell’Africa nera di seguire quell’esempio.
Non dimentichiamo che questa giornata del Forum era dedicata proprio all’Africa. Ho potuto notare quanta emozioni suscitasse in un’assemblea la memoria di due mitiche figure della storia recente africana come quella di Thomas Sankara, presidente martire del Burkina Faso e di Patrice Lumumba, presidente martire del Congo. Molto ricordate sono state anche alcune personalità mitiche del Senegal, il presidente Leopold Senghor, Alioune Diop, fondatore della rivista Presence Africaine, e il grande pensatore Cheikh Anta Diop, che ho intervistato personalmente a Dakar nel 1980. “Ricordati padre Alex”, mi disse sulla porta, congedandomi, “che se l’Africa non recupererà il proprio passato, non potrà mai avere un futuro”. Un monito, questo, così importante per l’Africa che vive questo momento così difficile.
Ed è su questo che è tornata anche l’ex presidente del Brasile Lula, ospitato dal Forum e dal presidente senegalese A. Wade. Lula ha chiesto scusa per il debito storico del suo paese nei confronti dell’Africa nera, debito non ancora pagato: la tratta degli schiavi. “Il mondo ha l’obbligo morale” ha continuato l’ex presidente, “di impegnarsi nei confronti di questo continente, affinché possa riscattarsi”.
Interessante anche la panoramica aperta dall’economista egiziano Samir Amin sull’Africa (“Non è povera, è stata impoverita”) nel contesto della globalizzazione. Ho tuttavia trovato il suo racconto ancora molto ideologico e mancante della passione che ho invece riscoperto nella voglia, espressa nei dibattiti, degli africani di costruire un futuro altro per questo continente.
Non sono stati, però, soltanto politici, professori, sociologi e pensatori a caratterizzare l’inizio di questo evento. Ma anche i teologi hanno voluto contribuire al Forum stesso con ben quattro appuntamenti: uno sull’Africa in fermento e su come guarirla; un altro sulle sfide della teologia afro-americana di liberazione; un terzo sui cristiani e musulmani in Africa, in un cammino di dialogo e liberazione; e infine, uno sui migranti.
Nel panel sull’Africa in fermento, ho molto apprezzato le parole della teologa kenyana Mary Getui, che è ritornata con forza sul concetto africano della “Madre terra, che è viva, che piange, che sorride. La Madre terra è la sola casa che abbiamo e lei stessa ha bisogno delle nostre cure e attenzioni”. Ha inoltre insistito sul fatto che la Madre terra “è il più importante bene comune che l’umanità ha”.
Sono stato favorevolmente impressionato dal contributo dei teologici di tutte le confessioni al Forum, ma soprattutto dalla presenza consistente di molti religiosi, padri, suore. Lo stesso cardinale di Dakar, Adrien Sarr, ha voluto celebrare domenica scorsa una messa d’inaugurazione del Forum, ma nel quartiere popolare della capitale, sottolineando il fatto che i cristiani sono convocati a modificare un sistema profondamente ingiusto sia a livello globale che nazionale.
Solo verso mezzogiorno abbiamo avuto tra le mani il programma ufficiale della giornata, con elencati quasi 250 appuntamenti. Fisicamente impossibile poter partecipare a tutti. Ognuno del gruppo comboniano ha cercato di trovare l’incontro che lo stimolava di più.
La stessa passione che ho visto nella tenda strapiena che ha dibattuto il tema: “La rivoluzione tunisina, lezione e prospettive politica in Africa e in Medio Oriente”. Commovente ascoltare il calore con cui i tunisini raccontavano la loro esperienza. E altrettanto sorprendente la risposta degli africani subsahariani agli stimoli ricevuti dall’esperienza ascoltata. Soprattutto su quell’insistere, da parte dei tunisini, che la loro è una rivoluzione contro il neo-colonialismo, con il proposito di radicalizzarla fino a non pagare più il debito con i paesi e con i potentati economico-finanziari occidentali. Molti degli intervenuti si sono chiesti se non è giunta l’ora anche dell’Africa nera di seguire quell’esempio.
Non dimentichiamo che questa giornata del Forum era dedicata proprio all’Africa. Ho potuto notare quanta emozioni suscitasse in un’assemblea la memoria di due mitiche figure della storia recente africana come quella di Thomas Sankara, presidente martire del Burkina Faso e di Patrice Lumumba, presidente martire del Congo. Molto ricordate sono state anche alcune personalità mitiche del Senegal, il presidente Leopold Senghor, Alioune Diop, fondatore della rivista Presence Africaine, e il grande pensatore Cheikh Anta Diop, che ho intervistato personalmente a Dakar nel 1980. “Ricordati padre Alex”, mi disse sulla porta, congedandomi, “che se l’Africa non recupererà il proprio passato, non potrà mai avere un futuro”. Un monito, questo, così importante per l’Africa che vive questo momento così difficile.
Ed è su questo che è tornata anche l’ex presidente del Brasile Lula, ospitato dal Forum e dal presidente senegalese A. Wade. Lula ha chiesto scusa per il debito storico del suo paese nei confronti dell’Africa nera, debito non ancora pagato: la tratta degli schiavi. “Il mondo ha l’obbligo morale” ha continuato l’ex presidente, “di impegnarsi nei confronti di questo continente, affinché possa riscattarsi”.
Interessante anche la panoramica aperta dall’economista egiziano Samir Amin sull’Africa (“Non è povera, è stata impoverita”) nel contesto della globalizzazione. Ho tuttavia trovato il suo racconto ancora molto ideologico e mancante della passione che ho invece riscoperto nella voglia, espressa nei dibattiti, degli africani di costruire un futuro altro per questo continente.
Non sono stati, però, soltanto politici, professori, sociologi e pensatori a caratterizzare l’inizio di questo evento. Ma anche i teologi hanno voluto contribuire al Forum stesso con ben quattro appuntamenti: uno sull’Africa in fermento e su come guarirla; un altro sulle sfide della teologia afro-americana di liberazione; un terzo sui cristiani e musulmani in Africa, in un cammino di dialogo e liberazione; e infine, uno sui migranti.
Nel panel sull’Africa in fermento, ho molto apprezzato le parole della teologa kenyana Mary Getui, che è ritornata con forza sul concetto africano della “Madre terra, che è viva, che piange, che sorride. La Madre terra è la sola casa che abbiamo e lei stessa ha bisogno delle nostre cure e attenzioni”. Ha inoltre insistito sul fatto che la Madre terra “è il più importante bene comune che l’umanità ha”.
Sono stato favorevolmente impressionato dal contributo dei teologici di tutte le confessioni al Forum, ma soprattutto dalla presenza consistente di molti religiosi, padri, suore. Lo stesso cardinale di Dakar, Adrien Sarr, ha voluto celebrare domenica scorsa una messa d’inaugurazione del Forum, ma nel quartiere popolare della capitale, sottolineando il fatto che i cristiani sono convocati a modificare un sistema profondamente ingiusto sia a livello globale che nazionale.