"Spero che stamattina il mare sia bello per poter praticare il mio sport preferito; questi sono i giorni giusti per cavalcare le onde e trascorrere i momenti più belli con gli amici con cui condivido questa passione, ma ho molta paura delle motovedette israeliane che studiano sempre il modo per darci noia: sparano contro le barche e anche contro di noi surfisti".
Con queste parole, Mahmud ar-Rayashi, di 19 anni, comincia a parlarci dello sport che ama, il surf, uno degli sport difficili da praticare nella Striscia di Gaza, soprattutto a causa delle aggressioni israeliane.
La prima cosa che Mahmud fa al mattino è chiamare i suoi amici per chiedere informazioni sulle condizioni del mare (vento e onde), sperando che possa essere ideale per praticare il loro sport preferito.
Oggi ci sono buone notizie per Mahmud: il tempo è adatto per il surf, così raccoglie le sue cose e parte in bici verso il mare, dove ad attenderlo ci sono i suoi amici.
Innamorati del mare
Grande gioia, volti sorridenti, tra poco questi giovani praticheranno il loro sport preferito, il surf, appunto.
Mahmud e i suoi amici sono pronti, mentre noi, insieme a Hindi Ashur (37 anni), presidente della Federazione Nuoto e campione della Palestina, ci dirigiamo verso un'altura per poter vedere Mahmud e i suoi amici mentre praticano il surf. Tuttavia, appena entrano in mare, appaiono le motovedette israeliane, che non lasciano mai la spiaggia di Gaza...
Ashour ci ha avvisati: "Le motovedette si avvicineranno molto alla spiaggia, poi spareranno vicino a Mahmud e i suoi compagni per costringerli ad uscire dall’acqua, impedendogli di praticare il loro sport. Poi torneranno in mare aperto, ma si rifaranno vive appena vedranno del movimento in acqua".
In effetti è così. Alcuni colpi d’avvertimento sparati dalle motovedette sono stati sufficienti a impedire a Mahmud e ai suoi compagni di cavalcare le onde. Ecco che sui loro volti si legge tutta la frustrazione e la rabbia: avevano aspettato il momento giusto per praticare il loro sport, ma alla fine gli occupanti israeliani hanno vietato loro anche questo svago.
Difficoltà e sfide continue
Sulle difficoltà incontrate da chi pratica il surf, Ashour ci ha spiegato: “Esse sono di due tipi: la prima è creata dalle forze di occupazione e dalle loro motovedette. La seconda riguarda l’aspetto materiale, quindi gli strumenti necessari per questo sport: le forze di occupazione ne impediscono l'importazione nella Striscia di Gaza”.
“Nel 2005, il surfista statunitense Matthew Olsen visitò Gaza, e rimase colpito dai giovani (poco più di una ventina) che qui, nonostante la penuria di risorse, praticavano il surf. Così, dopo aver scritto una relazione sull’argomento e aver lasciato la Striscia di Gaza, raccolse dei soldi per comprare, a beneficio di questi ragazzi di Gaza, le attrezzature che gli occupanti israeliani non fanno entrare.
Olsen tornò di nuovo a Gaza portando con sé venticinque tavole da surf, ma riuscì a farne entrare solo tre di 3 a causa dei divieti posti dalle forze di occupazione israeliane poste al valico militare di Eretz. Questo comportamento irritò molto Olsen, che espresse in maniera ancor più vivace la solidarietà verso i surfisti di Gaza, ragazzi che fanno sport ed amano la vita, contrariamente all'immagine che i media occidentali trasmettono dei palestinesi.
Yusuf al-Ghanim, amico di Mahmud, è uno dei giovani che pratica questo sport. Spera che qualcuno possa sponsorizzarli ed aiutarli a fare progressi, e partecipare poi a gare all'estero per imparare nuove tecniche. Egli ci fa notare che tutte le attrezzature che hanno sono state acquistate con i propri risparmi, nonostante la loro situazione economica sia molto modesta.
Yusuf è soddisfatto perché i media della Striscia di Gaza stanno dando una certa visibilità a questo sport, chiedendo ai ragazzi che lo praticano di continuare a denunciare i crimini commessi dagli occupanti israeliani contro di loro (come si è visto, disturbo mentre sono in acqua, oltre ai divieti all’importazione di materiali dall’estero).
Cenni storici sul surf
Questo sport è nato per la prima volta nell’arcipelago delle Hawaii, poi occupato dagli Usa. Il viaggiatore britannico James Cook, che lo scoprì nel 1778, notò che esso era una tradizione molto popolare tra gli abitanti dell'isola, che lo praticavano da secoli.
L’esploratore britannico vide anche che gli abitanti dell'isola, di entrambi i sessi, partecipavano a gare su assi di legno di lunghezza di 4-5 metri, e i vincitori che ricevevano onori e premi.
Agli inizi del XX secolo, la pratica di cavalcare le onde su una tavola passò in Occidente, dove si evolse nella sua forma attuale diventando uno sport professionale.
tratto da Infopal