Decine di persone, donne comprese, sono state aggredite brutalmente anche all’interno dei loro «shack» [l’insediamento informale]. Molti residenti sono fuggiti nella boscaglia vicina per nascondersi, mentre varie donne hanno creato delle barricate con pneumatici e altri oggetti di fortuna. Gli abitanti di Pemary Ridge hanno raccontato che la polizia ha anche aperto il fuoco, sparando in modo casuale decine di colpi in tutto l’insediamento. L’operazione si è conclusa con vari feriti, di cui uno in gravi condizioni, e tredici persone arrestate. Una volta di fronte al magistrato, la mattina di lunedì, il fermo non è stato convalidato e tutti gli arrestati sono stati rilasciati.
La sezione del movimento Abahlali baseMjondolo a Pemary Ridge ha diffuso un comunicato nel quale spiega che questa è la terza brutale operazione di polizia che avviene nell’insediamento informale Pemary Ridge dalla fine di settembre, dopo gli attacchi a Kennedy Road. Come Carta ha già raccontato, la notte del 26 settembre una folla di circa quaranta persone aveva assaltato il vicino insediamento di Kennedy Road, gridando slogan contro i leader di Abahlali e distruggendo le loro case. Da quel giorno, vari membri del movimento, fra cui i suoi leader principali, vivono in clandestinità con le loro famiglie.
Nonostante la ragione ufficiale dell’operazione di venerdì a Pemary Ridge sia apparentemente la ricerca di alcool e droga, il movimento afferma che «è chiaro che le azioni della polizia a Pemary fanno parte del più generale attacco ai danni di Abahlali baseMjondolo».
La polizia che ha condotto l’azione è quella del distretto di Sydenham, conosciuta dagli shack dwellers per la sua brutalità e la sua inefficienza. La notte degli attacchi a Kennedy Road, la polizia è giunta all’insediamento dopo diverse ore dalla prima chiamata e si è limitata a stazionare all’ingresso della baraccopoli, senza intervenire per fermare gli attacchi ai danni dei residenti. Per questa ragione, Abahlali ha accusato la polizia di connivenza con gli aggressori e con i mandanti degli attacchi.
L’ultimo episodio di violenza a Pemary Ridge avviene mentre in tutto il Paese si assiste ad una escalation di brutalità da parte della polizia, legittimata dalle autorità politiche. All’inizio di ottobre il presidente Zuma aveva dichiarato che, per affrontare con durezza il problema della criminalità, la polizia deve «sparare per uccidere». Nelle ultime settimane la «shoot-to-kill policy» ha causato varie vittime [fra cui un bimbo di tre anni a Cape Town, freddato da un agente perché «teneva in mano qualcosa di sospetto»], costringendo Zuma a precisare precipitosamente che «la polizia non ha comunque licenza di uccidere».
Operazioni di polizia come quella di venerdì sera non sono purtroppo una novità nelle baraccopoli sudafricane, come il movimento Abahlali non si stanca di ripetere. ll grande movimento sociale Abahlali è dunque da settimane al centro di una violenta repressione [la più grave in settembre, quando sono state uccise tre persone e decine sono state ferite nell’insediamento di Kennedy Road] da parte di milizie armate e polizia e di certo, l’autogoverno del movimento non piace all’African national congress [il partito al governo] soprattutto dopo la sentenza della Corte costituzionale che ha dato ragione al movimento circa l’obbligo di procedere a eventuali sgomberi soltanto dietro un provvedimento di un tribunale.
La giustificazione degli attacchi della polizia è sempre quella di riprestare la «legalità»: impedire connessioni irregolari all’elettricità, sgomberare degli shack, impedire la rivendita di alcolici, ma troppo spesso si trasformano in brutali operazioni di repressione a danno dei cittadini più poveri del Paese. I riflettori puntati al Sudafrica che si prepara ai mondiali del 2010, però, faticano a fare luce in questi angoli oscuri della politica sudafricana.
di Francesco Gastaldon
Per aggiornamenti si può consultare il sito del movimento
Abahlali