Resoconto di Laura Chiaghi, attivista trentina presente in Palestina
Colline a Sud di Hebron, Martedi 17 novembre, le 11 di mattina di una giornata fredda. La pioggia, come una benedizione, lava le pietre delle colline arse dal sole di una lunga estate mediorientale. Una famiglia cammina verso casa. Sono Fatima e Nasser, una giovane coppia con tre bambini. Ibrahim, 3 anni trotterella dietro ai genitori : gli altri due, troppo piccoli per camminare, sono portati in braccio da mamma e papá. La coppia si ferma in cima alla salita per prendere fiato e guarda sconsolata verso Havat Ma’on, l’avamposto alla loro sinistra. Da quando i coloni israeliani si sono installati su quella collina, piu’ di dieci anni fa, non possono piu’ usare la strada diretta, quella che in un quarto d‘ora di agevole cammino li avrebbe portati da At Tuwani a Tuba. Ora sono obbligati ad un giro tortuoso su sentieri sassosi per almeno quarantacinque minuti. Improvvisamente due donne si avvicinano, gesticolando. Sono Sarah e Laura, due attiviste internazionali. Una parla un po’ di arabo: “Stamattina abbiamo visto dei coloni nell’area. Non prendete la strada corta, fate quella lunga”. Fatima sospira. La strada lunga é molto lunga e non é una strada. La aspettano due ore di cammino, con un bimbo in braccio, su e giu’ per ripide colline sulle tracce di greggi e pastori. Le famiglia riparte, seguita dalle due volontarie, scende fra i campi in attesa di essere arati e risale sulla collina successiva. Ibrahim é stanco e si ferma. Nasser approfitta della pausa per chiedere dove erano esattamente i coloni. Quasi a rispondergli quattro uomini appaiono fra le rocce, ad una cinquantina di metri. La famiglia ricomincia a camminare, correre é impossibile. Sarah e Laura si fermano, iniziano a filmare. I coloni all’inizio esitano, sono disorientati. Poi iniziano a scendere, corrono verso la famiglia. Un quinto colono sale dalla valle e raggiunge il gruppo. I coloni circondano la famiglia e le internazionali, poi spintonano Nasser, che ancora stringe suo figlio in braccio. Ibrahim e’ terrorizzato, piange. Laura e Sarah si mettono in mezzo. I coloni le gettano a terra, vogliono le telecamere. Piovono colpi, calci e spintoni. La famiglia, nella confusione riesce ad allontanarsi. I coloni strappano le telecamere e finalmente se ne vanno,dopo venti minuti li vediamo entrare nell’avamposto. Questa e’ la storia di quello che ho visto e vissuto in un giorno di ordinaria violenza nelle colline a Sud di Hebron. Ovviamente la storia continua, anche dopo l’attacco. Nasser, Fatima, Sarah e me abbiamo trascorso interminabili ore alla stazione di polizia per presentare denuncia ed identificare nelle foto i nostri aggressori. Finora nessuno e’ stato arrestato. Nei giorni successivi una giornalista mi ha chiesto se senza la presenza degli internazionali l’attacco sarebbe stato più brutale. Io non lo so se senza di noi l’attacco sarebbe stato peggio, meglio o uguale. Sicuramente i media non ne avrebbero parlato. Ma il punto non é la presenza degli internazionali, il punto é la presenza dei coloni. Se le esercito israeliano avesse eseguito gli ordini di evacuazione che da anni pendono sull’insediamento illegale di Havat Ma’on, l’attacco non ci sarebbe stato. Se la polizia avesse seriamente perseguito i responsabili delle decine di attacchi a Palestinesi disarmati negli ultimi anni, l’attacco non ci sarebbe stato. E se l’opinione pubblica internazionale invece di dibattere per quanti mesi Israele dovrebbe congelare l’espansione delle colonie, si pronunciasse in modo netto per un ritorno del diritto e della legalitá nei Territori Palestinesi occupati , non ci sarebbero outpost illegali ad occupare la strada che in quindici minuti da At Tuwani porta a Tuba.Foto da Work in At-Tuwani, Palestine, 2007-2009 (Set)
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Background
Per anni, gli abitanti del villaggio di Tuba hanno utilizzato la strada diretta per raggiungere il villaggio di At-Tuwani e da lì la vicina città di Yatta, centro sociale ed economico di tutta l'area. La costruzione lungo tale strada dell'insediamento israeliano di Ma'on negli anni '80 e del vicino avamposto illegale di Havat Ma'on nel 2001, ha di fatto bloccato il movimento dei palestinesi, costringendoli a percorrere sentieri più lunghi che richiedono fino a due ore di cammino. Volontarie e volontari dei Christian Peacemaker Teams e di Operazione Colomba sono presenti nel villaggio di At-Tuwani dal 2004, con azioni di sostegno alla libertà di movimento dei palestinesi minacciati dalla violenza dei coloni israeliani che occupano illegalmente i territori palestinesi. La libertà di movimento è un diritto sancito dall'articolo 12 della Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici della Nazioni Unite, ratificata da Israele nel 1991. Secondo la Quarta Convenzione di Ginevra, la Corte Internazionale di Giustizia e numerose risoluzioni delle Nazioni Unite, tutti gli insediamenti israeliani nei Territori Palestinesi Occupati sono illegali. Gli avamposti sono considerati illegali anche secondo la stessa legge israeliana.