martedì 16 novembre 2010

Israele - Una nuova “TAV” made in Italy tra Gerusalemme e Tel Aviv.

Israele si appresta a compiere un grande passo per modernizzare la sua rete di infrastrutture: una linea ad alta velocità tra Tel Aviv e Gerusalemme. Se tutto và secondo progetto dal 2016 la linea A1 permetterà ai cittadini dello stato che ama definirsi ebraico e democratico di spostarsi tra le due pià grandi città dell’area in soli 28 minuti, contro i 90 necessari con la ferrovia attualmente in servizio. Un’ altra differenza tra la linea attuale, che si trova interamente in territorio israeliano, e quella in costruzione è nel percorso che stavolta attraverserà in due punti i Territori Occupati Palestinesi. 6 km di ferrovia che avranno un impatto pesantissimo sulle tre comunità palestinesi che vivono nelle aree attraversate dalla nuova meraviglia tencologica che si è deciso di costruire sulle loro terre. “Noi, la popolazione di Beit Surik, non vogliamo che la ferrovia sia costruita sulla nostra terra. Riteniamo che sia di importanza fondamentale l’appoggio dei popoli del mondo al nostro diritto di decidere come vogliamo usare la nostra terra, e chiediamo che ci aiutino a cambiare il percorso di questa ferrovia.” ha dichiarato Abu Shadi, leader del comitato popolare di Beit Surik, uno dei tre villaggi colpiti, alle ricercatrici della Coalition of Women for Peace, la ong israeliana che ha stilato un dettagliato rapporto sul progetto rendendo noto tra l’altro che l'Impresa Pizzarotti di Parma è tra le aziende straniere delegate dal governo israeliano a costruire la ferrovia, i lavori preliminari per scavare i tunnel in territorio palestinese sono già cominciati. Nell’ambito della maratona mediatica dell’ Anti Apartheid Week noi abbiamo intervistato Dalit Baum, autrice del rapporto e coordinatrice del progetto Who Profits from the Occupation:

Dalit Baum: La nostra organizzazione, la Coalition of Women for Peace, ha lanciato il progetto “who profits from the occupation?” in cui cerchiamo di analizzare quali corporation internazionali ed israeliane sono direttamente coinvolte e traggono profitto dall’occupazione della Palestina. Cerchiamo di mettere in evidenza situazioni concrete sul terreno che colpiscono la vita della gente e che producono profitti per le aziende che ci lavorano. Quando abbiamo sentito della nuova linea veloce tra Tel Aviv e Gerusalemme siamo rimaste stupite nello scoprire che attraversa i Territori Palestinesi, è stato stupefacente perchè non era affatto necessario farlo e quindi è stato davvero interessante per noi cercare di capire perchè abbiano scelto di attraversare dei territori occupati nonostante sia illegale in base al diritto internazionale seguire questo percorso.

AMISnet: Vi siete fatte un’idea del perchè di questa scelta?
Dalit Baum: è significativo, anche se non stupefacente, scoprire che per i pianificatori israeliani è più facile sottrarre terra ai palestinesi e incorrere nel rischio di essere perseguiti per la violazione del diritto internazionale, piuttosto che confrontarsi con le esigenze di cittadini israeliani che potrebbero lamentare l’eccessiva vicinanza della ferrovia alle loro case o la svalutazione delle proprietà immobiliari o il peggioramento della qualità dell’aria e della vista dalle loro finestre. Sembra che i confini internazionalmente riconosciuti di Israele siano totalmente insignificanti agli occhi degli ingenieri israeliani, che quindi possono attraversarli appena questo risulti conveniente o più facile per i loro progetti.

AMISnet: Lei parla di diritto internazionale, ma quale convenzione viola secondo lei questo progetto?
Dalit Baum: Non sono una giurista, ma sò che l’ occupazione militare è in qualche modo regolata dalla quarta convenzione di Ginevra e dal regolamento di Le Hague.  Stando a questi testi, la forza occupante può utilizzare i territori occupati esclusivamente per motivi di sicurezza e militari o a vantaggio della popolazione dell’ area occupata. Questa linea ferroviaria è invece solo a vantaggio della popolazione israeliana, i palestinesi della Cisgiordania non avranno alcun accesso al treno, non ci sono stazioni per loro ed evidentemente non si tratta di un progetto militare, quindi non c’è alcuna giustificazione perchè questo progetto possa coinvolgere i Territori Palestinesi Occupati.

AMISnet: Che tipo di impatto avrà questa ferrovia sulle comunità palestinesi dell’ area?
Daliut Baum: Abbiamo studiato il caso di tre comunità che circondano il tracciato di questa linea ferroviaria. In uno di questi casi la costruzione della ferrovia, una infrastruttura importante per Israele, impedirà in futuro che i residenti originari dell’area possano tornare ad abitarla, stabilendo di fatto l’annessione permanente del territorio allo stato di Israele. Il tracciato non attraversa solo la Linea Verde, cioè il confine, ma coinvolge aree che erano oggetto di trattativa e di proposte di accordo, ora invece abbiamo una annessione unilaterale. Questo è un tipo di problema. La situazione è ancora peggiore dove la ferrovia attraversa le aree ancora abitate da palestinesi che non sono stati espulsi, che ancora vivono sulla loro terra pur avendone persa molta. In un caso si prospetta una ulteriore perdita di territorio, in un altro caso il progetto finirà di circondare un villaggio che si troverà chiuso tra il “muro dell’ apartheid”, come lo chiamano loro, e questa linea ferroviaria cui non avranno accesso. Non solo perderanno i terreni agricoli da cui dipendono per la loro sussistenza, ma saranno isolati dagli altri villaggi dell’area e a Gerusalemme.

AMISnet: Ma i lavoro sono iniziati o sono ancora sulla carta?
Dalit Baum: Si tratta di un progetto enorme, i primi cantieri hanno aperto nel 2005. Nel nostro rapporto ad esempio abbiamo parlato di un cantiere in prossimità di un villaggio palestinese che invece ha aperto i battenti all’inizio di quest’anno. La maggior parte dei lavori saranno i lunghi tunnel previsti, Israele non dispone dell’esperienza necessaria per costruire i tunnel e quindi deve appoggiarsi ad esperti di ditte europee ed è qui che entra in sceno la compagnia italiana Pizzarotti e un’altra azienda russa che sono entrambe state reclutate per scavare questo particolare tipo di tunnel. Queste imprese si troveranno a lavorare in territorio cisgiordano proprio di fronte ai villaggi palestinesi e dato che il progetto è totalmente dipendente dal loro know how noi crediamo che debbano rispondere dei risultati e degli effetti del loro lavoro.

AMISnet: Ma le macchine sono già al lavoro?
Dalit Baum: La costruzione è cominciata, nelle aree dei tunnel molto del lavoro preparatorio è stato fatto. Il grosso dei lavori di scavo non sono ancora partiti, non sono ancora arrivate le grandi macchine specificamente progettate per fare i tunnel. Il ruolo delle ditte straniere entrerà nel vivo nei prossimi 2 o 3 mesi per quel che ne sappiamo.

AMISnet: Nel vostro rapporto parlate anche del movimento terra, cioè dell’utilizzo che si fà dei materiali frutto dei carotaggi e degli scavi, che fine fanno questi materiali?
Dalit Baum: Questo può sembrare marginale, ma è importante per capire la situazione. Una potenza occupante non ha il diritto di sfruttare per il proprio profitto le risorse naturali dei territori che occupa, e questo include anche la terra estratta durante gli scavi ed i carotaggi. Se questo materiale viene sfruttato per il profitto di una azienda israeliana è illegale dal punto di vista del diritto internazionale. Questo vale anche se i materiali vengono utilizzati in Israele o nel caso in cui vengano utilizzati nella costruzione delle colonie in territorio palestiense come suggerito dagli stessi pianificatori del progetto. Di fatto c’è davvero poco che possano fare per evitare l’ illegalità, perchè il progetto stesso è illegale, l’occupazione militare nonostante sia in qualche modo regolamentata dal diritto non consente l’uso dei territori occupati per finalità civili come stanno invece facendo. La compagnia italiana Pizzarotti è subentrata alla compagnia austriaca Alpine che inizialmente avrebbe dovuto eseguire i lavori. Alpine si è ritirata dal progetto, non sappiamo bene perchè, tuttavia ci auguriamo che la compagnia italiana possa seguire l’esempio austriaco.

tratto da Scirocco - Voci del Mediterraneo

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!