di Michele Vollaro, Aldo Canestrari
Le bugie, si sa, a Pinocchio fanno crescere il naso. E un Pinocchio con un lungo nasone era il disegnino che compariva in sovraimpressione sullo schermo durante un servizio di approfondimento della televisione curda Roj Tv. Mandata in onda il 3 novembre, la trasmissione aveva lo scopo di smascherare la penosa ‘messa in scena’ dei quotidiani e delle televisioni turche dei giorni precedenti, che si erano scatenati nell’ attribuire al PKK, il Partito dei lavoratori kurdi, l’attentato suicida del 31 ottobre nell’affollata piazza di Taksim, ad Istanbul, durante il quale sono rimaste ferite 32 persone, 15 poliziotti e 17 civili. Alcuni media turchi sono andati ben più oltre, addossando la responsabilità alla stessa televisione curda e sostenendo che i suoi giornalisti si trovavano già nella piazza con una troupe, pronti a filmare la scena, perché “avvisati in anticipo dai terroristi” (il primo a diffondere questa notizia è stato il quotidiano Milliyet, seguito poi dal giornale in lingua inglese The Turkish Weekly e dall’edizione turca della Cnn).
L’attentato in realtà era stato sconfessato lo stesso giorno ed apertamente condannato dal PKK e da tutto il mondo politico kurdo. D’altrondel’ipotesi di una attribuzione al PKK di tale attentato era inverosimile anche a causa del fatto che lo stesso PKK aveva rinnovato la sua tregua unilaterale il 1 novembre, cioè l’indomani dell’attentato. Ma il fatto che l’attentatore, deceduto nell’attentato, risultasse essere stato “in passato” un militante del PKK ha alimentato i fiumi di inchiostro della stampa nazionalista turca, che non aspettavano migliore occasione per descrivere la spietatezza e la perfidia del movimento kurdo. Finché – il 4 novembre – l’attentato non è stato rivendicato dal gruppo terroristico “TAK”, cioè i “Falchi della Libertà”, che è invece autonomo e del tutto indipendente dal PKK.
Ma Pinocchio non si lascia scoraggiare così facilmente e la valanga delle menzogne è continuata, non solo in Turchia, grazie a un terreno reso fertile da molte menzogne e un giornalismo poco approfondito, quando non è apertamente propaganda. Infatti è un “leitmotiv” diffuso da anni nella stampa turca, ed ampiamente ripreso dai media internazionali, l’affermazione che le “TAK”, questi “Falchi della Libertà”, altro non sarebbero che una sorta di “longa manus” del PKK. Una frottola infondata quanto assurda. Si tratta invece di un gruppuscolo fondato intorno alla metà degli anni 2000 da esponenti fuoriusciti dal PKK perché ritenevano la sua azione troppo morbida e benevola nei confronti del governo turco. Dedito ad attività terroristiche nell’occidente della Turchia e ad Istanbul, volte in particolare a colpire il turismo in Turchia con attentati contro alberghi che sono spesso costati la vita a turisti di origine straniera, il gruppo è stato esplicitamente sconfessato dal PKK che ha dichiarato di non aver nessun legame con esso. E ha più di una volta condannato il genere di azioni praticato dalle “TAK”.
Il vizio di raccontare frottole, spesso anche grossolane, a proposito della questione kurda è purtroppo un’abitudine ormai di vecchia data della stampa internazionale, compresa quella italiana. E non solo su fatti di difficile documentazione, per comprendere i quali è magari necessario un accurato approfondimento e un’attenzione da “specialisti”. Le fandonie raccontate dai media sulla questione kurda riguardano in primo luogo le notizie che sono di pubblico dominio, dove “sbagliare” è proprio da perfetti somari e, oltre al ridicolo che suscita, fa parte di un brutto e pericoloso gioco – se così vogliamo chiamarlo – di disinformazione. Un gioco che viene fatto proprio non solo da testate giornalistiche di second’ordine, ma anche dalle più accreditate agenzie stampa internazionali. L’esempio più “ridicolo”, appunto, è la definizione, ricorrente e continuata, del PKK come “i separatisti curdi” (o gli “indipendentisti curdi”). Talvolta, i più diligenti non si limitano nemmeno a una simile sbrigativa quanto bugiarda qualifica, ma entrano nei dettagli, sostenendo che il loro scopo sarebbe “la creazione di uno Stato indipendente curdo in territorio turco”. A scrivere questa fandonia è stata per ultima l’italiana Apcom, in un lancio di agenzia del 4 novembre 2010, (che recava un titolo ancora più bugiardo: “Pkk rivendica attentato in Piazza Taksim di domenica”. Insomma, non ci si limitava, come fanno i più, a sostenere falsamente che le TAK sono legate al PKK, ma si inventava addirittura, di sana pianta, che l’attentato fosse stato “rivendicato” in prima persona dal PKK, mentre il testo di rivendicazione è stato fatto dalle TAK, come anche il resto della stampa ammette). Per trovare altri esempi, basta andare su Internet e cercare su Google o qualsiasi altro ‘motore di ricerca’ usando come chiave di ricerca le parole “separatisti curdi”: il numero di pagine ritrovate ed il loro contenuto inducono davvero a mettersi le mani nei capelli. Tanto vale chiamare la Russia di oggi “Unione Sovietica”, il Parlamento della Repubblica federale di Germania “Reichstag” e la città di Roma “capitale dell’Impero Romano”. La rinuncia alla “creazione di uno Stato indipendente curdo” è diventata – a partire dal 1999 – uno dei capisaldi dell’orientamento politico condiviso dal movimento kurdo in Turchia. Ci sono ovviamente minuscole frange estremiste contrarie, ma il fatto stesso che questa è la posizione del PKK dovrebbe aiutare a comprendere che il mondo del Kurdistan e della Turchia in generale dipinto da molti media sia ben diverso da come esso è in realtà. Basti a questo punto riflettere sul fatto che la “linea” che muove l’agenda politica kurda è incentrata sul principio della “autodeterminazione democratica”, un concetto promosso allo stesso tempo da Adbullah Ocalan e dal Partito della pace e della democrazia (BDP) dove l’affermazione dell’identità del popolo kurdo e la democratizzazione dell’intera Turchia diventano le due facce della stessa medaglia.
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Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.
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