Il dignity camp non esiste più. Le otto mila tende jaimas (tradizionali) di Gdeim Izik sono state totalmente evacuate e smantellate dalle forze speciali marocchine, all'alba di oggi. Secondo fonti non governative ci sarebbero stati un numero imprecisato di feriti sahrawi, per via dell'uso di proiettili di gomma e lacrimogeni che hanno provocato l'incendio di molte tende.
Per le strade di Al Aaiun sono in corso, in questo momento, degli scontri tra militari e civili saharawi. Sulla via di Smara, che conduce al campo, e nel barrio della Matalla, sono state erette barricate con copertoni dati alle fiamme e veicoli ribaltati. Il blitz era stato anticipato ieri sera da un massiccio invio di squadre antisommossa attorno all'accampamento-protesta che si era formato lo scorso 10 ottobre a circa dodici chilometri a est della capitale occupata di Al Aaiun. La tendopoli era giunta a contenere oltre venti mila persone. Una protesta fondata sin dall'inizio su rivendicazioni socio-economiche.
"Vogliamo richiamare l'attenzione internazionale sulle discriminazioni che i saharawi subiscono nell'accesso al lavoro, alla casa e allo studio - ci spiegava solo sei giorni fa Ennaama Asfari, copresidente del Comitato per il rispetto delle libertà e dei diritti umani nel Sahara occidentale (Corelso) - Dell'autodeterminazione, invece, devono occuparsi i nostri rappresentanti, cioè il Fronte Polisario". Secondo le ultime notizie, che giungono da Gdeim Izik, Ennaama Asfari sarebbe stato arrestato ieri sera e malmenato fino a perdere i sensi. Secondo fonti vicine al Fronte Polisario, organizzazione politico-militare dei saharawi, ci sarebbero almeno tredici vittime tra i saharawi e due tra i militari del Marocco.
guarda video - Proteste a El AAium per blocco Gdeim Izik
guarda video -Attacco al campo Gdeim Izik
Nel frattempo Al Aaiun è una città in stato d'assedio. Bloccati gli arrivi in aereo da Casablanca e da Las Palmas de Gran Canaria. Ieri era stato rispedito alla Canarie il volo su cui viaggiavano l'europarlamentare spagnolo di Izquirda Unida, Willy Meyer, e tre giornalisti di diversi media dell'arcipelago. A Casablanca sono tuttora bloccati due giornalisti italiani di Apcom e MilanoFinanza, cui è stato requisito il passaporto.
Chi scrive era riuscito a entrare all'interno dell'accampamento - protesta esattamente una settimana fa, tra l'1 e il 2 novembre, nascosto sotto una coperta, sul pavimento di un furgone gremito di uomini, donne e bagagli. L'unico modo per eludere il triplice posto di blocco marocchino, che da quasi un mese tentava di impedire l'ingresso al campo di viveri, acqua, medicinali e giornalisti stranieri. In corrispondenza dell'ultimo check-point, quello più rigoroso, a pochi chilometri dalle prime tende, l'esercito di Rabat aveva eretto un muro circolare, per impedire gli ingressi dei veicoli fuoristrada da altri lati.
I militari avevano aperto il fuoco su uno di essi, il 24 ottobre scorso, uccidendo Nayem El Garhi, un ragazzino di 14 anni. Altre cinque persone, tra cui un fratello di Nayem, erano rimaste ferite nella sparatoria. "Non sappiamo neppure dove abbiano sepolto il corpo di mio fratello" ci rivelava Essayda El Garhi, la sorella di Nayem, che ha sporto denuncia sia al tribunale di Al Aaiun che al procuratore del Re del Marocco presso la Corte militare, affinché venga istruita una Commissione d'inchiesta sull'omicidio.
Lo sgombero sta avvenendo sotto lo sguardo impotente dei caschi blu delle Nazioni Unite della missione Minurso, istituita nel 1988 per vigilare sul cessate il fuoco, dopo la resistenza condotta dal Frente popular de liberación de saguia el hamra y río de oro (Fronte Polisario). Esattamente 35 anni fa, il 6 novembre del 1975, una "marcia verde" di 350 mila coloni marocchini dava di fatto il via all'occupazione dell'ex colonia spagnola da parte di Hassan II. Ma sin dal 1966 l'Onu chiede che possa aver luogo il referendum sull'autodeterminazione del popolo saharawi, finora mai tenuto. Tanto più che proprio oggi, dopo circa due anni, sono ripresi a New York i negoziati tra il fronte Polisario e il governo di Rabat.
Lo scorso anno sette attivisti saharawi sono stati arrestati per aver raggiunto clandestinamente Tindouf, città nel sud dell'Algeria dove, dalla metà degli anni Settanta, si trovano cinque campi profughi saharawi. Il giudizio, atteso per venerdì scorso al tribunale di Casablanca, è stato aggiornato al prossimo 17 dicembre. Due giornalisti spagnoli sono stati aggrediti dai presenti, durante l'udienza.
Per le strade di Al Aaiun sono in corso, in questo momento, degli scontri tra militari e civili saharawi. Sulla via di Smara, che conduce al campo, e nel barrio della Matalla, sono state erette barricate con copertoni dati alle fiamme e veicoli ribaltati. Il blitz era stato anticipato ieri sera da un massiccio invio di squadre antisommossa attorno all'accampamento-protesta che si era formato lo scorso 10 ottobre a circa dodici chilometri a est della capitale occupata di Al Aaiun. La tendopoli era giunta a contenere oltre venti mila persone. Una protesta fondata sin dall'inizio su rivendicazioni socio-economiche.
"Vogliamo richiamare l'attenzione internazionale sulle discriminazioni che i saharawi subiscono nell'accesso al lavoro, alla casa e allo studio - ci spiegava solo sei giorni fa Ennaama Asfari, copresidente del Comitato per il rispetto delle libertà e dei diritti umani nel Sahara occidentale (Corelso) - Dell'autodeterminazione, invece, devono occuparsi i nostri rappresentanti, cioè il Fronte Polisario". Secondo le ultime notizie, che giungono da Gdeim Izik, Ennaama Asfari sarebbe stato arrestato ieri sera e malmenato fino a perdere i sensi. Secondo fonti vicine al Fronte Polisario, organizzazione politico-militare dei saharawi, ci sarebbero almeno tredici vittime tra i saharawi e due tra i militari del Marocco.
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Nel frattempo Al Aaiun è una città in stato d'assedio. Bloccati gli arrivi in aereo da Casablanca e da Las Palmas de Gran Canaria. Ieri era stato rispedito alla Canarie il volo su cui viaggiavano l'europarlamentare spagnolo di Izquirda Unida, Willy Meyer, e tre giornalisti di diversi media dell'arcipelago. A Casablanca sono tuttora bloccati due giornalisti italiani di Apcom e MilanoFinanza, cui è stato requisito il passaporto.
Chi scrive era riuscito a entrare all'interno dell'accampamento - protesta esattamente una settimana fa, tra l'1 e il 2 novembre, nascosto sotto una coperta, sul pavimento di un furgone gremito di uomini, donne e bagagli. L'unico modo per eludere il triplice posto di blocco marocchino, che da quasi un mese tentava di impedire l'ingresso al campo di viveri, acqua, medicinali e giornalisti stranieri. In corrispondenza dell'ultimo check-point, quello più rigoroso, a pochi chilometri dalle prime tende, l'esercito di Rabat aveva eretto un muro circolare, per impedire gli ingressi dei veicoli fuoristrada da altri lati.
I militari avevano aperto il fuoco su uno di essi, il 24 ottobre scorso, uccidendo Nayem El Garhi, un ragazzino di 14 anni. Altre cinque persone, tra cui un fratello di Nayem, erano rimaste ferite nella sparatoria. "Non sappiamo neppure dove abbiano sepolto il corpo di mio fratello" ci rivelava Essayda El Garhi, la sorella di Nayem, che ha sporto denuncia sia al tribunale di Al Aaiun che al procuratore del Re del Marocco presso la Corte militare, affinché venga istruita una Commissione d'inchiesta sull'omicidio.
Lo sgombero sta avvenendo sotto lo sguardo impotente dei caschi blu delle Nazioni Unite della missione Minurso, istituita nel 1988 per vigilare sul cessate il fuoco, dopo la resistenza condotta dal Frente popular de liberación de saguia el hamra y río de oro (Fronte Polisario). Esattamente 35 anni fa, il 6 novembre del 1975, una "marcia verde" di 350 mila coloni marocchini dava di fatto il via all'occupazione dell'ex colonia spagnola da parte di Hassan II. Ma sin dal 1966 l'Onu chiede che possa aver luogo il referendum sull'autodeterminazione del popolo saharawi, finora mai tenuto. Tanto più che proprio oggi, dopo circa due anni, sono ripresi a New York i negoziati tra il fronte Polisario e il governo di Rabat.
Lo scorso anno sette attivisti saharawi sono stati arrestati per aver raggiunto clandestinamente Tindouf, città nel sud dell'Algeria dove, dalla metà degli anni Settanta, si trovano cinque campi profughi saharawi. Il giudizio, atteso per venerdì scorso al tribunale di Casablanca, è stato aggiornato al prossimo 17 dicembre. Due giornalisti spagnoli sono stati aggrediti dai presenti, durante l'udienza.
Tratto da: Peace Report