Ore convulse a Quito, capitale dell'Ecuador, dove un gruppo di militari e poliziotti ha messo in scena un tentativo di colpo di stato.
"Il tentativo di cospirazione è fallito, ma lascerà cicatrici che ci impiegheranno molto tempo per guarire". Queste le parole del presidente Rafael Correa nella tarda serata di ieri, pronunciate in diretta radio e televisione, dopo la fine del sequestro di cui è stato vittima. A bloccarlo per dodici ore nell'ospedale dove si era recato per medicarsi dalle ferite procuratesi da una bomba carta lanciatagli dai rivoltosi, alcuni agenti di polizia. A liberarlo è arrivato un blitz dell'esercito. "E' stato un tentativo di golpe dietro al quale c'è Lucio Gutierrez", ex presidente e ora capo dell'opposizione. "C'erano degli infiltrati nella polizia - ha agigunto il presidente nella sua lunga ricostruzione dei fatti e per questo procederemo a rinnovare completamente questa fondamentale forza dello Stato". Intanto si registrano due morti fra le fila della polizia e 88 feriti, fra cui anche molti civili scesi in strada per sostenere il presidente.
Tutto iniziato nelle prime ore della mattina ecuadoriana, quando poliziotti e militari hanno iniziato a occupare alcune caserme, la prima quella Regimento Quito, non appena è stata approvata la legge che li equiparava a dipendenti statali, prevedendo un riequilibrio dei salari e eliminandone i privilegi. In breve tempo il paese si è trasformato in una polveriera. L'aeroporto è stato occupato e nel Paese è scattata la paura. Il Presidente ha tentato anche di parlare con i rivoltosi, faccia a faccia, ma questi hanno sparato contro di lui gas lacrimogeni. Durante il parapiglia Correa si è procurato, appunto, l'infortunio alla gamba recentemente operata che l'ha costretto a dirigersi verso l'ospedale della Policia Nacional, dove ha subito il sequestro.
Molti sostenitori del presidente Rafael Correa si sono riversati per le strade della capitale in sua difesa. Alcune centinaia di persone si sono radunate davanti all'ospedale della Policia Nacional dove Correa si trovava bloccato da ore e sono state bersaglio di un fitto lancio di lacrimogeni e da parte di alcuni degli agenti della polizia complici del tentativo di colpo di Stato. Contro di loro sono stati sparati anche diversi proiettili di gomma. Vani però i tentativi degli agenti di disperdere la folla accorsa a difendere il presidente.
Anche nella piazza Indipendencia, dove si trova il palazzo presidenziale, centinaia di persone si sono ritrovate ad attendere il rientro di Correa.
Nel frattempo, si fa il primo bilancio della giornata appena trascorsa. Secondo quanto dichiarato dal ministro per la Sicurezza Interna e Esterna, Miguel Caravajal, negli scontri fra agenti della polizia e manifestanti pro-Correa sarebbe morta una persona. Consistente anche il numero di feriti. Diversi giornalisti dichiarano di essere stati picchiati dagli agenti mentre tentavano di fare il loro lavoro.
Il consiglio permanente dell'Osa (Organizzazione degli Stati Americani) ha espresso "il ripudio a qualsiasi tentativo di alterare l'istituzione democratica" oltre a dare il pieno appoggio al governo di Correa. Durante una sessione straordinaria il Consiglio ha approvato all'unanimità una risoluzione in cui si fa un "un energico richiamo alla forza pubblica e hai settori politici e sociali per evitare che si produca violenza che condurrebbe a instabilità politica e attenterebbe contro la pace sociale e la sicurezza nazionale.
Poi una buona notizia. Alle 18.20 (01.28 ora italiana) l'aeroporto internazionale della capitale Quito, dove circa 150 militari avevano occupato la pista d'atterraggio è stato riaperto. La notizia è stata confermata dal sindaco della città, Augusto Barrera.
da PeaceReporter