Macché movimento «spontaneo». Dietro al Tea Party si scorgono strategie attente e soprattutto i generosi finanziamenti delle grandi famiglie del capitalismo Usa. Primi i fratelli Koch, che hanno messo know-how politico e 100 milioni nella battaglia contro Obama e contro i liberal.
Le pubblicità politiche ti perseguitano. La sera t'insalsicciano i programmi tv, di giorno ti spezzettano le trasmissioni radio in auto. «Non ne avete abbastanza del senatore Harry Reid e dei suoi 24 anni di Senato?» chiedono gli spot della candidata repubblicana del Tea Party.
«Non ne avete abbastanza dell'ipocrisia di Sharron Angle che vuole abolire i vantaggi della mutua tranne quando sono lei e suo marito a beneficiarne?» chiedono le pubblicità dei democratici. Ma questo fiotto continuo di comunicati, spot, volantini, lettere agli elettori, costa carissimo. E questa del Nevada 2010 sta diventando una delle campagne senatoriali più costose della storia.Pochi giorni fa Sharron Angle ha annunciato che dal primo luglio al 30 settembre ha raccolto la straordinaria somma di 14,4 milioni di dollari (nel 2008 solo 7 candidati avevano superato i 14 milioni, ma in tutta la campagna, cioè per un anno, non in un solo trimestre!) Certo, in totale Angle non riesce a superare Reid che ha ammassato 22 milioni (mentre lei al 30 settembre era ferma a 17,8). Ma Reid è appunto senatore da 24 anni, è presidente del Senato, ha l'appoggio di tutti i Casinò di Las Vegas, delle industrie, gli studi legali, capitalizza relazioni e scambi d'influenza di un quarto di secolo. Invece Sharron Angle vuole rappresentare «l'antipolitica», il movimento «spontaneo» antistatalista e libertario. Ma allora da dove le vengono tutti questi soldi? Intanto il 74% dei contributi le arrivano da fuori Nevada, cioè il finanziamento è a livello nazionale contro una figura nazionale come Reid.Più in profondità, si scopre che la rivolta del Tea Party è meno di base, meno spontanea di come è rappresentata. Dietro Sharron Angle e altri candidati del Tea Party ormai si delinea chiara la silhouette di Karl Rove, l'ex capo dello staff della Casa bianca di George W. Bush, lo stratega delle sue campagne elettorali. Oggi Rove ha messo su la coalizione American Crossroads che ha finanziato la campagna di Angle con più di 2 milioni di dollari, 900.000 solo in pubblicità radio e tv (molti soldi servono per l'apparato della campagna, i call centers che tempestano di telefonate gli elettori, i professionisti del porta a porta, ecc.). American Crossroads è impegnata col Tea Party anche in altri scontri decisivi, dove sta investendo 50 milioni di dollari. L'appoggio di Rove al Tea Party ha una sua logica: da sempre Rove sostiene che in un sistema partitico bipolare sono in lizza tre e non due partiti: ci sono destra e sinistra, repubblicani e democratici, poi ci sono gli astenuti che ormai costituiscono il partito più numeroso, sono maggioranza relativa. Perciò, dice Karl Rove, è falso il «teorema del centro», pilastro della saggezza politica convenzionale, secondo cui nei sistemi bipolari le elezioni si vincono al centro perché l'oscillazione di pochi elettori centristi fa capovolgere le maggioranze. Questo è vero, dice Rove, solo se la corsa al centro non fa crescere l'astensione. Se invece gli elettori guadagnati al centro sono meno degli elettori duri persi perché disamorati dal moderatismo, allora la corsa verso il centro non paga. Insomma, a volte può convenire muoversi verso l'estremo del proprio schieramento, se questo riduce l'astensione più di quanto alieni le simpatie dei moderati centristi. Ê la strategia che Rove adottò con successo nel 2004, quando se ne fregò di moderati e indipendenti, ma coinvolse i Christian conservatives (gli stessi che oggi si chiamano Tea party) che fino ad allora si erano sempre astenuti in massa, e che invece andarono a votare in 8 milioni permettendo una trionfale rielezione di Bush.Questo spiega perché ora Rove appoggi una esponente del Tea Party come Sharron Angle, ma si opponga a un'altra esponente di primo piano come Christine O'Donnell: in Nevada Angle può conquistare un seggio democratico, mentre in Delaware serve un repubblicano moderato e quindi O'Donnell fa perdere al Grand Old Party (Gop) un seggio quasi sicuro. Ma Karl Rove è saltato sul treno del Tea Party quando ha visto che acquistava sempre più impulso. Soprattutto, Rove vuole che il Gop controlli il Tea Party, non che ne sia controllato.La strategia delle FondazioniChi invece sta davvero dietro al Tea Party è il più grande gruppo degli Stati uniti di capitalismo familiare: le industrie Koch, un conglomerato che fattura 100 miliardi di dollari con 70.000 dipendenti; ha raffinerie in Alaska, Texas e Minnesota, controlla più di 6.000 km di oleodotti, possiede marchi come i tovagliolini di carta Brawny, le tazze Dixie, il legname Georgia-Pacific, i tappeti Satinmaster, le fibre Lycra, possiede ranch con 15.000 capi di bestiame. Il gruppo ha sede a Wichita in Kansas. Parecchie grandi famiglie del Midwest sono protagoniste della rivoluzione reazionaria che ha avuto luogo negli ultimi quaranta anni (vedi qui sotto): i Bradley (del Wisconsin), i Coors (Colorado), gli Olin (Missouri). E tutte sostengono il Tea Party. Ma nessuna ha dato un appoggio così totale ed estremo come i Koch. Oggi le industrie Koch sono guidate dai due fratelli Charles (74 anni) e David (70): Charles è il presidente e vero capo del gruppo, e vive a Wichita, mentre David è il vicepresidente e vive a New York, di cui è il più ricco residente. La fortuna personale combinata dei due fratelli è di 35 miliardi di dollari (21,5 miliardi Charles, 13,5 David), inferiore solo a quelle di Bill Gates e Warren Buffett: ma mentre Gates è noto in tutto il mondo, i Koch sono quasi sconosciuti: come ha detto David, «Koch è la più grande compagnia al mondo di cui non si sappia nulla». Ma adesso i Koch stanno uscendo alla ribalta proprio per il successo della loro creatura, il Tea Party.La dinastia fu fondata dal padre, Fred Koch, che fece affari con Stalin prima di diventare fanatico anticomunista: nel 1958 fu uno dei fondatori della John Birch society, il gruppo razzista e ultraconservatore che considerava il presidente Ike Eisenhower un infiltrato comunista e difendeva Benito Mussolini. La John Birch society fece sue le teorie liberiste dell'economista austriaco Friedrich von Hayek (1899-1992), di cui Charles e David ammirano soprattutto La via della schiavitù (1944, trad. it. Rusconi 1995), secondo cui il controllo dello stato porterebbe sempre e comunque al totalitarismo. Oggi La via della schiavitù è il vangelo del Tea Party: l'animatore tv e agitatore politico Glenn Beck l'ha pubblicizzato al punto che è diventato il libro più venduto su Amazon.com.Chi semina le «idee pro-mercato»Charles e David hanno ripreso la tradizione paterna finanziando un ampio arco di iniziative reazionarie e di centri studi (think tanks, «serbatoi di pensiero», sono chiamati qui) di estrema destra: da notare il Cato Institute, fondato nel 1977 e in cui, solo tra il 1986 e il 1993 la famiglia Koch ha profuso 11 milioni di dollari (i dati sulle donazioni sono frammentari): oggi Cato ha più di cento dipendenti. O il Mercatus Center, alimentato da 30 milioni di dollari, che si rivende come «la prima fonte al mondo di idee pro-mercato per l'università». Ma, per i loro interessi chimici e petroliferi, il settore che i Koch hanno più foraggiato prima del Tea Party è la campagna anti-ambientalista cui hanno contribuito con 50 milioni di dollari. Secondo un rapporto di Greenpeace di quest'anno, le industrie Koch sono diventate il primo finanziatore delle campagne contro il riscaldamento climatico: mentre tra il 2005 e il 2008 la Exxon ha speso 8 milioni di dollari per screditare il riscaldamento globale, i Koch hanno versato 24 milioni di dollari. E' stato il Cato Institute a orchestrare l'anno scorso la campagna sulle e-mail che si sarebbero scambiati due ricercatori inglesi.Ormai però il nuovo giocattolo preferito dei Koch è la fondazione Americans for Prosperity, creata da David nel 2004. È attraverso questa che i Koch hanno finanziato, addestrato, orchestrato il Tea Party. Secondo un'addetta di questa fondazione - citata dal settimanale Newyorker in una lunga inchiesta, in agosto - il ruolo di Americans for Prosperity è di «educare» gli attivisti Tea Party sulla politica-politica, addestrarli al livello successivo e così insegnargli a canalizzare con «più efficacia» la loro energia politica. Secondo un consulente repubblicano, «i fratelli Koch hanno dato i soldi e hanno fondato il Tea Party. Hanno piantato i semi nel terreno». Un economista e storico conservatore, Brace Bartlett, dichiara al Newyorker: «Il problema con l'intero movimento libertario era che era tutto generali e nessun soldato semplice. Non c'erano persone vere, i votanti, cui fregasse qualcosa. Così il problema per i Koch era cercare di creare un movimento. Con l'emergere del Tea Party, tutti hanno visto all'improvviso che c'erano là fuori i soldati semplici- gente che può conferire un reale potere ideologico... I Koch stanno tentando di plasmare, controllare e indirizzare la rivolta populista nelle proprie politiche». Si capisce meglio il violento anti-ambientalismo dei Tea Party, a prima vista inspiegabile: le politiche ambientali per loro sono uno strumento che lo stato usa per arrogarsi un maggiore controllo sulla società.Insomma se il movimento è un Tea Party, in questo ricevimento sono i Koch a pagare il tè: d'altronde già nel 1980, nella sua unica, infelice esperienza politica, quando si candidò come indipendente, David Koch voleva lanciare un «grande Tea Party». In realtà i Koch hanno illustri predecessori: negli anni '30, la famiglia Du Pont (del colosso chimico Dupont de Nemours) e altri capitalisti fondarono una «Liberty League» per sconfiggere il programma del presidente Franklin Delano Roosevelt e per far revocare la Social Security.Anche i Koch cercano alleati nella loro battaglia contro il «socialista» Obama. Pochi giorni fa il quotidiano New York Times ha pubblicato una lettera di Charles Koch, in quanto presidente amministratore delegato, per invitare qualche centinaio di scelti ospiti a un seminario di due giorni, 30 e 31 gennaio prossimi al Las Palmas Resort in California per «sviluppare strategie per disinnescare i più gravi pericoli che minacciano la nostra società libera e delineare una visione per un rinascimento della libera impresa americana e della prosperità». Come nel precedente seminario tenuto ad Aspen, anche qui interverrano nomi di prima grandezza della galassia reazionaria: l'agitatore televisivo Glenn Beck e gli immancabili giudici della Corte suprema Clarence Thomas e Antonin Scalia. Tra i dirigenti d'impresa, ad Aspen c'erano Steve Bechtel dell'omonimo colosso delle costruzioni, Kenneth Langone della catena di distribuzione Home Depot, il magnate dei media Phil Anschutz, Rich DeVos cofondatore di Amway, società leader di vendita diretta, e gli amministratori delegati dei maggiori hedge funds. Quando si dice «il piano del capitale»!
Le pubblicità politiche ti perseguitano. La sera t'insalsicciano i programmi tv, di giorno ti spezzettano le trasmissioni radio in auto. «Non ne avete abbastanza del senatore Harry Reid e dei suoi 24 anni di Senato?» chiedono gli spot della candidata repubblicana del Tea Party.
«Non ne avete abbastanza dell'ipocrisia di Sharron Angle che vuole abolire i vantaggi della mutua tranne quando sono lei e suo marito a beneficiarne?» chiedono le pubblicità dei democratici. Ma questo fiotto continuo di comunicati, spot, volantini, lettere agli elettori, costa carissimo. E questa del Nevada 2010 sta diventando una delle campagne senatoriali più costose della storia.Pochi giorni fa Sharron Angle ha annunciato che dal primo luglio al 30 settembre ha raccolto la straordinaria somma di 14,4 milioni di dollari (nel 2008 solo 7 candidati avevano superato i 14 milioni, ma in tutta la campagna, cioè per un anno, non in un solo trimestre!) Certo, in totale Angle non riesce a superare Reid che ha ammassato 22 milioni (mentre lei al 30 settembre era ferma a 17,8). Ma Reid è appunto senatore da 24 anni, è presidente del Senato, ha l'appoggio di tutti i Casinò di Las Vegas, delle industrie, gli studi legali, capitalizza relazioni e scambi d'influenza di un quarto di secolo. Invece Sharron Angle vuole rappresentare «l'antipolitica», il movimento «spontaneo» antistatalista e libertario. Ma allora da dove le vengono tutti questi soldi? Intanto il 74% dei contributi le arrivano da fuori Nevada, cioè il finanziamento è a livello nazionale contro una figura nazionale come Reid.Più in profondità, si scopre che la rivolta del Tea Party è meno di base, meno spontanea di come è rappresentata. Dietro Sharron Angle e altri candidati del Tea Party ormai si delinea chiara la silhouette di Karl Rove, l'ex capo dello staff della Casa bianca di George W. Bush, lo stratega delle sue campagne elettorali. Oggi Rove ha messo su la coalizione American Crossroads che ha finanziato la campagna di Angle con più di 2 milioni di dollari, 900.000 solo in pubblicità radio e tv (molti soldi servono per l'apparato della campagna, i call centers che tempestano di telefonate gli elettori, i professionisti del porta a porta, ecc.). American Crossroads è impegnata col Tea Party anche in altri scontri decisivi, dove sta investendo 50 milioni di dollari. L'appoggio di Rove al Tea Party ha una sua logica: da sempre Rove sostiene che in un sistema partitico bipolare sono in lizza tre e non due partiti: ci sono destra e sinistra, repubblicani e democratici, poi ci sono gli astenuti che ormai costituiscono il partito più numeroso, sono maggioranza relativa. Perciò, dice Karl Rove, è falso il «teorema del centro», pilastro della saggezza politica convenzionale, secondo cui nei sistemi bipolari le elezioni si vincono al centro perché l'oscillazione di pochi elettori centristi fa capovolgere le maggioranze. Questo è vero, dice Rove, solo se la corsa al centro non fa crescere l'astensione. Se invece gli elettori guadagnati al centro sono meno degli elettori duri persi perché disamorati dal moderatismo, allora la corsa verso il centro non paga. Insomma, a volte può convenire muoversi verso l'estremo del proprio schieramento, se questo riduce l'astensione più di quanto alieni le simpatie dei moderati centristi. Ê la strategia che Rove adottò con successo nel 2004, quando se ne fregò di moderati e indipendenti, ma coinvolse i Christian conservatives (gli stessi che oggi si chiamano Tea party) che fino ad allora si erano sempre astenuti in massa, e che invece andarono a votare in 8 milioni permettendo una trionfale rielezione di Bush.Questo spiega perché ora Rove appoggi una esponente del Tea Party come Sharron Angle, ma si opponga a un'altra esponente di primo piano come Christine O'Donnell: in Nevada Angle può conquistare un seggio democratico, mentre in Delaware serve un repubblicano moderato e quindi O'Donnell fa perdere al Grand Old Party (Gop) un seggio quasi sicuro. Ma Karl Rove è saltato sul treno del Tea Party quando ha visto che acquistava sempre più impulso. Soprattutto, Rove vuole che il Gop controlli il Tea Party, non che ne sia controllato.La strategia delle FondazioniChi invece sta davvero dietro al Tea Party è il più grande gruppo degli Stati uniti di capitalismo familiare: le industrie Koch, un conglomerato che fattura 100 miliardi di dollari con 70.000 dipendenti; ha raffinerie in Alaska, Texas e Minnesota, controlla più di 6.000 km di oleodotti, possiede marchi come i tovagliolini di carta Brawny, le tazze Dixie, il legname Georgia-Pacific, i tappeti Satinmaster, le fibre Lycra, possiede ranch con 15.000 capi di bestiame. Il gruppo ha sede a Wichita in Kansas. Parecchie grandi famiglie del Midwest sono protagoniste della rivoluzione reazionaria che ha avuto luogo negli ultimi quaranta anni (vedi qui sotto): i Bradley (del Wisconsin), i Coors (Colorado), gli Olin (Missouri). E tutte sostengono il Tea Party. Ma nessuna ha dato un appoggio così totale ed estremo come i Koch. Oggi le industrie Koch sono guidate dai due fratelli Charles (74 anni) e David (70): Charles è il presidente e vero capo del gruppo, e vive a Wichita, mentre David è il vicepresidente e vive a New York, di cui è il più ricco residente. La fortuna personale combinata dei due fratelli è di 35 miliardi di dollari (21,5 miliardi Charles, 13,5 David), inferiore solo a quelle di Bill Gates e Warren Buffett: ma mentre Gates è noto in tutto il mondo, i Koch sono quasi sconosciuti: come ha detto David, «Koch è la più grande compagnia al mondo di cui non si sappia nulla». Ma adesso i Koch stanno uscendo alla ribalta proprio per il successo della loro creatura, il Tea Party.La dinastia fu fondata dal padre, Fred Koch, che fece affari con Stalin prima di diventare fanatico anticomunista: nel 1958 fu uno dei fondatori della John Birch society, il gruppo razzista e ultraconservatore che considerava il presidente Ike Eisenhower un infiltrato comunista e difendeva Benito Mussolini. La John Birch society fece sue le teorie liberiste dell'economista austriaco Friedrich von Hayek (1899-1992), di cui Charles e David ammirano soprattutto La via della schiavitù (1944, trad. it. Rusconi 1995), secondo cui il controllo dello stato porterebbe sempre e comunque al totalitarismo. Oggi La via della schiavitù è il vangelo del Tea Party: l'animatore tv e agitatore politico Glenn Beck l'ha pubblicizzato al punto che è diventato il libro più venduto su Amazon.com.Chi semina le «idee pro-mercato»Charles e David hanno ripreso la tradizione paterna finanziando un ampio arco di iniziative reazionarie e di centri studi (think tanks, «serbatoi di pensiero», sono chiamati qui) di estrema destra: da notare il Cato Institute, fondato nel 1977 e in cui, solo tra il 1986 e il 1993 la famiglia Koch ha profuso 11 milioni di dollari (i dati sulle donazioni sono frammentari): oggi Cato ha più di cento dipendenti. O il Mercatus Center, alimentato da 30 milioni di dollari, che si rivende come «la prima fonte al mondo di idee pro-mercato per l'università». Ma, per i loro interessi chimici e petroliferi, il settore che i Koch hanno più foraggiato prima del Tea Party è la campagna anti-ambientalista cui hanno contribuito con 50 milioni di dollari. Secondo un rapporto di Greenpeace di quest'anno, le industrie Koch sono diventate il primo finanziatore delle campagne contro il riscaldamento climatico: mentre tra il 2005 e il 2008 la Exxon ha speso 8 milioni di dollari per screditare il riscaldamento globale, i Koch hanno versato 24 milioni di dollari. E' stato il Cato Institute a orchestrare l'anno scorso la campagna sulle e-mail che si sarebbero scambiati due ricercatori inglesi.Ormai però il nuovo giocattolo preferito dei Koch è la fondazione Americans for Prosperity, creata da David nel 2004. È attraverso questa che i Koch hanno finanziato, addestrato, orchestrato il Tea Party. Secondo un'addetta di questa fondazione - citata dal settimanale Newyorker in una lunga inchiesta, in agosto - il ruolo di Americans for Prosperity è di «educare» gli attivisti Tea Party sulla politica-politica, addestrarli al livello successivo e così insegnargli a canalizzare con «più efficacia» la loro energia politica. Secondo un consulente repubblicano, «i fratelli Koch hanno dato i soldi e hanno fondato il Tea Party. Hanno piantato i semi nel terreno». Un economista e storico conservatore, Brace Bartlett, dichiara al Newyorker: «Il problema con l'intero movimento libertario era che era tutto generali e nessun soldato semplice. Non c'erano persone vere, i votanti, cui fregasse qualcosa. Così il problema per i Koch era cercare di creare un movimento. Con l'emergere del Tea Party, tutti hanno visto all'improvviso che c'erano là fuori i soldati semplici- gente che può conferire un reale potere ideologico... I Koch stanno tentando di plasmare, controllare e indirizzare la rivolta populista nelle proprie politiche». Si capisce meglio il violento anti-ambientalismo dei Tea Party, a prima vista inspiegabile: le politiche ambientali per loro sono uno strumento che lo stato usa per arrogarsi un maggiore controllo sulla società.Insomma se il movimento è un Tea Party, in questo ricevimento sono i Koch a pagare il tè: d'altronde già nel 1980, nella sua unica, infelice esperienza politica, quando si candidò come indipendente, David Koch voleva lanciare un «grande Tea Party». In realtà i Koch hanno illustri predecessori: negli anni '30, la famiglia Du Pont (del colosso chimico Dupont de Nemours) e altri capitalisti fondarono una «Liberty League» per sconfiggere il programma del presidente Franklin Delano Roosevelt e per far revocare la Social Security.Anche i Koch cercano alleati nella loro battaglia contro il «socialista» Obama. Pochi giorni fa il quotidiano New York Times ha pubblicato una lettera di Charles Koch, in quanto presidente amministratore delegato, per invitare qualche centinaio di scelti ospiti a un seminario di due giorni, 30 e 31 gennaio prossimi al Las Palmas Resort in California per «sviluppare strategie per disinnescare i più gravi pericoli che minacciano la nostra società libera e delineare una visione per un rinascimento della libera impresa americana e della prosperità». Come nel precedente seminario tenuto ad Aspen, anche qui interverrano nomi di prima grandezza della galassia reazionaria: l'agitatore televisivo Glenn Beck e gli immancabili giudici della Corte suprema Clarence Thomas e Antonin Scalia. Tra i dirigenti d'impresa, ad Aspen c'erano Steve Bechtel dell'omonimo colosso delle costruzioni, Kenneth Langone della catena di distribuzione Home Depot, il magnate dei media Phil Anschutz, Rich DeVos cofondatore di Amway, società leader di vendita diretta, e gli amministratori delegati dei maggiori hedge funds. Quando si dice «il piano del capitale»!