7 dicembre 2010
Cancun: quella appena conclusasi è stata una giornata di mobilitazioni per portare in piazza la critica allo svolgimento del Cop 16. La marcia partita dal Campamento de La Via Campesina sceglie di fermarsi ad alcune centinaia di metri dal blocco della polizia sulla strada del Cop16, mentre la manifestazione partita dal Forum Dialogo Climatico si svolge nel centro della città.
All'interno del Cop 16, intanto, alcuni delegati come quelli delle organizzazioni ecuadoregne che pensavano di manifestare all'interno non vengono fatti entrare nello spazio ufficiale, mentre, parte della delegazione boliviana, riesce a fare una conferenza stampa all'interno che viene poi allontanata dal vertice.
Diverse azioni che, però, non hanno trovato una sinergia comune dimostrando, peraltro, come sia ancora ampia la strada da percorrere per costruire una “pratica del comune” nell'azione politica e dei movimenti; una pratica capace, in scenari diversi, di non rappresentarsi a partire dalle rispettive appartenenze, ma, invece, di agire per aprire spazi d'azione comune nel tempo della crisi globale.
Dalle giornate di Cancun emergono una pluralità di temi che guardano alla necessità di confrontarsi con lo scenario della questione climatica come paradigma particolare della crisi internazionale che stiamo attraversando; “no alle false soluzioni” e “giustizia ambientale e sociale” sono slogan che riecheggiano in ogni incontro, in ogni marcia, in ogni documento.
Il nodo, ora, è come trasformare il discorso in pratica; come progettare la pratica del comune, anche a partire dalla crisi climatica, come capacità di cercare risposte collettive e sul terreno di una possibile ricomposizione sociale. Come costruire le alternative “in comune”, dentro percorsi di indipendenza, intesa come fattore di rottura nei rapporti sociali di dominio e sfruttamento che caratterizzano la nostra contemporaneità? Di questa sfida, che tutti noi abbiamo di fronte, parlano le giornate di Cancun.
La gestione dei beni comuni “naturali” è una questione che, nel dibattito dei popoli indigeni andini – restii a racchiudere il discorso della “madre terra” solo nella gestione statale e centralizzata delle risorse – richiama il dibattito italiano, partito intorno al tema dell'acqua, sul “comune” inteso come capacità di immaginare categorie oltre il pubblico e il privato.
Sono molte le questioni sulle quali gli incontri di Cancun restituiscono punti chiari; il rifiuto delle false soluzioni in materia energetica (ovvero di quelle soluzioni che non cambiano il sistema, ma favoriscono investimenti in altre tecnologie spesso altrettanto nocive) e la ricerca della radicalità dell'indipendenza energetica attraverso la condivisione delle conoscenze scientifiche, il libero accesso alle soluzioni tecnologiche e l'emancipazione dalle reti centralizzate di produzione e distribuzione dell'energia (anche di quella prodotta da fonti rinnovabili).
Non di meno la critica dell'agrobusiness che diventa ragionamento e pratica dell’indipendenza, quindi sovranità alimentare contro la fame indotta dal mercato e a difesa della biodiversità minacciata dalla contaminazione OGM. E, poi, il contrasto dei REDD e dei “meccanismi di sviluppo puliti”, basati sulla finanziarizzazione e monetarizzazione delle emissioni nocive, attraverso “soluzioni al riscaldamento globale” che parlano di una radicale opposizione alla privatizzazione e alla mercantilizzazione del “bios”.
Dietro ed anche forse oltre gli uomini e le donne che sono a Cancun, lo slogan “cambiare il sistema, non il clima" apre la sfida per i movimenti nel costruire e intravedere un concetto di comune più maturo che, a partire dalla crisi climatica, potremmo definire in questi termini: la pratica del comune come crescita indefinita del desiderio di libertà, di giustizia, d’indipendenza dai rapporti capitalistici di dominio e dalla logica di sfruttamento di una illimitata espansione economica.
Nel frattempo, dentro Cop16 arriva il segretario dell'Onu che denuncia l'insufficienza dello sforzo globale di fronte al cambiamento climatico. Belle parole che, però, si perdono nei corridoi e nelle sale del vertice, mentre nello scacchiere delle trattative politiche proseguono le mosse della Cina e le deboli contromosse degli Stati Uniti.
Mentre si discute, l'urgenza del cambiamento è di fronte a tutti noi: gli effetti devastanti su milioni di uomini e donne e sull'intero pianeta che questo modello di sviluppo determina, infatti, si fanno vedere quotidianamente.
E' all'interno di queste contraddizioni che si estende l'orizzonte del nostro futuro il quale, come si dice nelle piazze italiane in mobilitazione, “comincia adesso”.
Più di 500, 40, 30, 20, 10 anni dopo
ALLERTA ROSSA E CHIUSURA CARACOLES
BOICOTTA TURCHIA
Viva EZLN
Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.
La lucha sigue!