Nuovi progetti per il Sistema di Sicurezza e Giustizia Comunitaria della Montaña e Costa Chica del Guerrero
Giovanna Gasparello, Città del Messico
Esiste una polizia che difende realmente la gente, ed una giustizia efficiente che ne rispetta i diritti? Assolutamente no, viene da rispondere, conoscendo gli abusi che ovunque nel mondo vengono commessi dai corpi di polizia e dalle autorità giudiziarie.
Eppure, in America Latina diverse esperienze popolari di giustizia e sicurezza vanno in senso contrario alle nostre certezze: un’esempio ne è il Sistema di Sicurezza e Giustizia Comunitaria-Polizia Comunitaria della Costa Chica e Montagna nello stato del Guerrero, nel Messico meridionale.
Il 14 e 15 ottobre si è celebrato il 14 anniversario di quest’istituzione popolare, un incontro ricco di proposte che apre nuove prospettive organizzative a livello regionale; un evento che ha sfidato la campagna di repressione sferrata negli ultimi mesi dall’Esercito e la Polizia Statale. Infatti, proprio nella giornata di apertura dell’incontro, un gruppo di Policias Comunitarios che, partiti dal loro villaggio, si dirigevano all’incontro, sono stati fermati per mezza giornata in un posto di blocco dell’Esercito. L’episodio, accaduto in una giornata speciale, è solo un’esempio della realtà quotidiana di repressione e minacce che vive quest’organizzazione indigena, esemplare nella pratica dell’autodifesa e dell’autonomia.
Il Sistema di Sicurezza e Giustizia Comunitaria del Guerrero è senza dubbio, dopo l’esperienza zapatista, il più importante processo di autonomia indigena nel contesto messicano. Ma la sua importanza trascende l’ambito nazionale, insegnado che è possibile costruire una giustizia diversa che vada oltre il castigo, e che la sicurezza, oltre che pretesto per la repressione com’è usata dai governi, può significare la difesa di un territorio da parte dei suoi abitanti, contro lo strapotere dei narcotrafficanti e delle polizie corrotte.
“Il rispetto ai nostri diritti sarà giustizia”
La Polizia Comunitaria –così è conosciuto popolarmente il Sistema di Sicurezza e Giustizia Comunitaria- nasce il 15 ottobre del 1995, come risposta a necessità concrete: principalmente quella di garantire l’incolumità degli abitanti della zona negli spostamenti tra i villaggi e le cittàa principali della regione Montagna e Costa Chica.
Questa zona, in cui l’85% della popolazione è indigena, nel 2007 è stata catalogata dall’ONU come la più povera di tutta l’America Latina. Quotidianamente, gli abitanti lottano contro la povertà, il narcotraffico, l’emigrazione, la violenza, la mancanza di accesso alla giustizia e la forte presenza dell’esercito.
A partire dagli anni ’70, l’aumento esponenziale della violenza e la criminalità nella Montagna –dovuto all’incapacità e la corruzione del sistema di sicurezza e amministrazione della giustizia statale– aveva provocato una situazione insostenibile di violazione dei diritti umani elementari, aggravata dalla discriminazione e dal difficile accesso alla giustizia per la popolazione indigena.
Dopo un lungo processo di discussione, le comunità della zona decisero di fare fronte alle proprie necessità unendosi ed esercitando il diritto alla libera determinazione: creando un sistema autonomo di controllo del territorio e di vigilanza comunitaria organizzato a livello regionale, in cui la sicurezza e la giustizia sono intese come un cargo comunitario, che gli individui svolgono senza ricevere nessuna retribuzione, come un servizio alla propria società.
I gruppi di Policia Comunitaria (una decina in ogni comunità) dispongono di armi semplici, quelle che usano i contadini per cacciare, principalmente con la funzione di deterrente. Il Comité Ejecutivo, composto da nove Comandanti Regionali, coordina circa 700 Policias Comunitarios distribuiti nelle 69 comunità integranti il Sistema. All’origine la competenza della PC era limitata: pattugliava le vie di comunicazione ed arrestava i delinquenti, consegnandoli poi all’autorità giudiziaria. Ma in breve tempo si rese ancor più evidente la corruzione e l’incapacità delle autorità giudiziarie statali: fu così che nel 1998 venne istituita la Coordinadora Regional de Autoridades Comunitarias (CRAC), un organo collegiale che compie la funzione dei Giudici di Pace e Penale, amministrando la giustizia alle persone che delinquono nel territorio d’azione della PC.
Un’altra giustizia
Nella risoluzione dei conflitti le autorità regionali privilegiano sempre la conciliazione tra le parti, elemento caratteristico della cultura indigena. Quando ciò non è possibile, e la CRAC giudichi l’accusato colpevole, la pena prevista è la rieducazione, che consiste nello svolgere lavori “socialmente utili” a favore delle comunità appartenenti all’organizzazione, 15 giorni in ognuna fino all’esaurimento della pena.
Gli anziani o le persone con maggior autorità morale –principales– delle comunità hanno il compito far riflettere i detenuti sul loro comportamento. Non è il concetto punitivo che orienta la giustizia comunitaria, quanto la volontà di dare al trasgressore l’opportunità di reintegrarsi alla comunità. Da un lato l’individuo è tenuto, in base ad un ideale “compensativo”, a ripagare in termini concreti ed utili, il danno causato alla collettività commettendo il crimine, ed allo stesso tempo la gente apprende ad accettare coloro che hanno sbagliato; la la presenza dei detenuti nella comunità ha una funzione esemplare e dissuasoria.
Legittimità vs. legalità
L’efficacia del Sistema è indubbia: le statistiche affermano che dalla sua creazione la criminalità nella regione è diminuita del 95%. Si tratta di una starodinaria esperienza interculturale: i popoli indigeni me’phaa (tlapaneco), ñu saavi (mixteco) e i meticci della regione hanno creato un vero e proprio sistema giuridico autonomo, che integra le norme di convivenza e la cultura indigena con elementi del diritto positivo.
E’ una giustizia della gente, che parla la loro lingua e comprende i loro problemi.
Oltre alla giustizia ed alla sicurezza, la Polizia Comunitaria ha avviato diversi progetti produttivi e, recentemente, ha installato una radio comunitaria per dare voce agli abitanti della regione.
Gli indigeni della Costa Chica e Montagna del Guerrero stanno mettendo in pratica il diritto collettivo all’autonomia, sancito dalla Dichiarazione dei Popoli Indigeni dell’ONU e dal Trattato 169 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, così come dagli Accordi di San Andrès, firmati dal governo messicano e l’EZLN nel 1996.
Purtroppo, il diritto all’autodeterminazione rimane un tabù per lo stato messicano, che non rispetta il diritto internazionale, reprimendo incondizionalmente le esperienze di autonomia e costruzione del governo dal basso presenti in molte regioni del Messico.
Il conflitto che emerge è tra la legalità a cui appella lo Stato e la legittimità con cui contano la Coordinadora Regional de Autoridades Comunitarias-CRAC e la Polizia Comunitaria.
Trentotto ordini di cattura pendono sulla testa della CRAC: l’accusa è di privazione illegale della libertà, quando nell’esercizio della loro funzione decretarono l’arresto di delinquenti e gli comminarono un periodo di rieducazione. Secondo il sistema giuridico messicano, che non riconosce l’istituzione indigena autonoma, questo rappresenta una violazione ai diritti umani individuali. Si tratta di un uso repressivo del discorso sui diritti umani, frequentemente utilizzato contro le esperienze di amministrazione autonoma della giustizia, come nel caso delle Giunte del Buon Governo zapatiste in Chiapas.
Uno dei temi trattati nei tavoli di discussione realizzati durante il 14° anniversario è stata proprio la relazione tra il Sistema di Sicurezza e Giustizia Comunitaria e lo Stato. Nonostante periodicamente si svolgano tentativi di avvicinamento e dialogo con le autorità dello stato del Guerrero, alla fine i negoziati si rompono di fronte alla reiterata volontà di istituzionalizzare la Polizia Comunitaria, includendola nei corpi di polizia municipale, controllata dai governi locali. Questo implicherebbe che non sarebbero più le assemblee popolari a scegliere ogni anno coloro che faranno parte della Polizia Comunitaria, e significherebbe una sostanziale perdita di autonomia dell’istituzione comunitaria.
E’ per questo che, anche nell’anniversario, si è ribadito che “questo progetto non ha bisogno del riconoscimento del governo, perchè basta e avanza che sia il popolo ad appoggiarlo e riconoscerlo”. La Polizia Comunitaria esige dunque il rispetto mentre rifiuta il riconoscimento (spesso una trappola dei governi per ridurre l’autonomia dei movimenti).
“La relazione istituzionale con lo stato non esiste e non la vogliamo, poichè il popolo è libero e sovrano come dice la Costituzione. Riguardo agli ordini di cattura, rappresentano una logica di vendetta e criminalizzazione della giustizia comunitaria”, si legge nella dichiarazione finale dell’anniversario.
Campamento General Enrique Rodriguez Cruz: bersaglio della repressione
Quest’anno la Polizia Comunitaria ha celebrato il suo anniversario in una comunità dalla lunga tradizione di lotta: il Campamento General Enrique Rodriguez, situata nel municipio di Marquelia, a pochi chilometri dal mare, tra grandi piantagioni di cocco e campi di mais. Nella comunità l’organizzazione collettiva è una pratica profondamente radicata in tutti gli aspetti della vita quotidiana.
Il Campamento ha questo nome perchè, con la stessa tattica utilizzata dai Sem Tierra brasiliani, vent’anni fa un gruppo di contadini hanno deciso di occupare il latifondo di un ricco allevatore spagnolo, accampandosi in una parte del terreno ed iniziando a coltivarlo. La determinazione dei contadini ebbe la meglio sui pistoleros del latifondista, che alla fine abbandonò la zona.
Il Campamento ha organizzato la propria Polizia Comunitaria recentemente, appena un anno e mezzo fa, ma è già stato ripetutamente oggetto della repressione dello Stato.
Qualche mese fa, la Polizia Statale è entrata nella comunità per arrestare una persona, senza rispettare l’autorità e la giurisdizione della Polizia Comunitaria; la tensione è degenerata in uno scontro a fuoco durato alcune ore. Alla fine di agosto, 80 militari hanno fatto irruzione nella comunità e hanno arresato 13 Poliziotti Comunitari, accusandoli prima di essere membri di un gruppo guerrigliero (l’Esercito Popolare Rivoluzionario, EPR) e giustificando poi l’arresto con il fatto che, al momento dell’operativo, i contadini non erano in possesso di un’identificazione ufficiale.
Episodi del genere sono un esempio della startegia repressiva messa in atto dallo Stato messicano, che, con il pretesto della lotta al narcotraffico e alla guerriglia, mira a criminalizzare le organizzazioni di base ed i movimenti. Negli ultimi tempi, è frecuente che gli attivisti vengano accusati di vincoli con il narco e per questo arrestati, in un clima di impunità e paura provocato dalla militarizzazione capillare in vaste regioni del Messico, tra le quali spicca proprio lo stato del Guerrero.
L’ennesima provocazione è arrivata durante l’inaugurazione dell’incontro del 14 anniversario: un gruppo di Polizia Comunitaria che si recava all’evento è stato fermato per mezza giornata in un posto di blocco (illegale) installato dall’Esercito lungo la strada. La risposta non si è fatta attendere: il giorno successivo, 15 di ottobre, più di 600 Poliziotti Comunitari, in divisa (maglietta e berrettino) e con i loro fucili, hanno sfilato per le strade di Marquelia, città capoluogo della zona, accompagnati da tutti i partecipanti all’incontro, rivenicando il rispetto all'istituzione indigena.
14 anni di lotta: nuovi progetti e prospettive per la Polizia Comunitaria
La relativa sicurezza nella regione e la presenza di un sistema di giustizia vicino alla gente sono le grandi conquiste del Sistema di Sicurezza e Giustizia Comunitaria, che però non può certo permettersi di dormire sugli allori.
La crisi economica e la crescente decomposizione sociale che si vive in tutto il paese si fanno sentire anche in questa regione indigena e rurale, dove negli ultimi tempi si registra un’aumento della delinquenza, a causa della mancanza di alternative e della povertà in aumento. L’organizzazione comunitaria deve dunque svilupparsi, aprirsi ad altri aspetti della vita quotidiana e rafforzare la costruzione di autonomia e di una società alternativa.
In questo senso, l’incontro svoltosi in occasione dell’anniversario del 2009 è stato ricco di riflessioni e proposte, articolate nei Tavoli di Discussione sui temi: Partecipazione delle donne nella Polizia Comunitaria, Salute, Educazione, Comunicazione, Sovranità alimentare e Relazione con lo Stato.
Hanno animato la discussione collettivi ed organizzazioni provenienti da vari stati del Messico, così come una delegazione della Via Campesina Internazionale, composta da rappresentanti del Movimiento Sem Tierra brasiliano, attivisti del Salvador e messicani.
La delegazione di Via Campesina ha animato il dibattito sul tema della sovranità alimentare, al termine del quale ha formalmente stretto un’alleanza con la Polizia Comunitaria. I progetti che prenderanno il via nella regione prevedono la coltivazione biologica, la creazione di una banca di semi locali e di un mercato regionale.
Il tema della sovranità alimentare è strettamente legato a quello della salute, in una regione dove la povertà raggiunge livelli estremi, assieme alla denutrizione ed alla morte per malattie curabili. La discussione ha accordato la creazione del Sistema Comunitario di Salute, e la formazione di promotori di salute in tutte le comunità parte del Sistema di Sicurezza e Giustizia Comunitaria.
Durante l’anniversario, momento di festa e di incontro tra numerose organizzazioni della regione, il tema della sicurezza comunitaria e del diritto all’autodifesa dei popoli indigeni è stato ripreso da molti partecipanti. In particolare, un rappresentante del municipio di Tlacoapa ha espresso l’imminente formazione di una Polizia Comunitaria nella zona.
Un’appello all’unità ed alla coordinazione dei progetti di autonomia e di resistenza è giunto dai collaboratori di Radio Ñomndaa, storica emittente comunitaria nella regione, e dai rappresentanti del Municipio Autonomo di San Juan Copala, nello stato di Oaxaca.
Un’incontro, quello del 14 anniversario, che ha ribadito l’importanza della Polizia Comunitaria ed ha aperto prospettive per la strada da percorrere, nella costruzione dell’autonomia.