Sciopero generale: tutti in piazza ad Atene per chiedere che a pagare i costi del crack non siano i cittadini.
Decine di migliaia di persone hanno invaso Atene, Salonicco e altre città urlando slogan come «non pagheremo noi per questa crisi». Violenti faccia a faccia tra manifestanti e polizia.
Una settimana davvero difficile per la Grecia. Oggi lo sciopero generale segna il punto di mezzo di sette giorni gravati da numeri che pesano come pietre: Atene deve rifinanziare 53 miliardi di euro da qui a fine anno, 20 dei quali entro aprile.
Cifre da capogiro. Secondo il settimanale tedesco Der Spiegel, i paesi dell'Unione Europea sono pronti a stanziare 20-25 miliardi di euro per le casse greche, ma anche questa resta per il momento una delle tante voci che si rincorrono in questi giorni tra la penisola ellenica e Bruxelles. Le singole quote dovrebbero essere calcolate in base al capitale di ogni membro Ue nella Banca Centrale Europea (Bce). Il portavoce del ministero tedesco delle Finanze, Martin Kreienbaum, si è affrettato a smentire il varo di qualsiasi piano di salvataggio.
Un tira e molla che ha fatto perdere la pazienza al ministro greco delle Finanze George Papacostantinou, che a margine di un vertice del partito Pasok al governo ha dichiarato: "Se avessimo chiesto aiuto al Fondo Monetario Internazionale (Fmi) avremmo dovuto fare gli stessi sacrifici che ci chiede l'Ue, ma ci sarebbero in cassa già 30 miliardi di euro". Polemiche a parte le certezze sono poche, mentre i cittadini greci sono sempre più preoccupati di dover pagare di tasca loro gli affari d'oro degli speculatori e dei politici incompetenti o collusi. Che non godrebbero della fiducia necessaria per far digerire all'opinione pubblica l'applicazione dell'articolo 50 del Trattato di Lisbona, che prevede la recessione unilaterale di uno stato membro dal mercato comune dell'euro, per un ritorno alla dracma (moneta nazionale greca) da svalutare.
Si attende anche il piano del governo greco per il bond decennale, per un valore di 3-5 miliardi di euro, come hanno fatto Portogallo e Spagna, che l'esecutivo di Atene dovrebbe lanciare entro la fine di questa settimana. Certo che, dopo le denunce sul ruolo avuto dalle grandi banche d'affari nella speculazione che ha generato la asfissia dell'economia greca, fa un certo effetto leggere che il neo direttore della gestione del debito è tale Spyros Christodoulou. Nel suo curriculum spiccano i periodi trascorsi a lavorare per Goldman Sachs e JPMorgan.
Resta l'opzione Cina. Pechino, che ha già rilevato per 35 anni la gestione dello strategico porto del Pireo, tra mille contestazioni di portuali e addetti ai lavori, avrebbe la liquidità per aiutare subito Atene. Solo che chiede una fetta della quota di azioni della maggiore banca greca. Un po' troppo, almeno per segnare una differenza con il precedente governo conservatore di Costas Karamanlis, per il quale ora i socialisti chiedono una commissione d'inchiesta parlamentare che giudichi la gestione del suo esecutivo e il ruolo che hanno avuto enti come la Goldman Sachs nella falsificazione dei bilanci di Stato. Al di là delle colpe di Karamanlis, la Grecia è a un bivio.
Da un lato sarà dura recuperare la perdita di credibilità della politica greca agli occhi dei cittadini, con drammatiche conseguenze sulla rilevanza del gettito fiscale, dall'altra c'è la costante erosione della competitività delle aziende greche sul mercato europeo, un trend che non sarà facile invertire.
Fermo restando un cono d'ombra che, nel Paese, è rappresentato dalla corruzione, che ha dilapidato i 37,4 miliardi di euro che la Grecia ha ricevuto dall'Ue dal 1981 a oggi.
Rabbia in piazza. Nell'attesa degli sviluppi e, si spera, delle soluzioni, oggi scendono in piazza i lavoratori greci. Aerei, treni, trasporti urbani, scuole, uffici pubblici e imprese private chiuderanno i battenti, per urlare in piazza tutta la loro rabbia. Anche i giornalisti hanno aderito, rendendo credibile una sorta di blocco totale della vita del Paese. Lo scorso 10 febbraio avevano già scioperato il Pame (sindacato vicino all'area comunista), ma oggi scendono in campo anche il Gsee (sindacato del settore privato) e Adedy (sindacato della funzione pubblica). Ieri, mentre circa 200 sindacalisti del Pame bloccavano l'ingresso della Borsa, una delegazione tecnica di esperti del Fmi, della Bce e della Commissione europea si trovava ad Atene per incontrare Georges Zanias, presidente del Consiglio degli esperti greci nominato dal ministero delle Finanze ellenico. Obiettivo la riduzione di quattro punti il deficit pubblico greco entro l'anno. La domanda è: come? "La plutocrazia deve pagare la crisi", recitava lo striscione portato dai dimostranti ieri davanti alla Borsa. A quanto sembra, come dimostra lo sciopero generale di oggi, i cittadini greci sanno di chi è la colpa. E non vogliono pagare il conto.
Cifre da capogiro. Secondo il settimanale tedesco Der Spiegel, i paesi dell'Unione Europea sono pronti a stanziare 20-25 miliardi di euro per le casse greche, ma anche questa resta per il momento una delle tante voci che si rincorrono in questi giorni tra la penisola ellenica e Bruxelles. Le singole quote dovrebbero essere calcolate in base al capitale di ogni membro Ue nella Banca Centrale Europea (Bce). Il portavoce del ministero tedesco delle Finanze, Martin Kreienbaum, si è affrettato a smentire il varo di qualsiasi piano di salvataggio.
Un tira e molla che ha fatto perdere la pazienza al ministro greco delle Finanze George Papacostantinou, che a margine di un vertice del partito Pasok al governo ha dichiarato: "Se avessimo chiesto aiuto al Fondo Monetario Internazionale (Fmi) avremmo dovuto fare gli stessi sacrifici che ci chiede l'Ue, ma ci sarebbero in cassa già 30 miliardi di euro". Polemiche a parte le certezze sono poche, mentre i cittadini greci sono sempre più preoccupati di dover pagare di tasca loro gli affari d'oro degli speculatori e dei politici incompetenti o collusi. Che non godrebbero della fiducia necessaria per far digerire all'opinione pubblica l'applicazione dell'articolo 50 del Trattato di Lisbona, che prevede la recessione unilaterale di uno stato membro dal mercato comune dell'euro, per un ritorno alla dracma (moneta nazionale greca) da svalutare.
Si attende anche il piano del governo greco per il bond decennale, per un valore di 3-5 miliardi di euro, come hanno fatto Portogallo e Spagna, che l'esecutivo di Atene dovrebbe lanciare entro la fine di questa settimana. Certo che, dopo le denunce sul ruolo avuto dalle grandi banche d'affari nella speculazione che ha generato la asfissia dell'economia greca, fa un certo effetto leggere che il neo direttore della gestione del debito è tale Spyros Christodoulou. Nel suo curriculum spiccano i periodi trascorsi a lavorare per Goldman Sachs e JPMorgan.
Resta l'opzione Cina. Pechino, che ha già rilevato per 35 anni la gestione dello strategico porto del Pireo, tra mille contestazioni di portuali e addetti ai lavori, avrebbe la liquidità per aiutare subito Atene. Solo che chiede una fetta della quota di azioni della maggiore banca greca. Un po' troppo, almeno per segnare una differenza con il precedente governo conservatore di Costas Karamanlis, per il quale ora i socialisti chiedono una commissione d'inchiesta parlamentare che giudichi la gestione del suo esecutivo e il ruolo che hanno avuto enti come la Goldman Sachs nella falsificazione dei bilanci di Stato. Al di là delle colpe di Karamanlis, la Grecia è a un bivio.
Da un lato sarà dura recuperare la perdita di credibilità della politica greca agli occhi dei cittadini, con drammatiche conseguenze sulla rilevanza del gettito fiscale, dall'altra c'è la costante erosione della competitività delle aziende greche sul mercato europeo, un trend che non sarà facile invertire.
Fermo restando un cono d'ombra che, nel Paese, è rappresentato dalla corruzione, che ha dilapidato i 37,4 miliardi di euro che la Grecia ha ricevuto dall'Ue dal 1981 a oggi.
Rabbia in piazza. Nell'attesa degli sviluppi e, si spera, delle soluzioni, oggi scendono in piazza i lavoratori greci. Aerei, treni, trasporti urbani, scuole, uffici pubblici e imprese private chiuderanno i battenti, per urlare in piazza tutta la loro rabbia. Anche i giornalisti hanno aderito, rendendo credibile una sorta di blocco totale della vita del Paese. Lo scorso 10 febbraio avevano già scioperato il Pame (sindacato vicino all'area comunista), ma oggi scendono in campo anche il Gsee (sindacato del settore privato) e Adedy (sindacato della funzione pubblica). Ieri, mentre circa 200 sindacalisti del Pame bloccavano l'ingresso della Borsa, una delegazione tecnica di esperti del Fmi, della Bce e della Commissione europea si trovava ad Atene per incontrare Georges Zanias, presidente del Consiglio degli esperti greci nominato dal ministero delle Finanze ellenico. Obiettivo la riduzione di quattro punti il deficit pubblico greco entro l'anno. La domanda è: come? "La plutocrazia deve pagare la crisi", recitava lo striscione portato dai dimostranti ieri davanti alla Borsa. A quanto sembra, come dimostra lo sciopero generale di oggi, i cittadini greci sanno di chi è la colpa. E non vogliono pagare il conto.