Non sono loro i "debitori" ma noi!
Passano le settimane e Haiti pian piano scompare dalle cronache, ma chiedersi cosa c'è dietro il dramma dell'isola caraibica e che senso possono avere gli aiuti, continua ad essere un importante occasione per riflettere sul mondo in cui viviamo.A pochi mesi dalla Conferenza di Copenhagen come non pensare anche il futuro di Haiti come un tassello di quella richiesta globale di "giustizia climatica" che non è solo uno slogan, ma invece un radicale percorso per far si che tragedie di questa intensità non diventino, in territori devastati, delle catastrofi annunciate?
Naomi Klein in un suo lungo articolo commenta l'intervista all'economista haitiano Camille Chalmers, fatta da Avi Lewis, che partendo dalla necessità di azzerare il "debito" di Haiti parla della "riparazione" e "restituzione" di quanto è stato sottratto all'isola portandola alla situazione attuale. A partire da questo Naomi Klein ricostruisce la storia affermando che il nostro debito verso deriva da quattro fonti principali: la schiavitù, l'occupazione statunitense, la dittatura e il cambiamento climatico.
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Amy Goodman in articolo pubblicato su La Jornada ripercorre le tappe dello sfruttamento di Haiti e mette in guardia sul futuro se la ricostruzione continuerà a percorrere i binari della logica di saccheggio che ha accompagnato la storia recente dell'isola.
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