lunedì 12 aprile 2010

Io sto con Emergency!

Si è svolta domenica mattina nella sede di Emergency a Milano una Conferenza stampa per ribadire la provocatorietà dell'arresto degli operatori in Afghanistan.
Nel sito di Emergency è possibile firmare un appello a sostegno dell'organizzazione.

Sabato 10 aprile militari afgani e della coalizione internazionale hanno attaccato il Centro chirurgico di Emergency a Lashkar-gah e portato via membri dello staff nazionale e internazionale. Tra questi ci sono tre cittadini italiani: Matteo Dell'Aira, Marco Garatti e Matteo Pagani.
Emergency è indipendente e neutrale. Dal 1999 a oggi EMERGENCY ha curato gratuitamente oltre 2.500.000 cittadini afgani e costruito tre ospedali, un centro di maternità e una rete di 28 posti di primo soccorso.
IO STO CON EMERGENCY
Per firmare entra nel sito EMERGENCY.

In serata le agenzie di stampa rincarano la dose facendo circolare la notizia di una "confessione" degli operatori di Emergency.
Immediata la replica di Emergency che definisce "ridicole" le accuse delle autorità afgane.
Gino Strada afferrma che  "si tratta di una sporca manovra" messa in atto con l'obiettivo di estromettere Emergency dal sud dell'Afghanistan. "E' iniziata una guerra preventiva per togliere di mezzo un testimone scomodo prima di dare il via ad un'offensiva militare in quelle regioni".
Nella conferenza stampa della mattina Gino Strada, aveva affermato che: "I nostri medici sono stati rapiti nella peggiore tradizione terroristica dalla polizia del governo Karzai ... quel governo difeso dalla coalizione internazionale per il quale l'Italia spende 2 milioni di euro al giorno".
Nel video fatto circolare si vede chiaramente la presenza, fuori e dentro l'ospedale, delle truppe Isaf. Una circostanza che confermerebbe il coinvolgimento della Nato nella vicenda. Ieri un portavoce dell'Alleanza atlantica aveva smentito la partecipazione di soldati Isaf, attribuendo ogni responsabilità ai servizi di sicurezza afgani.

Il sottosegretario agli Esteri Alfredo Mantica conferma la presenza delle truppe Iasf, ma riferendosi alle accuse degli afgani contro Emergency dice di avere perplessità sul fatto "che la verità dia ragione a Gino Strada". Mantica non risparmia critiche, sostenendo che l'organizzazione umanitaria fa troppa politica.

E più tardi è lo stesso Frattini a rincarare la dose: "Quelle di Strada sembrano dichiarazioni politiche, e non quelle di un medico che vuole salvare la vita alla gente". Frattini sempre in serata ha anche dichiarato "Prego che non ci sia nessun italiano che abbia direttamente o indirettamente compiuto atti di questo genere", lo prego davvero di tutto cuore, perché sarebbe una vergogna per Italia".

Nel sito Peace reporter la cronaca multimediale della conferenza stampa:
Domenica mattina, sede di Emergency a Milano.
Via vai di telecamere e registratori, macchine che scattano foto. La conferenza stampa dell'organizzazione fondata nel 1994, che da allora ha curato gratuitamente quasi quattro milioni di persone in tutto il mondo, è convocata per le 11.30.
26644.jpgLo staff è incollato ai telefoni: tre di loro sono stati ''rapiti''in Afghanistan ieri, come dice il dottor Gino Strada, direttore esecutivo e fondatore dell'organizzazione, seduto davanti a telecamere e taccuini con il presidente di Emergency Cecilia Strada, il vice presidente Alessandro Bertani e il responsabile della comunicazione Maso Notarianni. Una telefonata, ieri, alle 11.30 ora italiana, da parte del personale dell'ospedale di Emergency a Lashkar-gah, nella provincia dell'Helmand: "Ci stanno ammanettando". Solo alcune ore dopo, al cellulare di Matteo Dell'Aira - responsabile medico del centro, uno dei fermati - risponde un uomo che si qualifica come soldato britannico del contingente Isaf, che tranquillizza sulle condizioni dei tre italiani trascinati via dall'ospedale ma rifiuta di fornire le proprie generalità. Poi un pesante silenzio. Come spiega Cecilia Strada, Emergency ha appreso le accuse che vengono mosse ai tre elementi di Emergency, portati via assieme ad alcuni lavoratori afgani, da un lancio di agenzia e ne ha avuto conferma dall'ambasciata italiana nel Paese asiatico. Nessuna comunicazione ufficiale da parte del governo afgano, nessun risconto dalle forze armate del contingente internazionale della Nato.
L'accusa è enorme, "al punto da trasformarsi in farsa", commenta Cecilia Strada. Matteo Dell'Aira, 41 anni, dal 2000 in giro per il mondo con Emergency, responsabile medico dell'ospedale, Marco Garatti, 49 anni, coordinatore del progetto in Afghanistan, dal 1999 con Emergency, e Matteo Pagani, 28 anni, responsabile logistico dell'ospedale, sono stati portati via. A quanto si legge dagli organi di stampa, i servizi segreti afgani li accusano di essere coinvolti nel progetto di attentare alla vita del governatore della provincia di Helmand nel corso di una sua futura visita all'ospedale, un centro chirurgico che funziona dal 2004 e che ha curato oltre 66mila persone. L'ambasciatore italiano a Kabul ha potuto vedere solo oggi i connazionali fermati. Sembrano essere in buona salute, ma sono naturalmente molto scossi.
"Questo è un attacco all'ospedale, sono allibito", dice il dottor Strada. "Un atto di guerra preventiva, magari in previsione di una nuova offensiva militare nel territorio, nel quale siamo rimasti gli unici, scomodi, testimoni". Non ci sono altri ospedali in Helmand, non ci sono giornalisti. All'interno della struttura, secondo l'intelligence di Kabul, sarebbero stati trovati armi ed esplosivi. "La perquisizione è avvenuta in assenza di nostri rappresentati", chiarisce Strada, "ma non si può escludere che qualcuno abbia portato all'interno dell'ospedale quel materiale. Quello che è grave è che tre persone che, nello spirito di Emergency, lavorano a salvare migliaia di vite da anni siano coinvolte in tutto questo".
L'Isaf, in un primo momento, ha smentito di aver preso parte all'azione. Un video diffuso dall'Associated Press, però, li smentisce, mostrando chiaramente come militari britannici del contingente Nato - che hanno il comando operativo nella regione dell'Helmand - abbiano circondato l'edificio e preso parte alla perquisizione dei locali, costringendo il personale a identificarsi. La situazione è complessa e, come racconta il dottor Strada, ''l'ospedale non ha in questo momento la possibilità di svolgere la sua funzione, in quanto occupato da militari". Rispetto alle prossime ore Emergency si augura una soluzione rapida della crisi, ma come risponde lo stesso Strada alla domanda di una giornalista, "per il futuro del progetto non ci sono certezze. La priorità in questo momento è la sicurezza dei nostri in carcere e degli altri (5 italiani e un indiano) del personale internazionale e locale che si trovano a Lashkargah. Tutto il resto si valuterà dopo".
In attesa che, come prevede il sistema giudiziario afgano implementato dai consulenti italiani, venga formalizzato un atto d'accusa e venga permesso ai tre italiani e ai sei afgani prelevati dall'ospedale di difendersi. "La situazione ricorda quella del 2007", conclude Strada, "quando il rapimento del giornalista italiano Daniele Mastrogiacomo segnò l'inizio di un escalation nei confronti del nostro lavoro in Helmand. Un lavoro fatto solo di cure mediche, per chiunque, perché una vita umana è una vita umana. Chiunque nei nostri ospedali in Afghanistan e nel mondo riceve cure mediche se ne ha bisogno. Il resto non conta. Proprio per questo principio sempre rispettato, Emergency rappresenta un volto amato dell'Italia nel Paese. Mi aspetto che i cittadini italiani facciano sentire la loro voce e che il governo italiano, come sta già facendo, continui ad adoperarsi per la soluzione del caso".

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!