In trecento tra attivisti e migranti, in larga parte migranti, hanno occupato intorno alle 14.30 la sede centrale di Roma dell’OIM, l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni.
Gli uffici di via Nomentana sono stati invasi da un nuvolo di persone, nella prima giornata di azioni contro il vertice dei ministri dell’Interno e della Giustizia dei paesi del G8, che aprirà i battenti con la cerimonia di benvenuto di venerdì 29. All’occupazione degli uffici è seguito il blocco del traffico su via Nomentana da parte degli attivisti che hanno appeso uno striscione raffigurante un lager nazista, prorpio per sottolineare il ruolo di estrema attualità dei dispositivi detentivi nella gestione delle politiche migratorie: dai Cie italiani ai campi ed alle carceri libiche.
E’ la prima di una serie di azioni dislocate che precedono la manifestazione globale di sabato 30 maggio (ore 15.00 Porta Maggiore).
La corrispondenza con Francesco Raparelli di Esc, Rete noG8 - Roma [ audio ]
Proprio l’OIM è coinvolta nei progetti di esternalizzazione dei controlli alla frontiera che vedono l’Europa impegnata nel proiettare i suoi confini all’esterno del suo spazio geografico, prorpio demandando alla Libia il ruolo di "filtro" dell’immigrazione.
L’OIM è uno degli attori delle operazioni di rimpatrio volontario dei migranti catturati dalla polizia libica e gestisce l’organizzazione della formazione ed il rapporto con il libici all’interno dei processi drammatici di esternalizzazione dei confini e della detenzione in corso.E’ bene chiarire che cosa significa il “ritorno volontario” in un paese nel quale i diritti dei migranti irregolari valgono meno di niente, come è confermato da anni dai rapporti di Amnesty International e di Human Rights Watch, oltre che da diverse visite di delegazioni del Parlamento Europeo. Possiamo facilmente immaginare in quali condizioni si formi la volontà dei migranti di abbandonare il proprio progetto migratorio e di fare ritorno verso i paesi di origine, fuggendo da quella Libia che prima è stata un miraggio, paese di emigrazione, ma anche paese di transito verso l’Europa, che poi si è rivelata una trappola, anche mortale, per chi non aveva abbastanza denaro per corrompere, per comprare un passaggio verso la Sicilia. Il “rimpatrio volontario assistito” non è quasi mai una libera scelta dei migranti che si rivolgono spontaneamente agli uffici dell’OIM a Tripoli, ma costituisce una soluzione disperata che si pone a migranti già arrestati dalla polizia libica. Eppure la Libia è considerata un paese nel quale investire ingenti risorse comunitarie al fine di bloccare i movimenti dei migranti irregolari. E da alcune settimane questo stato ha persino ottenuto un seggio temporaneo nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, malgrado siano note a tutti le gravissime violazioni dei diritti umani, perpetrate dal regime di Ghedafi ai danni dei migranti.
Oggi i respingimenti illegittimi verso la Libia delle torture e degli abusi sono pratica ufficiale ed ostentata dal governo italiano.
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