Non è certo una gran novità, ma tuttavia fa una discreta impressione il risultato del sondaggio pan-russo condotto una decina di giorni fa dall’autorevole centro di indagini d’opinione VTsIOM e riportato dal sito regions.ru: il 60 per cento dei russi pensa che i sindacati non abbiano nel paese la benché minima influenza.
Entrando più nel dettaglio del sondaggio - condotto su un campione di circa 1600 persone adulte e in età lavorativa, in 140 città grandi e piccole di 42 diverse regioni russe - si scopre che soltanto il 17 per cento degli intervistati pensa che i sindacati abbiano avuto o abbiano attualmente un ruolo positivo nelle loro vite professionali e lavorative.
E allora, chi è che secondo l’opinione media dei lavoratori russi difende i loro interessi e i loro diritti sul posto di lavoro? La risposta è molto semplice: nessuno. Così pensa il 43 per cento degli intervistati, mentre questo ruolo è attribuito ai sindacati soltanto dall’8 per cento. Un altro 19 per cento pensa che la tutela dei propri diritti e interessi sia rappresentata …dall’azienda in cui lavorano, e il 14 per cento dai propri capi diretti; c’è un 6 per cento che si affida alla tutela del proprio collettivo di lavoro e dei rappresentanti che esso esprime, mentre un altro 6 per cento crede in non meglio precisati ispettori del lavoro, autorità sanitarie e supervisori tecnici statali.
Non stupisce a questo punto che alla domanda sul tipo di relazioni da instaurare fra lavoratori e azienda la maggioranza (39 per cento) risponda preferendo le relazioni definite “paternalistiche”, affidandosi così al puro e semplice buon cuore e senso della giustizia dei propri datori di lavoro, mentre un 26 per cento sceglie le relazioni “liberali”, cioè basate su trattative dirette fra lavoratori e padroni. Solo il 14 per cento indica relazioni “socialiste”, affidate a dei sindacati esterni all’azienda, e il 10 per cento preferisce infine relazioni definite “social-liberali”, con un intervento dello Stato per dare delle tutele di base ai lavoratori e tutto il resto affidato al rapporto fra padrone e collettivo di lavoro.
Questo, sulla carta. E nella realtà concreta della propria vita professionale, come si comportano i russi - quelli intervistati, perlomeno? Il 56 per cento degli interpellati afferma di non aver fatto ricorso ad alcun mezzo per difendere i propri diritti (di essi, un po’ più della metà sostiene di non averne mai avuto bisogno, un quarto pensa che tanto sarebbe tutto inutile, uno su venti teme di veder peggiorare la propria situazione…). Coloro che invece hanno fatto qualcosa per tutelare i propri interessi e i propri diritti, si sono rivolti (il 19 per cento del totale) ai propri superiori o alla direzione aziendale; il 5 per cento si è rivolto ai sindacati, altrettanti si sono rivolti ai tribunali, altri 5 su cento hanno fatto ricorso a “mezzi privati” (presumibilmente conoscenze personali - o minacce fisiche in qualche caso) e infine 6 su cento hanno cambiato lavoro. Solo un modestissimo 1 per cento ha cercato di risolvere i problemi partecipando a scioperi, manifestazioni o altre azioni collettive.
Astrit Dakli
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Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.
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