Più di 350 delegati provenienti da oltre 13 paesi per due giorni hanno discusso nella sede della Giunta del Buongoverno di Morelia
Il resoconto dell'incontro del 20 e 21 giugno 2009 in terra zapatista
Alla presenza di 13 paesi del continente americano e un ventaglio di paesi osservatori provenienti dai cinque continenti, per un totale di più di 350 partecipanti, si è aperto sabato 20 di giugno il Primo Incontro Continentale contro l’Impunità. Dopo il saluto a cura della Junta del Buen Gobierno di Morelia, anfitriona dell’incontro, e del comitato organizzatore, hanno preso la parola, in modo alternato, un relatore messicano e uno proveniente dal continente americano.
Hugo Blanco, intellettuale peruviano, ha parlato degli indios amazzonici - giudicati primitivi e retrogradi dai paesi “civilizzati”, ma in realtà uniche popolazioni rimaste inconaminate dalla colonizzazione territoriale e culturale maya e successivamente spagnola - che lottano per la difesa dei loro territori contro le multinazionali appoggiate dal governo. La tematica ambientale sembra essere, in prospettiva, terreno di scontro tra le popolazioni indigene e i governi occidentali alla ricerca di nuove terre da svendere. Lo sfruttamento e la devastazione di queste ultima non solo causerebbe un danno ambientale irreparabile, ma andrebbe a cancellare la stessa esistenza delle popolazioni indigene. Il nemico comune è stato spesso identificato con il capitalismo che ha creato un sistema basato sulla persecuzione e ghettizzazione delle classi più deboli, quali quelle indigene, attraverso nuove forme di potere e di controllo (la lotta al terrorismo e il pericolo sicurezza). Dall’analisi della situazione di impunità imperante a tutte le latitudini è scaturita la proposta della creazione di un tribunale internazionale autonomo continentale, obbiettivo finale dell’incontro, avanzata nell’intervento dell’uruguagio Carlos Fazio e ripresa dai successivi relatori, il punto di ripartenza dovrebbe essere il riconoscimento della pluralità e delle diversità.
Barbara Zamora, avvocato messicano, ha sottolineato la necessità di una giustizia autonoma in quanto essa è un diritto fondamentale sancito dalla carta dei diritti dell’uomo e dalle Costituzioni Nazionali. Questa deve essere conseguita attraverso nuove forme di contrapposizione alla giustizia globale la quale, cancellando i diritti costituzionali in chiave anti terrorista, non corrisponde più al suo compito: cercare le prove di colpevolezza e punire chi ha compiuto crimini. Questa giustizia autonoma deve nascere da una rivoluzione che ricostituisca un nuovo immaginario e dei nuovi vincoli sociali, essa si fonda sulla legge naturale dell’istinto dell’autodifesa e del “farsi giustizia da sé”, da cui può scaturire una nuova forma di violenza nata dall’esigenza di preservare le proprie vite e i propri diritti.
Silvia Marcos ha analizzato le varie forme di violenza delle società patriarcali verso le donne, individuate come strumento di offesa nei confronti dei componenti delle loro comunità. Così stupro, prostituzione coatta, obbligo della dote e altre angherie subite dalle donne nel corso dei secoli sono stati strumenti della visione patriarcale della società. Da queste esperienze drammatiche si stanno costituendo in tutto il mondo delle ”Cortes de mujeres” con l’obbiettivo di ricercare nuove forme di giustizia che non siano basate sulla vendetta o sulla punizione, ma sulla presa di coscienza da parte della società, sul valore morale e sul ruolo di denuncia pubblica da cui deve scaturire un’”azione” verso il cambiamento.
Gli interventi di domenica 21 giugno sono stati caratterizzati dalle testimonianze di episodi di impunità nei vari territori nazionali in Amenrica Latina, e nelle comunità indigene del Messico (un rappresentante della Sociedad Civil Las Abejas di Acteal; la peruviana Gloria Cano; Edwin Paraison di Haiti; Beatriz Suárez della Asociación de Familiares de Detenidos Desaparecidos y Mártires por la Liberación Nacional in Bolivia; Julio Rosales de Comunicarte, Guatemala)
Uno degli interventi più incisivi ed emozionanti è stato quello dell’argentina Andrea Benítez, le cui parole hanno voluto far risuonare "la voz incómoda de los sobrevivientes". Alla fine dell’assemblea plenaria, a cui hanno seguito cinque “mesas de trabajo” tematiche, la pittrice cilena Beatriz Aurora ha concluso criticando parte della classe intellettuale, rea di condannare il passato ma di tacere sui crimini delle attuali dittature. Pertanto ha lanciato la proposta di dichiarare l’11 settembre (giorno del Golpe cileno del 1973) come “Giornata di lotta contro l’impunità”.
Ass. Ya Basta! Italia
San Cristobal de las Casas, Chiapas, Mexico. 22 giugno 2009
Entra nel sito dell'Incontro Continentale contro l'impunità.