L’ennesima nave per la Grecia è partita dal porto di Venezia con a bordo decine di profughi. Stavolta ci sono tra loro tante donne e moltissimi bambini, circa trenta su cinquantanove.
Su questa rotta, ormai è chiaro, lavorano varie mafie alimentate dall’impossibilità di attraversare legalmente i confini e dalla paura dei respingimenti. Ai migranti non resta altra scelta che pagare migliaia e migliaia di euro (di solito racimolati nel corso di anni), quando possono, per affidarsi ai contrabbandieri ed evitare così di viaggiare dentro i cassoni coibentati dei tir con il rischio di morire soffocati, oppure legati sotto i camion, con i pericoli che, come racconta la terribile storia di Zaher Rezai, un simile viaggio comporta. Questa volta la composizione, il numero, le modalità di arrivo di questo gruppo di migranti, ha costretto la polizia di frontiera a rendere pubblico questo arrivo. Nove macchine con altrettanti nuclei familiari, infatti, avevano cercato la mattina del 21 giugno di sbarcare dal traghetto muniti di documenti falsi. Un viaggio preparato nei minimi dettagli dai passeurs. Un viaggio che si è interrotto al porto. Pubblichiamo il comunicato stampa dell’associazione Razzismo Stop di Venezia presente sul sito www.meltingpot.org, che in questi giorni ha seguito l’intera vicenda.
La nave della Minoans partita il pomeriggio del 22 giugno alle 17:00 da Venezia porta via con sé parte di una storia piena di ombre, che non si dipaneranno certo quando attraccherà sulle banchine del porto di Igoumenitsa. 50 dei 59 profughi curdi arrivati la mattina precedente al porto, tra i quali la maggior parte erano donne e bambini sotto i dieci anni sono infatti stati reimbarcati su questo mezzo diretto verso la Grecia. Il numero di questi migranti e la loro composizione aveva impedito alla polizia di frontiera di procedere con i rimpatri informali che quasi sempre mette in atto in violazione di moltissime norme interne e internazionali. Nel pomeriggio del 21, inoltre, un presidio di associazioni, la comunità curda di Venezia, i centri sociali, avevano attirato l’attenzione sulla questione, preoccupati che anche stavolta tutti i migranti fossero respinti verso la Repubblica ellenica. Solo a tarda sera, dopo molte ore di attesa, l’assessore Luana Zanella è riuscita a entrare al porto insieme ad alcuni rappresentanti della comunità curda per accertarsi della situazione in cui versavano le persone. Da quel momento in poi si sono susseguite numerose informazioni confuse, la più accreditata delle quali diceva che tutti i 59 sarebbero stati portati in questura per ricevere un foglio di via ed essere lasciati a piede libero sul territorio con l’obbligo di abbandonarlo entro alcuni giorni. La mattina del 22, invece, sono state avviate, da parte del Cir, che agisce sempre e solo su chiamata della polizia di frontiera, pratiche di accertamento rispetto alla volontà di questi profughi di chiedere asilo politico. Due famiglie hanno inoltrato l’istanza, le altre hanno continuato a dichiarare di volere raggiungere la Germania dove avevano i loro congiunti. Alla fine, chi non ha chiesto asilo è stato reimbarcato con una procedura dubbia, che non si capisce bene a quale testo di legge faccia riferimento. Certamente, vista l’attenzione mediatica, questi migranti sono stati più fortunati di altri, e questa volta un minimo di procedure sono state rispettate. Questa, si potrebbe dire, è una sorta di eccezione che conferma la regola. Resta il fatto che le famiglie curde e i loro bambini sono ritornati nell’inferno della Grecia, da cui ogni giorni partono voli carichi di deportati diretti verso la Turchia. Per questo motivo rimane una forte preoccupazione per la sorte di queste persone che, questo è sicuro, cercheranno se possibile di ritentare la sorte affidandosi nuovamente alla mafie che li avevano fatti arrivare fino a Venezia. Il sistema dell’asilo in Europa e le leggi italiane, nei fatti, continuano ad alimentare la clandestinità e soprattutto le tasche dei contabbandieri di persone, rimasti l’unico mezzo possibile per cercare di attraversare i confini in cerca della vita che si vorrebbe poter scegliere. Queste preoccupazioni hanno espresso oggi centri sociali e associazioni che, insieme al Consigliere comunale Beppe Caccia, hanno fatto ingresso in porto per sincerarsi delle condizioni di questo respingimento e delle famiglie che invece sono rimaste in Italia.
L’articolo 19 della Carta dei diritti umani dell’Unione europea, siglata a Nizza nel 2000, recita: "nessuno può essere allontanato, espulso o estradato verso uno Stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani e degradanti". La Grecia non è uno Stato terzo sicuro, almeno nei fatti e nelle esperienze di chi lo attraversa e di chi vi viene respinto. Di queste 59 persone almeno si è conosciuta la storia. Di tutte le altre respinte quasi ogni giorno, invece, non si saprà ai nulla, a meno che non muoiano. L’estate è appena iniziata. è indispensabile, come le associazioni veneziane della rete tuttiidirittiumanipe-rtutti chiedono a gran voce, che dentro il porto, a tutela dei diritti dei richiedenti asilo e dei migranti, operino anche osservatori terzi e indipendenti, membri delle associazioni e del Comune che possano monitorare, con costanza e non una tantum, quel che avviene in questa zona di frontiera quando le telecamere si spengono.
Razzismo Stop