lunedì 19 gennaio 2009

Continuano le provocazioni contro gli zapatisti

Articolo di HERMANN BELLINGHAUSEN su La Jornada



Appoggiati da uffici del governo “montano” provocazioni e false denunce.

Priisti chiapanechi attizzano il conflitto contro i simpatizzanti dell’EZLN.

Non rispettano gli accordi firmati con gli zapatisti


Municipio autonomo Comandanta Ramona, Chis. - Il luogo dove, proveniente dal fiume Agua Azul, Agua Clara dà il nome ai dintorni e ad uno stabilimento balneare che normalmente era abbandonato, alcuni mesi fa era stato occupato dagli zapatisti della comunità dando avvio ad un'esperienza turistica semplice ed innovativa. "Occupato" è un modo di dire. Tutte queste terre erano state recuperate dopo l'insurrezione armata dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN).
Lo stabilimento balneare e le terre circostanti erano di proprietà di un certo Coutiño, di Tuxtla Gutiérrez. Zapatisti ed indigeni di altre organizzazioni "recuperarono" la proprietà e la terra bastava per tutti. Erano contadini, non guide turistiche, cosicché lo stabilimento balneare rimase semi-abbandonato.
Ma non è un posto qualsiasi. È uno dei più bei luoghi nel bacino degli spettacolari fiumi Tulijá, Aga Azul e Bascán che scendono nella selva e sono loro stessi selvaggi. Agua Clara è di quegli alvei azzurro-smeraldo con tronchi sommersi che sembrano incrostazioni d'ambra, soprattutto in inverno.
I turisti hanno continuato ad arrivare. Nel sessennio foxista, la Commissione per lo Sviluppo dei Popoli Indigeni (CDI), spinse la costruzione di una pensione con alcune stanze ed aggiustò strade e palapas, anche se le rive sono rimaste naturali ed intatte. Se ad Agua Azul questi investimenti così come nel lontano hotel Las Guacamayas dei Montes Azules, qui no.
Gestito da gruppi filogovernativi di Santa Clara, noti come priisti dell'Organizzazione Per la Difesa dei Diritti Indigeni e Contadini (Opddic), il progetto cadde nell'abbandono e le strutture del CDI morirono.
Nel 2008 le basi zapatiste decisero di pulire lo stabilimento balneare e ristrutturarlo e, con l'accordo dei commissari della parte ejidale di Agua Clara (i priisti), rimase a carico della giunta di buon governo (JBG) di Morelia. Oggi, consigliati dal Partito Rivoluzionario Istituzionale dello stato, i primi hanno disonorato l'accordo, assumendo atteggiamenti ostili, montando provocazioni e false denunce con l'appoggio degli uffici stampa governativi e dei media filogovernativi.
In possesso di La Jornada c'è una copia dei verbali firmati da priisti e zapatisti il passato 14 ottobre nell’ejido Santa Clara, municipio Salto de Agua: "Le autorità della JBG, consigli municipali e le autorità di questo ejido riunite nella scuola primaria per redigere un verbale di accordo con gli ejidatari e consiglieri del municipio Comandanta Ramona per il fatto che nell'ejido sopraccitato si trova una struttura ecoturistica".
Il documento, con firme e timbri in calce dei rappresentanti ejidali ed autonomi, dice: "Entrambe le autorità manifestano concordi che quell'area sarà controllata con la JBG. Si concorda inoltre che questo avverrà conformemente alle indicazioni della Legge Rivoluzionaria dell'EZLN. Successivamente saranno rese note le aree delimitate dalle organizzazioni. Sono 19 mila 215 ettari".
Ci sono le firme di Pascual Pérez Gómez, Santiago Deara Gómez e Jacinto Hernández Moreno, commissario, consigliere di vigilanza ed agente ausiliare ejidali, rispettivamente, e tre membri del consiglio autonomo Comandanta Ramona. Ed i timbri di ognuno.
Ciò nonostante, da dicembre i priisti sono diventati ostili accusando gli zapatisti di quello che loro stessi facevano. Hanno parlato di aggressioni e del presunto arrivo di zapatisti armati. Quelli che sono arrivati sono gruppi di autonomi della regione Tzot'z choj per fare la guardia e partecipare alla ristrutturazione del luogo.
Oggi, quando esistono due "caselli" di pedaggio, uno dei priisti ed un altro degli autonomi, il conflitto è attizzato dagli ejidatari di La Concordia (sic) che chiedono al Congresso ed al governo dello stato di "risolvere un problema di convivenza" con "presunti zapatisti". Ed i priisti di Agua Clara, guidati da Pascual Hernández, vessano gli abitanti ed hanno inventato "sparizioni" ed aggrediscono i turisti.
(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

MST: 25 anni di ostinazione



di João Pedro Stedile (membro del Coordinamento Nazionale del MST y della Vía Campesina Brasile)

Nel gennaio del 1984 ci fu un processo di avanzamento dei movimenti di massa in Brasile. La classe lavoratrice si stava riorganizzando, accumulando forze organiche. I partiti clandestini erano già in strada, come il Partito Comunista Brasiliano (PCB), il Partito Comunista del Brasile (PCdoB), etc. Avevamo conquistato una amnistia parziale, però la maggior parte degli esiliati erano rientrati. Si erano già formati il Partito dei Lavoratori (PT), la Centrale Unitaria dei Lavoratori (CUT) e il Congresso Nazionale della Classe Lavoratrice (CONCLAT), spinta dai comunisti che più tardi confluì nella CUT. Numerosi settori delle chiese cristiane ampliavano il loro lavoro di formichine, per generare coscienza e nuclei di base in difesa dei poveri, ispirati dalla teologia della liberazione. C’era entusiasmo dappertutto, perché la dittatura era ormai sconfitta e la classe lavoratrice brasiliana all’attacco: lottando e organizzandosi.
I contadini delle zone rurali vivevano lo stesso clima e lo stesso attacco. Tra il 1979 e il 1984 si realizzarono decine di occupazioni di terra in tutto il paese. I possessori (1), i senza terra, i salariati rurali, perdettero la paura. E iniziarono la lotta. Non volevano più migrare alla città come buoi che vanno al macello (con le parole del nostro poeta uruguayano Zitarroza).
Il risultato di tutto questo fu la l’incontro dei leaders delle lotte per la terra di sedici stati brasiliani. Ci riunimmo a Cascabel, nel gennaio 1984, stimolati dal lavoro pastorale della CPT (Commissione Pastorale della Terra). E lì, dopo 5 giorni di dibattiti, discussioni, riflessioni collettive, fondammo il MST: il Movimento dei Lavoratori Rurali Senza Terra.
I nostri obiettivi erano chiari. Organizzare un movimento di massa a livello nazionale, che potesse fare prendere coscienza ai contadini affinché lottassero per la terra, per la riforma agraria (comprendendo cambiamenti più grandi nell’agricoltura) e per una società più giusta e egualitaria. Volevamo, infine, combattere la povertà e la disuguaglianza sociale. E la causa principale di quella situazione nella campagna era la concentrazione della proprietà della terra, conosciuta come latifondo.
Non sapevamo se questo era possibile. Né quanto tempo sarebbe stato necessario per raggiungere i nostri obbiettivi.
Sono passati 25 anni. Molto tempo. Furono anni di molte mobilitazioni, tante lotte e di ostinazione costante, lottare e mobilizzarci contro il latifondo, sempre.
Pagammo caro per questa ostinazione. Durante il governo Collor la repressione fu dura, anche con la creazione di un dipartimento all’interno della Polizia Federale, specializzato per i senza terra. Più tardi, con la vittoria del neoliberalismo del governo di Fernando Henrique Cardoso ci fu il semaforo verde per l’attacco dei latifondisti e delle loro polizie provinciali contro il movimento. Ci furono nell’arco di poco tempo due massacri: Corumbiara e Carajás. Durante quegli anni centinaia di lavoratori rurali pagarono con la loro vita il sogno di una terra libera.
Ma continuammo la lotta.
Frenammo il neoliberalismo eleggendo al governo Lula. Avevamo la speranza che la vittoria elettorale potesse scatenare un nuovo avanzamento del movimento di massa e che, con esso, la riforma agraria avrebbe avuto più forza per essere messa in atto. Non ci fu riforma durante il governo Lula.



Al contrario, le forze del capitale internazionale e finanziario, attraverso le proprie multinazionali, aumentarono il controllo sull’agricoltura brasiliana. Oggi, la maggior parte delle nostre ricchezze, produzione e distribuzione di prodotti agricoli è sotto il controllo delle multinazionali. Queste, si sono alleate con i grandi proprietari capitalisti e hanno prodotto il modello di sfruttamento dell’agro-business. Molti dei loro portavoce si affrettarono ad annunciare nelle colonne dei grandi giornali della borghesia che il MST era finito. Un inganno.
L’egemonia del capitale finanziario e delle multinazionali sull’agricoltura, non è riuscito per fortuna a decretare la fine del MST. Per un solo motivo: l’agro-business non rappresenta nessuna soluzione ai problemi dei milioni di poveri che vivono nelle zone rurali. E il MST è l’espressione della volontà di liberazione di questi poveri.
La lotta per la riforma agraria che prima si basava solo sull’occupazione delle terre del latifondo, adesso si presenta più completa. Dobbiamo lottare contro il capitale. Contro la dominazione delle multinazionali. E la riforma agraria ha smesso di essere quella classica: espropriare grandi latifondi e distribuirli ai poveri contadini. Ora, i cambiamenti nella campagna, per combattere la povertà, la disuguaglianza e la concentrazione di ricchezza, dipendono dai cambiamenti non solo della proprietà della terra, ma anche del modello di produzione. Adesso i nemici sono anche le imprese internazionalizzate, che dominano i mercati mondiali. Significa anche che i contadini dipenderanno ancora una volta dalle alleanze con i lavoratori della città per poter realizzare le proprie conquiste.
Fortunatamente, il MST ha acquistato esperienza in questi 25 anni. Saggezza necessaria per sviluppare nuovi metodi, nuove forme di lotta di massa, che possano risolvere i problemi del popolo.
Nota (1) Contadini che hanno possesso precario della terra, sopratutto in Amazzonia, che tuttavia no hanno nessun titolo di proprietà.




(Rivista Caros Amigos, San Paolo, gennaio 2009).

Mobilitazione sociale in Ecuador

Dal 20 gennaio 2009 mobilitazione sociale.
Comunicato Consejo de Gobierno de la CONAIE
L’Ecuador, terra di tutti i popoli, e’ anche il paese tra piu’ piccoli dell’America del Sud. Dotato di una straordinaria diversita’ culturale e naturale, ospita dodici milioni di abitanti, il sessanta per cento dei quali, siamo popoli indigeni. Il nostro paese possiede una straordinaria ricchezza naturale che e’ stata gravemente danneggiata dalle peggiori tragedie ambientali: la distruzione dell’ Amazzonia nord a causa dell’estrazione del petrolio. Il giudizio contro Texaco e’ la prova della gravita’ di questa sitazione. L’Ecuador e’ anche conosciuto per una vita politica dove noi, i popoli indigeni, siamo stati attori determinanti e forti nella costruzione della democrazia. Nell’anno 1992, una marcia che duro’ di piu’ di dieci giorni, ci diede una vittoria storica come indigeni amazzonici: il riconoscimento dei nostri diritti territoriali. Da quel momento abbiamo lottato pacificamente per la soppravvivenza dell’Amazzonia e della nostra, che dipende da quella. I grandi interessi economici delle potenti imprese multinazionali sono stati la causa di un irreparabile disconoscimento dei nostri diritti. I successivi governi neoliberali sono stati defenestrati perche’ non garantivano i diritti fondamentali dei popoli che costituiamo l’Ecuador. Tre presidenti sono stati l’oggetto di una leggittima revoca del loro mandato senza spargere una sola goccia di sangue. Due di loro vivono in autoesilio per corruzione.
A partire dal venti gennaio, noi Popoli indigeni dell’Ecuador ritorneremo al nostro legittimo cammino di protesta e di esigenza di rispetto, dignita’ e garanzie per i nostri diritti e quelli di tutti gli ecuatoriani in generale.. Si realizzera’ una grande mobilitazione in tutto il paese.
Esigiamo che il governo non imponga al paese lo sfruttamento minerario a gran scala e a cielo aperto: le esperienze di altri paesi ci mostrano l’irreparabile e irreversibile distruzione dell’ecosistema, la contaminazione di importanti e fondamentali conche e fonti d’ acqua, la perdita di capacita’ e vocazione produttiva per la terra destinata all’agricoltura e le nefaste conseguenze per la salute di tutti. Consegnando il paese alle iimprese minerarie, si mette fortemente in discussione la sovranita’ nazionale e si negano tutte le petizioni di dialogo.
Noi saremo milioni e manifesteremo per i diritti riconosciuti e garantiti nella Costituzione politica dell’Ecuador nel convegno 169 della OIT e nella dichiarazione della ONU sui diritti dei Popoli Indigeni. Per la nostra protesta, noi popoli indigeni dell’Ecuador siamo stati minacciati, il nostro dissenso e’ stata criminalizzato in questi mesi, stigmatizzato da parte delle alte istanze del governo, attraverso discorsi e prese di posizione razziste. Siamo stati repressi violentemente per esercitare il nostro diritto alla resistenza. Il mondo deve sapere che noi lottiamo in modo pacifico e per la vita di tutti, per quella del pianeta.
Noi saremo milioni a manifestare per esigere il rispetto del diritto fondamentale all’acqua, alla salute, alla terra e ai territori, a non essere sgomberati dalle nostre terre. Lottiamo per il diritto a vivere in un ambiente sano e libero da contaminazione e per il diritto alla vita degli ultimi popoli indigeni liberi che vivono in Amazzonia senza contatto con la societa’ dominante; questi popoli sono minacciati di scomparire per la pretesa del governo di estrarre petrolio nei loro territori ancestrali. Un genocidio si sta annunciando e l’umanita’ non deve permetterlo.

Lotteremo sempre per la vita e la dignita’ di tutti i popoli.
Janeth Cuji

Consejo de Gobierno de la CONAIE

venerdì 16 gennaio 2009

E’ una guerra contro l’umanità

Intervista al Dr. Mustafa Barghouthi*

La situazione è molto grave, Israele ogni giorno commette un crimine di guerra e le vittime di questa guerra contro l’umanità sono ormai 6.500. Tutto questo accade a un milione e mezzo di persone chiuse nella Striscia di Gaza, se quanto sta accadendo a Gaza succedesse negli Stati Uniti (300 milioni di persone) in proporzione i morti in 20 giorni sarebbero 1.2 milioni. Questo per far capire la portata di quanto accade in Palestina. L’attacco a Gaza non è solo contro Hamas ma contro tutta la popolazione palestinese, i morti sono per lo più civili soprattutto donne e bambini.C’è un’unica situazione simile nella storia recente dell’umanità: il ghetto di Varsavia. A Gaza vivono 8.000 persone per ogni metro quadrato e ogni giorno sono costrette a stiparsi ancora di più perché dai lati estremi della striscia sono spinte al centro, in ogni casa vivono almeno 15 persone e sono attaccate con ogni tipo di arma possibile. Si tratta di un crimine di guerra e va fermato. Dobbiamo cambiare la situazione, Israele non si fermerà grazie a discorsi e parole altisonanti, non fermerà il massacro perché comprende che sta agendo al di sopra di qualsiasi legge internazionale. Israele non si fermerà dato che i governi del mondo non lo accusano di aver perpetuato crimini per 41 anni ma scaricano la colpa di quanto accade alle vittime di questo crimine di guerra.E’ per questo che chiediamo di sanzionare Israele, di organizzare manifestazioni, manifestazioni forti che producano effetti, che colpiscano Israele. E’ per questo che vi chiediamo di iniziare una pesante campagna di boicottaggio di Israele che continui non solo fino a quando il massacro di Gaza finisce ma fino a che fino a che l’occupazione e il sistema di apartheid non abbiano fine. La lotta palestinese non è fatto nuovo, Hamas sì è nuovo, ma non la lotta palestinese. E è iniziata più di cento anno fa. La resistenza palestinese è stata quasi sempre non violenta, pacifica con sporadici episodi di forte resistenza militare ma la verità è che non stiamo parlando di una guerra tra due eserciti. A Gaza è in corso una guerra di una parte che ne colpisce un’altra che non ha la possibilità di difendersi: è una guerra contro l’umanità.E’ una guerra in cui Israele è autorizzato a attaccare con ogni mezzo: caccia bombardieri, sottomarini, navi, tanks. Per questo va fermata. In questa guerra Israele sta usando il campo di Gaza come un campo di sperimentazione militare per alimentare e testare la propria industria militare che è diventata la quarta eportatrice a livello mondiale. Sanzioni e boicottaggio sono fondamentali, bisogna pretendere che i governi europei che dicono di rispettare i diritti umani interrompano qualsiasi forma di collaborazione con Israele, compreso le collaborazioni e le esportazioni militari, non ha alcun senso acquistare armi e attrezzature militari da un paese che perpetua crimini di guerra. Gaza è un terreno di sperimentazione per le industrie militari israeliane che ogni anno guadagnano miliardi di dollari grazie al bagno di sangue di Gaza. Gaza è un bagno di sangue: il sangue dei palestinesi è usato dai politici israeliani per le proprie campagne politiche. Non è una guerra - lo ripeto - contro Hamas ma contro i palestinesi, contro civili, donne, uomini e bambini. Bisogna che questa guerra sia fermata e per farlo dobbiamo iniziare campagne di boicottaggio: Israele va trattato come era trattato il Sud Africa dell’apartheid.La causa palestinese oggi è una causa di giustizia umana, la causa numero uno di giustizia umana in mondo.
Ci sono molte proteste contro Israele, l’Egitto attacca verbalalmente e poi tiene chiuso il passaggio di Rafah. Il presidente dell’Egitto ancora prima di questi attacchi aveva dichiarato che Gaza era ancora sotto occupazione quando Israele continuava a dire di essersi ritirato dalla Striscia. Ma non l’ha mai fatto. Come possono dire che hanno lasciato Gaza quando hanno sempre continuato a occupare lo spazio aereo, il mare, a vietare ai pescatori di pescare (e per questo hanno distrutto tutte le nostre imbarcazioni). Mubarak non ha mai avuto il coraggio di ammettere palestinesi senza il permesso di Israele perché è l’accordo che ha con Israele, che ufficialmente e a livello internazionale è ancora l’occupante di Gaza. Il che pone l’Egitto in una situazione diversa rispetto a Israele, non lo giustifica sia chiaro. Fossi io nella posizione di Mubarak aprirei il confine e romperei qualsiasi accordo con Israele. Fino a oggi però l’accordo è stato rispettato per non creare dissapori con gli Stati Uniti, con i paesi europei, con l’Onu che condividono quest’accordo con Israele. Ma l’accordo significa di fatto che Israele sta unilateralmente bloccando tutti gli accessi a e da Gaza.
In molti si chiedono: come mai nella Cisgiordiana non si manifesta contro quanto accade in Gaza? Sappiamo che la situazione in realtà è più complessa...Non è vero, nella West Bank ci sono manifestazioni e proteste, le più imponenti dal 2002. C’è tuttavia un problema con la polizia palestinese, con l’apparato di sicurezza palestinese cha ha tentato di vietare i cortei e reprimerli come accaduto la settimana scorsa a Ramallah. Come gruppi parlamentari abbiamo alzato dunque la voce contro quanto ha fatto la polizia a Ramallah. Io mi aspetto che domani (oggi venerdì, ndr) ci sarà sempre a Ramallah la più grande manifestazione del paese. Il problema però qui è che da un lato resistiamo alle azioni violente della polizia palestinese che viola il diritto alla libertà di espressione e dall’altro non vogliamo trasformare le principali contraddizioni che abbiamo con Israele in contraddizioni interne alla realtà palestinese. E’ quello che Israele voleva quando ha imposto la creazione di un enorme apparato di sicurezza che si mangia il 40 per cento delle economie palestinesi. Dovete capire che alcune persone, israeliani, l’amministrazione statunitense e pure quelli europei con gli addestramenti, stanno tentando di trasformare la polizia palestinese nella Cisgiordania in qualcosa di simile a agenti di sicurezza territoriali, in una specie di sotto-governo e noi vogliamo mantenere alte le contraddizioni con Israele.

*Fondatore del Union of Palestinian Medical Relief Committees e Ex ministro dell’informazione del governo di unità nazionale palestinese

giovedì 15 gennaio 2009

Gaza - Si intensificano i combattimenti

Intervista a Christian Elia, inviato in Cisgiordania per PeaceReporter

La nave del Free Gaza movement nella notte è stata costretta a fare ritorno a Cipro, sotto la minaccia di 4 unità della Marina israeliana.
Si è concentrata su Gaza city l’incursione di oggi, una vera e propria mattanza, quella che dalle prima ore della mattinata l’esercito israeliano ha messo in atto. L’avanzata, che non ha risparmiato niente e nessuno, è entrata dal sud della città e si è diretta con ferocia verso il centro. Donne, uomini, bambini, anziani, nelle strade cercano invano di scappare, ma a Gaza non c’è un posto dove trovare rifugio e l’esercito, ha sparato, anche contro chi inerme colto dalla paura tentava di scappare. Le immagini di un video Reuters mostrano le raffiche, durate ore, dell’artiglieria israeliana. L’Idf sta usando bombe al fosforo nel centro di Gaza. La denuncia dell’inviato della tv pan-araba Al-Jazeera, si associa alle dichiarazioni dell’Onu la cui sede è stata bombardata nella tarda mattinata. "Bisogna dire che fa molta notizia perchè è la sede dell’ONU, ma quello che è accaduto oggi sta accadendo da venti giorni", ci dice Christian Elia. Nell’escalation dell’attacco stamane è stato colpito anche un edifico di Gaza che ospita la stampa, compresa l’agenzia britannica Reuters. Due giornalisti della tv di Abu Dhabi sono rimasti feriti. Secondo quanto riferisce sempre Al Jazeera nei raid israeliani è stata colpita anche una sede della Croce Rossa. Poco dopo è stata colpita la sede della Mezzaluna Rossa, che si trova nella zona che ospita anche un piccolo ospedale. All’interno di questo ospedale erano presenti 500 persone tra operatori sanitari e feriti e i suoi locali sono andati in fiamme.
La cronaca di queste ultime ore nel collegamento telefonico con Christian Elia, inviato in Cisgiordania per PeaceReporter. [ audio ]

domenica 11 gennaio 2009

Mustafa Barghouti: “Care Hamas e Fatah è necessaria l’unità di tutti i palestinesi”


di Francesca Marretta - Liberazione
Anche ieri è sceso in piazza a manifestare per la fine della guerra a Gaza Mustafa Barghouti, medico e segretario del movimento progressista Al-Mubadara. Nel giorno in cui scade il mandato del Presidente Abbas, Barghouti, denuncia i «crimini» commessi a Gaza, ma anche le azioni «vergognose» commesse in West Bank dalle forze di sicurezza dell’Anp.
«A Gaza sono commessi crimini di guerra e contro l’umanità. Vengono uccisi soprattutto civili. Israele non potrebbe farlo senza la complicitá della comunitá internazionale. Questo deve finire, come deve finire questa guerra. La risuluzione votata al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite su Gaza, potrá non essere la migliore in cui si potesse sperare, ma va implementata immediatamente. E gli Israeliani si rifiutano d’implementarla. Servono sanzioni contro Israele. L’Unione Europea deve dire a Israele che se non si attiene alla risoluzione saranno sospese le trattative per il razzorzamento delle relazioni bilaterali».
Anche Hamas rifiuta di implementare la risoluzione Onu.«L’hanno rifiutata? Stamattina (ieri, ndr.) io ho sentito una dichiarazione del Jihad Islami su un accordo con Hamas per accettarla. Hanno detto che non fanno particolare affidamento sulla risoluzione, ma non mi risulta che non la acettino.
Chi incolpa per la situzione a Gaza?Israele e gli Stati Uniti in primis. E il silenzio e la compilcitá della comunitá internazionale che permette a Israele di fare quello che fa.
Hamas e l’Anp non hanno responsabilità?La situazione che si è creata tra Hamas e Fatah ha certamente contribuito a creare un grande problema. Ora scoprono che si sono fatti la guerra per la conquista di un Autorità che non esiste. Un’autorità che esiste solo nelle loro teste. Di fatto noi siamo tutti sotto occupazione. Ma la situazione nella West Bank è grave. Oggi le forze di sicurezza dell’Anp hanno compiuto azioni vergognose a Ramallah. Hanno attaccato una manifestazione civile, hanno picchiato, hanno usato gas lacrimogeni. E’ una vergogna che la sicurezza dell’Anp attacchi palestinesi che manifestano in solidarietá con Gaza.
Perchè vi hanno attaccato?Non lo so. So solo che sbagliano. Credo che l’Anp subisca pressioni da parte di diversi paesi terzi che cercano di mettere l’Anp contro la propria gente. Questo fa comodo a Israele. Gli isrealiani vogliono l’indebolimento del fronte palestinese. Non vogliono che i palestinesi abbiano una leadership forte. Ma noi palestinesi dobbiamo essere uniti. La sinistra palestinese sta lavorando alla riunificazione.
Crede ancora possibile la ricucitura tra Hamas e Fatah?Quello che sta accadendo a Gaza ci fa sentire sotto la stessa aggressione. Esiste una spinte pubblica all’unità. E noi vogliamo che questa pressione, questo sentire, si trasformi in azione. Vogliamo fermare cose orribili come queste viste in piazza a Ramallah (cariche della polizia sui manifestanti, ndr.) per tornare uniti il prima possibile.
Che impegno mostra in questo senso l’Anp? Io so che sono tanti in Fatah a voler tornare all’unità. E’ vero anche che c’è una parte che rema contro. La questione è ora capire chi prevarrà. Io spero prevalga un fronte patriottico.
Il mandato del Presidente Abbas è finito. Che succede da oggi?Succede che resta in carica almeno un altro anno, ma che è molto più debole. Questo è un altro segnale che indica quanto sia difficile per i palestinesi avere un’autoritá forte. Non abbiamo bisogno di gente che ci governi mentre siamo sotto occupazione, ma di una leadership palestinese forte. Una leadership unitaria. E’ informato dell’atteggiamento che intende assumere Hamas rispetto alla permanenza di Abbas in carica?Hamas ha detto che questo non è il momento di discutere della questione della Presidenza. E secondo me è una posizione ragionevole. Poi dovranno esserci elezioni, ma potranno svogersi solo quando ci sará un accordo e ci sará consensus.
Rispetto al ritorno all’unità, cosa dice della notizia che in questi giorni, a Gaza vi sarebbero state esecuzioni da parte di Hamas, di esponenti di Fatah considerati collaborazionisti?A Gaza sono tutti uniti contro gli Israeliani. Se si riferisce all’articolo di Amira Hass su Ha’aretz, posso dire che me lo ha inviato, che tali voci sono infondate e che il suo giornale ha sbagliato il titolo. Lei ha scritto che sono stati uccisi collaborazionisti, non gente di Fatah.
Che ruolo sta svolgendo la sinistra palestinese nella mediazione Hamas Fatah per il ritorno all’unità nazionale?La sinistra, come ha fatto in passato intende svolgere un ruolo catalizzatore per l’unitá per esporre i crimini che si stanno compiendo a Gaza. Lo facciamo a livello diplomatico e mediatico. I palestinesi non sono solo Hamas e Fatah, ecco perchè possiamo avere un ruolo importante.
Ci avete provato in passato senza successo, perchè dovreste riuscirci adesso?Non è vero siamo riusciti ad arrivare al governo di unità nazionale, ma nè gli Stati Uniti, nè l’Europa lo hanno appoggiato. Se quel governo avesse funzionato non credo avremmo assistito alle cose terribili venute dopo e a quelle che vediamo adesso. Quindi il nostro scopo era stato raggiuto. Sono state le influenze e le posizioni esterne che hanno portato al disastro. Ora ci riproviamo.
Che interesse ha Hamas a entrare in un governo che nessuno riconoscerebbe proprio per la presenza del movimento islamico?Questo è il punto. Dobbiamo trovare la condizione per lavorare tutti insieme. Se diciamo a Israele nessuno di noi vi parlerá a meno che non accettiate di parlare con noi tutti in uno stesso governo, sono sicuro che riusciremo a rompere l’isolamento. Ora tutta la comunitá internazionale ha capito che non è possibile battere Hamas sul piano militare. Quindi bisogna parlarci.
L’amministrazione Obama secondo lei in questo senso fará differenza?Spero di sì. Da quello che dice pare diverso rispetto alle precedenti amministrazioni. A questo proposito io credo che questo attacco a Gaza sia legato alla fine del mandato Bush per scardinare sul terreno la possibilitá che Obama faccia quello che avrebbe intenzione di fare. Che non va bene per Israele. Questa guerra a Gaza non impatta solo sui palestinesi, ma sull’intero Medio Oriente. Crea tesioni con Siria e Iran. E Obama ha annunciato di ritiro dall’Iraq.

sabato 10 gennaio 2009

Settimana di provocazioni agli zapatisti da parte di appartenenti all’organizzazione Orcao

articoli di Hermann Bellinghausen - La Jornada del 7-8 e 9 gennaio 2009

DENUNCIATE NUOVE AGGRESSIONI DELLA ORCAO
Bosque Bonito, Chis. 7 gennaio - La giunta di buon governo (JBG) Corazón del arco iris de la esperanza ha denunciato l’aggressione di elementi dell’Organizzazione Regionale di Coltivatori di Caffè di Ocosingo (Orcao) contro basi di appoggio zapatiste della comunità Moisés Gandhi, nella regione zapatista Tzotz’choj, vicino alla crocevia di Cuxuljá.
L’aggressione, avvenuta lunedì, ha lasciato sul terreno tre zapatisti feriti. Quel giorno ed i seguenti, elementi della Orcao ed il governo dello stato sostenevano il contrario davanti alla stampa, e senza fare chiarezza sull’episodio, riferivano di cinque "feriti lievi" della Orcao, che sarebbero stati gli aggrediti. Quello stesso giorno si diffuse per radio, a Città del Messico, la versione di "14 morti", che ovviamente non ci sono stati.
In quei momenti si concludeva a San Cristobal de las Casas il Festival della Degna Rabbia, convocato dall’EZLN. I fatti sono avvenuti a Bosque Bonito, un terreno recuperato dopo la sollevazione armata del 1994.
Il pomeriggio di oggi sono tornati a circondare la proprietà circa 30 membri della Orcao, alcuni armati. A meno di un chilometro, verso Abasolo, si sono appostati diversi veicoli della Polizia Statale Preventiva e Stradale. Al tramonto, entrambi i gruppi si sono ritirati.
I problemi sono cominciati il 2 gennaio. Basi zapatiste che coltivano il podere hanno trovato tagliato il recinto del pascolo ed una mucca era sparita. La JBG riferisce: "Sono andati a cercarla ed a controllare il recinto ed hanno scoperto che quelli della Orcao avevano tagliato nove tratti del recinto". Lo stesso giorno "quelli della Orcao di Cuxuljá hanno tagliato 35 alberi di caffè di proprietà del nostro compagno Pedro López Sántiz". Gli zapatisti assicurano che "spesso vengono a fare danno nel nostro raccolto".
Domenica 4 i contadini hanno trovato la mucca "ferita da machete nella zampa destra" e verso le cinque del pomeriggio sono arrivate circa 30 persone della Orcao, "con parole volgari e minacciando di toglierci la terra con le buone o con le cattive, perché noi zapatisti non contiamo più niente e non esistiamo più, e che il nostro compagno subcomandante insurgente Marcos si è venduto ai neoliberisti".
Secondo la JBG, i loro compagni non hanno risposto alla provocazione. Mentre si ritiravano, "il gruppo della Orcao è rimasto sul posto minacciando col machete e colpendo il palo della luce che si trova sul terreno. Più tardi i nostri compagni sono tornati sul posto ed hanno scoperto il recinto di filo di ferro che circonda il pascolo, tagliato in 16 punti".
Il giorno 5 gli zapatisti si sono organizzati per aggiustare quello che avevano tagliato quelli della Orcao". Sono arrivati alle 7:30 "con l’intenzione di lavorare, senza nessuna intenzione di farsi risarcire il danno".
La testimonianza raccolta dalla JBG spiega: "Stavamo lavorando tranquillamente pulendo il prato, quando 60 elementi della Orcao si sono avvicinati attraversando un ruscello e con la totale intenzione di colpirci con machete, bastoni, lanciasassi e pietre, ma per lo più hanno usato dei bastoni appuntiti lanciandoli contro di noi.
"Mentre quelli della Orcao avanzavano, i nostri compagni sono retrocessi di 100 metri, ma loro continuavano a venire avanti". Trovandosi a 15 metri dagli aggressori, Diego Sántiz Gómez, base zapatista, è stato raggiunto da un bastone trasformato in lancia che gli ha provocato una profonda ferita alla bocca. "Nicolás Sánchez López si è avvicinato al nostro ferito e, mentre lo soccorreva, è stato raggiunto da un bastone che lo ha ferito in fronte. Anche Jacinto López Sántiz, di 60 anni, è stato picchiato brutalmente ed ha ferite in testa e nella schiena".
Un gruppo di circa 60 basi zapatiste presenti all’aggressione "si sono di nuovo ritirati di altri 100 metri ed un’altra volta quelli della Orcao sono avanzati continuando a minacciare ed i nostri compagni, vedendosi raggiunti, hanno risposto con gli stessi bastoni scagliati da quelli della Orcao, e questi si sono messi a piangere".
La JBG “afferma" che "sono stati quelli della Orcao a provocare questo scontro perché i nostri compagni non hanno risposto agli insulti ed alle minacce". Hanno identificato alcune delle persone armate: "Marcos López Gómez aveva una pistola di calibro sconosciuto; Joaquín López Gómez aveva una pistola di calibro sconosciuto; Antonio López Sántiz aveva una carabina 22 a 16 colpi". Un altro, non identificato, aveva un’altra carabina 22.
Gli aggressori, perredisti conosciuti come "lopezobradoristas", sono abitanti di Cuxuljá, Campo Virgen e Abasolo (municipio ufficiale Ocosingo). In precedenza avevano già occupato il podere Gracias a Dios "e Marcos López Gómez lo vendette". Quelli della Orcao ci hanno sottratto altri lotti". Sono le stesse persone che nel 2000 hanno tentato di bruciare il negozio collettivo di zona a Cuxuljá, all’incrocio Altamirano-San Cristobal-Ocosingo. "Adesso vogliono toglierci la nostra terra", aggiunge la JBG.

L’aggressione a Bosque Bonito è avvenuta per interferire con il Festival de la Digna Rabia
Zapatisti: I malgoverni sono complici degli abusi della Orcao

Ejido Morelia, Chis., 8 gennaio - "I compagni non hanno usato violenza né armi. Gli unici aggressori sono quelli della ORCAO", dice il comandante Zebedeo, accompagnato dai contadini zapatisti aggrediti lo scorso lunedì a Bosque Bonito dai elementi dell’Organizzazione Regionale di Coltivatori di Caffè di Ocosingo (Orcao); tra loro ci sono tre feriti con le bende e le medicazioni in testa e in faccia. Diego Sántiz López ha una vistosa fasciatura che gli copre la guancia.
Con ironia Zebedeo si riferisce alla "doppia maschera" sul viso di Diego: "quella della ferita e quella che lo identifica zapatista", ed è il motivo - ha detto - "della nostra indignazione" davanti al tentativo di quelli della Orcao di "interferire" nel Festival della Degna Rabbia che finiva a San Cristobal de las Casas lo stesso giorno dei fatti di Bosque Bonito.
"Questo dà ragione a quello che stiamo dicendo a proposito della rabbia. Quello che i compagni vogliono è una vita dignitosa, il buon esercizio, libero e autonomo, dei popoli indigeni".
Cede la parola ai suoi compagni, circa 15 contadini tzeltales. Raccontano praticamente il comunicato diffuso ieri dalla giunta di buon governo (JBG) dal caracol Torbellino de nuestras palabras, in cui denunciava, inoltre, che "i cosiddetti governi non fanno niente contro questa gente della Orcao, e la Segreteria della Riforma Agraria si rende complice perché queste persone che occupano la terra, poi la cominciano a vendere e la trasformano in commercio. Quando non ne hanno più nemmeno un pezzettino da lavorare per vivere, tornano ad occupare un altro terreno".
Bisogna ricordare che dopo la rottura - sette anni fa - dell’accordo collettivo con le basi zapatiste nella comunità Moisés Gandhi, quelli della Orcao costruirono un caseggiato ai bordi della strada e lo chiamarono "Jetjá". In tutti questi anni, il caseggiato, su terre "concesse" dal governo di Pablo Salazar Mendiguchía, è rimasto semideserto.
Le autorità autonome hanno dichiarato ieri: "Non ci sarà nemmeno un millimetro di terra per loro e sappiano che questo lo pagheranno molto caro, perché il sangue non si compra né si vende. Nella proprietà dove lavoriamo collettivamente, quelli della ORCAO sono venuti a disboscare ed il governatore Juan Sabines non fa niente".
La Orcao, "organizzazione che si definisce indipendente" che la JBG identifica come "lopezobradorista", ha causato "caos" sulla strada San Cristobal-Ocosingo facendo dei posti di blocco. "Ad ogni utente chiedono da 50 a 200 pesos; fanno questi blocchi per fare pressione sul suo papà governo perchè gli assegni altri progetti, e siccome la risposta dei malgoverni è negativa, chiudendo le porte anche alle briciole, i leccapiedi si offendono e estorcono soldi agli utenti che sono anche loro poveri, ma a loro non importa perché il leader della Orcao, José Pérez ed i suoi complici, hanno imparato bene dalle corruzioni del presidente municipale (di Ocosingo, Leonel Solórzano), dei governi statale e federale".
Citano come prova che il lunedì scorso "il problema si stava placando ed hanno subito fatto un blocco nello stesso posto chiedendo 50 pesos per automobile senza che Juan Sabines facesse qualcosa" perché "presto avrà bisogno dei loro voti".
I giornalisti che nella notte sono arrivati all’incrocio di Cuxuljá hanno trovato ubriachi ed aggressivi i tizi che facevano il blocco, ed è stato meglio evitarli.
Secondo la JBG, nelle azioni di questa organizzazione si vedono chiaramente i piani dei grandi impresari per tenerli sono controllo, istruiti a dovere, trasformati in fannulloni ed addomesticati con i soldi facili; insegnando agli indigeni a trasformare in un affare le risorse naturali, e con i pesos, li stanno allontanando dal lottare per esercitare i loro diritti come indigeni, e non parliamo di cercare una vita migliore.
"Ci spezza il cuore vedere indigeni farsi complici dei malgoverni nel vendere la sovranità del nostro paese ad impresari stranieri. Nei nostri territori zapatisti della zona Tzot’z choj ci sono diverse miniere che sono disposti a vendere ad impresari stranieri, ed i venditori e distruttori della natura e della nostra madre terra sono questa coppia di asini di Felipe Calderón e Juan Sabines. Loro non pensano mai di consultare gli indigeni, anche se questi sono dentro il PRI, il PAN ed il PRD; non li prendono nemmeno in considerazione, e tanto meno noi".
La JBG ritiene che quelli della ORCAO sono dentro questo gioco senza rendersene conto". E sottolinea: "La grossa minaccia alla nostra salute, tranquillità, cultura e risorse naturali in questa zona è l’apertura dell’autostrada San Cristobal-Palenque, non perché porta benessere e sviluppo agli indigeni, al contrario, ci porterà la morte, il disprezzo ed il totale saccheggio dei nostri beni.
"La trappola - aggiunge - è che stanno ottenendo l’apertura dell’autostrada negoziando persona per persona, mano a mano che avanzano i lavori, per passare su terreni ejidali senza tenere in considerazione la decisione delle assemblee, e forse parleranno con i commisari dell’ejido ma che condividendo l’osso che gli sta allungando Calderón e Sabines".
La situazione "da brivido" di esproprio di terre nella zona "e maggiormente il programma del malgoverno di privatizzare le nostre ricchezze naturali, sono la ragione della nostra resistenza, e soprattutto la virtù della degna rabbia che è nazionale, la ragione per unirci ed unire le nostre voci perché è necessario per evitare i saccheggi ed i furti che perpetrano ricchi".
La JBG avverte: "Sappiamo bene che quando noi denunciamo le trappole dei malgoverni a loro non piace e cercano di reprimerci".

Hanno cercato di entrare con la forza ed hanno chiesto di vedere dei rappresentanti.
Tensione nel caracol per l’arrivo di 220 elementi della Orcao

Ejido Morelia, Chis. 9 gennaio - Provenienti da Sibacá (Ocosingo), alle 8 circa sono arrivate 50 persone dell’Organizzazione Regionale dei Coltivatori di Caffè di Ocosingo (Orcao) a bordo di tre camion fino ai cancelli del caracol zapatista e, colpendoli, hanno cercato di entrare con la forza. Non sono riusciti a rompere la catena ed hanno desistito. Nelle ore successive sono arrivati altri veicoli. Alle 11 erano ormai 220 persone e 19 tra camion e furgoni. Tra grida e minacce, guidati dal dirigente José Pérez Gómez, chiedevano di entrare per parlare con la giunta di buon governo (JBG).
In realtà, la JBG aveva accettato di discutere con la Orcao la proprietà del podere Chijtal, terre recuperate dalle basi zapatiste nel 1994 nella regione autonoma Che Guevara del municipio Lucio Cabañas, e che reclama l’organizzazione di coltivatori di caffè, di filiazione perredista.
"Loro si sono spaccati e le terre sono rimaste nelle mani dell’EZLN. Le terre recuperate sono già state misurate ma c’è stato un accordo per aprire una discussione con i fratelli della Orcao", ha detto la JBG a La Jornada.
La JBG aveva acconsentito a ricevere 15 rappresentanti della Orcao, ma questi insistevano per 30, adducendo che era il numero di comunità presenti, anche se quelle dichiarate sono solo 12, come risulta dal documento, completo di timbri e firme, lasciato in terra fuori del caracol. Il clima era teso. Minacciavano di irrompere nella sede autonoma. Presto sono iniziati ad arrivare veicoli con basi di appoggio zapatiste delle comunità della regione Tzot’z choj che sono entrati direttamente nel caracol, senza scontrarsi con i contadini tzeltales, che si sono dichiarati perredisti o priisti.
Col gruppo del Orcao c’erano anche Nicolás López Gómez, Leticia Sántiz López e María Cleopatra Carrillo Cabrera, rappresentanti di Unorca e della denominata Commissione delle Donne. Hanno accusato la JBG di "non avere buona volontà non ricevendo la commissione proposta". Più tardi, la stessa JBG dichiarava che "la commissione proposta" era una provocazione, ma non si sono mai rifiutati di ricevere quelli della Orcao. "Li stavamo aspettando per una riunione". In realtà, Orcao aveva mancato ad un appuntamento precedente.
Un altro problema era nell’aria, benché non in relazione con quanto si doveva discutere. Data lo scorso 26 novembre, quando Juan Urbina, dipendente di una ditta costruttrice di Macuspana (Tabasco), con un contratto del costruttore López Flores, di Yajalón (Chiapas), distrusse col suo macchinario la tubatura che porta l’acqua nella comunità Patria Nueva, vicino a Sibacá e sede della regione Primero de Enero del municipio autonomo Lucio Cabañas, dove abitano zapatisti e "orcaisti".
Il dipendente e l’impresa si erano impegnati a riparare il danno sia sulla tubatura che sulle strade del villaggio. Patria Nueva è da un mese e mezzo senza acqua. Non l’hanno fatto. Neanche "il problema non è nemmeno con la Orcao, ma con la compagnia", ha spiegato più tardi un membro della JBG circondato dai suoi compagni.
Dopo settimane di proteste, la mattina di ieri gli zapatisti hanno fatto venire Urbina al caracol. Non avendo risolto il problema, è stato trattenuto dalla JBG fino alla mattina di oggi, quando ha rinnovato il suo impegno di ripristinare la tubatura distrutta e se n’è poi andato a bordo della sua auto.
Da parte sua, e "approfittando del viaggio", quelli della Orcao volevano oggi discutere con la JBG la questione di Chijtal ed altre faccende sulle quali non ci sono impegni: i diverbi per la strada Patria Nueva-San Marcos ed il tratto Corazón de María-Ojo de Agua. Inoltre, in quest’ultima località la Orcao ha bloccato il passaggio ed impedisce alle basi zapatiste di trasportare legno per costruire nuove strutture nella scuola autonoma di Primero de Enero.
Il concentramento di "orcaisti" è durato fino alle 13:30. Prima di ritirarsi hanno insultato e minacciato gli osservatori internazionali che si trovavano nel caracol, provenienti da cinque paesi.
Quelli della Orcao "gridavano insulti, come è loro abitudine", ha raccontato la JBG. Se ne sono andati gridando "morte all’EZLN" e "che muoiano di sete", riferendosi alla tubatura rotta a Patria Nueva.
"La provocazione è stata della Orcao", ha dichiarato la JBG. Nel pomeriggio nel caracol c’erano diverse centinaia di indigeni zapatisti. "I compagni sono venuti a proteggere, non a scontrarsi".
Questi fatti avvengono nel contesto di molti conflitti nella regione avvenuti nei giorni scorsi sui quali ci sono state informazioni confuse, false o contraddittorie, ma che prefigurano una situazione potenzialmente esplosiva. Dall’attacco di Orcao agli zapatisti a Bosque Bonito, il giorno 5, a seguito del quale si era detto falsamente che c’erano 14 morti, fino alle divergenze tra priisti e zapatisti nello stabilimento balneare Agua Clara, dove si era parlato di tre desaparecidos, risultato falso.
Oggi è stato comunicato, con molta imprecisione, un altro scontro tra contadini filo-governativi e presunte basi zapatiste nell’ejido Agua Azul, nella vallata di Taniperlas (niente a che vedere con le cascate di Agua Azul a Tumbalá). Deve essere confermato. Una settimana prima, un altro scontro a Palenque era stato falsamente attribuito agli zapatisti.

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

mercoledì 7 gennaio 2009

La trama di Corazon del Tiempo

In un villaggio del Chiapas, nel più profondo della Selva Lacandona, Sonia mette tutti di fronte alle intime rivoluzioni del suo cuore nel tempo della lotta e della resistenza.
“Promessa” nella maniera tradizionale di sposarsi con Miguel, valoroso dirigente giovanile della comunità, che conosce dall'infanzia, Sonia si innamora, ricambiata del tenente insurgente Julio.
Intorno a Sonia si muove, in un mondo quasi magico, la sorella minore Alicia, insieme alla nonna Zoraida, che con l'esperienza della vita vissuta, riporta sulla terra gli occhi avidi e sognatori della nipote.
La decisione di Sonia mette alla prova le volontà e le convinzioni.
Come in un onda espansiva la commozione si allarga alla famiglia, alla comunità ed anche alla stessa organizzazione armata che si nasconde nelle montagne.
Intanto il mondo si muove. L'Esercito del Governo occupa le terre ribelli e cerca di stringere l'assedio. Sotto il rumore degli elicotteri di guerra, le donne indigene fermano i soldati facendo muro con i loro corpi.
L'elettricità che il Governo non ha mai voluto dare sta per arrivare alla comunità: Miguel riceve l'incarico di far passare la turbina attraverso l'assedio militare.
Fedeli al fatto di essere se stessi e di cambiare costantemente, i moderni Maya della Selva Lacandona hanno intrapreso una trasformazione profonda per il Messico e forse per il mondo.
Con questa intensità trascorrono i giorni del tempo indigeno.
Mezzo secolo prima l'amore aveva permesso a Zoraida di lasciare la schiavitù dei suoi antenati nel latifondo per andarsene a “fondare” la selva insieme al suo uomo. Ora alla fine del secolo, l'amore fa sì che Sonia sfidi la tradizione ed anche le nuove “abitudini” rivoluzionarie.
Mateo è il tormentato padre di Sonia, Alice ed anche dell'ironico Valente.
Susanna, la madre, vive le contrarietà che la mettono di fronte alle insoddisfazioni del suo passato.
Mateo, Susanna così come gli altrio padri e madri della comunità appartengono alla generazione che ha rotto i ponti e ha detto "Ya Basta!" il Primo Gennaio del 1994. Loro sono quelli che videro e vissero la necessità di ribellarsi contro il “mal governo” .
Anche la natura partecipa alla storia. La milpa, i fiumi, le montagne e gli animali sono personaggi che influiscono nel destino dei Tojol Winik , gli uomini “verdaderos”,
La famiglia, l'assemblea comunitaria e l'esercito insurgente, immersi nell'occhio dell'uragano della storia, dovranno vivere la commozione di Sonia innamorata.
In un mondo in cui tutto cambia, in una terra straordinaria di indigeni liberi, che hanno deciso di non arrendersi, la passione di una donna si gioca il senso della sua libertà nel cuore del tempo.

Vedi il trailer
Il film è sottotitolato in italiano

Equipe
Regia Alberto Cortes
Sceneggiatore Hermann Bellinghausen
Direttore della fotografiaMarc Bellver
Direttrice Artistica Ana Solares
Addetto al suono Emilio Sebastian Cortes Guerra

martedì 6 gennaio 2009

Manifestazione Antirazzista

Appello per la Manifestazione Antirazzista a carattere nazionale– 18 Aprile 2009 - Castelvolturno

Stanchi del Razzismo ! per un patto sociale di solidarietà

Diritti, dignità e permesso di soggiorno per tutti !!!
La strage di camorra che il 18 settembre sterminò 7 innocenti, un italiano e 6 africani a Castel Volturno, ha portato all’attenzione nazionale un territorio abbandonato da anni. Ma dopo la caccia ai camorristi si è aperta la “caccia” agli immigrati senza permesso di soggiorno: lavoratori, spesso vittime di un intollerabile sfruttamento, in un clima di omertoso silenzio! Ciò avviene perché l’attuale legislazione impedisce la regolarizzazione degli immigrati “imprigionando” uomini e donne nella clandestinità.
I lavoratori immigrati che vi invitano a questa mobilitazione sono gli stessi lavoratori stagionali che raccolgono le arance, le patate, i pomodori ma anche chi viene licenziato dalle fabbriche ed insieme al lavoro perde anche il diritto ad avere il permesso di soggiorno. E’ la logica spietata di chi vuole braccia ma non persone e che usa la discriminazione degli immigrati per peggiorare le condizioni e i livelli di garanzia di tutti i lavoratori. La crisi colpisce duro, italiani e immigrati, eppure per rispondere alla crisi il governo produce differenze. E’ la strategia del “dividi e comanda” con un razzismo istituzionale sempre più strutturato, che sfiora i confini dell’apartheid. A fare da sfondo c’è il pericoloso clima di criminalizzazione degli immigrati, che alimenta la guerra tra poveri con l’inquietante corollario di ronde e linciaggi. Eppure abbiamo tanti problemi in comune: tutti abbiamo mutui e affitti da pagare, mentre i tagli alla scuola e al welfare ricacciano in casa tantissime donne. Ai migranti però è riservata una doppia precarietà, sempre sospesi sull’orlo dell’espellibilità e perciò ricattati. Così oltre un milione di donne straniere sono inchiodate al ruolo di badante, ma con orari interminabili e salari da fame. Gli immigrati oggi sostengono in maniera determinante le casse dell’Inps, eppure rischiano di non vedere mai la pensione:..
Il razzismo istituzionale serve a fare degli immigrati dei capri espiatori, per far si che a pagare il prezzo della crisi non siano i veri responsabili, finanzieri, banche e speculatori che si sono arricchiti a dismisura e intendono continuare a farlo! A questo scopo alimentano e strumentalizzano la paura sociale…

PER QUESTO IN TANTI SAREMO IL 18 APRILE A CASTELVOLTURNO:PER RIBADIRE CHE NON C’E’ SICUREZZA SENZA DIRITTI!

Il Governo non si ferma e vuole approvare il cosiddetto “Pacchetto Sicurezza”. Una serie di provvedimenti discriminatori verso gli immigrati (e non solo..): l’ingresso ed il soggiorno irregolare diventeranno reato! Chi è senza permesso di soggiorno rischierà la denuncia del medico curante, non potrà riconoscere un figlio, contrarre matrimonio, inviare i soldi ai familiari nei paesi di origine. Sarà ostacolato il rinnovo del permesso di soggiorno, sarà più difficile ottenere la residenza, verrà limitato il ricongiungimento familiare. Tutto ciò cosa c’entra con la sicurezza? Ciò favorirà soltanto la criminalizzazione degli immigrati nell’immaginario collettivo, richiederà ingenti fondi economici a soli scopi repressivi, provocherà l’esclusione sociale dei migranti, non sarà utile al contrasto delle mafie o al sentimento diffuso di insicurezza.
Ma una speranza diversa viene dal nuovo protagonismo degli immigrati stessi e dalla crescente indignazione di tanti, come quei medici che vogliono curare e non denunciare, e tutti quelli che non ci stanno ad accettare la cultura dell’odio, del razzismo, delle leggi speciali.

NON RESTARE INDIFFERENTE!! NON AVER PAURA!!

Da Castel Volturno, per abbattere i ghetti, per i diritti di cittadinanza, per emergere dalla clandestinità. Contro il lavoro nero, la speculazione, lo sfruttamento e l’usura che assediano questo territorio. I diritti in comune, a partire dalla qualità del lavoro per tutti, sono la base per una vera rinascita!
Chiediamo che in Campania e nelle altre regioni nascano finalmente vere strutture di accoglienza per i migranti, per risolvere le situazioni di maggiore disagio abitativo e sociale
Per il ritiro del “PACCHETTO SICUREZZA”, l’abrogazione della Bossi-Fini e delle altre norme discriminatorie.
Contro tutti i razzismi, le camorre, la repressione e la militarizzazione del Territorio.
Contro l’istituzione di Centri di Detenzione dei migranti in Campania e altrove. Utilizziamo i fondi stanziati per essi in iniziative di sostegno ai lavoratori colpiti dalla crisi.
Perché i cittadini italiani e stranieri possano liberarsi della camorra e costruire vera sicurezza sociale tramite il diritto al reddito, alla casa, al lavoro, alla salute, allo studio.
Contro la clandestinità, per l’emersione dei migranti da anni in Italia ma ancora irregolari;
Chiediamo che i permessi di soggiorno siano congelati in caso di licenziamento, cassa integrazione, mobilità, sospensione dal lavoro; che i migranti, così come tutti quei lavoratori che non usufruiscono di ammortizzatori, partecipino alla pari di ogni altro lavoratore alle misure di sostegno e vedano salvaguardati i contributi che hanno versato;Chiediamo che i migranti e tutti i lavoratori possano rinegoziare i loro mutui in caso di perdita del lavoro; il blocco degli sfratti per tutti i lavoratori e le lavoratrici nella stessa condizione, perché sappiamo che un migrante senza contratto di locazione diventa un lavoratore clandestino;
Per garantire il diritto di asilo e di accoglienza. Per il diritto di voto, il diritto alla cittadinanza.
Manifestazione nazionale a Castelvolturno
Sabato 18 Aprile
Concentramento ore 10,00 American Palace

domenica 4 gennaio 2009

Palestina somos todos


Quarto Vento: Una degna rabbia organizzata
Intervento del Subcomandante Marcos nella sessione mattutina del 4 gennaio 2009.
Buon pomeriggio.
È con noi Don Luis Villoro. Se mi permette, il compagno Luis Villoro.
La sua vicinanza ai popoli indio di questo paese non è successiva al 1994, ma lo precede in vari calendari.
Nel nostro caso, le zapatiste, gli zapatisti, il suo appoggio è stato vitale. Lo dirò chiaramente: più di uno, di una, nelle comunità indigene, è viva, vivo, e lotta grazie all’appoggio di questo uomo. E mai, mai, si insinuò che si aspettasse qualcosa in cambio del suo appoggio, cosa che invece hanno fatto altri, altre.
In lui abbiamo trovato un generoso ascolto e, da quando siamo balzati alla luce pubblica, ha tentato di capirci, ed i suoi pensieri non poche volte sono stati il combustibile del nostro passo. E non sapete quanto sia stato difficile trovare, in questi 15 anni, qualcuno che cerchi di capirci e non di giudicarci.
Con lui, come con altri, abbiamo avuto ed abbiamo divergenze e le nostre discussioni molte volte sono state aspre, come per quanto si riferisce al movimento studentesco che 10 anni fa e dalla UNAM, ci meravigliò e insegnò a noi zapatisti
Con tutte queste differenze, nel nostro cuore non c’è mai stato il minimo dubbio delle sue convinzioni e impegno da questa parte, in basso e a sinistra.
Catalogare "di destra" chi non la pensa come noi, come un orribile e vile striscione dichiarava ieri, è la manifestazione di un atteggiamento di chi vuole imporre fatta, paradossalmente, da chi dice di rivendicare un atteggiamento libertario. Forse non ne so molto, ma per quanto ci arrivo, l’anarchismo libertario non esime dal conoscere. E bisogna conoscere prima di giudicare e condannare.
È un onore, Don Luis, averla oggi dalla nostra parte, come è da 15 anni.
Il mondo che sogniamo non è un mondo con unanimità di pensiero, canche se il nostro, il pensiero zapatista, né con l’egemonia imposta che questa implica.
Salute Don Luis, volevamo solo dirle che lei ha, da lunghi calendari, un posto nel cuore scuro che ci anima.
Si suppone che dopo l’intervento di Moy, del Tenente Colonello Insurgente Moisés, io dovrei leggervi un racconto. Lo farò dopo, ora dobbiamo dire qualcosa d’altro.
Di semine e raccolti.
Forse quello che dirò non c’entra col tema centrale di questo tavolo, o forse sì.
Due giorni fa, lo stesso giorno in cui la nostra parola faceva riferimento alla violenza, Condoleeza Rice, funzionaria del governo nordamericano, dichiarava che quello che sta succedendo a Gaza è colpa dei palestinesi, per la loro natura violenta.
I fiumi sotterranei che percorrono il mondo possono cambiare geografia, ma intonano lo stesso canto.
E quello che ora sentiamo è di guerra e di dolore.
Non molto lontano da qui, in un luogo chiamato Gaza, in Palestina, in Medio Oriente, qui vicino, un esercito fortemente armato ed addestrato, quello del governo di Israele, continua la sua avanzata di morte e distruzione.
I passi seguiti fino ad ora sono quelli di una guerra militare classica di conquista: prima un bombardamento intenso e massiccio per distruggere postazioni militari “nevralgiche” (così le chiamano i manuali militari) e per “neutralizzare” le fortificazioni di resistenza; poi il ferreo controllo dell’informazione: tutto ciò che si sente e si vede “nel mondo esterno”, cioè, esterno al teatro delle operazioni, deve essere selezionato con criteri militari; ora fuoco intenso di artiglieria sulla fanteria nemica per proteggere l’avanzata delle truppe verso nuove posizioni; poi i sarà l’accerchiamento e l’assedio per indebolire la guarnizione nemica; quindi l’assalto che conquisti la posizione annichilendo il nemico, poi la "pulizia" di possibili "sacche di resistenza".
Il manuale militare della guerra moderna, con alcune variazioni e appendici, viene seguito passo passo dalle forze militari d’invasione.
Noi non sappiamo molto di questo e, sicuramente, ci sono specialisti del cosiddetto "conflitto in Medio Oriente", ma da questo angolo di mondo dobbiamo dire qualcosa:
Secondo le foto delle agenzie d’informazione, i punti "nevralgici" distrutti dall’aviazione del governo di Israele sono abitazioni, capanne, edifici civili. Non abbiamo visto nessun bunker, né quartiere o aeroporto militare, o batteria di cannoni, tra quanto distrutto. Allora noi, scusate la nostra ignoranza, pensiamo che o gli artiglieri degli aerei hanno pessima mira o a Gaza non esistono tali punti militari "nevralgici".
Non abbiamo l’onore di conoscere la Palestina, ma supponiamo che in quelle case, capanne ed edifici abitava gente, uomini, donne, bambini ed anziani, e non soldati.
Non abbiamo visto nemmeno fortificazioni di resistenza, solo macerie.
Fino ad ora abbiamo visto il vano sforzo di assedio informativo ed i diversi governi del mondo dubitare tra scaricare le responsabilità o applaudire all’invasione, ed una ONU, già inutile da tempo, tirare fuori tiepidi comunicati stampa.
Ma aspettate. Ci è vento in mente adesso che forse per il governo di Israele quegli uomini, donne, bambini ed anziani sono soldati nemici e, come tali, le capanne, case ed edifici dove abitano sono quartieri che bisogna distruggere.
Quindi sicuramente i fuochi di artiglieria che questa mattina cadevano su Gaza erano per proteggere da quegli uomini, donne, bambini ed anziani l’avanzata della fanteria dell’esercito di Israele.
E la guarnigione nemica che vogliono indebolire con l’assedio intorno a Gaza non è altro cosa che la popolazione palestinese che vive lì. E che l’assalto cercherà di annichilire questa popolazione. E che qualsiasi uomo, donna, bambino o anziano che riesca a scappare, nascondendosi, dall’assalto prevedibilmente sanguinoso, sarà poi "cacciato" affinché la pulizia sia completa ed il comandante militare al comando dell’operazione possa riferire ai suoi superiori "missione compiuta".
Scusate di nuovo la nostra ignoranza, forse quello che stiamo dicendo non faccia al caso. E che invece di ripudiare e condannare il crimine in corso, come indigeni e guerrieri quali siamo, dovremmo discutere come e prendendo posizione nella discussione su "sionismo" o "antisemitismo", o che al principio erano le bombe di Hamas.
Forse il nostro pensiero è molto semplice, e ci mancano le sfumature e postille sempre necessarie nelle analisi ma, per noi, zapatiste e zapatisti, a Gaza c’è un esercito professionista che sta assassinando una popolazione indifesa.
Chi in basso e a sinistra può restare in silenzio?
Serve dire qualcosa? Le nostre grida fermano le bombe? La nostra parola, salva la vita di qualche bambino palestinese?
Noi pensiamo che sì, serve, che forse non fermeremo una bomba né la nostra parola si trasformerà in uno scudo blindato che impedisca che quella pallottola calibro 5.56 mm o 9 mm, con la sigla "IMI", "Industria Militare Israeliana" stampata alla base della cartuccia, arrivi nel petto di una bambina o un bambino, perché forse la nostra parola riesca ad unirsi ad altre in Messico e nel mondo e forse prima si trasformi in mormorio, poi a voce alta, e quindi in un grido che si senta a Gaza.
Non sappiamo voi, ma noi zapatiste e zapatisti dell’EZLN sappiamo quanto sia importante che, in mezzo alla distruzione e alla morte, sentire parole di incoraggiamento.
Non so come spiegarlo, ma sembra che le parole da lontano forse non riescono a fermare una bomba, ma sono come se si aprisse una crepa nella nera stanza della morte e si accendesse una piccola luce.
Per il resto, succederà quello che succederà. Il governo di Israele dichiarerà di aver inferto un duro colpo al terrorismo, occulterà al suo popolo la dimensione del massacro, i grandi produttori di armi avranno ottenuto un respiro economico per affrontare la crisi e "l’opinione pubblico mondiale", quell’ente malleabile e sempre a modo, si volterà a guardare da un’altra parte.
Ma non solo. Succederà anche che il popolo Palestinese resisterà e sopravvivrà e continuerà a lottare e continuerà ad avere la simpatia del basso per la sua causa.
E, forse, un bambino o una bambina di Gaza sopravvivranno. Forse cresceranno e, con loro, il coraggio, l’indignazione, la rabbia. Forse diventeranno soldati o miliziani di qualcuno dei gruppi che lottano in Palestina. Forse combatteranno contro Israele. Forse lo faranno sparando un un fucile. Forse immolandosi con una cintura di cartucce di dinamite legata in vita.
Ed allora, in alto, scriveranno sulla natura violenta dei palestinesi e faranno dichiarazioni di condanna di quella violenza e si tornerà a discutere su sionismo o antisemitismo.
E nessuno domanderà chi ha seminato ciò che sta raccogliendo.
Per gli uomini, donne, bambini ed anziani dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale.
Subcomandante Insurgente Marcos Messico, 4 gennaio 2009

venerdì 2 gennaio 2009

Palestina - A Gaza è un lento morire in vano ascolto

di Vittorio Arrigoni - Guerrilla radio
ore 18.o5, Marna house, Gaza city.
Nell’aria acre odore di zolfo, nel cielo lampi intermezzano fragorosi boati. Ormai le mie orecchie sono sorde dalle esplosioni e i miei occhi aridi di lacrime dinnanzi ai cadaveri.
Mi trovo dinnanzi all’ospedale di Al Shifa, il principale di Gaza, ed è appena giunta la terribile minaccia che Israele avrebbe deciso di bombardare la nuova ala in costruzione. Non sarebbe una novità, ieri è stato bombardato l’ospedale Wea’m. Insieme ad un deposito di medicinali a Rafah, l’università islamica (distrutta), e diverse moschee sparse per tutta la striscia. Oltre a decine di installazioni CIVILI.
Pare che non trovando più obiettivi "sensibili", l’aviazione e la marina militare si diletti nel bersagliare luoghi sacri, scuole e ospedali.
E’ un 11 settembre ad ogni ora, ogni minuto, da queste parti, e il domani è sempre una nuovo giorno di lutto, sempre uguale. Si avvertono gli elicotteri e gli aerei costantemente in volo, quando vedi il lampo, sei già spacciato, è troppo tardi per mettersi in salvo.
Non ci sono bunker antibombe in tutta la Striscia, nessun posto è al sicuro.
Non riesco a contattare più amici a Rafah, neanche quelli che abitano a Nord di Gaza city, spero perchè le linee sono intasate. Ci spero. Sono 60 ore che non chiudo occhio, come me, tutti i gazawi.
Ieri io e altri 3 compagni dell’ISM abbiamo trascorso tutta la nottata all’ospedale di al Awda del campo profughi di Jabalia. Ci siamo andati perchè temevamo la tanto paventata incursione di terra che poi non si è verificata. Ma i carri armati israeliani stazionano pronti lungo il confine tutto il confine della Striscia, il loro cingoli affamati di corpi pare si metteranno in funerea marcia questa di notte.
Verso le 23:30 una bomba è precipitata a circa 800 metri dall’ospedale, l’onda d’urto a mandato in frammenti diversi vetri delle finestre, ferendo i feriti. Un’ ambulanza si è recata sul posto, hanno tirato giù una moschea, fortunatamente vuota a quell’ora. Sfortunatamente, anche se non di sfortuna ma di volontà criminale e terroristica di compiere stragi di civili, la bomba israeliana ha distrutto anche l’edificio adiacente alla moschea, distruggendolo.
Abbiamo visto tirare fuori dalle macerie i corpicini di sei sorelline. 5 sono morte, una è gravissima.
Hanno adagiato le bambine sull’asfalto carbonizzato, e sembravano bamboline rotte, buttate via perchè inservibili. Non è un errore, è volontario cinico orrore.
Siamo a quota 320 morti, più di un migliaio i feriti, secondo un dottore di Shifa il 60% è destinato a morire nelle prossime ore, nei prossimi giorni di una lunga agonia.
Decine sono i dispersi, negli ospedali donne disperate cercano i mariti, i figli, da due giorni, spesso invano. E’ uno spettacolo macabro all’obitorio. Un infermiere mi ha detto che una donna palestinese dopo ore di ricerca fra i pezzi di cadaveri all’obitorio, ha riconosciuto suo marito da una mano amputata. Tutto quello che di suo marito è rimasto, e la fede ancora al dito dell’amore eterno che si erano ripromessi.
Di una casa abitata da due famiglie, è rimasto ben poco dei corpi umani. Ai parenti hanno mostrato un mezzo busto, e tre gambe.
Proprio in questo momento una delle nostre barche del Free Gaza Movement sta lasciando il porto di Larnaca in Cipro. Ho parlato coi miei amici a bordo. Eroici, hanno ammassato medicinali un pò in ogni dove sull’imbarcazione. Dovrebbe approdare al porto di Gaza domani verso le 8 am. Sempre che il porto esista ancora dopo quest’altra notte di costanti bombardamenti. Starò in contatto con loro tutto questo tempo.
Qualcuno fermi questo incubo. Rimanere in silenzio significa supportare il genocidio in corso. Urlate la vostra indignazione, in ogni capitale del mondo "civile", in ogni città, in ogni piazza, sovrastate le nostre urla di dolore e terrore.
C’è una parte di umanità che sta morendo in pietoso ascolto.
Vik in Gaza
Vittorio Arrigoni

giovedì 1 gennaio 2009

Copenhagen

4 - Gennaio 2010 - Cominciano i processi a COP-enhagen - Iniziativa a Sydney

31 dicembre 2009 - Pensiero di fine anno dalla Danimarca - dagli imprigionati a COP-enhagen
 
Le riflessioni

Whare are YU? di Luca Casarini

Da Seattle a Copenhagen: paradossi del mondo capovolto di Giuliano Santoro

Police Warming di Luca Casarini

COP.enhagen di Luca Casarini

Repressione a Copenhagen di Naomi Klein

Appuntamenti
Napoli 16 Dicembre - Che tempo che farà


La cronaca

18 Dicembre - Continuano le proteste

16 Dicembre - Confermato l'arresto di Luca: freedom for all

16 Dic. - Naomi Klein annuncia l'arresto di Tadzio Muller

15 Dicembre - Conferenza stampa contro gli arresti

14 Dicembre - A Copenhagen non c'è mai pace....

13 Dicembre - Primi aggiornamenti della giornata


12 Dicembre - Oltre 100mila hanno sfilato per la capitale danese

I due appelli della rete SYINC
Copenhagen ....ormai ci siamo

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Gaza Freedom March

Ad un anno dalla aggresione a Gaza, la striscia continua ad essere chiusa in ognuno dei suoi lati: Egitto e Israele.
E' stato lanciato un appello internazionale per costruire una grande iniziativa per rompere il blocco di Gaza.
L'Associazione Ya Basta Napoli partecipa alla: GAZA FREEDOM MARCH  

Le corrispondenze da Il Cairo
4 Gennaio - Di ritorno dalla Gaza Freedom March - Diario di viaggio

Speciale Palestina - Cronaca di un massacro

L'inferno sanitario nelle carceri israelianeLeggi tutto

Si fa presto a dire tram - articolo di Michele Giorgio da GerusalemmeLeggi tutto

Veolia e gli affari con IsraeleLeggi tutto

Boicottaggio all'economia di guerra di IsraeleUn ipotesi di lavoro

La morte dell'informazione: i media e la guerra di GazaLeggi tutto

La solidarietà internazionale nella Striscia mentre l'emergenza umanitaria continuaLeggi tutto e ascolta intervista con Vittorio Arrigoni

Un trailer di un filmato girato a Gaza all'inizio dei bombardamenti e che sarà trasmesso dalla TV spagnolahttp://www.wipeoffthemap.com/

Mentre la tregua sembra concretizzarsi, la Striscia di Gaza rivela tutto l'orrore della distruzione subita....Leggi tutto

Armi vecchie e nuove dall'uranio impoverito all'informazione impoverita....Leggi tutto

Come era facile prevedere il rombo dei carri armati israeliani e il fragore delle cannonate sulle povere case di Gaza non .... Leggi tutto

I morti e i vivi di Gaza.... Leggi tutto

E' una guerra contro l'umanità - Intervista di Ya Basta! a Mustafa Barghouti Leggi tutto

Intervista dalla Cisgiordania Leggi tutto e ascolta audio

"Care Hamas e Fatah è necessaria l’unità di tutti i palestinesi" Leggi tutto

A Gaza è un lento morire in vano ascolto Leggi tutto

Somos todos Palestina Leggi tutto

Israele sta bombardando Gaza Leggi tutto

Speciale 25 anni Movimento Sem Terra - Brasile

Programma PresenzAttiva in Brasile 17 - 31 gennaio '09

Programma XIII Encontro Nacional do MST - Insediamento Sarandì - RS

4° giorno - Conclusione del XIII Incontro Nazionale del MST

3° giorno - Le sfide del MST

2° giorno - Multinazionali e Agrobusiness

1° giorno - XIII incontro nazionale

MST - 25 anni dopo

Sport sotto l'assedio

Comunicato dalla Palestina
Non c'è niente da vedere, nessuno da incontrare. Con queste parole, Israele sancisce il divieto ssoluto di entrare a Gaza, dal check-point...

Ultima giornata
A qualche centinaia di metri dalla porta di Damasco si trova il centro La torre del Fenicottero, un centro giovanile subito dentro le mura di Gerusalemme, nel quartiere arabo della città vecchia, gestito da......

Sesta giornata
La carovana di Sport sotto l’Assedio si ritrova al centro Ibdaa. I tre gruppi si riuniscono: ed è uno scambio continuo....

Quinta giornata
Questa mattina il gruppo A della carovana dal paesino di Jayyous si è spostata a Tulkarem, pochi km più a nord, per incontrare gli studenti.....

Report del workshop di musica

Quarta giornata
Il gruppo C - che da lunedì tiene le sue attività all’interno del campo profughi di Deheishe - si è recato in visita alla città di Hebron.......

Per oggi il programma prevedeva il trasferimento al valico di Eretz per tentare l'ingresso a Gaza, ma visto il diniego dell'autorità........

Terza giornata
Oggi stiamo girando per i territori intorno alla città di Nablus, vicino alle montagne al confine con il Libano; molti i campi di addestramento dell’esercito ....

Seconda giornata
Era previsto che il gruppo di Jayyus si recasse al valico Heretz per tentare di entrare a Gaza.....

Donne sotto l'assedio potrebbe essere ribattezzata così questa seconda giornata della Carovana, caratterizzata dall’incontro con associazioni....

Comincia il secondo giorno della carovana, che si è divisa in tre gruppi distinti.I ragazzi della carovana sono stati ospitati per la notte...

Prima giornata
Ci siamo svegliati, dopo la prima notte, nel campo profughi di Dheisheh, dopo aver dormito in due strutture molto accoglienti. Tra baci e abbracci....

La prima giornata della carovana di Sport sotto l’assedio nei territori palestinesi è carica di emozioni e di avvenimenti....
Comunicato dalla Palestina
Non c'è niente da vedere, nessuno da incontrare. Con queste parole, Israele sancisce il divieto ssoluto di entrare a Gaza, dal check-point...

Ultima giornata
A qualche centinaia di metri dalla porta di Damasco si trova il centro La torre del Fenicottero, un centro giovanile subito dentro le mura di Gerusalemme, nel quartiere arabo della città vecchia, gestito da......

Sesta giornata
La carovana di Sport sotto l’Assedio si ritrova al centro Ibdaa. I tre gruppi si riuniscono: ed è uno scambio continuo....

Quinta giornata
Questa mattina il gruppo A della carovana dal paesino di Jayyous si è spostata a Tulkarem, pochi km più a nord, per incontrare gli studenti.....
Report del workshop di musica

Quarta giornata
Il gruppo C - che da lunedì tiene le sue attività all’interno del campo profughi di Deheishe - si è recato in visita alla città di Hebron.......

Per oggi il programma prevedeva il trasferimento al valico di Eretz per tentare l'ingresso a Gaza, ma visto il diniego dell'autorità........

Terza giornata
Oggi stiamo girando per i territori intorno alla città di Nablus, vicino alle montagne al confine con il Libano; molti i campi di addestramento dell’esercito ....

Seconda giornata
Era previsto che il gruppo di Jayyus si recasse al valico Heretz per tentare di entrare a Gaza.....
Donne sotto l'assedio potrebbe essere ribattezzata così questa seconda giornata della Carovana, caratterizzata dall’incontro con associazioni....
Comincia il secondo giorno della carovana, che si è divisa in tre gruppi distinti.I ragazzi della carovana sono stati ospitati per la notte...

Prima giornata
Ci siamo svegliati, dopo la prima notte, nel campo profughi di Dheisheh, dopo aver dormito in due strutture molto accoglienti. Tra baci e abbracci....
La prima giornata della carovana di Sport sotto l’assedio nei territori palestinesi è carica di emozioni e di avvenimenti..

4 LUGLIO: GIORNATA DELL'INDIPENDENZA DI VICENZA

Appello: alla vigilia del G8, tutte/i a Vicenza
Alla vigilia del G8 e dell'arrivo in Italia di Obama i No Dal Molin invitano tutte e tutti a Vicenza per liberare il Dal Molin dalla nuova base di guerra

Quando nel corso di eventi umani, sorge la necessità che un popolo sciolga i legami politici che lo hanno stretto a un altro popolo [...]un conveniente riguardo alle opinioni dell'umanità richiede che quel popolo dichiari le ragioni per cui è costretto alla secessione.
[Incipit alla Dichiarazione d'Indipendenza degli Stati Uniti d'America]
Vogliamo essere indipendenti nel costruire il futuro del nostro territorio; vogliamo che quest'ultimo sia sensibile alle opinioni di gran parte dell'umanità che rifiuta e, troppo spesso, subisce la guerra come strumento di controllo e oppressione. Vogliamo costruire l'Altrocomune come pratica di autogestione e autonomia dei cittadini, fondandolo sulla disobbedienza alle imposizioni e sulle pratiche condivise; vogliamo riprenderci la nostra terra come luogo del vivere bene collettivo e non come oggetto di scambio tra governi. Dall'8 al 10 luglio, alla Maddalena, si terrà il vertice del G8; in un'isola volutamente scelta perché inaccessibile a ogni voce di dissenso, capi di stato e di governo si riuniranno per decidere le sorti del nostro futuro, senza di noi. Tra essi, ci sarà il Presidente statunitense Obama: come si giustificano le sue promesse sulla fine dell'arroganza militare statunitense quando a Vicenza fa base la guerra al Dal Molin? La vicenda vicentina rappresenta, da questo punto di vista, una delle tante contraddizioni nella politica estera statunitense che promette legalità, rispetto e trasparenza, ma pratica illegalità, sopruso e imposizione. Come annunciato da importanti esponenti dell'amministrazione nordamericana, il Dal Molin sarà oggetto di discussione del summit al G8, non per restituire la democrazia a coloro a cui è stata negata, bensì come oggetto di accordo segreto e scambio tra governi per la ridefinizione, a partire da Africom, della presenza militare statunitense in Italia. Vicenza, patrimonio Unesco, è assoggettata alle servitù militari; la città che ha espresso la propria netta opposizione e ha ricevuto per questo la solidarietà di ogni angolo d'Italia, ha visto il bavaglio stringersi sulla sua bocca: palesi illegalità progettuali hanno accompagnato il tentativo di "sradicare alla radice il dissenso locale" prima impedendo alla città di esprimersi, poi perseguendo centinaia di cittadini con condanne pecuniarie e procedimenti penali. Ma Vicenza è anche uno dei tanti luoghi di costruzione di quel mondo che non accetta il diktat di quanti, riuniti per pochi giorni nelle regge imperiali, vorrebbero scrivere a tavolino la nostra storia. Quello del movimento vicentino non è un romanzo romantico e triste; le donne e gli uomini di questa città vogliono riscrivere la storia reale, stracciando le pagine su cui politici e militari hanno già disegnato il suo futuro di asservimento e tacita accettazione. Il 4 luglio, giornata in cui gli statunitensi festeggiano la propria indipendenza dall'impero britannico, vogliamo decretare la nostra indipendenza dall'impero militare statunitense, liberando la terra dalla presenza di una nuova base di guerra. Nei tre anni di mobilitazione trascorsi abbiamo imparato che un sol giorno non cambierà le sorti della nostra città; ma sappiamo anche che la strada che abbiamo davanti non può che portarci a nuove sfide: per questo, alla vigilia del vertice del G8 e dell'arrivo in Italia di Obama, chiediamo alle donne e agli uomini che vogliono opporsi alla militarizzazione e alla guerra di tornare nelle strade di Vicenza e iniziare a costruire, dal basso e collettivamente, l'indipendenza dell'Altrocomune, ovvero un territorio libero e inospitale alla presenza militare perché vissuto e realizzato da un arcobaleno di diversità che, nel costruire un mondo di pace, liberano il territorio dalle servitù militari e dalle devastazione ambientale.
4 luglio 2009 a Vicenza, restituiamo il Dal Molin ai cittadini
Indipendenza, dignità, partecipazione: la terra si ribella alle basi di guerra.
Per informazioni e adesioni:comunicazione@nodalmolin.it www.nodalmolin.it
P.S. proprio nei momenti in cui diffondiamo l'appello è stata diffusa la notizia di un possibile spostamento del G8 all'Aquila.

Un anno di autogestione e socialita’

2 maggio 2009: musica, sport e socialità per festeggiare un’anno di autogestione in difesa dei diritti di tutti, degli spazi sociali, per la vivibilità e la socialità dei nostri quartieri.
La macchina della paura, le ronde, le aggressioni vigliacche, la propaganda della figura dell’immigrato come nemico pubblico numero uno, come causa dei nostri mali, servono solo a nascondere i veri responsabili della crisi. In un periodo in cui si criminalizzano le differenze, dove il ‘diverso’ diventa un avversario da battere, vogliamo trasformare l’avversario in qualcuno da capire, da conoscere senza preconcetti con cui confrontarsi e condividere, a partire da un campo di calcio, la crescita, la vita. Riteniamo che si debba partire proprio dai più piccoli per trasmettergli l’amore e la passione per la cultura, facendoli crescere in un ambiente aperto alle idee, alle differenze, alle esperienze, senza barriere e preclusioni, senza pregiudizi. Inoltre proprio in questa giornata l’esperienza di autogestione, portata avanti dal comitato cittadino del parco San Gennaro, compie un anno e per questo vogliamo festeggiare quello che da un anno siamo riusciti a far diventare il parco : uno spazio sociale di svago, socialità e di discussione, che opera sull’intero territorio aprendosi a 360 gradi ai problemi e ai bisogni dell’intero quartiere. Perchè crediamo ancora che un’altra “Sanità” sia possibile…..

Comitato Parco San Gennaro - Spazio Sociale “R. Parisi”

Programma della giornata:
Mattina ore 12: inizio torneo di calcetto antirazzista, partecipano squadre dei bambini del : Rione San Gennaro dei Poveri, della comunità cingalese, di Castelvolturno e del Centro Storico
Pomeriggio ore 17 :
Assemblea - discussione sull’attuale clima di intolleranza, paura e razzismo che si sta alimentando in quest’ultimo periodo nel nostro paese, quindi gli strumenti e le modalità per arginare questo fenomeno attraverso lo sport quale forma di integrazione socio-culturale e il ruolo degli spazi sociali e dei comitati cittadini all’interno del territorio locale.
Sera ore 20:
Concerto – Spettacolo con: Carlo Faiello - knef crew – Bidonvillarik – Valerio Jovine – Piero Palumbo - Fortuna – Marilena – E’ Zezi

Palestina - Crimini di guerra a Gaza, Israele sta bombardando la striscia assediata. 200 morti e centinaia di feriti.

27 dicembre 2008
Gaza - Infopal
206 morti e 750 feriti: questo è il bilancio attuale degli attacchi aerei israeliani in corso contro la Striscia di Gaza.
Ore 19. Continuano gli attacchi aerei israeliani. Il primo, avvenuto in contemporanea contro circa 30 "obiettivi" palestinesi, ha provocato quasi 200 morti e circa 340 feriti. Fonti ospedaliere spiegano che la maggior parte dei cadaveri e dei feriti è giunta a pezzi. Molti sono ancora sotto le macerie degli edifici abbattuti.
Tra gli obiettivi del "terrorismo" palestinese, come ha raccontato la propaganda mediatica israeliana, ripresa acriticamente dai nostri mezzi di informazione, c’è anche il reparto infantile di un ospedale di Gaza. Dunque, è stata una strage dei bambini. Gli obitori traboccano di salme e gli ospedali non sanno più dove e come curare i feriti.
Il portavoce della polizia di Gaza, Islam Shahwan, ha dichiarato che gli attacchi hanno distrutto la maggior parte del quartier generale.
La resistenza. Le fazioni della resistenza hanno risposto al fuoco israeliano sganciando razzi contro Israele: uno ha ucciso un uomo e ferito altre cinque persone a Netivot. Altri razzi sono caduti su Ashkelon e Kiryat Gat.
"Gaza, zona militare". Da parte sua, il ministro della guerra, Ehud Barak, ha definito la Striscia di Gaza assediata e affamata e i suoi 1,5 milioni di abitanti, "zona militare speciale".
La risposta di Hamas. Dopo il feroce attacco israeliano contro la Striscia, Hamas ha ordinato alle brigate Al-Qassam di rispondere "con ogni mezzo".
Il portavoce di Hamas, Fawzi Barhoum, ha chiesto una rappresaglia massiccia e una ripresa delle operazioni contro Israele.
.................
Striscia di Gaza, ore 12,30. L’aviazione da guerra israeliana sta bombardando diverse sedi delle forze di sicurezza palestinesi a Gaza. E’ un vero massacro! Sul terreno ci sono già 200 morti e centinaia di feriti, ma il bilancio è destinato a salire tragicamente.
Le ambulanze stanno accorrendo sul luoghi dei bombardamenti (circa 30 attacchi contemporanei) per soccorrere i feriti e portare via i cadaveri.
Ci sono decine di cadaveri di membri della polizia sparsi per terra, a seguito del bombardamento delle postazioni 17, Tawam, la sede delle forze preventive, Ansar, la direzione civile, al-Safina, la sede dei passaporti. Sono state bombardate tutte le sedi amministrative e politiche della Striscia di Gaza. Ucciso anche il capo generale della polizia di Gaza, il colonello Tawfiq Jaber.
Fonti mediche hanno riferito che ci sono centinaia di feriti.
Gli aerei da guerra israeliani continuano a sorvolare lo spazio della Striscia di Gaza.
Stato criminale. E’ una vera guerra: gli attacchi aerei stanno colpendo il nord, il sud e il centro della Striscia. Israele ha scelto il momento opportuno per bombardare: l’ora di uscita dei bambini dalle scuole. E’ una tragedia immensa.
I nostri giornali e le nostre tv, le cui direzioni hanno perso completamente il senso della dignità professionale, ci stanno raccontando che ad essere bombardate sono le basi dei "terroristi". Non è così! Sono i civili, i bambini, la dirigenza delle forze dell’ordine, dell’amministrazione pubblica, a essere colpiti.
La propaganda mediatica italiana filo-sionista ha iniziato già da qualche settimana a prepararci alla ineluttabilità di questa guerra a senso unico, vera carneficina di biblica memoria, dando la colpa a Hamas e ai razzetti Qassam, quando la verità è un’altra: Israele ha bisogno di queste stragi di innocenti in funzione elettorale. Hamas era disposta alla tregua a patto di far fermare gli attacchi israeliani mai sospesi, nonostante il cosiddetto "cessate il fuoco" siglato a giugno, e di far riaprire i valichi per far entrare i rifornimenti alimentari e il carburante, necessari alla sopravvivenza di 1,5 milioni di persone.
Questo i nostri sempre più indecenti giornali e tg non ce lo hanno raccontato.
Siamo di fronte alla morte dell’informazione, al Grande Fratello che manipola le menti e le coscienze.

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!